“Nei prossimi anni ci attende in Italia un consolidamento degli indicatori fiscali, che sarà aiutato dal ciclo economico e da tassi che resteranno bassi a lungo, alleggerendo il bilancio di quasi un punto percentuale rispetto a quanto sperimentato negli ultimi anni; tuttavia, anche alla luce delle riduzioni di pressione fiscale e contributiva già in cantiere, sarà richiesto di proseguire il contenimento della spesa per ridurre il disavanzo e al contempo arrivare all’auspicata archiviazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva”.
E’ quanto si legge nel Rapporto di previsione di marzo 2016 di Prometeia, nel quale gli esperti prevedono che l’atteggiamento fiscale “resti moderatamente espansivo anche nell’anno in corso e nel prossimo”, per invertire il segno “solo nel 2018, quando si avvicinerà il ciclo di rientro verso l’azzeramento del saldo strutturale”.
In termini effettivi, il disavanzo dovrebbe ridursi di un punto percentuale durante il triennio, all’1,7% del pil, a fronte dell’azzeramento previsto dagli obiettivi del Governo. “Non consideriamo che venga attivata la clausola di aumento dell’Iva, che vale quasi un punto percentuale di pil nel 2017, né che venga interamente sostituita da altre misure per rispettare gli obiettivi”, precisa Prometeia. Infine per gli esperti le condizioni per il rientro del debito migliorano, “ma non sono ancora ottimali”; il rapporto debito/pil tornerà a scendere nel 2016 ma a ritmo moderato cumulando una riduzione di circa 2 punti percentuali in tre anni (130,8% nel 2018).
Pil rivisto al ribasso, ma niente drammi. Prometeia ha rivisto leggermente al ribasso le stime di crescita del pil italiano all’1% per il 2016 e all’1,1% per il 2017. “Ritmi comunque sostenuti per la nostra economia”, tranquillizzano gli esperti, puntualizzando che “il prezzo del petrolio ancora in calo, in particolare, favorirà la continuazione di un robusto ciclo di acquisto di beni durevoli. Molto dipenderà comunque dal prevalere di aspettative positive. Riteniamo vi siano le condizioni perché’ la ripresa possa proseguire e la progressiva sostituzione del traino dei mezzi di trasporto con altre componenti della domanda”.
In termini di unità standard di lavoro la crescita di occupazione nel 2015 è risultata vivace: 191.000 le unità totali, 216.000 quelle dipendenti. Per quest’anno, il rimbalzo di assunzioni registrato allo scadere dello sgravio contributivo in misura intera “lascia supporre una stabilizzazione nei flussi di ingresso nella prima parte dell’anno: il ritmo di crescita dell’occupazione è previsto rallentare allo 0,4%, dallo 0,8% del 2015 (0,7% e 0,9% rispettivamente la crescita delle posizioni lavorative), lasciando il tasso di disoccupazione a oscillare intorno all’11.5%. Il consolidarsi della ripresa favorirà invece un aumento di occupazione nel 2017 e permetterà, nel 2018, allo scadere degli incentivi, che non si verifichi un contraccolpo negativo”, fanno notare gli esperti. Infine l’inflazione molto bassa e il mercato del lavoro in miglioramento permetteranno di proteggere il potere d’acquisto ma anche la competitività delle imprese.
Inflazione al 2% tra due-tre anni. Il ritorno dell’inflazione europea verso il 2% avverrà solo tra il 2018 e il 2019, con la politica monetaria della Bce che “si tradurrà in tassi ai minimi per tutto il 2018, determinando la permanenza dei tassi di mercato a tre mesi in territorio negativo, rendimenti sui Bund decennali inferiori all’1% e un più rapido restringimento degli spread rispetto ai titoli tedeschi. Tali condizioni favorevoli consentiranno all’Ue di superare l’attuale debolezza ciclica mondiale con riduzione del ritmo di crescita del pil di un solo decimo di punto rispetto al 2015 (+1,4% nel 2016)”.
Dal Rapporto di Previsione di Prometeia si apprende inoltre che una maggiore espansione monetaria nell’Uem e una stabilità dei tassi di policy negli Usa “si rifletteranno in un rafforzamento del dollaro rispetto all’euro” con il cambio a 1,05 a fine anno. L’incertezza sulle prospettive di crescita mondiale manterranno invece sostanzialmente stabile il differenziale tra i rendimenti Usa e tedeschi sui titoli governativi decennali nel corso del 2016.
Spread Btp/Bund a 84 punti a fine 2018. Il miglioramento prospettato per l’economia italiana e la maggiore espansione monetaria contribuiscono alla riduzione della remunerazione richiesta dagli investitori per detenere titoli di debito italiano. Le misure della Bce a sostegno del credito bancario dovrebbero poi favorire, secondo Prometeia, la crescita degli impieghi bancari e quindi la ripresa dell’economia. Per gli esperti l’intensificazione del piano di acquisti da parte della Bce contribuirà a comprimere lo spread Btp/Bund (sotto i 100 punti base già nel quarto trimestre 2016, 84 punti base a fine 2018) e garantirà una maggiore stabilità dei rendimenti a lungo termine in caso di shock avversi.