Giuseppe Catapano: Maroni prende le distanze da Salvini, “A Roma doveva decidere Berlusconi”

giucatap175“A suo tempo ero convinto che si dovesse lasciare la scelta del candidato a Silvio Berlusconi: a Roma Forza Italia è il partito maggiore del centrodestra, e dunque Berlusconi si assuma la responsabilità di decidere lui.
Però, questo andava fatto prima”. E’ quanto dichiara il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, in un’intervista al “Corriere della Sera’ in edicola oggi in merito alle elezioni comunali nella Capitale.

Precisando che “questa è una crisi romana e non nazionale, io ancora spero si possa trovare una soluzione”, ma convinto che a Roma “il centrodestra non andrà neppure al ballottaggio”, Maroni di fronte al rischio “che ci possa essere un ‘contagio’ in tutto il centrodestra” replica che “è esattamente quello che dobbiamo evitare ma sono convinto che sia possibile”. Alla domanda di Marco Cremonesi che “la battaglia” nella Capitale sia “magari per la leadership del centrodestra”, il governatore risponde: “E’ una battaglia che non si vince facendo la guerra all`alleato ma con progetti e proposte. La leadership la ottieni con la lotta sull`euro e sull`aliquota fiscale unica e poi conquistando la fiducia di un`intera area. Ma quando il leader del tuo partito viene attaccato, è normale un compattamento dei ranghi”.

“Roma è perduta?” chiede il giornalista del Corsera, secca la risposta di Maroni: “Così, certo. Ci sono quattro candidati che fanno riferimento all`area: Bertolaso, Meloni, Marchini e Storace. E il problema maggiore è la chiusura di ogni spazio politico”. Sull’ipotesi di una futura lista unica del centrodestra, Maroni spiega che “a Roma non abbiamo dato il meglio, ma spero si possa continuare a lavorare perché il bello della politica è la sua imprevedibilità”, poi ribadisce l’importanza dell’unità delle forze del centrodestra: “Il modello Lombardia ora è stato applicato a Milano, anche se io sono stato criticato per aver sostenuto l`alleanza anche con il Nuovo centrodestra. Ma fino a pochi giorni fa, tutti giuravano che avrebbe vinto Giuseppe Sala. Oggi, invece, Stefano Parisi si è portato alla pari nei sondaggi e ci giocheremo una gran partita”.

Su Silvio Berlusconi, il presidente lombardo afferma: “Ogni tanto lo sento e devo dire che è questo che mi rende ottimista.
Recentemente, era un po` amareggiato. Ma non ha avuto parole ostili nei confronti di Salvini, non ho sentito parole di rottura. Di preoccupazione sì. Ma non di rottura: c`è spazio”.

Giuseppe Catapano: Salvini sostiene Giorgia Meloni e incontra Marion Le Pen, “Insieme ribalteremo l’Europa”

giucatap174“Sosterrò la Meloni. A Milano abbiamo Parisi, sostenuto da squadra forte e compatta, a Roma non c’erano le condizioni”. E’ quanto si legge sul profilo twitter di Matteo Salvini, il leader della Lega Nord “anticipando” quanto affermato alla trasmissione “Agorà” su Raitre, in merito alle elezioni comunali nella Capitale e a Milano. “Se a Roma non ci fosse stata la sciagura Marino oggi non si voterebbe, la Meloni è la candidata migliore per la città” è scritto in un’altro cinguettio, seguito da quello che afferma “una vergogna che le cooperative coinvolte in Mafia Capitale lavorino ancora!”.  “Mi chiedete se sono antifascista? Fascismo e comunismo sono morti. Sono antifascista come sono anticomunista”. “Se qualcuno pensa davvero che possano tornare fascismo e comunismo – aggiunge il leader della Lega – va aiutato, va abbracciato”. “Guido Bertolaso è come un giocatore in prova non adatto alla mia squadra”. “Non è adatto a fare il sindaco di Roma – ha proseguito Salvini – mentre Giorgia Meloni ritengo sia la candidata migliore perchè conosce e ama la sua città”.  “Sono convinto che riusciremo ad arrivare al ballottaggio anche alle amministrative di Roma. Ma se non ci fosse la Lega, voterei Movimento 5 Stelle al ballottaggio con il Partito Democratico”.

“A Milano c’è un candidato bravo e capace, che non c’entra niente con la Lega, si chiama Stefano Parisi. È un bravo manager che ha le idee chiare sulla città e dunque c`è un progetto comune”. “Con Marion Le Pen, che ringrazio, ci vediamo questa sera alle 19 a Milano, Palazzo delle Stelline”, ricorda Salvini. “E tutti insieme – aggiunge il leader della Lega – questa Europa la ribaltiamo”.

Blitz centro sociale contro meeting Salvini – Le Pen a Milano 16 marzo 2016

 Palazzo delle Stelline di corso Magenta, dove ha sede la rappresentanza milanese del parlamento europeo e dove è previsto l’incontro tra il leader della Lega Nord Matteo Salvini e la 27enne Marion Le Pen, nipote di Marine e deputata francese del Fronte Nazionale, è stato oggetto di un blitz da parte degli attivisti del centro sociale Il Cantiere. I militanti del Cantiere, circa venti, hanno esposto cartelli e striscioni contro le politiche di respingimento dei migranti da parte dei Paesi dell’Unione europea, innalzando finti muri con filo spinato all’interno del cortile delle Stelline. La loro protesta verte anche contro l’austerity. «Sempre più partiti come la Lega Nord o il Front National sognano un nostalgico e anacronistico ritorno agli stati nazionali e a modelli fascisti e guerrafondai di governo, puntando alle poltrone con campagne elettorali cariche d’odio. La nostra Europa non è di certo questa, è invece l’Europa che apre le frontiere, l’Europa dei popoli che resistono al business della guerra, che lottano partigiani per una nuova liberazione», si legge in una nota ufficiale diffusa dal centro sociale.

Giuseppe Catapano: Dall’Antitrust sanzione da 1 mln a Vodafone per il servizio aggiuntivo non richiesto “Vodafone Exclusive”

giucatap173L’Antitrust ha irrogato una sanzione di un milione di euro a Vodafone Italia per il servizio accessorio aggiuntivo non richiesto “Vodafone Exclusive”, ritenendo che tale offerta abbia comportato un pagamento supplementare rispetto alla remunerazione concordata, in violazione del Codice del Consumo.
A partire dal 31 agosto 2015, secondo gli accertamenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la società nei confronti dei propri clienti ha proceduto all’attivazione automatica del servizio “Vodafone Exclusive” senza il consenso espresso e preventivo (opt-in) dei clienti stessi; all’addebito automatico del relativo costo mensile (1,90 euro) e al rifiuto alle richieste di rimborso a seguito dell’attivazione automatica di un servizio non richiesto dai consumatori.
In base alle verifiche dell’Antitrust, il pacchetto offerto si configura come un servizio accessorio aggiuntivo alla luce di diverse considerazioni, tra le quali: la navigazione sulla rete 4G è consentita solo a coloro che dispongono della condizioni tecniche necessarie; la possibilità di disporre di 2 ingressi al cinema al prezzo di un biglietto è garantita unicamente a un numero circoscritto di cinema aderenti alla promozione; l’accesso al servizio clienti dedicato 193 è meramente aggiuntivo rispetto al servizio clienti già esistente.
L’Agcm ha imputato perciò all’impresa una condotta poco trasparente per quanto riguarda sia l’attivazione del servizio sia la modalità di addebito degli importi: il consumatore non è stato messo nella condizione, infatti, di rendersi conto che “Vodafone Exclusive” era stato effettivamente attivato sui propri apparati mobili e che gli importi mensili relativi a questo servizio venivano prelevati sistematicamente dal credito residuo dei clienti. A giudizio dell’Antitrust, tale condotta costituisce una violazione dell’articolo 65 del Codice del Consumo, con riferimento ai clienti che hanno sottoscritto un contratto dopo il 13 giugno 2014, sanzionandola e vietandone la continuazione. L’Autorità ha anche imposto a Vodafone di pubblicare per trenta giorni consecutivi sulla home page del proprio sito web un estratto del provvedimento dell’Autorità, predisponendo un’icona denominata “Comunicazione a tutela dei consumatori”.

La posizione di Vodafone. Non si è fatta attendere la risposta da parte della società telefonica: “Vodafone” hanno commentato in una nota, “prende atto della decisione dell’Antitrust in merito all’operazione “Exclusive”, con cui ha modificato i propri piani tariffari migliorando i servizi esistenti, primo su tutti la navigazione su rete 4G, e variando le relative condizioni economiche. L’azienda” hanno proseguito “sottolinea che la progressiva migrazione dei clienti verso l’utilizzo della rete 4G rappresenta una evoluzione tecnologica, con evidenti benefici sulla qualità del servizio di connessione ad internet offerto ai clienti, in coerenza con la strategia di investimenti sulle nuove reti a banda ultra larga che ha permesso di raggiungere in due anni la copertura del 95% della popolazione con rete 4G Vodafone”.
Vodafone starebbe già valutando gli effetti del provvedimento dell’Autorità e le modalità con cui garantire che sia mantenuto il livello del servizio a tutti i clienti che beneficiano dei nuovi piani Exclusive, ricordando come la società ritenga “di aver operato con trasparenza e flessibilità verso i propri clienti, a cui ha garantito il diritto di recesso e la possibilità di mantenere le precedenti condizioni di offerta, e continuerà a far valere le proprie ragioni nelle sedi opportune”.

Giuseppe Catapano: Palermo, Lo Voi annuncia 62 arresti e afferma, “Serve una norma contro gli imprenditori inginocchiati alla mafia”.

giucatap172Sessantadue ordini d’arresto eseguiti dai carabinieri coordinati dalla Procura di Palermo per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, ricettazione, favoreggiamento e reati in materia di armi aggravati dal metodo mafioso. L’operazione e’ stata denominata “Brasca-quattro.zero”. Sotto sequestro attivita’ commerciali, imprese e beni immobili. Il blitz e’ frutto di due distinte indagini del Ros e del Gruppo carabinieri di Monreale che ha interessato i mandamenti di Villagrazia-Santa Maria di Gesu’ e San Giuseppe Jato che hanno avuto significativi collegamenti in occasione della riorganizzazione di quest’ultima cosca e del dipendente clan di Altofonte. Una riorganizzazione tra Palermo e provincia all’ombra di due anziani capimafia, fedelissimi di Toto’ Riina, Mario Marchese, 77 anni, e Gregorio Agrigento, 81, tra gli arrestati. E fermata dalla vasta operazione antimafia.
Ricostruiti gli assetti di vertice nonche’ i rapporti con i vertici dei mandamenti limitrofi. E documentati numerosi reati manifestazione della capacita’ di controllo del territorio.

Per i carabinieri la vasta operazione antimafia scattata tra Palermo e provincia con 62 arresti, ha bloccato una guerra di mafia sul punto di esplodere tra le cosche Villagrazia-Santa Maria di Gesu’, nel capoluogo, e San Giuseppe Jato, in provincia. Almeno due i progetti di morte fermati appena in tempo. Nella rete vecchie figure, antichi padrini, ma anche, spiegano gli investigatori dell’Arma, volti nuovi. Sono state cosi’ documentate le ambizioni e la scalata di un fisioterapista a domicilio che voleva imporsi a Monreale. Si descriveva, nelle intercettazioni, come “un soldato diventato generale”, che avrebbe messo le mani sul 60% dei lavori edili pubblici e privati. Le indagini hanno documentato gli assetti dei potenti clan, le pratiche violente, interne ed esterne, quest’ultime finalizzate al controllo del territorio e delle attivita’ economiche; ma anche la capacita’ di riorganizzazione e di ricompattamento cui il blitz ha comunque inferto un duro colpo.

“Da questa operazione viene fuori un particolare rapporto tra mafia e imprenditori, alcune dei quali denunciano, altri non denunciano. A subire sono soprattutto quelli di Palermo, a Villagrazia e Santa Maria di Gesu’. Forse e’ venuto il tempo di pensare a una nuova regolamentazione che possa riguardare e sanzionare tali rapporti”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, nel corso della conferenza stampa sull’operazione dei carabinieri che con 62 arresti ha inferto un duro colpo a clan della provincia e di Palermo. “Chi non parla, chi fa affari, chi cerca prima e sfrutta i contatti con Cosa nostra, chi arriva persino a inginocchiarsi – ha aggiunto – perche’ anche questo c’e’ stato, dovrebbe essere inquadrato in qualche categoria giuridica che facciamo fatica oggi a individuare, anche sotto il profilo del concorso esterno. Come e’ stato regolamentato lo scambio politico-mafioso, cosi’ dovremmo regolamentare lo scambio economico-mafioso. La normativa attuale non e’ sufficientemente adeguata per normare questo forte collegamento, che avrebbe dunque bisogno di una sua specificita’ giuridica”.

Giuseppe Catapano: Petrolio, il 17 a Doha il vertice dei paesi produttori (Opec e non Opec)

giucatap171I produttori di greggio Opec e non Opec si incontreranno a Doha, in Qatar, il 17 aprile per negoziare un accordo volto a limitare la produzione di petrolio. La notizia ha ridato vigore al mercato dell’oro nero.
La data è stata ufficializzata dal ministro del Petrolio del Qatar, Mohammed Al-Sada, dopo che nelle ultime settimane erano rimbalzate diverse notizie, anche discordanti, di un incontro tra le parti. L’Arabia Saudita, la Russia, il Venezuela e il Qatar hanno già confermato la propria partecipazione.
Al-Sada ha definito il meeting “l’iniziativa di Doha”, che permetterà di modificare il sentiment del mercato del petrolio. Questa mossa “mette un sostegno sotto i prezzi del greggio. E’ stato necessario un ampio e intenso dialogo tra tutti i produttori”, ha dichiarato il ministro del Qatar, ma c’è stata “la convinzione che gli attuali prezzi del petrolio non sono sostenibili”. Il Qatar detiene al momento la presidenza dell’Opec, ed è stato il Paese che ha coordinato le trattative.
Al-Sada ha affermato che 15 produttori Opec e non-Opec, rappresentanti del 73% dell’output mondiale di greggio, hanno già supportato l’iniziativa, anche se non sono stati specificati i nomi dei Paesi.
“Nell’industria petrolifera sta già prendendo piede una drastica riduzione degli investimenti”, ha voluto mettere in guardia il ministro del Petrolio del Qatar.
Sulle Borse la notizia ha avuto un impatto positivo, con Brent e Wti che stanno guadagnando rispettivamente il 2,01% e il 2,2%.

Giuseppe Catapano: Centrodestra allo sfascio, Meloni si candida sindaco a Roma contro Storace, Marchini e Bertolaso

giucatap170La decisione di candidarmi a sindaco di Roma “e’ una scelta d’amore”. Lo ha detto Giorgia Meloni incontrando i fan in piazza del Pantheon. “Dopo attenta e ragionata riflessione ho deciso di correre per la carica di sindaco di Roma”, ha aggiunto. la candidatura di Giorgia Meloni è appoggiata dal leader della Lega Nord Matteo Salvini e contrastata da Silvio Berlusconi. I candidati del centrodestra a questo punto, con Marchini, Bertolaso e Storace, sono quattro.

Giuseppe Catapano: L’Inps, a gennaio contratti fissi in calo del 58%. Pesa la riduzione degli sgravi contributivi

giucatap169A gennaio del 2016 si sono registrati 37.719 contratti fissi in più, con un calo del 58% rispetto a gennaio 2015. Lo rileva l’Inps nell’Osservatorio sul precariato. I nuovi rapporti a tempo indeterminato attivati, comprese le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine, sono stati 156.794 a fronte di 119.075 cessazioni.
La riduzione degli sgravi contributivi prevista da gennaio è pesata sui nuovi contratti a tempo indeterminato: a gennaio 2015, quando gli sgravi erano totali, il saldo infatti era positivo per 90.051 unità.
Per quanto riguarda i buoni lavoro, a gennaio 2016 risultano venduti 9,2 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento medio nazionale del 36% rispetto a gennaio 2015.

Nel 2015 contratti a tempo indeterminato +54% a/a. Complessivamente, nel 2015, i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono cresciuti di 913.000 unità rispetto al 2014 (+54% a/a). Il numero complessivo delle assunzioni è stato pari a 5.527.000, con un incremento di 655.000 unità rispetto al 2014 (+13%). Le assunzioni a tempo indeterminato sono passate da 1.274.000 nel 2014 a 1.934.000 nel 2015, con un incremento di 660.000 unità (+52%). Nello stesso arco temporale, le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine e dei contratti di apprendistato sono passate da 401.000 a 654.000, con un incremento di 253.000 unità (+63%).

Saldo assunzioni/cessazioni a 563.000. Nel 2015, il saldo fra assunzioni e cessazioni è risultato pari a 563.000 posizioni lavorative (nel 2014 era risultato negativo per 47.000 posizioni). L’esonero contributivo triennale, introdotto dalla legge di stabilità 2015, risulta avere avuto un effetto determinante sull’incremento dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Su 2,5 milioni di attivazioni di posizioni di lavoro a tempo indeterminato (sommando le instaurazioni di nuovi rapporti e le trasformazioni di rapporti a termine), oltre 1,5 milioni, pari al 62% del totale, risultano beneficiarie dell’esonero contributivo triennale.

Giuseppe Catapano: Renzi, “Ue, così non va. Troppe riunioni, nessuna decisione”

giucatap168Sì dell’aula della Camera alla risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Matteo Renzi in vista del prossimo Consiglio europeo. Il documento è stato approvato con 297 sì, 152 no e 11 astenuti.In una “situazione di deflazione impressionante” per abbassare le tasse “in un momento in cui stai facendo una spending review che ha toccato i 25 miliardi devi dare quegli elementi di flessibilità che portano a fare un’operazione sulla pressione fiscale eventualmente anche in deficit ma senza superare il limite visto che nel 2016 siamo il paese con il deficit più basso”: così  Renzi nella replica alla Camera nelle comunicazioni in vista del Consiglio Ue. Il premier ha sottolineato che “sui sistemi istituzionali prima o poi qualcuno farà una riflessione scoprendo che quello italiano rischia di essere il più stabile con buona pace delle tante critiche”. “In molti paesi europei dopo il voto, dal Portogallo alla Spagna fino alla Slovacchia, c’è una situazione di ingovernabilità”, ha detto Renzi. Sulla politica economica europea il premier ha annunciato che “è nostra intenzione proporre ai più alti livelli, anche accademici, una discussione: oggi finalmente c’è qualche piccolo segnale nella giusta direzione, ma ancora decisamente troppo timido in una contingenza in cui l’economia globale sembra rallentare, non più per le difficoltà dei Paesi trainanti ma di quelli emergenti”. Sulla riunione del consiglio europeo, il premier è stato netto: “Si riunisce per terza volta in un mese ed è segnale che qualcosa non va; il Consiglio prende decisioni che devono essere eseguite e non sta accadendo sugli immigrati e su altri settori”.   Renzi ha evidenziato che l’ordine del giorno di domani “e’ sostanzialmente lo stesso degli ultimi Consigli europei”, mentre “le istituzioni europee hanno bisogno di un cambio di organizzazione di lavoro. La ripetizione degli argomenti provoca ripetitivita’”, mentre serve attuare le decisioni.  “Il fatto che l’Europa cresca meno e’ un elemento che deve farci riflettere”, ha continuato Renzi, spiegando che “oggi la realta’ dei fatti vede qualche piccolo segnale nella giusta direzione ma ancora troppo timido in una condizione e in una contingenza in cui l’economia globale sembra rallentare non per le difficolta’ dei paesi trainanti ma per quelle dei paesi emergenti. In questo scenario il fatto che l’Europa cresca meno dovrebbe farci riflettere attentamente”.  Renzi ha poi ribadito che “il fiscal compact e le sue declinazioni hanno comportato a mio giudizio un danno alla direzione politica ed economica dell’Europa, non dell’Italia. Anche dell’Italia, ma di tutta l’Europa”. Cambiare questa direzione “richiede determinazione, energia e tenacia”. “Flessibilità e investimenti sono temi chiave per cambiare la politica in Europa”.  Proprio il principio relativo alla flessibilità e l’aumento degli investimenti “sono stati letti come una richiesta dell’Italia, come una elargizione, come se ci fosse stato fatto un regalo per nostra gentile partecipazione. Mentre noi pensiamo che unire investimenti e flessibilità sia la chiave per affrontare l’attuale situazione”. “La posizione dell’Italia – ha continuato – non e’ tesa a rivendicare qualcosa per se’, e’ una posizione che cerca di spostare la direzione politica ed economica dell’Europa. Il Consiglio europeo di domani sara’ un ulteriore passaggio in questa direzione”. A giugno, poi, ci sarà un Consiglio Ue sulla competitività”, ha annunciato.

(Intervento integrale del Presidente del Consiglio dei ministri)

 Signora Presidente, onorevoli deputati, prendo la parola per illustrare i contenuti del nuovo Consiglio europeo che si terrà domani e dopodomani, ma, in questa data – e sono certo di interpretare il sentimento di tutto il Governo –, vorrei innanzitutto rivolgere, in questo 16 marzo, un pensiero alle famiglie delle vittime della strage di via Fani e dell’onorevole Aldo Moro, nell’anniversario del tragico rapimento e del barbaro eccidio (Applausi – L’Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).Che il sentimento di attaccamento al proprio lavoro di quegli uomini della scorta e che la visione lungimirante e strategica del Presidente Moro possano aiutare tutti noi ad essere all’altezza del compito e della responsabilità a cui siamo chiamati.

Il Consiglio europeo si riunisce, di nuovo, per la terza volta in un mese: già questo è un segnale che qualcosa non va, direi, innanzitutto, nel metodo, prima ancora che nel merito. Il Consiglio europeo è abituato a prendere delle decisioni che devono essere, poi, eseguite: ciò non sta accadendo. Non sta accadendo sui temi della migrazione e, ahimè, non sta accadendo anche in altri settori, forse, meno visibili della vita quotidiana delle nostre istituzioni europee. Questo pone evidentemente una grande questione, che l’Italia ha sottolineato ed evidenziato sia in sede di Consiglio che nei lavori preparatori. Siamo fiduciosi, avendo ascoltato le risposte, le considerazioni, Pag. 3le preoccupazioni dei colleghi, che finalmente si potrà impostare un metodo diverso, ma per il momento dobbiamo prendere atto che l’ordine del giorno è sostanzialmente lo stesso degli ultimi Consigli europei. E il Consiglio europeo straordinario del 7 marzo, quello convocato, ma inatteso, di febbraio e gli incontri che pure si erano svolti nelle settimane precedenti dimostrano che le istituzioni europee hanno bisogno di nuova energia e di un deciso cambio di organizzazione dei propri lavori.
È del tutto evidente che la ripetizione degli argomenti provoca anche in noi un senso di ripetizione e ripetitività delle questioni che vanno all’attenzione e all’ordine del giorno del lavoro. Col «poeta» potremmo dire: «Non starò più a cercare parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo». Chi di voi ama alcune canzoni e un particolare cantautore potrà agevolmente far riferimento a quella che, peraltro, è una canzone quasi d’amore, per utilizzare il titolo medesimo. Il punto, però, è che noi stiamo cercando un vestito nuovo per parole vecchie: i temi sono sempre gli stessi. Cercherò, dunque, di essere molto sintetico per rispetto al vostro e al mio tempo.
La questione migratoria è la questione principale nell’agenda di molti Paesi: io trovo che abbia caratteristiche davvero inedite, ma trovo anche che la sottolineatura che viene fatta dei numeri europei strida con la realtà dei fatti di altri Paesi fuori dal nostro continente. In queste ore, il Presidente della Repubblica, cui va il nostro deferente ringraziamento, si trova in una visita ufficiale in Africa ha visitato un campo profughi di decine di migliaia di persone, di centinaia di migliaia di persone. In queste ore, ciò che accade in Turchia è sotto è sotto la luce dei riflettori, ma non altrettanto possiamo dire per ciò che accade in alcune zone del Sud-est asiatico o che accade, anche più banalmente, in Libano o in Giordania.
Dunque, la questione migratoria andrebbe re inserita in un quadro più chiaro, più normale più logico: purtroppo, questo Pag. 4è molto difficile in presenza di una mancanza di attuazione delle decisioni, che pure l’Unione europea aveva preso segnando un passo in avanti non banale, quando aveva finalmente accettato l’idea degli hotspot, delle relocation, dei rimpatri fatti a nome dell’Unione medesima. Glihotspot sono stati fatti, le riallocazioni e i rimpatri no. È evidente, dunque, che questo è il primo tema da affrontare: quanto noi riusciamo a dar corso alle decisioni che prendiamo.
C’è un secondo tema che credo sia particolarmente importante: è l’accordo con la Turchia. Lo dico in modo sintetico: non è questa la sede, anche perché ne abbiamo già parlato più volte altrove, e anche qui, di recuperare il filo storico della relazione tra Unione europea e Turchia e anche gli errori che sono stati commessi da alcuni Paesi.
Lo dico, perché già mi è capitato di sottolinearlo anche in questa prestigiosa Aula: l’Italia si è sempre presentata con una voce uguale nel rapporto con la Turchia nel primo decennio di questo secolo, sia che governasse il centrosinistra sia che governasse il centrodestra. Forse sarà un caso più unico che raro, ma il dato di fatto è che su questa tematica noi abbiamo tenuto sempre la stessa posizione. Non altrettanto possiamo dire per altri Paesi, che hanno frettolosamente interrotto un cammino di negoziato che stava proseguendo e che, però, oggi, è a un punto diverso da quello al quale noi l’avevamo lasciato.
Sintesi: giusto cercare di fare l’accordo con la Turchia, ma, ovviamente, non a tutti i costi. Ci sono dei principi, nel negoziato con la Turchia, che sono per noi principi fondamentali, a partire da quello dei diritti umani, a partire da quello della libertà di stampa, a partire da quello che riguarda i valori costitutivi, l’identità del nostro continente

Ovviamente, l’accordo con la Turchia è prezioso ed importante, in particolar modo per alcune nazioni, su tutte la Grecia. Credo che tutti noi siamo stati molto colpiti nel momento in cui, due giorni fa, abbiamo visto un razzo partire da una base del Kazakistan e far volare verso Marte la prima esperienza europea verso il «pianeta rosso». È stato un elemento anche di orgoglio per quella parte di noi che sottolinea come un fattore significativo della nostra competitività possa essere il contributo che viene da alcune aziende del Pag. 5nostro territorio. Se si va su Marte, se l’Europa va su Marte è anche grazie all’intelligenza e alla capacità delle donne e degli uomini, degli ingegneri, delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro Paese.
Tutto questo ci riempie il cuore di orgoglio, ma, allo stesso tempo, io ho provato anche plasticamente a mostrare un’immagine insieme: l’Europa che va su Marte si ferma a Idomeni e vede un bambino costretto ad essere lavato dalla propria mamma con una bottiglia d’acqua, perché quel bambino viene partorito in uno dei campi profughi – chiamiamolo così, se così possiamo chiamarlo – proprio della nostra Europa, del nostro continente, in Grecia. Ecco, l’Europa, che riesce ad andare su Marte, si ferma alle porte di un campo profughi, sia esso in Grecia o sia esso a Calais. C’è bisogno di un’Europa che, quindi, agevoli la conclusione dell’accordo con la Turchia, mantenendo salda la propria coerenza e la propria fedeltà ai valori costitutivi.

Se diciamo Turchia non possiamo, però, non sottolineare che questa settimana si è aperta con un terribile evento, definirlo «uno» è riduttivo, ma si è aperta in Turchia con un terribile evento di stampo, nuovamente, terroristico.
Nel portare la solidarietà e l’affetto di tutto il Governo e credo di tutti noi alle famiglie delle vittime e al popolo turco, di questo dobbiamo avere bene piena consapevolezza, ma dobbiamo anche aver presente che la fase che stiamo vivendo, la stagione che stiamo vivendo, vede una recrudescenza del fenomeno terroristico, che, a dire il vero, probabilmente, non è mai venuta meno. Forse si è un po’ abbassata, talvolta, l’attenzione mediatica, o politica, o istituzionale, ma, se guardiamo il filo rosso che lega gli eventi drammatici di sangue, rosso di sangue, del 2015, fino ai primi mesi di quest’anno, troviamo un continuo emergere, esplodere di violenze, in particolar modo di matrice estremista e terroristica, che ha toccato praticamente tutto il mondo, nessuno escluso.
Ne ha fatto le spese, in questa settimana, non soltanto la Turchia, ma anche la Costa d’Avorio, con il suo resort, come era accaduto in Burkina Faso, come è accaduto in tante parti dell’Africa; e, una volta di più, vediamo colpire i simboli della quotidianità: è accaduto in un albergo, in Costa d’Avorio, come era accaduto in un museo in Tunisia, o come era accaduto drammaticamente in un teatro, o in un ristorante, o davanti a uno stadio in Francia, come accade in una chiesa in Nigeria, come è accaduto per quattro suore nello Yemen, di cui si sono presto dimenticate le tracce su tutti i giornali, che hanno scritto pagine di rara bellezza in una lettera che è sostanzialmente un testamento, come è avvenuto e avviene nelle scuole in Pakistan, nelle università in Kenya. Dunque, il fenomeno, la minaccia, la ferocia terroristica, che colpisce sinagoghe e fedeli musulmani, che colpisce suore cattoliche e studenti del venerdì sera a Parigi, continua a farsi sentire con la sua terribile scia di morte e colpisce al cuore l’idea stessa della nostra Europa.
Non dimentichiamo, dunque, ciò che sta avvenendo e non cediamo rispetto all’approccio che l’Italia ha dato e che sta trovando, mi permetto di dire, accoglienza favorevole, nel Pag. 7momento in cui evidenziamo la necessità di accompagnare ogni euro investito nel campo della sicurezza, della cyber security, della cyber technology, della polizia, del lavoro, del compenso, anche, verso i carabinieri e i poliziotti, verso le forze dell’ordine, verso i militari, accanto all’attenzione doverosa e sacrosanta ai fenomeni culturali, educativi, di investimento nelle periferie: il principio per cui, per ogni euro investito in sicurezza, occorre avere un euro investito in cultura, il principio per cui, per ogni euro investito in polizia, occorre avere un euro investito in educazione, deve diventare non solo patrimonio politico di una parte dell’Assemblea parlamentare europea – ciò è avvenuto a Parigi nel vertice dei Socialisti europei su richiesta italiana –, ma deve diventare, a mio giudizio, patrimonio comune e condiviso di tutti.
Non si risolve la questione del terrorismo se, a fronte di un impegno significativo e innovativo nei settori della sicurezza, non mettiamo in campo una risposta culturale ed educativa, verrebbe da dire, ma probabilmente mi allargo troppo, di senso dell’esistenza; e scusate se cito non un prestigioso documento o una relazione riservata, ma un articolo di un settimanale femminile, che ho letto la settimana scorsa: parla di una mamma, di una mamma belga, di una mamma di seconda generazione, che si trasferisce a Bruxelles in alcune delle periferie più significative di quella città; quella madre parla di suo figlio, del cui percorso verso la radicalizzazione non si rende conto, finché, improvvisamente, quel ragazzo non parte per la Siria, inizia ad avere rapporti con lei via whatsapp, via chat, e dopo tre mesi viene ucciso; una telefonata raggiunge i genitori, dicendo: complimenti, suo figlio è morto da martire.
Leggete le parole di quella madre, il dolore di quella madre che si è trovata di fronte a un fenomeno così grande e rilevante come un processo di radicalizzazione, che è un processo educativo, o meglio diseducativo, per come possiamo giudicarlo noi, e credo che sia sacrosanto giudicarlo diseducativo: di fronte a quel processo diseducativo, quella madre lamenta la sua solitudine, lamenta la sua mancanza di un appoggio, un sostegno, da parte delle istituzioni, da parte della realtà del volontariato. È un punto molto importante.
Se noi vogliamo contrastare la minaccia terroristica, occorre essere molto attenti, in prima fila, sull’innovazione tecnologica, sulla sicurezza, sulla nostra capacità di difesa, sulla presenza dei militari nelle strade, tutte cose che portanoPag. 8sicurezza, anche percepibile, da parte dei cittadini, ma accanto a questo c’è bisogno di un lavoro – io credo davvero, condiviso . che è un lavoro educativo, che è un lavoro a monte: per ogni euro investito in sicurezza, un euro investito in cultura (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l’Italia e Democrazia Solidale-Centro Democratico).
Il Consiglio europeo dovrà, poi, affrontare le questioni della crescita. Su questo, ancora una volta, non posso che ribadire la posizione italiana. Il fiscal compact e le sue declinazioni hanno comportato, a mio giudizio, a nostro giudizio, un danno alla direzione politica economica dell’Europa: non dell’Italia, anche dell’Italia, ma dell’Europa. Lavorare per avere un approccio diverso richiede tanta energia, tanta determinazione e tanta tenacia. Nei primi mesi del nostro mandato, sfruttando il semestre, siamo riusciti ad affermare un principio di flessibilità, che è una delle due colonne su cui si regge l’accordo politico che ha portato all’elezione di Jean-Claude Juncker: da un lato gli investimenti, dall’altro la flessibilità. Sono questi i due elementi di novità, che hanno portato tre gruppi a sostenere la candidatura del Presidente Juncker e a votarla in sede di Parlamento. Tre gruppi: tutti e tre decisivi, perché PPE, ALDE e PSE non avrebbero avuto la forza di eleggerlo, vedendo i numeri, senza qualcuno soltanto dei tre.
Il principio della flessibilità e il principio degli investimenti sono stati letti, nella stampa in particolar modo italiana e nel dibattito politico in particolar modo italiano, come una richiesta dell’Italia o, se volete, una concessione, come appunto si trattasse di una elargizione octroyée, secondo i principi francesi del tempo, come se ci fosse dunque stato fatto un regalo, un gentile cadeau per la nostra partecipazione. Noi pensiamo, invece, che questi due elementi – il tema della flessibilità e il tema degli investimenti – siano la chiave per cambiare la politica economica in Europa. Possiamo discutere di quanto si sia lavorato, tanto in ordine alla flessibilità, quanto in ordine agli investimenti. Quello che a me pare significativo è che, dopo qualche periodo di polemica e di discussione, appare ormai evidente a tutti – almeno nel palcoscenico europeo, che è quello in questo senso più rilevante – che la posizione dell’Italia non è una posizione tesa a rivendicare qualcosa per sé: è – e questo mi pare finalmente Pag. 9chiaro, nonostante le polemiche dell’inizio di questo anno solare – una posizione che circa di spostare la direzione politica ed economica dell’Europa.
Il Consiglio europeo di domani sarà un ulteriore passaggio in questa direzione. Nelle parole del Presidente Mark Rutt, il Presidente di turno, il Primo Ministro olandese, sarà soprattutto il Consiglio di giugno quello dedicato e destinato ai temi della competitività. È nostra intenzione proporre ai più alti livelli, ai livelli di premi Nobel, ai livelli di discussione degli accademici, degli scienziati, degli economisti, una discussione su qual è la strategia di politica economica che viene indirizzata, fatto sta che oggi la realtà dei fatti vede finalmente qualche piccolo segnale nella giusta direzione, ma ancora decisamente troppo timido, in una condizione e in una contingenza nella quale l’economia globale sembra rallentare.
E sembra rallentare non più per le difficoltà dei Paesi trainanti, ma per le difficoltà dei Paesi emergenti. Poi, naturalmente, in questo scenario il fatto che l’Europa cresca meno è un elemento che dovrebbe farci riflettere con grande attenzione. Dunque, il tema della crescita vede una posizione molto chiara da parte del Governo italiano e, mi permetto di dirlo in quest’Aula, anche una posizione che finalmente è presa da almeno qualche forza politica a livello continentale, nel senso che negli ultimi incontri fatti – e qui parlo, ovviamente, sulla base della mia appartenenza al gruppo dei socialisti e dei democratici europei – vedo finalmente una condivisione ampia su questo punto che, se messa in atto e finalmente resa operativa, potrà portare a delle risposte che poi si misurano sul grado degli occupati e non più sulle virgole e sui decimali dei parametri.
Questo scenario – e ho davvero concluso – è uno scenario che, però, non può che fare i conti con una situazione di progressiva ingovernabilità di alcune nazioni. Può sembrare paradossale che torni al punto dal quale sono partito: la difficoltà di far decidere e di far rendere operative le decisioni che vengono prese. Questo vale per il complicato giuoco degli equilibri europei e continentali. Ma questo sta valendo sempre di più nella dinamica politica europea. Si tende a rappresentare questa dinamica come un crescente sguardo verso il populismo, ma si ignora o si fa finta di ignorare che stiamo parlando di due fenomeni diversi. Se è vero che c’è un’onda di rabbia, di rifiuto della politica tradizionale, di populismo Pag. 10(ognuno lo chiami col nome che preferisce); se è vero che in Europa e, mi permetto di dire con il rispetto che si deve, non soltanto in Europa, cresce un’onda di rabbia verso i sistemi tradizionali della politica e ottiene risultati significativi, dalle primarie americane alle regionali in Germania; se è vero che questo c’è ed è un fatto di natura politica, di sociologia politica, di lettura politica, c’è un fatto che, invece, attiene alla sfera istituzionale, cioè a come funzionano le regole del gioco. Quando noi abbiamo iniziato questa legislatura o, meglio, più correttamente, quando abbiamo iniziato il percorso di riforme con questo Governo, la discussione che era fatta e che naturalmente ha visto molte divisioni anche al nostro interno era sul modello di legge elettorale. Ricorderete che ciascuno aveva una proposta e, talvolta, anche all’interno dei partiti c’erano più proposte. Ricordo con grande attenzione come il modello spagnolo era immaginato, senza entrare nel merito delle valutazioni, come il sistema della governabilità. Nella nostra discussione si diceva che il modello spagnolo avrebbe garantito governabilità. Oggi vediamo quello che accade in Spagna, ma, se mi permettete, fate l’elenco dei Paesi che, avendo votato, si trovano in difficoltà. C’è una parte di Paesi in cui l’austerity come minimo porta al cambiamento di Governo. Io lo dico scherzando ai miei colleghi che sono contro le nostre proposte sulla crescita. Dico, guardate che, non parlo di politica, ma l’austerity come minimo porta sfortuna. Infatti, guardate cosa sta succedendo in tutti i Governi che sono guidati da una politica economica legata all’austerity. Ma al di là di queste che sono poco più che battute c’è un punto politico e, cioè, che le istituzioni in molti Paesi non riescono più a eleggere il Governo o meglio non riescono più ad avere un Governo in grado di rappresentarli. Non so come andrà a finire in Spagna e ho pieno rispetto per un Paese amico e alleato. È possibile che si torni a elezioni. Non so come andrà a finire in Irlanda, fatto sta che non ci sono i numeri, se non con una grande coalizione. Non so come andrà a finire in Slovacchia. So che in Portogallo il partito che è arrivato primo si è trovato all’opposizione sulla base di un accordo degli altri partiti. Era già accaduto in Lussemburgo. Si è votato due volte in Grecia.

  Allora, sul sistema istituzionale prima o poi qualcuno farà una riflessione scoprendo forse che il modello istituzionale italiano rischia – può sembrare un paradosso – di essere il più stabile con buona pace delle tante critiche che abbiamo sentito in questo periodo.