Giuseppe Catapano: Povertà, in calo del 4% le risorse destinate dai comuni al welfare territoriale

giucatap131Le risorse destinate dai Comuni nel 2013 alle politiche di welfare territoriale ammontano a circa 6,8 miliardi con una riduzione del 4% rispetto al 2010, quando si è toccato il massimo di spesa (circa 7 miliardi e 127 milioni di euro). Così Cristina Freguja, Direttore centrale delle statistiche socio-economiche dell’Istat, in audizione davanti alle commissioni Lavoro e Affari sociali della Camera.
Mentre nel periodo compreso fra il 2003 e il 2009 la spesa è aumentata con un tasso di incremento medio annuo di circa il 6%, nel 2010 si registra un primo segnale di rallentamento della crescita con solo un +0,7% e valori negativi in diverse regioni, principalmente del Centro e del Sud Italia. Dal 2011 al 2013 la decrescita è compresa fra 1 e 2 punti percentuali ogni anno.
Del resto, ha spiegato Freguja, i trasferimenti verso i Comuni volti a finanziare la spesa sociale hanno subìto riduzioni a partire dal 2009, principalmente con i tagli al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, ma anche ad altri fondi destinati ad apportare risorse a questo settore, che unitamente alle riduzioni dei trasferimenti erariali nei confronti dei Comuni e ai vincoli stabiliti dal Patto di Stabilità Interno hanno rappresentato fattori di freno all’attivazione di servizi aggiuntivi o determinato la riduzione delle risorse dedicate al sociale. Le riduzioni dei trasferimenti statali sono divenute ancora più rilevanti dal 2011.
Ne consegue che la fonte principale di finanziamento proviene dalle risorse proprie dei Comuni che finanziano il 67,2% della spesa complessiva per le politiche di welfare locale (la percentuale sale al 69,3% se si considerano anche i fondi propri degli enti associativi), mentre il fondo indistinto per le politiche sociali finanzia l’8%, i fondi regionali vincolati il 16,5% e il rimanente 6,2% è rappresentato da altre fonti.
I Comuni, i distretti sociali e le varie forme associative spendono mediamente 117 euro pro capite l’anno per interventi e servizi sociali con una notevole variabilità territoriale: si va dai circa 51 euro per il Sud contro i 159 euro del Nord-est. A livello regionale il campo di variazione si allarga ulteriormente, passando da un minimo di 25 euro della Calabria ad un massimo di 277 euro della Valle d’Aosta.
Per ciascuno dei servizi e dei contributi erogati, infine, i comuni o gli enti associativi possono subordinare l’accesso o le quote di compartecipazione alla spesa degli utenti alla verifica della situazione economica del richiedente (verifica dei mezzi).
Questo avviene solitamente per la maggior parte dei servizi offerti, ma vi è una certa variabilità in base al tipo di servizio e al territorio. Con riferimento agli asili nido comunali, ad esempio, si rileva che il 75% degli utenti ammessi sono stati sottoposti alla verifica dei mezzi. A livello territoriale si può osservare una certa variabilità, che indica tendenzialmente un minor utilizzo della verifica al Sud e nelle Isole. Per altri tipi di servizi – meno onerosi per i comuni e meno strutturati – come le attività ricreative, sociali e culturali, gli utenti sottoposti a verifica sono il 13% nell’area famiglia e minori e il 24% fra gli anziani.

Nel 2014 oltre 4 mln di poveri, la metà al Sud. Nel 2014 sono stimate in condizione di povertà assoluta 1,47 milioni di famiglie residenti in Italia (il 5,7% del totale); si tratta di 4,1 milioni di individui (il 6,8% dell’intera popolazione).
Il fenomeno appare più diffuso tra le famiglie residenti nel Mezzogiorno, dove si stimano in condizione di povertà circa 704 mila famiglie (l’8,6% del totale), pari a 1,9 milioni di individui poveri (il 45,5% del totale dei poveri assoluti). Livelli elevati di povertà assoluta si osservano anche per le famiglie con cinque o più componenti (16,4%), soprattutto se coppie con tre o più figli (16%), e per le famiglie con membri aggregati (11,5%); l’incidenza sale al 18,6% se in famiglia ci sono almeno tre figli minori e scende nelle famiglie di e con anziani (4% tra le famiglie con almeno due anziani). L’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare del titolo di studio della persona di riferimento.
Tra le famiglie con stranieri la povertà assoluta risulta più diffusa rispetto a quelle composte solamente da italiani; per queste ultime infatti l’incidenza è pari al 4,3% (in leggero miglioramento rispetto al 5,1% del 2013), contro il 12,9% osservato per le famiglie miste e il 23,4% per quelle composte solamente da stranieri. Al Nord e al Centro la povertà tra le famiglie di stranieri è stimata essere di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di italiani, nel Mezzogiorno risulta circa tripla.
La legge delega, prosegue l’Istat, “coerentemente con quanto già previsto nella legge di stabilità 2016, pone attenzione prioritaria alle famiglie con minori”. Nel 2014, il fenomeno è stimato interessare 571 mila famiglie con un’incidenza di povertà assoluta pari all’8,4%, superiore a quella rilevata sul complesso delle famiglie residenti (5,7%). Sono 1 milione 45 mila i minori coinvolti, il 10% di quelli residenti nel nostro Paese, contro un valore che per il complesso della popolazione è pari al 6,8%. Il numero di minori poveri assoluti risulta quasi doppio rispetto a quello stimato nel 2011 (523 mila; il 5% del totale) e triplo rispetto a quello del 2008 (375 mila; il 3,7%).
Nonostante l’assegno per il nucleo familiare venga erogato a oltre 230 mila famiglie con tre o più figli minori, il 18,6% delle famiglie di questa tipologia (143 mila) continua a essere in povertà assoluta, per un totale di 375 mila minori.

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