Giuseppe Catapano: Calano le frodi in azienda. Ma crescono i costi

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Uomo, laureato, di età compresa tra i 31 e i 40 anni e con un’esperienza lavorativa di 3-5 anni alle spalle. È questo l’identikit del «fraudster», ossia del soggetto che pone in essere frodi aziendali. Un fenomeno che in Italia colpisce un’impresa su cinque. L’illecito di gran lunga più ricorrente è l’appropriazione indebita (70% dei casi). E dopo un altro «classico» tra i crimini societari, rappresentato dalla corruzione (23%), inizia a farsi largo sempre più frequentemente il cybercrime, ossia l’insieme dei reati che colpiscono i dati riservati e la violazione di contenuti e dei diritti d’autore. È quanto emerge dalla Crime Survey 2016 realizzata da PwC, che ha raccolto oltre 6.300 interviste in 115 paesi, coinvolgendo anche 142 imprese italiane.

Rispetto all’edizione 2014 della ricerca, l’Italia fa segnare un leggero calo delle frodi denunciate (due anni fa le aziende vittime erano il 23%, oggi il 21%), restando comunque ben al di sotto della media mondiale (36%). Ma se si riducono gli episodi in valore assoluto, cresce al contempo il costo finanziario delle frodi. Secondo il 27% del campione italiano la perdita derivante dall’illecito supera il milione di euro, contro il 14% registrato a livello globale. Nel 7% dei casi il danno varia addirittura tra i 5 e i 92 milioni. Le frodi di maggiore entità si registrano nel crimine informatico, considerato da circa un terzo degli intervistati un problema sempre più rilevante in ottica futura.

A fronte di rischi crescenti, gli strumenti di difesa messi in campo dalle società sembrano faticare a stare al passo. Solo quattro aziende su dieci, sottolinea il rapporto, dispongono di personale addestrato contro i reati informatici, mentre un altro 20% del campione ha delegato in outsourcing l’attività di sicurezza It. In totale, il 53% delle aziende italiane coinvolte ha attivato un piano di prevenzione contro le frodi informatiche (a livello globale il 37%).

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