La polizia brasiliana ha perquisito l’abitazione dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva nell’ambito dell’inchiesta sulla compagnia petrolifera a controllo statale Petrobras.
L’ex presidente brasiliano, che ha lasciato l’incarico nel 2011, è stato inoltre prelevato dalla polizia per essere interrogato. Le indagini fanno parte dell’operazione “Lava Jato” (autolavaggio, ndr), che mirano a smascherare un presunto giro di tangenti attorno alla compagnia petrolifera.
Secondo quanto riferiscono fonti informate dei fatti, il nome di Lula sarebbe stato suggerito da altre persone indagate nel tentativo di ottenere uno sconto di pena. In particolare, Lula dovrà rispondere di presunti trattamenti di favore nella costruzione e nella ristrutturazione di due immobili, ottenuti da parte delle società di costruzioni coinvolte nello scandalo.
Giorno: 7 marzo 2016
Giuseppe Catapano: Alfano, 73 espulsioni dal 2015 a oggi
“Salgono a 7 le espulsioni per motivi di sicurezza dello Stato eseguite dall’inizio dell’anno, che vanno ad unirsi alle 66 del 2015. Per un totale di 73″, lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Altre due espulsioni dall’Italia sono state eseguite oggi, per motivi di prevenzione del terrorismo. “Il nostro lavoro per la sicurezza dei cittadini non conosce soste, chi non rispetta le nostre leggi e le nostre regole viene espulso”. Ha dichiarato Alfano che “nel pomeriggio è stato rimpatriato un cittadino albanese, residente a Pozzo d’Adda (Milano) e titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari. E’ stato accertato che faceva parte di un gruppo facebook di chiara connotazione antioccidentale, creato da un giovane estremista italo-marocchino, anch’egli attestato su posizioni marcatamente radicali. Negli ultimi tempi erano stati rilevati indicatori che facevano ritenere stesse maturando la decisione di unirsi alle milizie jihadiste dello Stato Islamico”. E’ stato espulso anche un cittadino tunisino residente a Padova e titolare di permesso di soggiorno. “Durante un controllo era stato trovato in possesso di un coltello a serramanico. Dagli accertamenti è stata e rilevata la sua tendenza a ricercare, sul web, files riconducibili alla causa jihadista. Un post, in particolare, recava una frase in arabo che legittima la pratica degli attentati suicidi”.
Giuseppe Catapano: Tim si mette a tavola con Oldani
Dopo la campagna istituzionale con l’inventore del web Tim Berners Lee e i conduttori tv Pif e Fabio Fazio, per il pacchetto «Impresa Semplice» Tim punta sul volto di Davide Oldani. Un imprenditore oltre che chef, che da domani sarà testimonial dell’azienda di tlc con l’incarico di raccontare anche sul web (canale che assorbe il 15% degli investimenti del gruppo) e in pillole il suo rapporto con la tecnologia Cloud come valore aggiunto negli affari.
Di contro il maestro della cipolla caramellata ha assicurato che farà entrare il brand nella sua insegna storica D’O a Cornaredo (Milano), oggi al restyling. «Il supporto tecnologico nella casa gourmet che stiamo ripensando è affidato a Tim, mentre con Samsung abbiamo realizzato una carta dei vini digitale», spiega Oldani a ItaliaOggi. «Sempre pensando alla tecnologia ho disegnato personalmente delle sedie con un vano per i device dei clienti. Amo la tavola senza telefonini in vista. Mangiare, secondo la mia filosofia, è un rito per guardarsi negli occhi».
L’incontro tra lo chef e Telecom (che ha appena rilanciato le politiche di marca sotto il logo a ombrello Tim) risale al World business forum di Milano, lo scorso anno. «Ci ha colpito la sua storia imprenditoriale che è andato a raccontare anche ad Harvard», rivelano Enrico Trovati, responsabile Business Marketing di Tim, e Gaetano di Tondo, responsabile business communication. «Come imprenditore incarna i valori della qualità». Ma nella scelta del testimonial ha pesato anche la notorietà del maestro ai fornelli, capace di farsi interprete dei nuovi bisogni della piccola e media azienda. «Il nostro portafoglio di offerte fino a oggi è sempre stato riconosciuto per la telefonia e la connettività, cose semplici da spiegare. E per le imprese il marchio è stato tipicamente legato alla telefonia fissa», sottolinea Trovati. «Oggi con Tim Impresa semplice proponiamo diversi servizi tecnologici basati su Cloud, spesso più facili da usare che da comunicare. Oldani imprenditore è la chiave per spiegare alle aziende famose o meno il valore aggiunto di questi supporti di business».
Lo chef lombardo, che ha accettato il suo ruolo da testimonial con Tim «perché ha idee semplici come la mia cucina», ammette di non essere un fan incondizionato della tecnologia come la si pensa oggi tra blog, fotografie dei piatti e social. «Se avessi ascoltato chi dieci anni fa mi diceva di investire su un sito avrei buttato molti soldi e tolto traffico al mio ristorante. Ma, certo, un buon 10% del risultato del mio lavoro è tra cucina e hi-tech. Ai miei esordi avevo un foglio Excel per calcolare l’andamento dell’azienda, oggi la parte gestionale è informatizzata e la tecnologia è la base per far spazio all’artigianalità. Con il Cloud ho liberato spazi occupati da cose inutili».
La campagna, girata da Indiana Production tra i grattacieli di Porta Nuova a Milano e la cucina dello chef, sarà diffusa da domani su tv nazionali, cinema, aeroporti, stazioni, affissioni, radio e web. Su questi ultimi due mezzi Oldani sarà affiancato da altri imprenditori e personale di aziende clienti di Tim Impresa Semplice. Le storie sul ruolo della tecnologia di Tim nel business, saranno diffuse sul canale Youtube, sul sito e sulle pagine Facebook e Twitter di Tim Impresa Semplice, ma anche negli aeroporti.
Intanto a maggio lo chef inaugurerà il nuovo ristorante D’O, «concepito come una casa con una grande cucina da 250 metri quadrati, un tinello, stanza dove sono cresciuto, oltre a un salotto e a una veranda. Sarà un luogo per gustare la tradizione delle materie prime», racconta. Le sedie Hi-tech che fungeranno da portaoggetti «sono state realizzate da Riva1920», conclude, «e stiamo studiando qualcosa per presentarle al Salone del Mobile».
Giuseppe Catapano: Fisco, favor rei al caso concreto
Favor rei sulle sanzioni tributarie da applicare al caso concreto: l’ufficio dell’Agenzia delle entrate, ai fini della rideterminazione della misura della sanzione dovrà terrà conto delle caratteristiche del caso al fine di applicare le nuove condizioni previste dalla riforma. Quindi, una valutazione delle regole che disciplinano, ad esempio, le riduzioni o le aggravanti, queste ultime in ogni caso non applicabili nel caso di violazioni commesse prima del 1 gennaio 2016. In caso di pendenza dei termini per la proposizione del ricorso, la richiesta di rideterminazione della sanzione viene inoltrata con istanza agli uffici i quali provvederanno direttamente come nel caso di contenzioso pendente. Sono queste alcune delle indicazioni contenute nella circolare n. 4 di ieri con la quale l’amministrazione finanziaria ha chiarito l’ambito di applicazione delle nuove regole in materia di sanzioni tributarie come introdotte dal dlgs n. 158 del 2015 e applicabili dal 1° gennaio 2016 anche per le violazioni commesse sino al 31 dicembre dell’anno scorso a condizione che il provvedimento non si sia reso definitivo con il pagamento della sanzione nella «vecchia» misura.
Le norme. Il principio di applicazione del favor rei è contenuto nell’articolo 3 del dlgs n. 472 del 1997, ai commi 2 e 3 ed è stato illustrato dall’amministrazione finanziaria con la circolare n. 180 del 1998. Va subito detto che nonostante fosse stato paventato il dubbio sulla applicabilità del predetto principio, era la stessa norma anticipatoria al 2016 della riforma che fugava ogni perplessità. Infatti, una volta indicato il principio in base al quale solo ai fini della procedura di disclosure (quindi con liquidazione nel 2016 delle somme dovute) si mantenevano le sanzioni in vigore sino al 31 dicembre 2015, implicitamente si affermava il concetto che, per ogni altra situazione, le nuove norme ove più favorevoli, erano pacificamente applicabili.
Giuseppe Catapano: Incidenti, chi sbaglia paga caro
In Italia ogni giorno gli incidenti stradali provocano la morte di dieci persone e il ferimento in modo grave di una media di cinquanta persone. Numeri drammatici, ma comunque in costante diminuzione negli ultimi anni, tanto da essere la metà di quelli registrati quindici anni fa. La legge sull’omicidio stradale, varata mercoledì 2 marzo dal parlamento dopo un tormentato iter legislativo (ci sono voluti cinque passaggi parlamentari) potrebbe però creare più problemi di quanti ne contribuisca a risolvere. E’ uno sforzo riformista infettato da dosi massicce di demagogia e di populismo.
Il primo effetto dell’entrata in vigore delle nuove norme non sarà di sicuro una ulteriore riduzione degli incidenti: per questo obiettivo, ammesso che ci si arrivi, ci vorrà del tempo. Il primo risultato sarà che almeno sessanta persone al giorno rischieranno la galera. E molte di loro ci finiranno veramente. Non si tratterà di delinquenti incalliti ma di persone normali che, per una distrazione o per una colpa anche lieve, hanno causato lesioni gravi a una persona (più di 40 giorni di prognosi). Basta una minima distrazione, l’attraversamento dell’incrocio un secondo dopo che è scattato il rosso, un sorpasso in prossimità delle strisce pedonali, oppure è sufficiente aver assunto un antidolorifico per il mal di denti o seguire una cura farmacologica contro la depressione: sono tutte aggravanti che fanno scattare sanzioni così alte da rendere la sospensione condizionale della pena, o altri istituti di riduzione della stessa, insufficienti a evitare di mandare dietro le sbarre anche persone incensurate, tranquille madri o padri di famiglia o giovani neopatentati. Decine di famiglie che ogni giorno dovranno affrontare drammi spesso superiori alle loro forze.
C’è di più. Oltre alle sanzioni penali, sulle quali normalmente si concentra l’attenzione, la legge sull’omicidio stradale ha introdotto pesantissime misure accessorie come la revoca della patente, che scattano in modo automatico in presenza di un incidente con lesioni gravi. Basta una colpa anche lieve di chi ha provocato l’incidente (mancato rispetto delle distanze di sicurezza, per esempio) per finire in un tritacarne infernale. E non importa se l’incidente è stato causato dal concorso di colpa di chi ha subito il danno. Per prima cosa, infatti, il prefetto, in modo del tutto discrezionale, potrà sospendere la patente di chi ha causato il danno in attesa che venga accertata la sua responsabilità. Se questa viene effettivamente stabilita, magari dopo qualche anno di sospensione, scatta automaticamente la revoca (non impugnabile) della patente da un minimo di cinque anni a un massimo di trenta. Il malcapitato in questo periodo non potrà più guidare. Se è un autista professionale o l’automobile gli è necessaria per recarsi al lavoro o per svolgere la sua attività…dovrà cambiare lavoro.
Tutti questi danni collaterali sarebbero anche tollerabili se la loro minaccia avesse l’effetto di ridurre in modo significativo il numero degli incidenti gravi. Ma è lecito dubitarne: un incidente non è mai voluto da chi lo provoca. La paura di sanzioni così severe può indurre una guida più prudente? Forse si, ma non è detto che questo sia sufficiente a ridurre il numero degli incidenti in modo significativo. Non si possono prevedere gli imprevisti, è impossibile ridurre il tasso di errore o di distrazione, i malori, le imperizie. Non facciamoci illusioni: se si vuole portare vicino allo zero il tasso di incidentalità non basta elevare alla ennesima potenza le sanzioni. Bisogna proibire la circolazione stradale.
L’uomo non è una macchina perfetta e i tentativi finora fatti per renderlo tale hanno prodotto risultati disastrosi. Ma il governo potrà appuntarsi sul petto la medaglia di un’altra riforma «epocale». In attesa della controriforma.
Giuseppe Catapano: Calano le frodi in azienda. Ma crescono i costi
Uomo, laureato, di età compresa tra i 31 e i 40 anni e con un’esperienza lavorativa di 3-5 anni alle spalle. È questo l’identikit del «fraudster», ossia del soggetto che pone in essere frodi aziendali. Un fenomeno che in Italia colpisce un’impresa su cinque. L’illecito di gran lunga più ricorrente è l’appropriazione indebita (70% dei casi). E dopo un altro «classico» tra i crimini societari, rappresentato dalla corruzione (23%), inizia a farsi largo sempre più frequentemente il cybercrime, ossia l’insieme dei reati che colpiscono i dati riservati e la violazione di contenuti e dei diritti d’autore. È quanto emerge dalla Crime Survey 2016 realizzata da PwC, che ha raccolto oltre 6.300 interviste in 115 paesi, coinvolgendo anche 142 imprese italiane.
Rispetto all’edizione 2014 della ricerca, l’Italia fa segnare un leggero calo delle frodi denunciate (due anni fa le aziende vittime erano il 23%, oggi il 21%), restando comunque ben al di sotto della media mondiale (36%). Ma se si riducono gli episodi in valore assoluto, cresce al contempo il costo finanziario delle frodi. Secondo il 27% del campione italiano la perdita derivante dall’illecito supera il milione di euro, contro il 14% registrato a livello globale. Nel 7% dei casi il danno varia addirittura tra i 5 e i 92 milioni. Le frodi di maggiore entità si registrano nel crimine informatico, considerato da circa un terzo degli intervistati un problema sempre più rilevante in ottica futura.
A fronte di rischi crescenti, gli strumenti di difesa messi in campo dalle società sembrano faticare a stare al passo. Solo quattro aziende su dieci, sottolinea il rapporto, dispongono di personale addestrato contro i reati informatici, mentre un altro 20% del campione ha delegato in outsourcing l’attività di sicurezza It. In totale, il 53% delle aziende italiane coinvolte ha attivato un piano di prevenzione contro le frodi informatiche (a livello globale il 37%).
Giuseppe Catapano: Usa, addio a Raymond Tomlinson, il “papà” dell’e-mail e del simbolo della chiocciola
E’ morto sabato a 74 anni Raymond Tomlinson, considerato il “papà” dell’e-mail e il creatore della chiocciola.
Nato nel 1941, laureato al prestigioso Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, Tomlinson scrisse la prima e-mail nel 1971: progettò il programma in segreto, senza comunicarlo ai suoi capi, mentre lavorava ad Arpanet, la rete a disposizione di ricercatori e militari che poi avrebbe dato vita a Internet. L’ingegnere informatico statunitense è stato il primo a utilizzare il simbolo della chiocciola per indicare che un messaggio deve andare a uno specifico computer della rete, separando il nome del destinatario dal resto. Nel 2012 Tomlinson è stato inserito nella Walk of Fame di Internet, una sorta di museo virtuale per conoscere le figure che hanno dato un contributo straordinario su questo terreno.
Nel suo blog, Tomlinson raccontò nel dettaglio la storia della creazione della chiocciola. “La prima e-mail è stata inviata tra due macchine che si trovavano l’una accanto all’altra”, collegata tramite Arpanet, spiegò. “Il primo messaggio fu abbastanza insignificante e in realtà l’ho dimenticato. Probabilmente si trattò di QWERTYUIOP (le prime lettere della tastiera) o qualcosa del genere”. “Non credete a tutto quel che leggete”, aveva ammonito Tomlinson. “Non credete a tutto quello che leggete sul web: ricordate che ci sono esseri umani che stanno dietro queste pagine e gli esseri umani fanno errori”.
Giuseppe Catapano: Primarie Pd, Valente batte Bassolino a Napoli. A Roma Giachetti e a Trieste Cosolini
Valeria Valente ha vinto contro Antonio Bassolino: sarà la candidata del Pd e del centro-sinistra a Napoli per diventare sindaco. E’ questo l’esito delle primarie che si sono svolte ierii, oltre che nella capitale e nel capoluogo campano, anche in altre quattro città italiane. A Trieste ha vinto il sindaco uscente Roberto Cosolini sul senatore Russo. “Napoli ha scelto di guardare avanti con una nuova classe dirigente. Grazie a tutti i cittadini. E ora tutti insieme nel centrosinistra per tornare al governo della città”, Valente ha annunciato la sua vittoria, menter Bassolino ha affermato: “Ho dato un contributo alla battaglia per la partecipazione, con passione e caparbietà, con tutte le mie forze. Spetta a chi ha vinto compito di andare avanti”. A Roma dove a partecipazione è stata molto bassa (30mila votanti contro i 100mila del 2013) ha vinto il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti sul candidato della sinistra interna al Pd, Roberto Morassut.

