Il commissario Ue per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulous, ha fatto capire durante una conferenza stampa, oggi a Bruxelles, che sarà presto archiviata la procedura d’infrazione comunitaria, aperta in dicembre contro l’Italia, per la mancata operatività dei centri “hotspot” per l’identificazione e lo smistamento dei migranti irregolari. “La procedura è stata iniziata qualche tempo fa”, ha osservato Avrampopoulos, sottintendendo che si riferiva alla situazione esistente in quel momento. Ma, ha aggiunto, “ma a mano a mano che andiamo avanti, vediamo che le cose migliorano. La situazione in Italia – ha sottolineato – sta migliorando. E quindi, quando la prossima valutazione verrà fatta, sono sicuro che non ci sarà nessuna ombra su questa questione, che ha amareggiato il primo ministro italiano”, Matteo Renzi. La decisione di inviare una “lettera di messa in mora” all’Italia, in dicembre, per il funzionamento insoddisfacente degli “hotspot” aveva molto irritato il governo Renzi, impegnato a gestire la crisi migratoria in prima linea, mentre dagli altri paesi europei venivano risposte insufficienti e insoddisfacenti all’esigenza di redistribuire e condividere i rifugiati, invece di costringerli a restare nei paesi di primo approdo, Italia e Grecia. A Bruxelles, quest’episodio è considerato come uno dei fattori più importanti alla base della polemica scatenata da Renzi contro la Commissione Juncker nelle ultime settimane. Per quanto implicitamente, il commissario ha così praticamente annunciato fin da ora che non vi sarà il passaggio al “parere motivato”, seconda fase della procedura d’infrazione che prelude al ricorso in Corte europea di Giustizia, e che la “lettera di messa in mora” finirà dunque archiviata. “Visto che l’Italia, come tutti gli Stati membri, sta facendo ciò che deve fare, non c’è alcuna ragione di preoccuparsi… E’ positivo che sia in Italia che in Grecia si sia riusciti a incrementare i numeri” dei migranti identificati e registrati negli “hotspot” con le impronte digitali. “Ricordiamo – ha osservato ancora Avramopoulos – la situazione di un anno fa. Oggi abbiamo il 70%” dei migranti identificati e registrati, e questo è un miglioramento molto considerevole per entrambi i paesi. Ma Lasciatemi essere chiaro: dobbiamo raggiungere il livello del 100%”, ha detto il commissario. “Il sistema deve lavorare in modo più complessivo e più efficiente. E capisco, essendo in contatto con entrambi i paesi, che stanno facendo del loro meglio perché le cose vadano meglio”, ha concluso Avramopoulos. Secondo i dati diffusi oggi dalla Commissione,in Italia il tasso di identificazione dei migranti negli “hotspot” ha raggiunto l’87% nel gennaio scorso, in netto aumento dopo che nel settembre 2015 era stato solo del 36%. Oggi sono pienamente operativi gli “hotspot” di Lampedusa e Pozzallo, in Sicilia, mentre dovrebbe esserlo presto anche quello di Trapani. Sono in corso i lavori anche per un nuovo centro a Taranto, mentre “mancano ancora”, lamenta la Commissione, i piani per la ristrutturazione di due altri siti ad Augusta e a Porto Empedocle/ Villa Sikania. Se sul fronte delle registrazioni i progressi sono evidenti, c’è invece il rischio che in assenza di miglioramenti consistenti sulla capacità di controllo delle frontiere da parte della Grecia il trattato di Schengen debba essere sospeso per tre mesi se Atene non darà risposte soddisfacenti. E’ questa la posizione dei 28 sulle raccomandazioni alla Grecia Atene, affinché rimedi alle “serie carenze” nella gestione delle frontiere esterne. Il testo, approvato dagli ambasciatori Ue sarà formalizzato all’Ecofin di venerdì, quando scatteranno i tre mesi per la Grecia per mettersi in regola. Non appena le raccomandazioni saranno approvate, la Commissione Ue potrà avanzare raccomandazioni specifiche attivando l’articolo 19b del Codice Schengen, terza tappa su quattro nell’iter per l’articolo 26, per controlli ai confini interni fino a due anni.
A Roma ieri il vertice dei sei paesi fondatori
L’incontro di ieri a Roma fra i capi delle diplomazie dei sei Paesi fondatori dell’Ue, Italia, Germania, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, non ha prodotto decisioni concrete, ma ha dato il via ad un rilancio dello spirito originario dell’Unione. I ministri degli Esteri, “preoccupati dallo stato del progetto europeo”, hanno indicato la via della “ever closer union”, cioé dell’unione sempre più integrata, come la “migliore risposta alle sfide odierne” in uno dei periodi piu’ difficili dalla sua creazione. La posizione italiana a favore dell’organizzazione di diversi livelli di integrazione tra i paesi dell’Unione ha trovato buona accoglienza, ma lo stesso ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha precisato che dall’incontro di ieri non emergerà un nuovo formato europeo: “la nostra iniziativa non è esclusiva e non vuole tenere fuori altri Paesi”. E già dal prossimo incontro, in programma tra qualche mese in Belgio, l’obiettivo è di coinvolgere altri Stati membri disposti a “condividere questo ruolo propulsivo”. Il capo della Farnesina ha rivendicato la vocazione europea dell’Italia, nonostante negli ultimi mesi il Governo di Roma abbia tenuto una linea più polemica nei confronti di Bruxelles. In ogni caso, ha spiegato “le dinamiche non mettono in dubbio il fatto che l’Italia sia un paese profondamente europeista e fra i più impegnati a spingere in avanti il processo di integrazione”. A Roma si è parlato ovviamente di crisi dei rifugiati, mettendo in chiaro che “solidarietà e responsabilità” sono le linee guida per una risposta necessariamente europea. Il documento finale ha ribadito che “e’ necessario applicare le decisioni comuni con umanita’ ed efficienza”: questo significa miglior controllo delle frontiere esterne, approccio geograficamente ed economicamente equilibrato nella ripartizione dei carichi, maggior cooperazione con i Paesi di origine e di transito. “Non e’ possibile immaginare – ha sottolineato Gentiloni – che decisioni di singoli Stati possano mettere in discussione conquiste e risultati acquisiti da decenni, in particolare lo spazio di Schengen”.