“Verifica” per una società, “rappresentante fiscale in Italia” di una azienda tedesca. Passaggi successivi sono il “processo verbale di constatazione”, datato 16 marzo 2007, e l’“avviso di accertamento”, datato 4 aprile 2007, con cui viene “disconosciuto il credito d’imposta (Iva) chiesto – e in parte ottenuto – a rimborso per l’anno 2003”.
Nodo gordiano, nella battaglia col Fisco, è la tempistica dell’“atto impositivo”, alla luce del “termine dilatorio di 60 giorni” previsto per legge.
Su questo fronte, nonostante la decisione pro Fisco emessa in Commissione tributaria regionale, i giudici della Cassazione ritengono motivate le proteste dell’azienda tedesca. In sostanza, è evidente la violazione del “termine dilatorio”, soprattutto perché il Fisco non ha rispettato “l’obbligo di attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del doveroso contraddittorio procedimentale” colla società. E in questo quadro, concludono i giudici, è irrilevante il richiamo a presunti “motivi di particolare urgenza, costituita dalla scadenza della fideiussione a fronte del rimborso per l’anno 2003”.
Tutto ciò porta i giudici della Cassazione a sancire la sconfitta definitiva del Fisco.