Nel 1995 la riforma Dini sancisce il logico principio che una pensione sia calcolata sui contributi versati e non sullo stipendio percepito, ma lascia una grande lacuna perché tale principio sarebbe stato applicato
solo a coloro che venivano assunti dopo il 1995. Per coloro che avevano maturato più di diciotto anni di lavoro rimaneva il metodo retributivo totale, mentre per chi ne aveva di meno ci sarebbe stato un calcolo pro rata. Sono passati venti anni dalla riforma Dini e in questo periodo le pensioni di lusso rappresentano ancora la quasi totalità delle pensioni.
Solo una piccolissima percentuale (circa il 10%) percepisce pensioni con il metodo contributivo puro, con importi veramente miseri se paragonate a quelle maturate con il metodo retributivo. La spesa pensionistica, nonostante la riforma Dini, è aumentata, perché era rimasto il peccato originale della lacuna lasciata e ancora oggi assistiamo, oltre allo scandalo dei vitalizi alla casta, a pensionati che hanno già percepito il doppio, il triplo e fino a dieci volte i contributi versati. Questa situazione è ingiusta e deve essere corretta subito. I poveri giovani non possono continuare a versare contributi per pagare le pensioni d’oro calcolate con il metodo retributivo, sapendo, senza ombra di dubbio, che le loro saranno veramente misere.
Questa situazione investe in pieno i lavoratori autonomi della gestione separata che si sono resi già conto, con i primi pensionamenti, della triste realtà. Realtà che scopriranno in tanti con la possibilità per tutti di effettuare la propria proiezione pensionistica, fortemente voluta dal neopresidente dell’Inps, Tito Boeri. Il problema deve essere affrontato e i diritti acquisiti se «sproporzionati» vanno «riproporzionati» in una giusta visione di equità sociale. In tal senso si sono già espressi grandi conoscitori della materia pensionistica ed economisti del calibro di Tiziano Treu, Cesare Damiano, Michele De Lucia, Giuliano Cazzola, Renata Polverini, Ignazio Marino e non da ultimi Tito Boeri e Mario Baldassarri. L’Ancot che si batte da tempo per una previdenza più equa anche con il Colap e con la neo costituita Federazione dei tributaristi, è stata invitata a Palermo al «Festival del lavoro», un convegno indetto dai Consulenti del lavoro. Molto caldo il tema della tavola rotonda: «Un futuro a mezza pensione». Anche in questa occasione daremo il nostro modesto contributo alla soluzione dell’annoso e grande problema della previdenza.
Ci auguriamo che l’occasione di tale evento possa essere veramente propositivo per il governo che sta
mostrando vivo interesse per una riforma della previdenza con diversi suoi esponenti e con il premier Matteo Renzi in prima persona. Un sentito ringraziamento al presidente Marina Calderone, a Vincenzo
Silvestri e a tutto il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro per il gradito invito.