È illegittimo ed incostituzionale il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici solo per risparmiare sul disavanzo pubblico: i conti dello Stato devono trovare altre risorse per la loro spending review, ma non possono attingere dalle tasche dei lavoratori; è questa la sintesi della sentenza “scossone” appena emessa dalla Corte Costituzionale avente ad oggetto la legittimità della norma emanata dal Governo ben quattro anni fa (in particolare dal ministro Tremonti) che aveva deciso di congelare gli stipendi dei pubblici dipendenti dal 2011 al 2013; la disposizione è stata poi prorogata per il 2014 dal governo Letta e, infine, per tutto il 2015 da Renzi. Tuttavia, la Corte tira un colpo al cerchio e uno alla botte e, per evitare al Governo un buco da 35 miliardi di euro, salva il passato: in altre parole, da oggi in poi il blocco degli stipendi sarà illegittimo, ma per gli anni pregressi non sarà dovuta, ai dipendenti pubblici, alcuna restituzione. La motivazione – almeno in attesa di leggere quelle ufficiali rilasciate dalla Corte – potrebbe consistere nel fatto che, secondo l’orientamento già manifestato in passato dai giudici costituzionali, una misura d’urgenza – quale appunto il blocco degli stipendi – può essere ammessa solo a condizione che sia “straordinaria”, ossia non ripetuta con cadenza annuale. I conti dello Stato sono “parzialmente” salvi. Non bisognerà cioè trovare 35 miliardi per provvedere alle restituzioni di quanto sottratto ai dipendenti sino ad oggi: a tanto sarebbe, infatti, ammontato il peso della sentenza dalla Corte Costituzionale qualora avesse accolto integralmente le istanze dei ricorrenti. La pronuncia avrebbe minato il patto di stabilità con l’Europa e rischiava soprattutto di far saltare le clausole di salvaguardia contenute nell’ultima legge di Stabilità (in particolare, l’aumento dell’Iva al 25,5% e l’innalzamento delle accise sulla benzina). La vicenda Il Tribunale di Roma e quello di Ravenna, avevano chiesto alla Corte Costituzionale di pronunciarsi circa la legittimità costituzionale della norma che ha disposto il blocco dell’indicizzazione (ossia dell’adeguamento all’inflazione) degli stipendi dei pubblici dipendenti. In pratica, con una legge del 2010, il Governo aveva stabilito che, per gli anni dal 2011 al 2015, il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potesse crescere e adeguarsi al paniere ISTAT, ma dovesse rimanere, in ogni caso, lo stesso di quello già erogato per l’anno 2010. Ciò, comunque, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso di anno (fermo in ogni caso quanto previsto le progressioni di carriera comunque denominate, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio). Ebbene, questa norma, secondo la Corte Costituzionale è illegittima, ma questa volta non con effetto retroattivo. Quindi, i lavoratori diventeranno creditori dello Stato solo se, da quest’anno, non saranno adeguati gli stipendi al costo della vita. In ogni caso, sarà meglio attendere le motivazioni ufficiali della Corte prima di ipotizzare eventuali scenari futuri. Il comunicato della Corte Costituzionale Per il momento la Corte Costituzionale ha semplicemente diffuso un lapidario comunicato stampa: “In relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure proposte“. Come con le pensioni Meno di due mesi fa la Corte Costituzionale aveva già deciso la stessa questione con riferimento, però, alle pensioni: in quella sede, tuttavia, la Corte si era spinta oltre, ritenendo illegittima l’originaria norma sul blocco dell’adeguamento delle pensioni (meglio nota come Riforma Monti-Fornero) e disponendo la restituzione di tutte le somme non versate per gli anni passati. Risultato, il Governo oggi si trova a dover restituire ai pensionati tutti gli scatti dell’inflazione che non ha erogato in questi anni (circa 5 miliardi). L’esecutivo ha emesso un decreto legge per tamponare alla situazione di emergenza, disponendo delle restituzioni ridotte (pari a circa il 10% del dovuto). Questo non ha impedito, evidentemente, ai tribunali di ritenere che ai pensionati siano comunque dovute tutte le somme non elargite in questi anni, e non solo la ridotta misura regalata dal Governo. Tant’è che il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso per decreto ingiuntivo avanzato da un pensionato nei confronti dell’Inps per il pagamento dell’intero non percepito.
roma
Giuseppe Catapano osserva: Catasto, riforma bloccata. Niente decreto in consiglio dei ministri
Salta la riforma del catasto. Il secondo decreto attuativo della delega fiscale in tema di immobili non arriverà invece sul tavolo del consiglio dei ministri. Un testo molto atteso sulla cui base ricalcolare tutti i valori catastali. Ma quel testo bisognerà aspettarlo ancora, perché a pochi giorni dalla scadenza della delega fissata per il 27 giugno si è scoperto, grazie alle simulazioni curate dall’Agenzia delle Entrate, che le nuove rendite diventerebbero in generale molto più alte e in alcuni casi arriverebbero alle stelle. Così l’invarianza di gettito delle imposte sulla casa, Imu e Tasi, sarrebbe in pericolo, Anche perché sarebbe difficilissimo agire sulle aliquote di Imu e Tasi per ridurle, sia perché bisognerebbe stabilire se intervenire a livello nazionale o locale, sia perché sarà necessario capire come il nuovo sistema potrebbe funzionare con la local tax, la tassa unica per i servizi erogati dagli enti locali annunciata più volte dal presidente del consiglio Matteo Renzi. Secondo i primi calcoli, i valori degli immobili ottenuti con la nuova formula aumentano in centro e in periferia, nonostante lo sconto del 30%, inserito nel decreto per attutire i rialzi. Le abitazioni oggi classificate come economiche e popolari (A3 e A4), soprattutto nei centri storici, spiccano letteralmente il volo: A Napoli il valore di una casa popolare in centro sale di sei volte. A Venezia di cinque. A Roma di quattro. Una rivalutazione giusta per le abitazioni ormai non più popolari e legate a un catasto ormai vecchio. Ma i tecnici temono che a un aumento troppo brusco delle rendite corrisponda un aumento altrettanto brutale del gettito da immobili, ora fisato a 24 miliardi tra Imu e Tasi per prime e seconde case. Sarebbe un ulteriore colpo per il mercato immobiliare. In ogni caso, con il decreto che oggi il consiglio dei ministri avrebbe dovuto approvare, sarebbero stati necessari cinque anni per completare la riforma del catasto. Le linee generali del dlgs non approvato prevedono che il valore patrimoniale degli immobili sarà determinato dall’Agenzia delle entrate (divisione ex Territorio) mediante stima diretta, con processi uniformi a livello nazionale e con parametri specifici per ciascuna categoria catastale, elaborati da Sose. Le funzioni statistiche (cioè il rapporto tra valori di mercato e le caratteristiche dei fabbricati) e i relativi ambiti di applicazione, validati dalle commissioni censuarie, saranno adottati con decreti del ministero dell’Economia e delle finanze. Alla procedura collaboreranno i comuni. L’amministrazione, in caso di insufficienza di risorse umane, potrà anche chiedere l’aiuto di ordini e collegi professionali, per le attività di rilevazione e di stima. I contribuenti potranno opporsi alle nuove rendite ricorrendo al giudice tributario. Durante la riforma degli estimi, comunque, i comuni non potranno procedere ai riclassamenti delle microzone già previsti dalla legge n. 311/2004.
Giuseppe Catapano informa: Marino da Delrio per lo stadio della Roma: “Riconosciuto il valore pubblico dell’opera”
“Sono molto soddisfatto, è stata una riunione estremamente positiva e ringrazio Delrio per aver accolto la nostra giunta, il team di architetti e tutti gli attori di questo straordinario progetto”. Lo ha dichiarato il sindaco di Roma, Ignazio Marino, al termine dell’incontro al ministero delle infrastrutture sul progetto del nuovo stadio della Roma. All’incontro hanno preso parte oltre a Marino e Delrio, anche il responsabile del progetto stadio della As Roma, Mark Pannes, e il Ceo di Eurnova, Luca Parnasi. “Delrio ha riconosciuto lo straordinario valore pubblico di quest’opera”, ha proseguito Marino, ricordando “la riqualificazione di un’area inutilizzata e un sistema di trasporti che porterà ulteriori vantaggi. “I progettisti e Pannes hanno assicurato a Delrio che dal momento della posa della prima pietra si potrà giocare la prima partita in 22 mesi”, ha aggiunto Marino. “Io ho ribadito che non si giocherà nessuna partita se tutte le opere pubbliche non saranno completate. Non siamo entrati in dettagli sugli investitori che sappiamo essere molti e coordinati dalla Goldman Sachs”. Pannes, dopo avere parlato di incontro “molto produttivo”, ha aggiunto: “Abbiamo bisogno di sostegno a tutti i livelli e l’incontro di oggi dimostra che questo sostegno c’e. Pannes ha infine espresso “soddisfazione per il sistema di trasporto, che permetterà non solo ai tifosi di raggiungere lo stadio, ma renderà possibile utilizzare lo stadio 7 giorni alla settimana”
Catapano Giuseppe osserva: Mafia capitale, altri 5 arresti – truccata anche la gara per restauro Aula Giulio Cesare
Cinque arresti eseguiti dagli uomini del Comando Unità Speciali della Guardia di Finanza di Roma nell’ambito di un’inchiesta della procura capitolina nel settore degli appalti pubblici e di contrasto alle frodi fiscali. In manette sono finiti anche un alto dirigente in servizio alla Sovrintendenza dei beni culturali di Roma Capitale e un imprenditore, che, fa sapere la Gdf, è “risultato coinvolto anche nell’inchiesta mafia capitale”. In tutto sono sei le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip ma uno dei sei destinatari è recentemente deceduto.
Truccata la gara per restauro Aula Giulio Cesare – Tra le gare “truccate” scoperte dalla Finanza, anche quella relativa al restauro dell’aula Giulio Cesare del palazzo Senatorio, dove si riunisce il consiglio comunale della Capitale, affidata a trattativa privata all’imprenditore arrestato.
Le accuse – I reati contestati sono associazione a delinquere, truffa aggravata e continuata in danno del Comune di Roma, falso, turbativa d’asta, emissione e utilizzo di fatture false, indebite compensazioni d’imposta, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte con l’aggravante del reato transnazionale, commesso a Roma, Lussemburgo e altrove.
Dirigente favorì imprenditore Fabrizio Amore – All’alto dirigente in servizio alla Sovrintendenza dei beni culturali di Roma Capitale finito in manette si contesta, a quanto fanno sapere le Fiamme gialle, di aver “favorito l’imprenditore romano Fabrizio Amore nell’iter procedurale per l’aggiudicazione di gare pubbliche”, tra cui, appunto, quella relativa al restauro dell’aula Giulio Cesare. In particolare, dagli accertamenti eseguiti è emerso come “l’imprenditore arrestato fosse più che sicuro dell’aggiudicazione della gara, avendo stipulato contratti ed effettuato pagamenti in acconto ai subappaltatori alcuni giorni prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte”. In sostanza, spiega la Gdf, “il pactum sceleris ha fatto sì che fossero invitate alla procedura di gara esclusivamente società riconducibili allo stesso soggetto economico”.
Affitti gonfiati per mini appartamenti destinati a emergenza abitativa- Dall’inchiesta emerge anche che il Comune di Roma ha pagato per anni 2.250 euro al mese per ogni mini appartamento dei due residence in zona Ardeatina destinati all’emergenza abitativa affittati dall’imprenditore finito in manette. Secondo la Gdf, l’imprenditore arrestato inoltre, “grazie alla rete di conoscenze che vanta all’interno degli uffici di Roma Capitale risultata alquanto estesa e ramificata”, tramite “sue società, controllate da società lussemburghesi”, ha concesso in locazione al Comune due strutture residenziali in zona Ardeatina per la gestione delle emergenze abitative della Capitale, e il Comune di Roma “ha pagato per diversi anni canoni di locazione particolarmente elevati, pari a circa 2.250 euro al mese, per ogni mini appartamento”. Nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Roma si è anche accertato che “alcune unità immobiliari, anziché essere destinate alle emergenze abitative, così come previsto nel contratto di locazione, sono state utilizzate dall’imprenditore per fini propri”.
Evasione fiscale da 11 milioni – Una imponente evasione fiscale, per oltre 11 milioni di euro, è emersa nell’ambito dell’inchiesta. L’evasione fiscale, fanno sapere le Fiamme gialle, sarebbe stata attuata dall’imprenditore arrestato e dai suoi collaboratori, “attraverso un gruppo di società residenti, controllate da imprese estere con sede in Lussemburgo”.
Giuseppe Catapano osserva: Mafia capitale, indagato il sottosegretario Castiglione. Marino: “Non lascio”
C’è anche il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione (Ncd), tra i sei indagati per turbativa d’asta nell’inchiesta della Procura di Catania sull’appalto per la gestione del Cara di Mineo. Lo si rileva dagli atti dell’inchiesta. Prima tornata di interrogatori di garanzia per i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta Mafia Capitale. Oggi saranno sentiti dal gip Flavia Costantini tutti coloro che sono stati reclusi a Regina Coeli: tra questi Mirko Coratti, già presidente dell’Assemblea Comunale; Francesco Ferrara, dirigente della cooperativa “La Cascina”; il dirigente comunale Angelo Scossafava e l’ex assessore della giunta Marino, Daniele Ozzimo. Domani sarà la volta di tutti gli indagati condotti ieri nel carcere di Rebibbia. Indagata Gabriella Errico, la presidente della cooperativa “Un sorriso” finita sotto i riflettori alcuni mesi fa durante le violente proteste scoppiate nel quartiere della periferia romana di Tor Sapienza tra i residenti e gli immigrati del centro d’accoglienza gestito dalla cooperativa. Il reato che le viene contestato è quello di turbativa d’asta, anche se il gip ha deciso di rigettare la richiesta di misura cautelare spiegando che nei suoi confronti “possa essere effettuata una prognosi favorevole, in ordine all’astensione dalla commissione di ulteriori reati, tenuto anche conto della pena che ragionevolmente potrà essere irrogata”. La notizia anticipata dal quotidiano La Sicilia di Catania ha trovato riscontro nel decreto di perquisizione eseguito ieri da carabinieri del capoluogo etneo negli uffici comunali di Mineo, compresa l’acquisizione di tutti gli apparecchi informatici e i supporti digitali negli uffici in uso diretto e indiretto del sindaco, ed emesso dal procuratore Giovanni salvi e dai sostituti Raffaella Agata Vinciguerra e Marco Bisogni. Nel decreto di sette pagine, che vale anche come informazione di garanzia, ci sono i nomi dei sei indagati: Giuseppe Castiglione, che è anche deputato nazionale e coordinatore del Ncd in Sicilia, “nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo”; Giovanni Ferrera, “nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza”; Paolo Ragusa, “nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino”; Luca Odevaine “nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni”, e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra. Nel decreto la Procura ipotizza che gli indagati “tubavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014”. La Procura di Catania mantiene il massimo riserbo sull’inchiesta, limitandosi a richiamare quanto aveva scritto ieri durante le perquisizioni di carabinieri del Ros di Catania “finalizzate a verificare se gli appalti per la gestione del Cara siano stati strutturati dal soggetto attuatore al fine di favorire l’Ati condotta dalla cooperativa catanese Sisifo, così come emerso anche nelle indagini della Procura di Roma, con la quale è costante il coordinamento delle indagini”.
“Lasciare il Campidoglio? Lo faro’ nel 2023, alla fine del mio secondo mandato”. Lo ha assicurato il sindaco di Roma, Ignazio Marino, in un’intervista al Messaggero, in merito al rischio per la sua amministrazione a seguito del secondo atto dell’inchiesta Mafia Capitale emerssa in questi giorni. “Quest’inchiesta e’ frutto anche del nostro lavoro di cambiamento. Il mio primo atto da sindaco e’ stato chiedere al ministero dell’Economia di poter utilizzare gli ispettori della Guardia di Finanza in Campidoglio”, ha spiegato Marino, sottolineando che “gia’ li’ in molti storsero il naso”. Secondo Marino “con Alemanno la criminalita’ si era infiltrata fino ai vertici dell’amministrazione. Oggi tutto questo e’ cambiato, Roma deve essere guida morale del Paese”. Tornando a parlare delle sollecitazioni da parte di alcuni leader della politica a dimettersi, il sindaco capitolino ha precisato che “voglio spianare come un rullo tutte le persone che negli ultimi anni si sono messe sotto i piedi i diritti e i soldi dei romani”, ricordando che anche nel Pd “tutto e’ cambiato: e’ finita l’epoca in cui si faceva finta di litigare di giorno, per poi accordarsi di notte su come spartirsi i soldi pubblici, magari insieme ai capi della criminalita’ organizzata”. A tal proposito “aspettiamo il lavoro di Matteo Orfini e Fabrizio Barca. Dobbiamo dire, pero’, che il Pd e’ l’unico partito che ha deciso immediatamente di affidarsi a un commissario, per radiografare tutti gli atti e gli iscritti di ogni singolo circolo”, ha concluso.
E sull’argomento è intervenuto anche Matteo Orfini. “Chi si è fatto corrompere deve sparire dalla vita politica e dal Pd”, ha dichiarato il presidente del Pd in una intervista a La Repubblica. Aggiungendo: “Chiedere le dimissioni della giunta Marino è fare il gioco della mafia”. “Il Pd sta facendo pulizia – ha spiegato – sia nell’amministrazione della città sia dentro il partito. E’ stato proprio il sindaco Marino a chiedere l’intervento della Finanza e a segnalare i casi sospetti. E una volta esplosa la vicenda siamo interventuti ancora più duramente con le regole dell’assessore Sabella che garantiscono trasparenza e legalità nella gestione della città. Nei prossimi giorni ripartirà il tesseramento, a testa alta chiederemo alla città di darci una mano a rigenerare il partito”. Sul pressing del’opposizione per le dimissioni del sindaco Marino, Orfini sottolinea: “E’ la stessa linea della mafia. Chi preme perchè la giunta Marino vada via sono il Movimento 5 Stelle, Salvini e la mafia. Vedano loro se si sentono in buona compagnia”.
Catapano Giuseppe: Sei un avvocato?
Sei un avvocato? Probabilmente, già da qualche anno stai tentando di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per aumentare la tua visibilità. E, forse, tutto ciò che sei riuscito a fare è stato costruirti, su misura, un sito web, un blog o una pagina social. Ma sei ancora lontano dai risultati economici che speravi di ottenere e, soprattutto, da quella notorietà che il web è in grado di offrire a chi – come già alcuni tuoi colleghi – lo sa ben utilizzare. I tuoi colleghi, appunto. Ci sono avvocati che, grazie a internet, hanno raggiunto una notorietà ben al di là dei confini della propria città; altri, invece, che sono riusciti a garantirsi un soddisfacente ritorno economico fisso grazie agli strumenti di Google. Fortificare il brand del tuo studio legale è una delle prime necessità se vuoi far conoscere le tue competenze. Non ti basta, di certo, la proprietà di un dominio internet o scrivere per qualche noto sito. Devi “essere attivo”, facilmente rintracciabile e, soprattutto, riconoscibile. Insomma, devi fare del tuo nome un traino e non accontentarti di essere, passivamente, presente su un motore di ricerca. Esiste un detto: “Se hai ucciso qualcuno e non vuoi che nessuno trovi il cadavere, nascondilo nella seconda pagina di Google”. E tu, in quale pagina sei? Hai provato a contare quante persone, nell’ultima settimana, ti hanno contattato perché ti hanno trovato tramite il web? Sarà questo il tema del “Meeting 2015” che La Legge per Tutti – il primo grande network nazionale di professionisti – inaugura a Roma, il prossimo 29 maggio. All’incontro parteciperà anche il Segretario nazionale dell’AIGA, l’avv. Michele Vaira, che, introducendo i lavori, parlerà del rapporto tra deontologia, web e siti internet: un tema particolarmente delicato, specie dopo le recenti modifiche al codice degli avvocati. La partecipazione è libera e gratuita. Nel corso del “Meeting 2015” sarà illustrato il funzionamento di LLpT, verrà spiegato come affiliarsi al Network nazionale e saranno chiarite le tecniche SEO per poter essere più “presenti” sul web. Ma sarà anche l’occasione per conoscere i protagonisti e le esperienze di chi già lavora da anni con LLpT. L’incontro si terrà presso il “Grand Hotel del Gianicolo” (Viale Delle Mura Gianicolensi, n. 107, Roma, Ph: +39 (0)6 58 333 405). I lavori inizieranno alle ore 14.30 e termineranno alle ore 18.30. La prenotazione all’incontro è gratuita ma obbligatoria.