Catapano Giuseppe comunica: Corte dei Conti – fisco, welfare e spesa pubblica

La Corte dei Conti ha reso pubblico il Giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2014. Recupero di efficienza degli apparati pubblici, partecipazione dei cittadini alla copertura di alcuni servizi, alleggerire la pressione fiscale e rigidità del sistema pensionistico, sono alcuni dei concetti chiave espressi dalla Corte dei Conti.
In questi anni è stato comunque condotto uno sforzo per il riequilibrio dei conti pubblici in linea con i programmi generali di revisione e contenimento della spesa. Lo sottolinea il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri evidenziando che anche gli interessi sul debito “hanno invertito la tendenza e si sono ridotti significativamente”.
Ma la ridotta natalità, il contemporaneo innalzamento dell’età media della popolazione e l’erosione dei livelli dell’occupazione – ha evidenziato Enrica Laterza, presidente di Coordinamento delle Sezioni riunite della Corte dei Conti – creano una combinazione sfavorevole, peraltro più accentuata che nella maggior parte degli altri paesi occidentali, che non può essere affrontata con i mezzi tradizionali delle politiche di bilancio, mentre richiederebbe una revisione coraggiosa dei confini dell’intervento pubblico”.
“Nel corso del 2014, – spiega il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri – la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 40, ha chiarito che il Patto di stabilità – e, più in generale, i vincoli di finanza pubblica – obbligano l’Italia, nei confronti dell’Unione europea, ad adottare politiche di contenimento della spesa, il cui rispetto viene verificato in relazione al Conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche, elaborato dall’ISTAT sulla base dei bilanci delle oltre 10 mila unità istituzionali comprese nell’elenco che l’Istituto di statistica è tenuto a pubblicare, ogni anno, sulla Gazzetta Ufficiale”.
Nel contempo Enrica Laterza, presidente di Coordinamento delle Sezioni riunite della Corte dei Conti, evidenzia che la pressione fiscale è stata nel 2014 pari al 43,5% del Pil, 1,7 punti in più rispetto alla media dell’area euro, affermando che “la prospettiva di una pressione fiscale che resti sull’attuale elevato livello appare difficilmente tollerabile”.
Così come pesa la rigidità delle pensioni sul contenimento della spesa pubblica. La “forte rigidità” del sistema pensionistico e i margini di risparmio sempre più stretti su redditi da lavoro e consumi intermedi, “già ripetutamente colpiti”, mettono in difficoltà i programmi di spending review rafforzati con la legge di stabilità 2015”.
“In una fase di emergenza economico-finanziaria, la politica fiscale è stata piegata ad obiettivi immediati di gettito, al fine di garantire gli equilibri di finanza pubblica. – ha detto Laterza – L’affannata ricerca di risultati si è tradotta, tra il 2008 e il 2014, nell’adozione di oltre 700 misure di intervento in materia fiscale, di aggravio o di sgravio del prelievo. Ne è risultata sacrificata l’esigenza di una ragionata revisione strutturale del sistema fiscale, che consenta di pervenire ad una minore onerosità e ad una maggiore equità distributiva”. Laterza riconosce comunque che grazie al bonus Irpef e alle misure sull’Irap inserite nella scorsa legge di stabilità “di recente si sono avviati interventi di alleggerimento dell’onere tributario sui fattori produttivi”.
C’è la necessità di riorganizzare alla radice le prestazioni e la modalità di fruizione dei servizi pubblici. Laterza sottolinea infatti che “il recupero di efficienza degli apparati pubblici non può essere disgiunto da una maggiore partecipazione dei cittadini alla copertura dei costi di alcuni servizi, che richiederà in primo luogo una contestuale, rigorosa, articolazione tariffaria che realizzi il precetto costituzionale della concorrenza alle spese pubbliche in ragione della diversa capacità contributiva”.
E’ quindi necessaria una riorganizzazione dei servizi di welfare sulla base di una “riscrittura del patto sociale che lega i cittadini all’azione di Governo”.
Infine il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha fornito un quadro generale della nostra economia, spiegando che insieme a quella europea, sono in una fase di “ristagno, stagnazione”. Ciò significa che per tornare ai livelli del 2008 “ci vorranno anni”. Il governatore ritiene inoltre ‘molto grave’ il segnale di mancanza di fiducia che si avverte in questo periodo fra i paesi dell’Eurozona, “segno che dal lato politico il progresso è ancora lontano”. A proposito del negoziato in corso per la soluzione della crisi greca, secondo Visco “è evidente che un paese con un modello orientato all’export, con una posizione creditoria molto elevata, ha almeno altrettante colpe di un paese che accumula tanti debiti”.