Catapano Giuseppe informa: È giusto che l’avvocato percepisca la pensione e continui a esercitare la professione?

Un quesito che, evidentemente, si pongono in molti, atteso il dibattito – anche, per certi versi, acceso – che sta impazzando sui forum e sui social network: è giusto che l’avvocato in pensione (che, quindi, non paga i contributi minimi) possa continuare ad esercitare l’attività forense e, quindi, a percepire altri redditi? Si pensi, prima di tutti, ai numeri: nel 2013, la Cassa Forense ha erogato circa 25mila pensioni e, di queste, l’esatta metà è andata nelle tasche di pensionati attivi ossia di avvocati che stavano continuando a esercitare la professione. Il problema si pone, quasi con le stesse misure, anche per le altre casse private degli autonomi. La legge esonera i pensionati di vecchiaia, che rimangono iscritti alla Cassa, dal pagamento dei contributi minimi (soggettivo e integrativo) dall’anno solare successivo a quello di maturazione del diritto a pensione. Resta dovuto il contributo di maternità, la trasmissione del modello 5, e il pagamento dei contributi (soggettivo ed integrativo) in autoliquidazione (in un’unica soluzione entro il 31 luglio oppure in due rate). Il contributo soggettivo deve essere corrisposto fino all’anno precedente la decorrenza dell’ultimo supplemento nella misura del 14% (a decorrere dal 2013) sul reddito professionale IRPEF netto, dichiarato con modello unico, e del 3% sulla parte di reddito eccedente il tetto. I pensionati di vecchiaia, a decorrere dal 2012, che rimangono iscritti alla Cassa sono tenuti, dall’anno successivo alla maturazione dell’ultimo supplemento della pensione, a corrispondere sul reddito netto professionale, dichiarato ai fini dell’IRPEF, il contributo soggettivo nella misura del 7% sino al tetto pensionabile e in quella del 3% sulla parte di reddito eccedente il medesimo. Dal 2017 tale percentuale del 7% salirà al 7,25% e dal 2021 al 7,50%. Dal 2008, l’età pensionabile è stata portata, da 65 anni, a 70 con l’entrata in vigore ordinaria nel 2021. Può comunque andare in pensione a 65 anni l’avvocato con 40 anni di contribuzione e ciò senza la penalizzazione del 5% in ragione di ogni anno di anticipazione. Il dibattito Il dibattito sulla presunta ingiustizia dell’attuale sistema – questione evidentemente posta dalle nuove generazioni di avvocati, che si affacciano a una professione piena di dubbi e incertezze – sta anche nella forte forbice di reddito tra più giovani e anziani. Dagli ultimi dati pubblicati dalla Cassa forense, risulta infatti che i primi abbiano, in media, un fatturato di circa 13mila euro l’anno, mentre il legale prossimo al pensionamento (tra 60 e 64 anni) dichiara circa 85mila euro. Se da un lato è vero che il diritto al lavoro è garantito dalla nostra Costituzione a prescindere dall’età, si sottolinea dall’altro lato che qualche correzione potrebbe essere opportuna, anche per correggere il debito previdenziale e redistribuire il PIL in favore dei più giovani, mai come oggi in difficoltà e forte affanno a sostenere i costi della Cassa.

Catapano Giuseppe informa: Pensione d’inabilità ordinaria 2015, requisiti e modalità d’accesso

La pensione di inabilità ordinaria è un trattamento che spetta ai lavoratori dipendenti o autonomi, affetti da un’infermità fisica o mentale, non dovuta a cause di servizio o lavoro. L’istituto è stato previsto da una legge del 1984 e “riordinato” dalla Riforma Dini , ed è applicabile sia ai dipendenti privati che ai pubblici (per questi ultimi, con alcune peculiarità).

CONDIZIONI
Le condizioni per ottenerla sono:
– un’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa, accertata dalla commissione medica competente;
– almeno cinque anni di anzianità contributiva, di cui tre versati nel quinquennio precedente alla data della domanda di pensione.
Ovviamente, per aver diritto al trattamento, non deve essere svolto nessun tipo di attività lavorativa, né dipendente né autonoma.

DIFFERENZE CON LE ALTRE PENSIONE DI INVALIDITÀ
La pensione d’inabilità non deve essere confusa con quella d’invalidità ordinaria: in quest’ipotesi, si tratta di un assegno spettante ai lavoratori aventi una riduzione della capacità lavorativa di oltre un terzo ( considerando occupazioni confacenti ad attitudini ed esperienza del soggetto).

Non dev’essere confusa nemmeno con la pensione d’inabilità per invalidi civili al 100%: quest’ultimo è un assegno dovuto a soggetti di età tra i 18 e i 65 anni, impossibilitati a svolgere qualsiasi attività lavorativa, con reddito inferiore a 15.154,24 euro. Trattandosi di un emolumento assistenziale, la provvidenza è dovuta indipendentemente dal versamento di contributi.

AMMONTARE
Tornando al trattamento di inabilità ordinario, l’ammontare è calcolato aggiungendo, alle settimane di contribuzione versate, una maggiorazione convenzionale, che copre il periodo mancante, dalla decorrenza della pensione fino al raggiungimento del sessantesimo anno d’età.

Tra settimane di contribuzione maturate e maggiorazione, ad ogni modo, non possono essere complessivamente superati i 40 anni di anzianità contributiva.

Per coloro che, al 31 dicembre 1995, possedevano meno di 18 anni di contributi, il calcolo della maggiorazione è eseguito con il sistema contributivo, come se il lavoratore inabile avesse l’età pensionabile di 60 anni, indipendentemente dal sesso e dalla gestione di appartenenza(dipendenti, autonomi, fondi particolari). A seguito della “Riforma Monti Fornero” , il calcolo contributivo è altresì applicato per i periodi successivi al 31.12.2011.

MODALITÀ PER L’EROGAZIONE DELLA PENSIONE
Gli step per ottenere la pensione sono i seguenti:

– domandare il rilascio della certificazione sanitaria al proprio medico, mediante la compilazione del modello SS3, reperibile presso il sito dell’Inps;

– inoltrare, assieme alla documentazione necessaria (autocertificazione dello stato di famiglia; situazione reddituale per valutare integrazione al minimo, assegni familiari e maggiorazioni; richiesta detrazioni, data di cessazione dell’attività lavorativa;), domanda di trattamento all’Istituto (tramite sito internet, se in possesso del PIN, oppure telefonicamente, al numero 803.164, o, ancora, tramite patronato);

– sottoporsi all’accertamento medico prescritto dall’Ente.

MATURAZIONE DEL TRATTAMENTO
Il trattamento, se l’istanza è accolta, matura dal mese successivo alla presentazione della domanda.
In caso contrario, è possibile presentare , entro 90 giorni dall’esito, ricorso al Comitato Provinciale dell’Inps.
Ad ogni modo, pur osservando che l’assegno non sia definitivo, poiché le condizioni sanitarie del pensionato possono essere soggette a revisione, ricordiamo che la pensione d’inabilità ordinaria, in quanto assimilata al normale trattamento di quiescenza, è reversibile ai superstiti.

In pratica

Per ottenere la pensione d’inabilità ordinaria nel 2015, i requisiti soggettivi sono:
– Età compresa tra 18 e 65 anni;
– assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.

I requisiti contributivi sono:
– Almeno 260 settimane d’anzianità contributiva, di cui 156 maturate nel quinquennio precedente alla domanda d’inabilità.

I documenti necessari sono:
– Certificazione del proprio medico (modello SS3);
– autocertificazione dello stato di famiglia;
– modello Red (situazione reddituale);
– eventuale richiesta di integrazione al minimo, assegni familiari e maggiorazioni;
– eventuale richiesta detrazioni reddituali;
– data di cessazione dell’attività lavorativa o di cancellazione da albi ed elenchi;
– modello di domanda d’inabilità ordinaria(AP60_ INAB1).

La domanda può essere effettuata:
– tramite sito web Inps, se in possesso di PIN;
– telefonicamente, al numero 803.164;
– tramite patronato.