Catapano Giuseppe comunica: Provvigione del mediatore: quando è dovuta?

Il Codice Civile definisce mediatore quel soggetto che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare . Per questa attività il mediatore matura nei confronti delle parti che sono state messe in contatto il diritto al pagamento di una provvigione, la quale viene calcolata in percentuale sul valore dell’affare. Se la misura della provvigione non è preventivamente concordata fra le parti ed il mediatore, questa viene liquidata in base agli “Usi e consuetudini” del luogo in cui l’affare è stato concluso . Per avere un’idea degli importi, possiamo dire che in genere gli Usi prevedono per le mediazioni immobiliari una provvigione che si aggira intorno al 4% del valore della compravendita: 2% a carico del venditore e 2% a carico dell’acquirente. Tuttavia la misura esatta della provvigione può variare il base al luogo della compravendita. Affinché il mediatore maturi il proprio diritto alla provvigione non è necessario che ciò venga messo nero su bianco in un contratto, né è necessario che il mediatore sia stato incaricato dalle parti di svolgere la propria opera. Egli può attivarsi autonomamente. Le parti possono invitarlo ad astenersi dallo svolgere l’attività di mediazione ma se non lo fanno e si avvalgono della sua attività saranno obbligate a corrispondergli la provvigione nel caso in cui l’affare si concluda positivamente. Se il diritto alla provvigione scatta nel momento in cui viene concluso un affare per merito dell’attività di messa in relazione svolta dal mediatore, la domanda da porsi è la seguente: quand’è che si può ritenere un affare concluso? Se ad esempio le parti stipulano un contratto preliminare per la compravendita di un immobile ma prima di concludere il contratto definitivo ci ripensano e concordemente fanno marcia indietro, l’affare potrà comunque dirsi concluso? Le parti dovranno pagare la provvigione al mediatore anche se l’immobile non viene venduto? La risposta fornita dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione è sì. Infatti, affinché si possa sostenere che un affare si è concluso non è necessaria la stipula del contratto definitivo bensì è sufficiente che fra le parti si sia creato un vincolo giuridico che consenta a ciascuna di agire in giudizio per ottenere l’esecuzione del contratto. Nel caso di stipula di un contratto preliminare di compravendita, se una delle parti non adempie spontaneamente all’obbligo di trasferire la proprietà dell’immobile, l’altra parte potrà chiedere al Tribunale di pronunciare una sentenza che produca lo stesso effetto delle stipula del contratto definitivo e che dunque trasferisca la proprietà. Pertanto, la stipula di un preliminare di compravendita deve considerarsi a tutti gli effetti come conclusione di un affare. In pratica il mediatore avrà diritto al pagamento della provvigione anche se le parti ci ripensano e fanno marcia indietro prima di concludere il contratto definitivo. La provvigione dovrà comunque essere calcolata in percentuale rispetto all’intero prezzo di vendita concordato. Ad esempio, se Tizio e Caio hanno concluso un contratto preliminare con il quale il primo si è impegnato a vendere al secondo un immobile dietro un corrispettivo di € 200.000,00 e la provvigione prevista per il mediatore era del 4%, quest’ultimo avrà diritto al pagamento di € 8.000,00 anche se le parti non hanno concluso il contratto definitivo. Diverso è invece il caso in cui il contratto sia sottoposto ad una condizione sospensiva. In questo caso il diritto del mediatore alla provvigione scatterà soltanto nel momento in cui tale condizione si sarà avverata. Esempio tipico è quello in cui le parti stipulano un contratto preliminare di compravendita immobiliare subordinato alla concessione di un mutuo. In questo caso, se la banca non approva la richiesta di mutuo e dunque la condizione non si avvera, il contratto preliminare non acquista efficacia vincolante per le parti e conseguentemente il mediatore non avrà diritto alla provvigione, poiché nessun affare potrà dirsi concluso.