Terzo “liquidatore” per la società. A lui viene addebitato l’“omesso versamento dell’Iva”, con consequenziale “sequestro preventivo”, sul suo “patrimonio personale”, di una somma pari a quasi 154mila euro.
Ma l’intera vicenda va riesaminata nuovamente, con grande attenzione…
Questa la posizione assunta dai giudici della Cassazione, i quali, accogliendo le obiezioni mosse dall’uomo e criticando le valutazioni compiute in primo grado, ritengono necessario approfondire il ‘capitolo’ relativo al “dato oggettivo del mancato pagamento di quanto dovuto a titolo di Iva” per capire se esso ha rappresentato “il risultato di una scelta autonoma e discrezionale del liquidatore della società al momento della scadenza” oppure “una scelta obbligata scaturente dalla carenza, nel breve periodo, di ogni forma di liquidità dovuta al mancato accantonamento dell’Iva da parte di chi” – ossia i due “liquidatori” precedenti – “aveva avuto la rappresentanza della società”.
Per fare chiarezza sarà necessario ritornare – compito, questo, affidato ai giudici del Tribunale – sul materiale probatorio e sulla ricostruzione della vicenda societaria, tenendo ben presenti, peraltro, “il circoscritto periodo di tempo di cinque mesi trascorso dalla nomina” del liquidatore e “l’importo non indifferente di 153mila euro circa maturati a titolo di debito Iva”.