INPS chiude uffici territoriali

L’Inps taglia gli uffici territoriali. Popolazione residente (più di 60 mila abitanti), personale assegnato (oltre 10 unità lavorative) e tasso d’ipercopertura (rapporto utenti e popolazione, inferiore al 60%) sono i tre parametri che giustificano la presenza di un’agenzia sul territorio (bastano due). Viceversa, la difformità di almeno due parametri di un’agenzia già funzionante, fa scattare la sua chiusura. Lo spiega la circolare n. 96/2018 che illustra il nuovo regolamento sul decentramento territoriale, aggiornato nei parametri rispetto alla determina n. 333/2011, presagendo un ridimensionamento anche a motivo del massiccio ricorso alla telematica per numerosi servizi. Con i vecchi parametri, per esempio, il minimo di popolazione residente era di 28 mila abitanti; ora è salito a «più di 60 mila». La circolare chiede ai direttori regionali e di coordinamento metropolitano di presentare, entro il 15 ottobre, una relazione sulle agenzie che non soddisfano almeno due dei parametri e che vanno chiuse o trasformate in Punti Inps.

Nuovi criteri. Il nuovo regolamento è stato approvato con la determina n. 52/2018 e si basa, spiega l’Inps, su una metodologia di valutazione costi/benefici articolata su tre canoni operativi:

a) individuazione del bacino di utenza, nonché d’accessibilità a strutture Inps, considerando le caratteristiche territoriali degli insediamenti abitativi e il sistema viario e dei trasporti;

b) comparazione dei valori di stima del miglioramento dei livelli di funzionalità e qualità dei servizi conseguibili dalle agenzie;

c) bilanciamento tra costi emergenti e costi cessanti per la riconfigurazione dell’assetto di servizio, anche tenendo conto delle possibilità di interazione e di erogazione dei servizi consentite dalla tecnologia.

I nuovi parametri. Sono indicati in tabella (insieme ai vecchi paramenti della determina n. 333/2011). Servono, come accennato, per l’istituzione di una nuova agenzia ovvero per la chiusura e/o trasformazione di quelle già istituite e funzionanti. I parametri sono soggetti a revisione biennale, in relazione al progressivo consolidamento dei canali d’interazione con l’utenza alternativi allo sportello (ad esempio, l’online). Per l’istituzione di una nuova agenzia, spiega l’Inps, occorre il rispetto di almeno due paramenti e l’istituzione è determinata dal presidente Inps su proposta del direttore generale. Viceversa, le agenzie già istituite e funzionati, le quali presentino di norma almeno due parametri difformi, possono essere oggetto, sempre da parte presidente dell’Inps, di chiusura o di trasformazione in Punto Inps.

Un mese per il monitoraggio. La parola ora passa al territorio. I direttori regionali e coordinamento metropolitano, infatti, sono chiamati a inviare, entro il 15 ottobre, alla direzione centrale organizzazione e sistemi informativi, una relazione sulla situazione e sui possibili sviluppi delle agenzie già istituite e funzionanti, che presentino di norma almeno due parametri difformi rispetto a quelli nuovi fissati dal recente regolamento, evidenziando le ragioni a supporto della proposta (chiusura o trasformazione), sulla base di una valutazione operata sulla base dei nuovi criteri (bacino di utenza, miglioramento servizi, costi/benefici).

Controversie previdenziali

Cassazione Sez. Un. Civili, 23 Luglio 2018, n. 19523. Est. Manna

Similmente, appartengono alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, in funzione di giudice del lavoro, le controversie concernenti la legittimità delle trattenute assicurativo-previdenziali operate dal datore di lavoro su somme corrisposte al lavoratore, trattandosi di materia previdenziale alla quale è completamente estranea la giurisdizione tributaria, mancando del tutto un atto qualificato, rientrante nelle tipologie di cui all’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992 o ad esse assimilabili, che costituisca esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione proprio del rapporto tributario (cfr. Cass. S.U. n. 26149/17).

Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche riguardo alle controversie in cui si discuta della legittimità o meno d’un avviso di addebito emesso dall’INPS, che dal 1° gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto istituto (v. art. 30 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla l. n. 122 del 2010).

Catapano Giuseppe scrive: Se la ditta fallisce l’Inps paga il Tfr

Tanto in caso di fallimento (volontario o richiesto su istanza dei creditori), tanto in caso di chiusura del fallimento per insufficienza di attivo, tanto nel caso di rigetto dell’istanza di fallimento (per assenza, da parte dell’azienda – comunque insolvente – delle condizioni soggettive e/o oggettive per l’ammissione a tale procedura), se il datore di lavoro è una società a responsabilità limitata o per azioni, il lavoratore può chiedere l’intervento del Fondo di garanzia: un particolare fondo istituito presso l’Inps. È quest’ultimo a pagare: – le ultime tre mensilità di stipendio (a condizione che il rapporto di lavoro non sia cessato prima di un anno dalla data di presentazione del ricorso per il fallimento); – tutto il TFR maturato dal dipendente alla data di fallimento dell’azienda. È necessario che il credito del lavoratore risulti però già accertato. Il che, in termini pratici, si traduce: – nel caso di fallimento: ci deve essere stata (e conclusasi) la cosiddetta “udienza di verifica dello stato passivo”. In essa il giudice delegato al fallimento accerta tutti i crediti intervenuti al fallimento e che hanno chiesto l’ammissione al passivo e, dopo aver redatto una sorta di schema degli ammessi, dichiara esecutivo lo stato passivo. Con l’emissione di questo provvedimento, il lavoratore può chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia; – nel caso di rigetto dell’istanza di fallimento per insussistenza dei presupposti per l’ammissione alla procedura, o in caso di chiusura del fallimento per insufficienza di attivo, non essendo intervenuta la verifica dello stato passivo, è necessario che il lavoratore abbia ottenuto, preventivamente, un decreto ingiuntivo o una sentenza del tribunale che abbia accertato il proprio credito. A riguardo di quest’ultimo punto è intervenuta una precisazione dell’Inps. È noto che, con la riforma del diritto fallimentare, non è più necessario procedere alla verifica dello stato passivo qualora risulti che non vi sia (o non possa essere acquisito) attivo da distribuire ai creditori intervenuti al passivo del fallimento. Questo significa che non vi può essere né un’udienza di verifica dello stato passivo, né tantomeno un provvedimento che dichiara esecutivo lo stato passivo. Come fanno, allora, i lavoratori a chiedere il pagamento al Fondo di Garanzia dell’Inps? È l’Inps stesso a chiarirlo: quando il datore di lavoro sia una società a responsabilità limitata o per azioni, poiché la legge prevede la cancellazione dal Registro delle Imprese in caso di chiusura del fallimento per insufficienza di attivo, stante l’impossibilità di tentare azioni esecutive contro un soggetto estinto, è sufficiente che il lavoratore – che voglia ottenere il pagamento del Tfr – produca all’Inps il decreto di chiusura della procedura concorsuale. Resta ferma la necessità di provare l’esistenza del credito mediante la consegna dell’originale di un titolo esecutivo quale una sentenza, un decreto ingiuntivo, un decreto di esecutività del verbale di conciliazione davanti alla Direzione del Lavoro, la diffida accertativa quando, con provvedimento del Direttore della Dpl, acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo.

Giuseppe Catapano scrive: DEBITO DELL’IMPRENDITORE CON L’INPS: OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE, E PIANO DI RATEIZZAZIONE NON RISPETTATO. APPLICABILE LA PENA DETENTIVA

“Omesso versamento” all’‘Inps’ delle “ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti”, relativamente al mese di giugno del 2007. Questa la contestazione mossa nei confronti di un imprenditore, e pari, in soldi, a poco più di 3mila euro.
A fronte di tale “accusa” viene decisa, a sorpresa, l’applicazione della “pena detentiva”, essendo valutata come “inefficace” la mera “sanzione pecuniaria”.
E ora la visione delineata in Appello viene condivisa anche dai giudici della Cassazione, i quali confermano, nonostante le obiezioni mosse dall’uomo, la legittimità della “pena detentiva”.
Decisivo si rivela il contesto della condotta tenuta dall’imprenditore. Più precisamente, “l’omissione contributiva, già di per sé di non scarsa rilevanza, è parte di una situazione più ampia di debito verso l’Inps”, e, per giunta, “il piano di rateizzazione” dell’imprenditore “per sanare la sua posizione non era completato alla data dell’udienza dibattimentale del 28 settembre 2011”, anzi in quell’occasione si è preso atto che “l’ultimo versamento risaliva al 4 agosto 2010 e che perdurava un residuo dovuto”.
Irrilevante, infine, il richiamo difensivo all’ipotetico “stato di crisi economico-finanziaria della società”, anche perché basato solo sull’“intervenuto fallimento, dichiarato” però “addirittura sei anni dopo rispetto alla commissione del reato”.

Giuseppe Catapano scrive: Visita fiscale del lavoratore in malattia: obblighi del medico

Come noto, in caso di malattia del dipendente, il datore può richiedere alla sede INPS nella cui circoscrizione si trova il luogo dove il lavoratore è ammalato, l’effettuazione della visita di controllo già a partire dal primo giorno di assenza; anche a mezzo telefono ove poi faccia seguito un atto scritto.
A partire dal 1° dicembre 2011, la richiesta di visita di controllo deve essere effettuata in modalità esclusivamente telematica; la richiesta è comunicata immediatamente dall’INPS al medico tramite procedura telematica.

Così come il lavoratore ha degli specifici obblighi, primo tra tutti quello della reperibilità, anche il medico di controllo dell’Inps è tenuto al rispetto di una serie di obblighi impostigli dalla legge. Qui di seguito li affronteremo in modo schematico, con una importante precisazione preliminare: se il medico violi tali regole, il malato può legittimamente rifiutarsi di sottoporsi alla visita, ma, qualora sopraggiunga una causa con il datore di lavoro, dovrà fornirne la prova del comportamento illecito del medico stesso.
Ecco, in sintesi gli obblighi:

1) il medico è tenuto a mostrare il tesserino dell’Ordine dei medici o l’apposito cartellino di riconoscimento;

2) quindi deve passare a indentificare il malato attraverso la carta di identità o altro documento;

3) se il lavoratore chiede che alla visita siano presenti altre persone presenti in casa, il medico fiscale è tenuto a farsi rilasciare, dal lavoratore medesimo, un consenso scritto e firmato con tale autorizzazione. Il medico dovrà poi annotare sul verbale il loro nome, cognome e grado di parentela;

4) il medico fiscale deve, poi, preliminarmente informare il dipendente dello scopo del controllo e che la visita medica è lecita e deve essere eseguita;

5) il medico deve astenersi dal fornire al lavoratore malato le proprie valutazioni sulla diagnosi e sulla terapia prescritte dal medico curante di base;

6) quindi si passa alla visita vera e propria; il medico, in particolare, visita accuratamente l’assicurato, limitatamente agli apparati interessati dalla patologia;

7) a visita eseguita, il medico redige il verbale. In esso vi indica: data e ora della visita domiciliare; anamnesi lavorativa, con dettaglio della qualifica e mansione; documentazione sanitaria esibita ed eventuali terapie (tipo, posologia, durata); diagnosi; prognosi medico legale; timbro e firma leggibile. Eventuali cancellature o correzioni vanno controfirmate a fianco;

8) se il certificato del medico di famiglia è scaduto o non è ancora in possesso del lavoratore e il medico non constata il ripristino della capacità lavorativa specifica, demandare la prognosi al curante, segnalando al Dirigente medico legale di II livello di sede di aver agito senza certificazione;

9) se il certificato non è ancora stato inoltrato all’INPS e viene esibito al momento della visita, deve riportare diagnosi, prognosi e data di rilascio, generalità e identificativo regionale (se convenzionato con il SSN) del medico che ha redatto il certificato;

10) se l’assicurato è giudicato in condizioni di riprendere il lavoro, la prognosi va chiusa al massimo 3 giorni dalla data della visita;

11) il medico fiscale deve tenere comunque un comportamento corretto cortese anche se il lavoratore mostri delle resistenze alla visita;

12) in ultimo, il medico fiscale è tenuto informare il malato:
– sull’esito della visita e sul fatto che deve essere apposta la firma sul verbale;
– su fatto che è diritto del lavoratore fare annotazioni sul verbale che firma;
– sul fatto che la firma senza osservazioni equivale ad accettare i contenuti e il giudizio prognostico;
– sul fatto che la firma con annotazione di dissenso comporta una successiva visita il Dirigente medico legale di Sede o la ASL.

Se il lavoratore è assente all’indirizzo indicato, il medico deve darne conto nel verbale, indicando rispettivamente se:
– all’indirizzo indicato (citofono/campanello) non ha risposto nessuno;
– il lavoratore è assente come da dichiarazione di un familiare maggiore di 14 anni o di altra persona presente in casa (indicare nome e cognome, con firma del dichiarante);
– risulta sconosciuto all’indirizzo indicato.

A questo punto, il medico deve rilasciare l’invito al lavoratore perché si presenti alla visita di controllo ambulatoriale il primo giorno successivo non festivo (salvo che non abbia ripreso l’attività lavorativa nel frattempo), indicandone la data mediante consegna:
– a un familiare maggiore di 14 anni;
– ad altra persona presente in casa (in busta chiusa);
– al portiere o a un vicino che accetti di riceverlo (in busta chiusa), che deve firmare una ricevuta.

In alternativa è possibile il deposito nella cassetta delle lettere.

L’invito alla visita ambulatoriale va inserito in una busta chiusa all’esterno della quale va trascritto il numero cronologico della notificazione, senza altri segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto; tale numero, insieme al nome del lavoratore, va comunicato all’INPS.

L’INPS informa immediatamente il datore di lavoro o istituto previdenziale che ha richiesto la visita.

Giuseppe Catapano informa: Inps, Boeri: reddito minimo e pensioni anticipate più leggere

Un reddito minimo per “contrastare le situazioni di povertà” e forme di flessibilità per uscire dal lavoro prima, con una pensione più leggera. E’ questa la proposta del presidente dell’Inps, Tito Boeri, stando a quanto risulta da una intervista rilasciata al giornalista Enrico Marro del Corriere della Sera.

“Bisognerebbe spendere meglio le risorse pubbliche, prevedendo per esempio un reddito minimo per contrastare le situazioni di povertà, finanziato dalla fiscalità generale”.

“Poi dal lato della previdenza, è chiaro che, usando il calcolo contributivo, si potrebbero introdurre forme di flessibilità” con assegni più leggeri.

“Ma prima bisogna convincere la Commissione europea” spiega Boeri, perché “per l’Ue se si consentono i pensionamenti anticipati risalta solo l’aumento immediato della spesa ma non il fatto che poi si risparmierà perché l’importo della pensione sarà più basso”.

E’ fondamentale in tal senso che tutti abbiano un quadro chiaro della propria posizione e “lo faremo anche facendo partire finalmente l’operazione ‘busta arancione’. Una definizione in realtà superata perché la lettera col conto contributivo e la stima della pensione la manderemo solo ai lavoratori senza una connessione Internet. Per gli altri, ci sarà un “pin” col quale accedere attraverso il sito Inps al proprio conto e simulare la pensione futura, secondo diversi scenari di carriera e di crescita dell’economia”.

Riguardo alla governance, Boeri propone “un consiglio di amministrazione di tre membri, compreso il presidente, e un direttore generale scelto dallo stesso cda anziché dal governo. Inoltre va rivisto il Civ, consiglio di indirizzo e vigilanza. Che deve essere snello, composto da membri delle organizzazioni imprenditoriali e sindacali effettivamente rappresentative, e ricondotto a un ruolo di controllo, evitando funzioni di cogestione”.

Alla domanda: “Lei prima guadagnava di più. Quanto prenderà all’Inps? Mi passi la battuta: ha accettato perché le è stato promesso un aumento?” Boeri ha risposto: “No, ho accettato perché lo considero un impegno civile. E perché ho avuto assicurazioni che l’Istituto potrà svolgere anche un ruolo propositivo, fermo restando che le decisioni spettano a governo e Parlamento. Insomma, non è vero come ha scritto qualcuno che mi sarei fatto zittire. All’Inps prenderò 103 mila euro lordi l’anno, uno stipendio elevato, ma pur sempre meno di quanto prende un dirigente di seconda fascia all’Inps e molto meno di quanto guadagnavo prima. Ad eccezione del Festival dell’Economia di Trento, per il quale quest’anno sono ancora il direttore scientifico, ho sospeso tutti i miei lavori precedenti per questo incarico che mi ha già cambiato la vita”.