Giuseppe Catapano comunica: DATA DI SPEDIZIONE DELLA RACCOMANDATA, RISULTANTE DALL’AVVISO DI RICEVIMENTO, PRIVA DI VALORE PROBATORIO. TARDIVO L’APPELLO PROPOSTO DAL FISCO

“Avviso di accertamento” in materia di Iva, relativamente all’anno 2005, per la ‘spa’, ma, in primo grado, viene sostenuta la “illegittimità” dell’operato del Fisco, che, poi, viene sconfitto anche in secondo grado. Più precisamente, i giudici tributari regionali hanno dichiarato “inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio”: in sostanza, “poiché doveva applicarsi il termine di impugnazione semestrale ai sensi dell’art. 327 c.p.c., l’appello alla sentenza di primo grado, depositata il 31.1.2011, era stato notificato oltre il termine del 16.9.2011 e precisamente in data 19.9.2011, come risultava dalla certificazione di ‘Poste Italiane’ fornita dalla società resistente, consultabile agli atti, e diversamente da quanto indicato dal mittente nella ‘cartolina’ predisposta dal medesimo soggetto a titolo di avviso di ricevimento”. Di conseguenza, secondo i giudici tributari regionali, l’appello presentato dall’Ufficio “è tardivo”.
E ora tale visione viene condivisa e fatta propria anche dai giudici della Cassazione, i quali confermano la “inammissibilità dell’appello”. Sconfitta definitiva, quindi, per il Fisco.
Per i giudici è “priva di alcun valore probatorio la data di spedizione della raccomandata risultante dall’avviso di ricevimento in quanto priva di fede privilegiata non accompagnata da alcuna attestazione da parte dell’ufficiale postale”. Allo stesso tempo, va preso atto della “assenza di ulteriori elementi, che spettava all’Agenzia delle Entrate dedurre e provare, idonei a conclamare la tempestività dell’impugnazione”.

Catapano Giuseppe: PROCESSO VERBALE DI CONSTATAZIONE’ E, VENTI GIORNI DOPO, ECCO L’AVVISO DI ACCERTAMENTO: FISCO FRETTOLOSO E SCONFITTO

“Verifica” per una società, “rappresentante fiscale in Italia” di una azienda tedesca. Passaggi successivi sono il “processo verbale di constatazione”, datato 16 marzo 2007, e l’“avviso di accertamento”, datato 4 aprile 2007, con cui viene “disconosciuto il credito d’imposta (Iva) chiesto – e in parte ottenuto – a rimborso per l’anno 2003”.
Nodo gordiano, nella battaglia col Fisco, è la tempistica dell’“atto impositivo”, alla luce del “termine dilatorio di 60 giorni” previsto per legge.
Su questo fronte, nonostante la decisione pro Fisco emessa in Commissione tributaria regionale, i giudici della Cassazione ritengono motivate le proteste dell’azienda tedesca. In sostanza, è evidente la violazione del “termine dilatorio”, soprattutto perché il Fisco non ha rispettato “l’obbligo di attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del doveroso contraddittorio procedimentale” colla società. E in questo quadro, concludono i giudici, è irrilevante il richiamo a presunti “motivi di particolare urgenza, costituita dalla scadenza della fideiussione a fronte del rimborso per l’anno 2003”.
Tutto ciò porta i giudici della Cassazione a sancire la sconfitta definitiva del Fisco.

Giuseppe Catapano osserva: Bassilichi – monetica, innovazione ed estero per crescere

Bassilichi cambia strategia e punta sulla moneta elettronica. A qualche anno dal momento forse più difficile del nostro sistema bancario, che ha messo alla prova l’azienda di Monteriggioni, i fratelli Marco e Leonardo Bassilichi hanno presentato le nuove strategie del Gruppo. Meno dipendenti dal B2B bancario (e da alcune banche, MPS in primis) e orientate a sfruttare il volano della moneta elettronica, dell’internazionalizzazione e più in generale della “trasformazione” in corso nel business bancario.

Le mosse di un biennio

Una strategia che per la verità ha già contraddistinto gli anni più recenti. Risale al 2013 la creazione di Bassilichi CEE, azienda basata in Serbia e che guida l’espansione del Gruppo nella regione balcanica. E nel 2014 è stata invece completata l’acquisizione di MoneyNet, payment institution di cui Bassilichi era già azionista (il 51% è di Bassilichi e il 39% della controllata Consorzio Triveneto, NdR). Anche se forse l’operazione più nota è la joint venture con Accenture che ha dato vita a Fruendo, società di servizi per l’esternalizzazione del back office, bancario e non, il cui primo e principale cliente è, come noto, proprio il Monte dei Paschi di Siena. Il settore Finance continua a rappresentare l’85,3% dei ricavi di Bassilichi, almeno nel 2014, ma se guardiamo alle aree di attività si vede che il 23,7% del business riguarda la sicurezza, il 32,3% l’eterogenea componente dei “servizi” e ben il 44% la monetica.

Servizi a valore aggiunto per trainare la monetica

Bassilichi LeonardoA fine 2014 Bassilichi gestiva 292mila POS per 27,7 miliardi di euro di transato. Non sorprende, quindi, che proprio MoneyNet sia uno dei pilastri della nuova strategia. «La normativa spingerà la crescita della moneta elettronica – spiega Leonardo Bassilichi, A.D. della società – ma si rischia di replicare l’esperienza del cosiddetto obbligo di POS, che il merchant non utilizza. Il nostro ingresso nell’issuing e nell’acquiring ci ha permesso di gestire transazioni elettroniche end to end: oggi proponiamo così servizi che danno un valore aggiunto al cliente e al merchant. Tra questi i servizi di money transfer da POS, in collaborazione con Western Union, e il cambia valute digitale, che permette al turista straniero di vedersi addebitare la transazione direttamente nella propria moneta, avendo ben chiaro quanto sta spendendo. I servizi di Home Banking by POS permettono già di avere informazioni sul proprio conto corrente e presto anche di effettuare pagamenti direttamente dal terminale. Get Your Bill, infine, è un servizio apparentemente banale ma in realtà importante, che permette di stampare sullo scontrino del POS anche la ricevuta fiscale della transazione». MoneyNet opera con una rete di agenti sul territorio: all’esercente viene dato un unico POS multibanca, senza necessità di cambiare conto corrente.

Un’unica piattaforma per merchant e consumatore

Un importante obiettivo per il futuro è portare questi merchant a utilizzare, in piena autonomia, i servizi di couponing e loyalty del mobile wallet di Bassilichi (il B.Place): una piattaforma di processing che integra merchant e utenti permettendo a questi ultimi di inviare denaro in tempo reale in modalità P2P (con Jiffy, ma non solo) e pagare in modalità multicanale. Lato merchant, invece, offre strumenti personalizzati di marketing digitale, con l’analisi delle transazioni elettroniche ricevute e l’impostazione di promozioni personalizzate su diverse variabili. L’esperienza già in corso, a Vicenza, con Taxi Ticket dimostra le potenzialità dell’approccio: il pagamento elettronico in taxi genera una ricevuta che riporta anche il dettaglio del percorso, velocizzando il pagamento e l’eventuale successivo rimborso della corsa. E, sempre sulla ricevuta, vengono stampati anche messaggi promozionali georeferenziati. «Nel digital commerce non ci aspettiamo grandi risultati prima di un paio di anni – spiega Leonardo Bassilichi – ma abbiamo preso la strada giusta, trovando una killer application che va oltre la carta e il POS. In futuro, infatti, entrambi questi strumenti evolveranno: ci sono molti modi per mettere in contatto chi paga e chi incassa in modalità elettronica. Ma sarà sempre utile disporre di un back office per il merchant che fa leva sui big data per creare un sistema di sconti e vantaggi».

Giuseppe Catapano comunica: Intesa Sanpaolo, polizza e finanziamento per le due ruote

Un’offerta integrata per l’acquisto e la protezione di moto e scooter. Intesa Sanpaolo ha presentato una polizza con box per moto che permette, tramite smartphone, di localizzare la moto e seguirne gli spostamenti. A disposizione anche un finanziamento dedicato comprensivo di polizza RC capofamiglia per un anno.

La scatola nera, opzionale, anche per la moto

Disponibile nelle filiali, la polizza MotoConMe nasce dalla collaborazione con Intesa Sanpaolo Assicura e Intesa Sanpaolo SmartCare: come già avvenuto con le polizze Auto e Danni Casa, lo strumento tecnologico della box integra la copertura assicurativa fornendo una serie di servizi integrativi. La tecnologia satellitare permette di individuare la moto in qualunque momento e seguirne il percorso. Un sensore antifurto rileva lo spostamento del veicolo avvisando il proprietario in tempo reale. La box è di dimensioni molto ridotte e viene ricaricata con una presa USB. Anche MotoConMe, personalizzabile per le garanzie accessorie e non obbligatoriamente abbinata alla box, è prevista la possibilità di pagare il premio in 12 rate mensili a tasso zero.

Prestito fino a 10mila euro. Polizza RC capofamiglia inclusa fino al 30/09

Per l’acquisto è poi disponibile un prestito dedicato fino a un massimo di 10mila euro: fino al 30 settembre è incluso anche un anno di polizza RC capofamiglia. La campagna di comunicazione dell’iniziativa vede di nuovo protagonista Claudio Bisio: oltre agli spot radio e online, la campagna comprende anche un concorso a premi.

Catapano Giuseppe osserva: Internazionalizzazione P.M.I., dal 22 settembre via ai finanziamenti a fondo perduto fino a € 10.000

Con decreto direttoriale del 23 giugno 2015 il Ministero dello Sviluppo Economico (Mi.S.E.) ha indicato i termini di presentazione delle domande per l’accesso al Voucher Internazionalizzazione PMI. La misura è rivolta alle micro, piccole e medie imprese, ed è finalizzata alla concessione di contributi a fondo perduto per ususfruire di servizi professionali per i processi di internazionalizzazione.
La dotazione finanziaria complessiva è pari ad € 19.000.000.

Beneficiari

Possono presentare domanda per la concessione del Voucher le micro, piccole e medie imprese che siano costituite in forma di società di capitali (ossia S.r.l., S.p.A., Sa.p.A.) oppure cooperative. Possono presentare domanda anche le Reti di Imprese nonché le Start-up Innovative che abbiano la forma di società di capitali o cooperative.
Ai fini della concessione del contributo occorre che i singoli richiedenti, ovvero le Reti di Impresa, dimostrino di avere realizzato un fatturato non inferiore ad € 500.000 in almeno uno degli ultimi tre esercizi approvati. Quest’ultimo requisito non interessa le Start-up Innovative.

In cosa consiste il Voucher Internazionalizzazione?

Il Voucher è un contributo a fondo perduto pari ad € 10.000 per l’acquisto di servizi di un T.E.M. (Temporary Export Manager) per almeno 6 mesi il quale dovrà occuparsi delle attività di studio, progettazione, gestione dei processi e programmi di internazionalizzazione aziendale. L’impresa beneficiaria è comunque tenuta a partecipare all’acquisto del servizio mediante una quota di cofinanziamento pari ad almeno € 3.000.

Pertanto l’impegno di spesa complessivo, per il beneficiario, non può essere inferiore ad € 13.000 al netto dell’i.v.a.

Il Voucher Internazionalizzazione verrà erogato in unica soluzione a fronte della trasmissione di tutti i titoli di spesa (fatture d’acquisto) inerenti i servizi di affiancamento erogati dalla società fornitrice per il tramite del T.E.M. per effetto di apposito contratti di servizio.

Il contratto di servizio verrà sottoscritto solo successivamente alla pubblicazione degli elenchi delle imprese che potranno beneficiare del Voucher.

In altre parole l’impresa beneficiaria dovrà sopportare l’intero costo dell’operazione.
Successivamente potrà presentare istanza al Ministero dello Sviluppo Economico l’erogazione del contributo di € 10.000 a deconto delle spese sostenute.

Come ottenere il Voucher Internazionalizzazione

Per accedere al contributo a fondo perduto, il richiedente è tenuto ad acquistare servizi professionali resi da T.E.M. inseriti nell’organico di società fornitrici indicate nell’apposito elenco redatto e tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che sarà pubblicato nel mese di settembre 2015.

Le domande di accesso alla misura potranno essere inoltrate a partire dalle ore 10.00 del 22 settembre 2015 e fino alle ore 17.00 del 2 ottobre 2015.

Entro 45 giorni dalla chiusura dello sportello è prevista la pubblicazione di un apposito decreto col quale saranno indicati i soggetti beneficiari. Nei successivi 45 giorni i beneficiari saranno tenuti, a pena di decadenza, a trasmettere il contratto di servizio sottoscritto con la società fornitrice unitamente alla documentazione richiesta per l’accesso alla misura.

Catapano Giuseppe: Il ritardo nel deposito di documentazione in primo grado può essere sanata in appello

Se, in una lite contro il fisco, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, una delle due parti deposita in ritardo alcuni documenti, che pertanto non possono essere ammessi in giudizio, il deposito può avvenire in appello, ossia davanti alla Commissione Tributaria Regionale. Lo ha chiarito la Cassazione con una recente sentenza. Secondo i giudici della Suprema Corte, nel giudizio di secondo grado, le parti hanno facoltà di depositare nuovi documenti, anche se tali documenti erano stati oggetto di un precedente deposito in primo grado dichiarato irrituale dalla CTP. Pertanto, i documenti non validamente prodotti in primo grado devono ritenersi ritualmente prodotti nel giudizio di secondo.

Catapano Giuseppe comunica: Blocco stipendi dipendenti pubblici, illegittimo – sentenza della Corte

È illegittimo ed incostituzionale il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici solo per risparmiare sul disavanzo pubblico: i conti dello Stato devono trovare altre risorse per la loro spending review, ma non possono attingere dalle tasche dei lavoratori; è questa la sintesi della sentenza “scossone” appena emessa dalla Corte Costituzionale avente ad oggetto la legittimità della norma emanata dal Governo ben quattro anni fa (in particolare dal ministro Tremonti) che aveva deciso di congelare gli stipendi dei pubblici dipendenti dal 2011 al 2013; la disposizione è stata poi prorogata per il 2014 dal governo Letta e, infine, per tutto il 2015 da Renzi. Tuttavia, la Corte tira un colpo al cerchio e uno alla botte e, per evitare al Governo un buco da 35 miliardi di euro, salva il passato: in altre parole, da oggi in poi il blocco degli stipendi sarà illegittimo, ma per gli anni pregressi non sarà dovuta, ai dipendenti pubblici, alcuna restituzione. La motivazione – almeno in attesa di leggere quelle ufficiali rilasciate dalla Corte – potrebbe consistere nel fatto che, secondo l’orientamento già manifestato in passato dai giudici costituzionali, una misura d’urgenza – quale appunto il blocco degli stipendi – può essere ammessa solo a condizione che sia “straordinaria”, ossia non ripetuta con cadenza annuale. I conti dello Stato sono “parzialmente” salvi. Non bisognerà cioè trovare 35 miliardi per provvedere alle restituzioni di quanto sottratto ai dipendenti sino ad oggi: a tanto sarebbe, infatti, ammontato il peso della sentenza dalla Corte Costituzionale qualora avesse accolto integralmente le istanze dei ricorrenti. La pronuncia avrebbe minato il patto di stabilità con l’Europa e rischiava soprattutto di far saltare le clausole di salvaguardia contenute nell’ultima legge di Stabilità (in particolare, l’aumento dell’Iva al 25,5% e l’innalzamento delle accise sulla benzina). La vicenda Il Tribunale di Roma e quello di Ravenna, avevano chiesto alla Corte Costituzionale di pronunciarsi circa la legittimità costituzionale della norma che ha disposto il blocco dell’indicizzazione (ossia dell’adeguamento all’inflazione) degli stipendi dei pubblici dipendenti. In pratica, con una legge del 2010, il Governo aveva stabilito che, per gli anni dal 2011 al 2015, il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici non potesse crescere e adeguarsi al paniere ISTAT, ma dovesse rimanere, in ogni caso, lo stesso di quello già erogato per l’anno 2010. Ciò, comunque, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso di anno (fermo in ogni caso quanto previsto le progressioni di carriera comunque denominate, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio). Ebbene, questa norma, secondo la Corte Costituzionale è illegittima, ma questa volta non con effetto retroattivo. Quindi, i lavoratori diventeranno creditori dello Stato solo se, da quest’anno, non saranno adeguati gli stipendi al costo della vita. In ogni caso, sarà meglio attendere le motivazioni ufficiali della Corte prima di ipotizzare eventuali scenari futuri. Il comunicato della Corte Costituzionale Per il momento la Corte Costituzionale ha semplicemente diffuso un lapidario comunicato stampa: “In relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure proposte“. Come con le pensioni Meno di due mesi fa la Corte Costituzionale aveva già deciso la stessa questione con riferimento, però, alle pensioni: in quella sede, tuttavia, la Corte si era spinta oltre, ritenendo illegittima l’originaria norma sul blocco dell’adeguamento delle pensioni (meglio nota come Riforma Monti-Fornero) e disponendo la restituzione di tutte le somme non versate per gli anni passati. Risultato, il Governo oggi si trova a dover restituire ai pensionati tutti gli scatti dell’inflazione che non ha erogato in questi anni (circa 5 miliardi). L’esecutivo ha emesso un decreto legge per tamponare alla situazione di emergenza, disponendo delle restituzioni ridotte (pari a circa il 10% del dovuto). Questo non ha impedito, evidentemente, ai tribunali di ritenere che ai pensionati siano comunque dovute tutte le somme non elargite in questi anni, e non solo la ridotta misura regalata dal Governo. Tant’è che il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso per decreto ingiuntivo avanzato da un pensionato nei confronti dell’Inps per il pagamento dell’intero non percepito.

Catapano Giuseppe informa: Banche, nuovo decreto legge per recuperare i crediti dai morosi

Il consiglio ha approvato ieri il decreto legge contenente nuove e più incisive norme per contrastare il mancato pagamento dei debiti nei confronti delle banche: gli istituti di credito entrano così al centro di una normativa che consentirà loro di ridurre i tempi di riscossione dei crediti. In questo modo il Governo mira a tutelare l’economia nazionale e, con l’introduzione di una maggiore tutela per le banche, ridurre il cosiddetto credit crunch, ossia la contrazione del credito da parte degli istituti che, al momento, si sentono poco tutelati dalle leggi sul recupero dei crediti. Tempi più rapidi per il recupero dei crediti La riforma interviene sia con misure apposite per le procedure concorsuali come il fallimento, per farle funzionare meglio, sia con misure che agevolano il recupero crediti e la realizzazione di garanzie, riducendo i tempi del recupero medesimo. L’accordo di ristrutturazione Viene inoltra prevista una procedura di ristrutturazione dei debiti: l’accordo sarà possibile quando l’esposizione verso le banche è pari o superiore al 50% dell’indebitamento complessivo. Si tratta di una sorta di concordato: il debitore può chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti all’accordo che appartengano alla medesima categoria, quando tutti i creditori della categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il settantacinque per cento dei crediti della categoria. L’accordo ha valore solo dopo che il tribunale lo abbia omologato. L’omologa interviene solo dopo la verifica che le trattative si siano svolte in buona fede e che le banche e gli intermediari finanziari ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo: – hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e degli intermediari finanziari aderenti; – hanno ricevuto complete ed aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, sull’accordo e sui suoi effetti, e sono stati messi in condizione di partecipare alle trattative; – possono risultare soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Uno degli principi che sorreggono la nuova previsione è che qualora ci sia dalla maggioranza dei creditori un accordo di risoluzione non ci sarà più una dittatura della minoranza che blocchi la risoluzione stessa. Deducibilità dei crediti Con riferimento ai crediti in sofferenza, le banche vengono autorizzate a dedurre le perdite dalle tasse nell’arco di un anno (in precedenza la perdita andava spalmata in cinque anni).

Catapano Giuseppe scrive: Ritardo del treno, risarcimento o rimborso del biglietto

Treni, ritardi e rimborso dei biglietti. Sta arrivando l’estate e, come ogni anno, gli italiani utilizzeranno i treni per raggiungere i luoghi di vacanza o per trovare i parenti lontani; valgono allora le solite indicazioni da tenere presente nel caso in cui la compagnia ferroviaria, sia essa Trenitalia o qualsiasi altra, faccia ritardo.

Ritardo in partenza del treno
Se il ritardo del treno è superiore a 60 minuti il passeggero può scegliere tra il rimborso del biglietto o il proseguimento con il primo treno utile o con servizi sostitutivi. In quest’ultimo caso, il passeggero ha diritto a pasti sul treno o in stazione e, qualora il treno sia disponibile solo il giorno successivo, al pernottamento in albergo.

Ritardo in arrivo del treno
In tal caso il passeggero ha diritto a un risarcimento pari al:
– 25% del prezzo del biglietto e della eventuale prenotazione in caso di ritardo dal 60 al 119mo minuto
– 50% del prezzo del biglietto e della eventuale prenotazione in caso di ritardo dal 120mo minuto.

Il risarcimento viene erogato entro un mese dalla richiesta e può essere in denaro o essere un bonus per l’acquisto di un ulteriore biglietto.

Le richieste di rimborso per i ritardi possono essere presentate entro 3 giorni dall’arrivo a destinazione (in passato erano 20 giorni).

Catapano Giuseppe: Carta di credito o bancomat – furto o smarrimento, la banca risarcisce

Se hai smarrito il bancomat o la carta di credito e, dopo appena cinque minuti, dal tuo conto corrente scompare una ingente somma di denaro, cosa potrebbe pensare la tua banca? Che il ladro non ha avuto difficoltà a trovare il pin della carta e che pertanto, molto probabilmente, lo avevi conservato proprio dentro il portafogli rubato. E allora la tua richiesta di restituzione delle somme sottratte dal malvivente verrebbe bollata con un secco “no”: e questo perché la legge stabilisce che la banca è tenuta a restituirti gli importi trafugati dal conto corrente a condizione che tu abbia custodito diligentemente tanto il bancomat (o la carta di credito) quanto il pin e, soprattutto, che tu non abbia conservato entrambi nello stesso posto, agevolando il lavoro al malvivente. In ogni caso, è la banca che deve dare tale prova, ossia dimostrare tale tua negligenza. Senonché è di qualche mese fa una interessante sentenza dell’Arbitro Bancario e Finanziario che viene in soccorso dei correntisti. Secondo l’ABF, l’istituto di credito non può presumere la grave negligenza del correntista nella custodia separata della carta e del corrispondente pin solo per via del breve lasso di tempo intercorso tra il furto e l’utilizzo dello strumento di pagamento. Si tratta di semplici presunzioni che non possono giustificare il rifiuto della banca alla restituzione delle somme sottratte. Insomma, la banca, se non vuole rimborsare al proprio cliente gli importi rubati deve dare una prova puntuale della mancata adozione, da parte di quest’ultimo, di misure idonee per la custodia diligente della carta e del relativo pin.