Giuseppe Catapano scrive: Gratuito patrocinio, se il reddito cala dopo la dichiarazione redditi

Se la tua ultima dichiarazione dei redditi fotografa una condizione economica migliore rispetto a quella attuale, drasticamente peggiorata per eventi successivi alla presentazione della stessa (per esempio, per aver perso il lavoro, per non aver più potuto lavorare a causa di una malattia o perché la tua azienda è caduta in crisi), puoi sempre accedere al gratuito patrocinio. Questa possibilità, infatti, benché non indicata dalla legge, viene ormai riconosciuta dalla Cassazione che, così facendo, ha colmato un vero e proprio vuoto: i giudici supremi hanno “creato” una norma con lo scopo di tutelare quelle categorie di meno abbienti che diventano tali per fatti improvvisi e imprevedibili, come a seguito di un licenziamento. Risultato: per l’ammissione al gratuito patrocinio non si deve vedere solo la dichiarazione dei redditi, ma anche le eventuali e successive variazioni di reddito che comportino un ammontare inferiore del reddito già indicato e consentano l’ammissione al beneficio dell’istante. A dover fornire la dimostrazione, comunque, della variazione del reddito è il richiedente il beneficio (per esempio, allegando la lettera di dimissioni dal lavoro, il licenziamento, ecc.).

Catapano Giuseppe osserva: Gratuito patrocinio: non basta la difficoltà economica

La possibilità di richiedere il gratuito patrocinio, con pagamento dell’avvocato a carico dello Stato, è vincolata al possesso di determinati requisiti stabiliti dalla legge; pertanto non è sufficiente la giustificazione che il richiedente sia “provato da vicissitudini familiari” e che stia attraversando un momento economico non favorevole. Il chiarimento viene da una recente sentenza della Cassazione . Secondo la Corte, chi autocertifica il possesso dei requisiti per il gratuito patrocinio, pur non avendone diritto, non può essere giustificato neanche se sta attraversando una situazione di conclamata e obiettiva difficoltà economica; non rileva neanche il fatto che si tratti di persona di “non eccessiva cultura”, con conseguente difficoltà, per questi, a eseguire i calcoli sul reddito, calcoli ritenuti eccessivamente complessi per un “non tecnico”. In tali casi scatta il reato di infedeltà dichiarativa, passibile di sanzione penale . Non c’è bisogno di un grosso scostamento tra la situazione reale e quella dichiarata al giudice per far scattare il reato. Difatti, come chiarito dalla Cassazione di recente, in tema di false indicazioni o omissioni (anche parziali) dei dati riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, poiché tale reato è di pericolo, esso va punito non in base alla divergenza tra il dato reale e quello dichiarato bensì alla luce della idoneità della falsità o dell’omissione (e pertanto dell’intera condotta) ad indurre in errore il magistrato prima di decidere in merito all’istanza. Il che, in parole povere, significa che anche un piccolo scostamento, se celato nell’istanza, è sufficiente a far scattare il penale. Sintetizzando, è possibile accedere al gratuito patrocinio a condizione che si abbia un reddito non superiore a 11.369 euro (dato aggiornato al mese di marzo 2015). Fa fede l’ultima dichiarazione Irpef. Non rilevano le altre situazioni di fatto, anche se lo scostamento tra il dato dichiarato e quello effettivo è lieve.

Giuseppe Catapano scrive: Gratuito patrocinio a spese dello Stato: le ultime sentenze

Il patrocinio a spese dello Stato, per quanto riguarda l’assistenza dell’avvocato, è dovuto anche per la fase di mediazione, anche se questa viene chiusa positivamente e non sfocia in un procedimento giudiziario. Quindi, chi rientra nei requisiti per il gratuito patrocinio, può chiedere che la parcella del proprio difensore di fiducia per l’attività svolta dinanzi agli organismi, e prevista dalla legge come obbligatoria prima di poter procedere in tribunale, sia pagata dallo Stato. In materia di gratuito patrocinio, ai fini della determinazione del limite di reddito per l’ammissione al beneficio, vanno calcolati tutti i redditi, compresi quelli soggetti a tassazione separata. Quindi, per fare un esempio, vanno considerati anche gli emolumenti percepiti a titolo di arretrati di lavoro dipendente. Il ricorrente in Cassazione ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è tenuto, in caso di rigetto dell’impugnazione, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Il chiarimento proviene dalla stessa Suprema Corte. In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca del provvedimento di ammissione può essere disposta solo qualora non sussistessero in origine o siano venute meno le condizioni di reddito oppure se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Invece, la condotta dell’avvocato che taccia, nel corso del processo, circa l’ammissione al beneficio del proprio cliente non ne giustifica la revoca, salvi gli eventuali effetti sul piano disciplinare o della permanenza nell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato. Nel patrocinio a spese dello Stato, il decreto di liquidazione del compenso al difensore non è revocabile, né modificabile, d’ufficio, poiché l’autorità giudiziaria che lo emette, salvi i casi espressamente previsti di decadenza dal beneficio (per mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti), consuma il suo potere decisionale e non ha il potere di autotutela tipico dell’azione amministrativa. Al fine di ottenere il gratuito patrocinio non devono essere cumulati i redditi dei separati in casa poiché la semplice situazione fisica di convivenza o coabitazione non basta per includere i redditi del convivente nel reddito complessivo del soggetto istante. Ulteriore chiarimento della Cassazione: in tema di ammissione al gratuito patrocinio, la titolarità di partita IVA non costituisce, di per sé, elemento presuntivo sufficiente ai fini del giudizio di superamento dei limiti di reddito. In tema di gratuito patrocinio, la legge dispone che il reddito computabile ai fini della ammissione al beneficio in parola è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante, sul presupposto che l’interessato conviva con il coniuge o con altri familiari; la natura di familiare fiscalmente a carico non convivente è status non coincidente con quello (familiare convivente) che assume rilievo per l’ammissione e il mantenimento del beneficio in questione.