Giuseppe Catapano scrive: Anti corruzione, torna reato falso in bilancio per società non quotate

Il disegno di legge anti corruzione ha passato uno scoglio importante al Senato, che si è espresso a favore con voto segreto.

Con 124 si, i senatori hanno approvato l’articolo 8 del testo che ripristina il reato di falso in bilancio anche per le società non quotate.

I magistrati lo definiscono un “reato presupposto”: la falsificazione di bilanci permette infatti la creazione di fondi neri, a loro volta indispensabili per versare eventuali tangenti.

La nuova legge introdurrà pene più severe per le Spa: in quel caso d’ora in avanti si rischiano 3-8 anni di carcere.

Tra le novità anche l’articolo 9 che stabilisce la pena da sei mesi a tre anni se i fatti sono lieve entità, “tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”.

Dopo il voto di Palazzo Madama, ora toccherà alla Camera pronunciarsi.

Catapano Giuseppe informa: Boeri: “preleveremo da pensioni troppo alte”

Come Robin Hood, l’Inps preleverà dai pensionati più ricchi per dare ai più poveri. O per lo meno dagli italiani ‘senior’ che ricevono un assegno previdenziale molto alto rispetto ai contributi versati.

Lo ha annunciato il nuovo presidente dell’Inps, Tito Boeri, in un’intervista in diretta Tv.

“Ci sono “pensioni molto alte che non sono giustificate dai contributi che hanno versato durante l’intero arco della vita lavorativa”, c’è un “problema di equità che andrebbe affrontato”, ha detto l’economista a Ballarò dopo aver tenuto un incontro vis-a-vis di quasi due ore con il premier Matteo Renzi.

Tra le altri importanti novità del nuovo corso dell’istituto previdenziale pubblico è previsto anche l’arrivo della cosidetta ‘busta arancione’, che consentirà di conoscere i tempi e l’assegno pensionistico.

È una busta che in alcuni paesi scandinavi viene inviata a tutti i lavoratri in modo tale che si facciano da subito un’idea precisa di come sarà il trattamento pensionistico che stanno maturando.

Si può chiedere a queste persone di poter dare qualcosa per contrastare la povertà soprattutto nella fascia 55/65 anni – aggiunge Boeri tornando sugli assegni che definisce “ingiusti”-. Vogliamo per queste generazioni trovare un modo per contrastare la povertà e dare la possibilità di andare in pensione prima in modo sostenibile, quindi avendo una pensione più bassa”.

“La filosofia di fondo è quella dell’equità – spiega ancora il presidente dell’Inps ?sottolineando che “entro giugno” farà delle “proposte articolate” al Governo -, noi faremo queste proposte per equità non per fare cassa”, sottolinea, indicando poi che uno “dei problemi più seri” è quello “della generazione tra i 55 e i 65 anni che si sono trovati con queste riforme in po’ spiazzati”.

Da parte sua Yoram Gutgeld, consigliere del governo Renzi impegnato sul fronte della spending review, esclude invece interventi sulle pensioni. “Abbiamo affrontato questo discorso già l’anno scorso e la decisione politica è stata di non toccarle. Le pensioni alte sono già in qualche modo tassate e quindi c’è già un intervento di equità. Andare più in giù significherebbe entrare sui livelli di pensioni medie, tipo da 90mila euro, e si è deciso politicamente di non farlo”.

Catapano Giuseppe scrive: Fatturazione elettronica verso le PA da oggi al via

Da oggi 31 marzo tutte le Amministrazioni dello Stato non potranno più accettare dai propri fornitori di beni/servizi fatture emesse o trasmesse in forma cartacea e procedere al relativo pagamento, neppure parzialmente, finché non riceveranno la fattura in formato elettronico conforme ai requisiti previsti dal DM 55/2013. Scatta da oggi, infatti, l’obbligo di fatturazione elettronica verso tutte le Pubbliche Amministrazioni. Si ricorda che l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti delle PA è stato introdotto dalla Finanziaria 2008 e va assolto attraverso il Sistema di Interscambio (SDI) istituito dal MEF e gestito dall’Agenzia delle Entrate e Sogei; il DM n. 55/2013 ha poi reso operativo quanto stabilito dalla legge.

Catapano Giuseppe: Certificazione Unica, confermata la proroga per la consegna se non rileva per il 730

Nella Circolare n. 11/E del 23.03.2015 sul 730 precompilato, al par. 2.3, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito quanto già affermato nel comunicato stampa del 12 febbraio scorso, in cui consentiva, per questo primo anno di applicazione, alcune semplificazioni per gli operatori. In particolare, viene ribadito che, per il 2015, gli operatori possono scegliere se compilare la sezione dedicata ai dati assicurativi relativi all’INAIL e se inviare o meno le Certificazioni Uniche contenenti esclusivamente redditi esenti. Inoltre, sempre per il 2015, le certificazioni uniche contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili mediante il modello 730 (come i redditi di lavoro autonomo non occasionale) possono essere inviate anche dopo la scadenza prevista per il 2015 (quindi dopo il 9 marzo), senza applicazione di sanzioni. La stessa facoltà è consentita nel caso di Certificazioni Uniche che contengano solo dati previdenziali e assistenziali. Come nel comunicato, però, anche nella Circolare non viene precisato un termine definitivo per la consegna delle CU in tali casi.

Catapano Giuseppe informa: TFR in busta paga: il modulo per la richiesta

E’ stato pubblicato sulla G.U. del 19/03/2015, il D.P.C.M. n. 29 in vigore dal 3/4/2015 recante le disposizioni attuative per la liquidazione mensile della quota di TFR maturanda e predisposto il modulo che i lavoratori dovranno utilizzare per la richiesta del pagamento mensile della quota maturanda del TFR come quota integrativa della retribuzione c.d. Qu.I.R. a partire dal mese di aprile 2015.

La Legge di stabilità 2015 ha introdotto la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato di richiedere per i periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 l’erogazione del TFR ad integrazione della busta paga c.d. Qu.I.R ., Quota Integrativa della retribuzione.
Il DPCM fornisce anche il modulo che i lavoratori dovranno utilizzare per la richiesta di pagamento mensile del TFR a partire dalla busta paga del mese di aprile 2015.

Evidenziamo che l’erogazione mensile della quota maturanda di TFR risulta essere una facoltà per il lavoratore, mentre è un obbligo per il datore di lavoro nel caso in cui il lavoratore eserciti la predetta facoltà.
Per dare piena attuazione alla liquidazione della Qu.I.R. mancano ancora le istruzioni INPS pertanto, al momento, i datori di lavoro potranno limitarsi a raccogliere le istanze dei lavoratori.

Lavoratori beneficiari e modalità di richiesta
Possono presentare istanza per la liquidazione mensile della Qu.I.R. i lavoratori dipendenti del settore privato, con rapporto di lavoro subordinato in essere da almeno sei mesi.
Restano esclusi da questa possibilità:
i lavoratori domestici;
i lavoratori del settore agricolo;
I lavoratori per i quali la legge ovvero il contratto collettivo nazionale di lavoro prevede la corresponsione periodica del TFR ovvero l’accantonamento del TFR medesimo presso soggetti terzi;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro che abbiano iscritto nel Registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga , se in prosecuzione dell’integrazione straordinaria;
i lavoratori dipendenti che, a fronte di un contratto di finanziamento che comporta la cessione del quinto dello stipendio , abbiamo dato il TFR a garanzia del predetto finanziamento.
QUOTA INTEGRATIVA DELLE RETRIBUZIONE EROGABILE (Qu.I.R.).

La Qu.I.R. da liquidare, su espressa richiesta del lavoratore, è pari alla quota maturanda del TFR , al netto del contributo I.V.S. dell’0,50%.

La richiesta di liquidazione della Qu.I.R. può essere esercitata anche in caso di conferimento del TFR maturando a forme pensionistiche complementari . In tale ipotesi l’adesione del lavoratore alla forma pensionistica complementare prosegue senza soluzione di continuità con l’obbligo di versamento dell’eventuale contribuzione a suo carico e/o a carico del datore di lavoro.

MODALITA’ DI RICHIESTA

I lavoratori per richiedere la liquidazione mensile della Qu.I.R. devono presentare al datore di lavoro istanza debitamente compilata e sottoscritta utilizzando il modello unito al DPCM.
Non esiste alcun obbligo a carico del datore di lavoro di consegnare ai propri dipendenti il suddetto modello. Inoltre non è previsto alcun termine da parte del lavoratore per esercitare l’opzione, pertanto può essere presentata in qualsiasi mese, fermo restando il temine ultimo al 30 giugno 2018, ovvero alla data di cessazione del rapporto di lavoro se precedente.

L’opzione, una volta esercitata, è irrevocabile fino al 30 giugno 2018.

Liquidazione della quota integrativa delle retribuzioni (Qu.I.R.) e trattamento fiscale e previdenziale
Il datore di lavoro, a partire dal periodo di paga decorrente dal mese successivo a quello di presentazione dell’istanza da parte del lavoratore, provvede alla liquidazione mensile della Qu.I.R. con le stesse modalità in uso per l’erogazione della retribuzione.
Per i lavoratori per i quali si procede alla liquidazione mensile della Qu.I.R., non operano gli obblighi di versamento del TFR alle forme pensionistiche complementari e al Fondo di tesoreria INPS.

TRATTAMENTO FISCALE E PREVIDENZIALE

La Qu.I.R. è assoggettata a tassazione ordinaria anziché alla tassazione più agevolata prevista per il TFR, e concorre alla formazione de l reddito complessivo per il calcolo:

delle addizionali, comunali e regionali che aumentano;
delle detrazioni d’imposta che diminuiscono e quindi aumenta la ritenuta fiscale;
dell’assegno nucleo familiare che diminuisce in relazione all’aumento del reddito;
dell’ISEE.
Da stime effettuate da esperti, il lavoratore che sceglie il pagamento mensile della quota del TFR maturanda perde il 30% – 35% dell’importo stesso, rispetto al lavoratore che continua ad accumulare il TFR e lo percepisce al termine del rapporto di lavoro.

La Qu.I.R. non concorre, invece, alla determinazione del reddito complessivo ai fini dell’attribuzione del bonus 80 euro e non costituisce imponibile ai fini previdenziali.

ACCESSO AL FINANZIAMENTO

Ai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze fino a 49 addetti , non tenuti quindi al versamento del TFR al Fondo Tesoreria INPS, e che non dispongano delle risorse necessarie per far fronte alla liquidazione mensile della Qu.I.R . ai lavoratori che ne facciano richiesta, è riconosciuta la facoltà di accedere al nuovo Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS. Tale facoltà è preclusa per i datori di lavoro che occupano più di 49 addetti i quali sono già tenuti al versamento del TFR al Fondo Tesoreria INPS.

Per accedere al finanziamento i datori di lavoro devono presentare alla banca o all’intermediario finanziario una specifica certificazione dei requisiti aziendali rilasciata dall’INPS 0 entro 30 giorni dalla richiesta.

I datori di lavoro che accedono al finanziamento assistito dall’apposito Fondo di Garanzia, istituito presso l’INPS, effettuano le operazioni di liquidazione mensile della Qu.I.R. a partire dal terzo mese successivo a quello di efficacia dell’istanza presentata dal lavoratore.

L’ importo complessivo del finanziamento è comunicato dal datore di lavoro alla banca, in funzione dell’ entità della Qu.I.R. da liquidare mensilmente . La banca mette a disposizione del datore di lavoro il finanziamento, mediante singole erogazioni mensili, a partire dal mese successivo a quello di perfezionamento del contratto di finanziamento e comunque non prima del 1° giugno 2015 e non oltre il 30 ottobre 2018.

RIMBORSO DEL FINANZIAMENTO

Il rimborso del finanziamento , comprensivo dei relativi interessi maturati, è rimborsato dal datore di lavoro in un’ unica soluzione alla data del 30 ottobre 2018 . Nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro intervenuti durante la vigenza del finanziamento assistito da garanzia, il datore di lavoro è tenuto al rimborso del finanziamento già fruito, entro la fine del mese successivo a quello di risoluzione del rapporto.

Il tasso di interesse applicato al finanziamento non può essere superiore al tasso di rivalutazione del TFR. Sono dovute, inoltre, le spese notarili e gli oneri per il perfezionamento della pratica

Nel caso sia accertato che il finanziamento sia stato utilizzato per finalità diverse dalla liquidazione mensile della Qu.I.R, , l’erogazione del finanziamento è interrotta e il datore di lavoro è tenuto al rimborso immediato del finanziamento già fruito e degli interessi.

L’erogazione del finanziamento assistito da garanzia è interrotta al verificarsi dei seguenti eventi:

datori di lavoro che abbiano iscritto nel Registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento attestato;
datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga , se in prosecuzione dell’integrazione straordinaria stessa;
datori di lavoro che abbiano sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti;
fallimento del datore di lavoro, a far data dall’iscrizione della sentenza dichiarativa nel Registro delle imprese;
concordato preventivo, a far data dall’iscrizione del decreto di ammissione alla procedura nel Registro delle imprese;
liquidazione coatta amministrativa, a far data dalla pubblicazione del provvedimento dell’Autorità competente nella Gazzetta Ufficiale;
amministrazione straordinaria , a far data dall’iscrizione nel Registro delle imprese della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.
FONDO DI GARANZIA

Il Fondo di Garanzia per l’accesso al finanziamento, istituito presso l’INPS, interviene a copertura del rischio dei finanziamenti concessi dalle banche ai datori di lavoro per liquidare la Qu.I.R. ai lavoratori che ne faranno richiesta.

Il Fondo è alimentato da una dotazione iniziale a carico dello Stato (100 milioni di euro) e dal pagamento di un contributo mensile, a carico dei datori di lavoro che ricorrono al finanziamento , nella misura dello 0,20% dell’imponibile previdenziale dei lavoratori la cui Qu.I.R. è erogata mediante il predetto finanziamento.

In data 24 marzo 2015 è stato pubblicato l’Accordo quadro tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e ABI che definisce termini, modalità e condizioni di accesso al finanziamento assistito rivolto ai datori di lavoro (fino a 49 dipendenti) che, per motivi finanziari, non sono in condizione di liquidare la Qu.I.R. in busta ai lavoratori che ne faranno richiesta.

Le banche che intendono aderire all’Accordo quadro lo comunicheranno all’ABI che, a sua volta, pubblicherà sul proprio sito l’elenco delle banche aderenti, alle quali i datori di lavoro potranno rivolgersi per ottenere il finanziamento.

Giuseppe Catapano comunica: Meccanismo dell’inversione contabile

Estensione del reverse charge a edilizia, settore energetico e pallets: per l’individuazione dei servizi soggetti all’inversione bisogna far riferimento alla tabella ATECO 2007 e niente sanzioni per gli errori commessi in buona fede entro il 27 marzo 2015

Arriva una mini guida sull’estensione, a partire dall’1 gennaio 2015, del meccanismo di inversione contabile (reverse charge) nell’ambito dei settori edile ed energetico e della cessione dei bancali di legno (pallets) recuperati dopo il primo utilizzo. Con la circolare n. 14/E infatti, l’Agenzia fornisce i primi chiarimenti sulle novità introdotte dalla Legge di stabilità 2015 in materia di applicazione del meccanismo di assolvimento dell’IVA mediante inversione contabile. Nel documento di prassi, inoltre, vengono illustrate le novità in campo IVA per i settori interessati e forniti alcuni approfondimenti su reverse charge e particolari ambiti applicativi.

Le novità per il settore edile

Per quanto riguarda il settore edile, l’obbligo di inversione contabile viene esteso ai servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relativi ad edifici in tutti i casi di prestazioni rese nei rapporti B2B. In base alla ricostruzione normativa operata nella circolare, l’Agenzia chiarisce che Legislatore, utilizzando il riferimento alla nozione di edificio, abbia sostanzialmente voluto limitare la disposizione in commento ai fabbricati e non alla più ampia categoria dei beni immobili. Ne consegue che, nella nozione di edificio, vadano, quindi, escluse dal meccanismo del reverse charge le prestazioni di servizi di aventi ad oggetto, ad esempio, terreni, parti del suolo, parcheggi, piscine, giardini, etc., salvo che questi non costituiscano un elemento integrante dell’edificio stesso (ad esempio, piscine collocate sui terrazzi, giardini pensili, impianti fotovoltaici collocati sui tetti, etc.).
Individuazione dei servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici da assoggettare a reverse charge

Con riferimento all’l’individuazione delle prestazioni di cui alla lettera a-ter) dell’articolo 17, sesto comma, del D.P.R. 633 del 1972, soggette al reverse charge l’Agenzia delle entrate ritiene, in conformità ai criteri adottati in sede di Relazione Tecnica, che debba farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007. Tale criterio deve, quindi, essere assunto al fine di individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici.
Il reverse charge si allarga anche al settore energetico

La Legge di stabilità 2015 estende il meccanismo di inversione contabile (reverse charge) anche ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra e a quelli di altre unità che possono essere utilizzate per conformarsi alla Direttiva 2003/87/Ce. Nell’ambito di questa misura vengono inclusi anche i certificati che hanno la finalità di incentivazione dell’efficienza energetica o della produzione di energia da fonti rinnovabili, come per esempio i certificati verdi. Inoltre, il reverse charge apre anche alle cessioni di gas e di energia elettrica al soggetto passivo-rivenditore. Restano escluse dal reverse charge le cessioni di Gpl poiché non avvengono tramite un sistema di gas naturale o reti connesse a questo sistema.

Quando non si applica il reverse charge

Il reverse charge non si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate da soggetti che si avvalgono del nuovo regime “forfetario” o del regime dei “minimi”. Se, invece, questi soggetti acquistano beni o servizi in regime di reverse charge, dovranno assolvere l’imposta secondo tale meccanismo; inoltre, non potendo esercitare il diritto alla detrazione, dovranno effettuare il versamento dell’imposta a debito.
Il meccanismo del reverse charge non si applica nemmeno alle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che, beneficiando di particolari regimi fiscali, sono di fatto esonerati dagli adempimenti quali l’annotazione delle fatture, la tenuta del registro dei corrispettivi e del registro degli acquisti (ad esempio i produttori agricoli con volume di affari non superiore a 7mila euro).
Infine, il regime di cash accounting non trova applicazione relativamente alle operazioni che rientrano nel meccanismo del reverse charge.

Niente sanzioni per gli errori commessi in buona fede

In considerazione dell’incertezza in materia, nel rispetto dei principi dello Statuto del contribuente di tutela dell’affidamento, il documento di prassi, fa presente che la nuova disciplina recata dagli articoli 17, sesto comma, lettere a-ter), d-bis), d-ter) e d-quater), e 74, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, avendo già prodotto effetti in relazione alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2015, in assenza di chiarimenti, non può comportare applicazione di sanzioni per eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti. Pertanto, l’Agenzia non applicherà sanzioni per le violazioni scaturenti dall’errata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile commesse fino all’emanazione della circolare 14 del 27 marzo 2015

Catapano Giuseppe informa: Come chiedere copia delle cartelle di Equitalia direttamente con l’email

Il contribuente può obbligare Equitalia a mostrargli tutte le cartelle di pagamento, emesse nei suoi confronti, con una semplice email certificata. Infatti, l’Agente della Riscossione è tenuto a rispettare il diritto di accesso agli atti amministrativi dei contribuenti anche se inoltrate per il tramite della Pec (posta elettronica certificata). È quanto emerge da una recente sentenza del Tar Campania .

Così il cittadino che sospetti un debito tributario o abbia ricevuto un avviso di fermo o un pignoramento, senza però ricordare a quali precedenti avvisi si riferiscano, può chiedere ad Equitalia di esibirgli tutta la documentazione.

Il concessionario dovrà adempiere alla richiesta entro 1 mese. Diversamente, al contribuente non resta che la carta del ricorso al tribunale amministrativo contro il silenzio dell’Agente. E questo perché, nonostante si tratti di società privata, Equitalia è equiparata in tutto e per tutto a una pubblica amministrazione.

Insomma, l’accesso agli atti è un diritto del cittadino che intende conoscere i propri debiti con l’erario. Erano stati, del resto, anche il Tar Lazio  e il Consiglio di Stato  a precisare questo importante punto di diritto.

Di fronte alla generica richiesta del contribuente, volta a ricostruire la sua situazione debitoria, Equitalia potrebbe limitarsi a produrre l’estratto di ruolo. Ma – è bene ricordare – si tratta comunque di un atto interno (prodotto dagli uffici e dai terminali di Equitalia) e che, pertanto, in caso di contenzioso tra le parti, non avrebbe alcun valore di prova. Il che, per ovvie ragioni, si tradurrebbe in un vantaggio per il contribuente, non potendo il fisco dimostrare, con prove genuine, il proprio credito.

Meglio, però, chiedere tutta la documentazione, e quindi anche tutti gli atti del procedimento di notificazione. Ossia, nel caso di notifica a mani, la relata compilata dal messo notificatore; nel caso di notifica per posta la copia della cartolina con l’avviso di ricevimento, che dimostra l’effettiva consegna del plico. Il contribuente potrà chiedere di visionare gli originali che, comunque, per ovvie ragioni, non potranno essergli rilasciati (leggi l’articolo di approfondimento: “Accesso agli atti: esigi l’originale da Equitalia”).

Equitalia ha peraltro l’obbligo di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed è tenuta ad esibirlo su richiesta del contribuente o dell’amministrazione.

Trenta giorni per rispettare il diritto di accesso
Entro un mese Equitalia deve consegnare al contribuente la copia di tutte le cartelle di pagamento che lo riguardano, dopo che l’interessato ha avanzato la richiesta. Richiesta che, come detto, può essere spedita anche tramite semplice Posta elettronica certificata. In essa, ovviamente, andranno indicati gli estremi del richiedente (nome, cognome, codice fiscale, residenza, data e luogo di nascita) onde non lasciare dubbi sulla sua identità. Non è necessaria neanche l’allegazione di un documento, posto che già la Pec garantisce l’identità del mittente.

Fatto ciò Equitalia non si può trincerare dietro una presunta genericità della domanda. Infatti, la legge sulla trasparenza amministrativa vale anche per gli ex esattori ed impone l’esibizione dei documenti quando il cittadino abbia “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. E nessun interesse è più diretto della pesante situazione debitoria a carico del contribuente che magari sta preparando una causa contro il fisco.

Non può essere dunque riconosciuta alcuna discrezionalità a Equitalia, che non può valutare la richiesta del contribuente sotto il profilo della meritevolezza: la copia della cartella di pagamento costituisce di per sé uno strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni del contribuente e il concessionario non può affatto sindacare le scelte difensive operate del privato.

Giuseppe Catapano informa: Cartelle Equitalia nulle: risponde Padoan

Intervenuto al question time della Camera, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha riferito in merito allo scandalo dei falsi dirigenti all’Agenzia delle Entrate sollevato dalla recente sentenza della Corte Costituzionale, scandalo che rischia di rendere nulle milioni di cartelle esattoriali notificate da Equitalia.

Il ministro così ha risposto all’interrogazione: “Non si intravedono rischi di invalidità degli avvisi e delle cartelle esattoriali emesse” da dirigenti dichiarati illegittimi dalla sentenza della Consulta (…). L’affidamento di incarichi dirigenziali a funzionari si è rivelato uno strumento necessario per far fronte a carenze di organico dirigenziale delle Agenzie”.

Ha aggiunto poi il: “Ferma la necessità di tener conto delle indicazioni emerse dalla sentenza della Corte costituzionale – ha concluso – si stanno valutando soluzioni possibili per assicurare piena funzionalità all’operato delle Agenzie”.

Ci sentiamo confortati del fatto che il ministro, così diligentemente, voglia rassicurarci sulla “tenuta” delle casse erariali dal rischio di un buco di proporzioni ciclopiche.

Ci risulta, tuttavia, difficile comprendere come mai il ministro, pur dovendo sapere in anticipo – come del resto già sapeva il personale delle Entrate – quale terremoto stesse per verificarsi, non abbia mai preso, negli anni passati, opportune precauzioni (indire, cioè, un adeguato concorso pubblico come imposto dalla costituzione).

Ed ancora più scettici rimaniamo nel sentire un ministro che parla come se già conoscesse l’orientamento che, in merito, assumeranno i giudici, orientamento che invece – come abbiamo più volte detto in queste pagine – sino ad oggi ha sempre ritenuto gli atti fiscali, firmati da personale non munito di delega, nulli o del tutto inesistenti. Forse il ministro ha avuto un colloquio con i giudici della Cassazione o con tutti i magistrati delle Commissioni Tributarie a cui i contribuenti potrebbero rivolgersi? Cosa fa pensare al ministro che le aule dei tribunali non accoglieranno le pretese di un popolo di contribuenti tartassati e che ora chiede solo che si applichino gli stessi principi giuridici per come sino ad oggi interpretati?

Evidentemente, il ministro parla con le stesse cognizioni giuridiche di chi, sino ad oggi, ha fatto affidamento su una legge dichiarata incostituzionale, perché palesemente lesiva dell’articolo 97 della Costituzione (obbligo di concorso per i pubblici dipendenti). Così come incostituzionali sono state dichiarate tutte le successive proroghe della predetta norma del 2012. Non una, dunque, ma svariate illegalità.

Insomma, ci piacerebbe che dalle istituzioni politiche uscissero esternazioni di carattere politico e non, invece, sostitutive dei compiti della magistratura. Ad essa e non ad altri, spetterà l’ultima parola. Che potrebbe anche essere diversa e opposta rispetto a quanto sino ad oggi affermato (del resto le aule dei tribunali ci insegnano come sia facile cambiare opinione). Ma ciò non cancellerà anni di sentenze che, finora, sono state univoche nel ritenere nulli gli atti firmati da funzionari non solo quando privi di potere, ma addirittura, nel caso in cui, benché regolarmente muniti di delega dal capo ufficio, abbiano “dimenticato” di produrla in giudizio…

Catapano Giuseppe: Come rinunciare alla proprietà di immobili costosi senza pagare le spese

Il mattone è in crisi. E questo perché mantenere un immobile è diventato estremamente caro: tra tasse sulla casa e sui terreni, imposte locali (vedi smaltimento rifiuti), utenze, condominio, ristrutturazioni, ecc. il rischio di spendere più dell’utile prodotto dal bene è alto. Se poi si aggiungono anche i problemi che potrebbero derivare da una eventuale responsabilità civile (si pensi al crollo di un cornicione o una scala pericolante) allora si rischia di perdere anche ciò che si ha.

È il caso, ad esempio, di chi erediti una quota in comproprietà (o l’intero bene) di un terreno sperduto o di un casolare abbandonato in una zona periferica: l’impossibilità concreta di sfruttare il bene rende lo stesso un vero e proprio peso.

Così, spesso, il proprietario è tentato di disfarsene. Ma si può “abbandonare” un immobile senza che nessuno lo voglia acquistare? Certamente. Vediamo come.

Si può rinunciare alla proprietà
Il proprietario di un bene può rinunciare al proprio diritto di proprietà o alla quota di comproprietà in modo assai semplice.

Se la proprietà è esclusiva, il titolare può rinunciare al proprio il diritto di proprietà e, in tal caso, il bene passa automaticamente nella titolarità dello Stato.

Nel caso, invece, di comproprietà, la rinuncia da parte di uno dei titolari comporta una automatica espansione delle quote degli altri comproprietari. E ciò perché, quando si parla di comproprietà, si deve ragionare in termini di quote astratte sull’intero bene e non su parti identificate dello stesso. Così, per esempio, il comproprietario al 33% non avrà una delle tre camere da letto, uno dei tre bagni, ecc. ma avrà il 33% di ogni singola stanza.
Pertanto, quando uno dei proprietari dichiari di rinunciare alla propria fetta di proprietà, le quote degli altri si accresceranno proporzionalmente e automaticamente, senza che questi ultimi lo possano evitare. Vien da sé che se un immobile è al 50% tra due soggetti, l’eventuale rinuncia dell’uno porterà l’altro ad essere proprietario dell’intero. Né potrebbe impedirlo: tutto ciò che quest’ultimo potrà fare è rinunciare anch’egli alla sua proprietà e, in tal caso, il bene diventa di proprietà dello Stato.

La rinuncia alla comproprietà: come liberarsi delle spese
La rinuncia alla quota di comproprietà può essere effettuata in due diversi modi:

– con la cosiddetta rinuncia “abdicativa”, che, semplicemente, provoca – come appena detto – la perdita del diritto in capo al rinunciante e l’espansione automatica della quota in capo agli altri comproprietari “superstiti”. In tal caso, il rinunciante non è più tenuto a contribuire alle spese sostenute dopo la sua rinuncia, ma rimane obbligato per quelle obbligazioni sorte prima di tale momento;

– con la cosiddetta rinuncia “liberatoria”, che invece produce un particolare effetto [1]: la liberazione del comproprietario rinunciante dalle spese derivanti dalla contitolarità del bene comune (vedi, ad esempio, le spese di manutenzione), sia per le spese future che per quelle prodotte in passato, anche prima della sua rinuncia. In questo caso, dunque, il comproprietario, rinunziando alla propria quota, non solo dismette il diritto di cui è titolare, ma anche si libera da tutte le obbligazioni inerenti la cosa comune, non solo (come è ovvio) per il futuro, ma anche per quelle già sorte in passato.

Catapano Giuseppe: Papa Francesco: la Chiesa non abbandona le famiglie anche se lontane. Andrà a Torino il 21 e 22 giugno

“La Chiesa, come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Neppure quando cade nel peccato, oppure si allontana dalla Chiesa; sempre farà di tutto per cercare di curarla e di guarirla, di invitarla a conversione e di riconciliarla con il Signore”. Così Papa Francesco all’udienza generale in piazza San Pietro. “Insieme con i miei collaboratori, abbiamo pensato di proporre oggi: rinnovare la preghiera per il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Rilanciamo questo impegno fino al prossimo ottobre, quando avrà luogo l’Assemblea sinodale ordinaria dedicata alla famiglia. Vorrei che questa preghiera, come tutto il cammino sinodale, sia animata dalla compassione del Buon Pastore per il suo gregge, specialmente per le persone e le famiglie che per diversi motivi sono «stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). Così, sostenuta e animata dalla grazia di Dio, la Chiesa potrà essere ancora più impegnata, e ancora più unita, nella testimonianza della verità dell’amore di Dio e della sua misericordia per le famiglie del mondo, nessuna esclusa, sia dentro che fuori l’ovile”. “Santa Famiglia di Nazareth – si legge nella preghiera – il prossimo Sinodo dei Vescovi possa ridestare in tutti la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia, la sua bellezza nel progetto di Dio”.

Intanto si è appreso che per la prima volta Papa Francesco si tratterra’ per due giorni in una diocesi italiana: restera’ infatti a Torino il 21 e 22 giugno. Lo ha annunciato l’arcivescovo Cesare Nosiglia che ha reso noto il programma del viaggio nella Sala Stampa della Santa Sede, nel corso di una conferenza stampa promossa per presentare l’ostensione della Sindone decisa in occasione del secondo centenario della nascita di don Bosco. “Appena arrivato a Torino, il 21 alle 8,30, Francesco incontrera’ il mondo del lavoro in Piazzatta Reale”, ha detto Nosiglia sottolineando “la difficile situazione occupazionale, legata alla crisi economica”. Subito dopo il Papa si rechera’ alla Cattedrale per pregare davanti alla Sindone. Nel programma anche una visita al Tempio Valdese, alle ore 9 del 22 giugno. “Si tratterra’ per circa un’ora con la comunita’ protestante, con la quale abbiamo ottimi rapporti, ed e’ la prima volta che un Papa fa visita ai valdesi. Poi – ha aggiunto Nosiglia – Francesco rientrera’ in Arcivescovado dove in forma strettamente privata incontrera’ alcuni suoi familiari, con i quali si fermera’ anche a pranzo”.