Catapano Giuseppe: MENTRE GIOCHIAMO CON L’ITALICUM BANKITALIA FA BENE A RICORDARCI CHE LA POLITICA ECONOMICA MANCA DI CORAGGIO E LUNGIMIRANZA

In attesa che la stucchevole partita tra Renzi e Bersani su legge elettorale e riforma del Senato ci consegni un presunto vincitore, sarà meglio tornare a buttare un occhio all’economia. A consigliarlo sono le parole usate dalla Banca d’Italia in una recente audizione parlamentare, in cui, pur con la consueta prudenza, non ha sottaciuto alcune riserve alla politica economica del governo. Cosa di per sé rilevante, ma che assume ancora più peso se si pensa che negli ultimi tempi il Governatore Visco era apparso, in alcune uscite, quasi filo-governativo. Vediamo in dettaglio.

La prima riserva riguarda la politica di bilancio. A dispetto della retorica del tesoretto – che, notiamo con piacere nonostante il ritardo, viene ora disconosciuta dal viceministro Morando – Bankitalia ricorda che per centrare l’obiettivo assunto dal governo in sede Ue di contenimento del deficit al 2,6% del pil, occorre trovare circa 8,5 miliardi, e sottolinea che finora l’unica cosa definita è che si tratterà di riduzione della spesa. Come, su quali voci, con quale intensità, si voglia realizzare questo taglio, non è dato sapere. Dunque, è assolutamente improprio parlare di tesoretto da spendere. Mentre è chiaro che se il taglio della spesa arriverà a 10 miliardi ci sarà un margine di 1,5 miliardi da poter usare – speriamo non per populistiche attività benefiche – e se al contrario sarà inferiore agli 8 miliardi e mezzo, rimarrà un buco. Ma è altrettanto chiaro che, volendo, se il coltello nel burro della spesa corrente e improduttiva fosse una volta tanto spinto fino in fondo, si potrebbe creare ben altro tesoretto, magari da usare per una politica che finalmente si ponga sul serio il tema degli investimenti per lo sviluppo. Stesso discorso vale per il debito: non c’è null’altro se non il rinvio agli avanzi primari, via virtuosa ma secolare alla riduzione dello stock. Qui abbiamo l’impressione – a dirlo siamo noi e non Bankitalia, ma abbiamo la presunzione di pensare che a via Nazionale la pensino in modo non difforme – che anche questo esecutivo, come tutti quelli della Seconda Repubblica, creda che immaginare interventi straordinari di riduzione dell’indebitamento pubblico sia catalogabile come politica di austerità fine a se stessa. Invece, sono ben due i motivi per cui andrebbe realizzata. Il primo è che occorre, come dice Bankitalia, “mettere il Paese in sicurezza” rispetto agli umori dei mercati. E che serva, lo dimostra il balzo fatto negli ultimi giorni dallo spread (130 punti) a seguito delle preoccupazioni relative alla Grecia: è bastato poco per risalire rapidamente, a dimostrazione che la situazione non è affatto stabilizzata. Il secondo motivo, a nostra giudizio ancora più importante, è che l’intervento sul debito può essere, a certe condizioni, una misura espansiva e non costrittiva. Per farlo, infatti, c’è un solo modo virtuoso: mettere mano al patrimonio pubblico. E smobilizzarlo significa liberare risorse che possono sia tagliare il debito (per esempio, portandolo sotto il tetto del 100% del pil) sia costituire un pacchetto di investimenti produttivi (diretti e/o indiretti, attraverso il taglio del peso fiscale a carico delle imprese), e quindi finalizzati allo sviluppo. Ma di tutto questo, appunto, neanche l’ombra.

E che per lo sviluppo ci si limiti ad accendere ceri e sperare che le condizioni congiunturali esterne restino per molto tempo così virtuose come lo sono da qualche mese, lo si evince dalle stime sul pil espresse nel Def e dalla critica, pur di sponda, espressa sempre da Bankitalia. Perché quelle previsioni – +0,7% quest’anno, il doppio nel prossimo biennio – sono nello stesso tempo troppo e troppo poco. Troppo, perché appaiono in eccesso rispetto a quelle formulate da organismi internazionali, da ultimo il Fondo Monetario. Troppo poco perché, quand’anche si rivelassero fondate o addirittura sbagliate per difetto – come curiosamente le ha commentate lo stesso governo, che però non dovrebbe indulgere né in ottimismo né in pessimismo, ma indicare stime realistiche, visto che su quelle poggia tutta la sua azione – sarebbero comunque tassi di crescita inadeguati. Infatti, pur in un contesto economico mai così favorevole (euro, tassi e petrolio bassi, liquidità senza limiti), la ripresa in corso è debole, frammentaria e a macchia di leopardo, tanto che il nostro tasso di sviluppo continua ad essere la metà della media europea e le proiezioni dello stesso Def ci dicono che per tornare ai livelli del 2007 (peraltro poverelli) e recuperare il perduto (10 punti di pil, un quarto della produzione industriale, un sesto della capacità manifatturiera, oltre due milioni di posti di lavoro) occorre attendere, se tutto va bene, il 2022. Dunque, piuttosto che annunciare “tesoretti” e studiare elargizioni pre-elettorali, bisognerebbe finalmente imprimere una svolta radicale alla politica economica: tagliare la spesa pubblica improduttiva, ridurre il carico fiscale e portare il debito sotto il 100% del pil, investendo in conto capitale in solidi progetti industriali. Servirebbero 600-700 miliardi e un progetto paese in testa. Basta avere coraggio.

Ora, non sappiamo se il presidente del Consiglio, di fronte a questi rilievi, abbia iscritto la Banca d’Italia, e noi a maggior ragione, d’imperio nel registro dei gufi, ma vorremmo che fosse chiaro che noi non ci sentiamo affatto all’opposizione di questo che continuiamo a ritenere l’unico governo possibile, e non solo per mancanza di serie alternative. Solo che vorremmo da un uomo di rupture come Renzi maggiore coraggio e maggiore lungimiranza.

Catapano Giuseppe scrive: 730 precompilato senza detrazioni

Precompilata senza detrazioni Irpef per molti lavoratori dipendenti e pensionati. Bonus degli 80 euro in alcuni casi richiesto indietro ai contribuenti. Dati inesatti su interessi passivi dei mutui e polizze assicurative. Insomma, il software utilizzato dal fisco per la precompilata scarta spesso importi a favore del contribuente determinando un debito d’imposta virtuale non corretto.

Detrazioni mancanti. Aumentano le segnalazioni sul mancato inserimento dei giorni di lavoro nell’anno con il conseguente azzeramento della detrazione Irpef spettante per redditi di lavoro dipendente o pensione.Di questo problema si è accorto, a proprie spese, Luca che sul web afferma: «In tutti i casi in cui vi sono più Cu il precompilato non inserisce i giorni di lavoro perché sarebbero superiori a 365 e quindi azzera le detrazioni». In effetti pare essere proprio l’esistenza di più certificazioni di redditi in capo allo stesso contribuente a mandare in tilt il software della precompilata. Al riguardo la stessa Agenzia delle entrate tra le possibili cause del mancato inserimento delle detrazioni o dei giorni di lavoro ammette testualmente: «Risultano più Certificazioni uniche (Cu) in cui è stata compilata la sezione relativa ai conguagli». La soluzione al problema indicata sul sito dell’Agenzia è lapidaria: «Verificare i dati riportati nelle singole Cu e che le operazioni di conguaglio siano state effettuate correttamente. Infine, inserire i dati mancanti nella dichiarazione». Che in parole povere altro non significa che: modello 730 da ricalcolare.

Giuseppe Catapano informa: COMPETENTE IL LUOGO DI COMMISSIONE DEL REATO NEL CASO DI OMESSO VERSAMENTO DI RITENUTE

Una Corte di Appello ha confermato la colpevolezza di un soggetto per avere omesso, quale legale rappresentante di una società il versamento di ritenute certificate in relazione ad un anno di imposta 2006 secondo quanto previsto dall’art. 10 bis DLgs n. 74/2000, rilevando, per quanto qui interessa, che ai fini della competenza territoriale, occorreva considerare il luogo di consumazione del reato dove la società aveva la sede legale ed il domicilio fiscale, secondo quanto risulta dalla stessa dichiarazione dei redditi. Ha rilevato inoltre che la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate sulle retribuzioni dal datore di lavoro quale sostituto di imposta può essere fornita dal PM anche mediante indizi, rappresentati, nel caso di specie, dal modello 770 in cui venivano riepilogate le ritenute certificate. Inoltre in merito alla dedotta assenza dell’elemento psicologico, il giudice d’appello ha ritenuto irrilevante lo stato di difficoltà economica. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata. La cassazione ritenendo fondate le censure poste dalla ricorrente, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado e dispone la trasmissione degli atti al P.G. Repubblica presso il Tribunale. Preliminarmente rileva la Suprema Corte la sussistenza del difetto di competenza come denunciato e previsto a mente dell’art. 18 del DLgs. n. 74/2000 il quale, detta le regole per la determinazione della competenza per territorio dei reati tributari che a parte le dovute eccezioni per casi specifici, che non riguardano la questione in esame, stabilisce che la competenza per territorio si determina a norma dell’articolo 8 del c.p.p. e, solo qualora non sia possibile determinare la competenza sulla base di tale ultima disposizione, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato. Inoltre, il reato di omesso versamento di ritenute certificate si consuma nel momento in cui scade il termine utile per il pagamento, previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta relativa all’anno precedente, a seconda dell’utilizzo del Modello 770 semplificato o ordinario ed il luogo di consumazione del reato coincide con quello in cui si compie, alla scadenza del termine previsto, l’omissione del versamento imposto dal precetto normativo. Nel caso in esame alle luce dei principi enunciati, tale luogo, corrispondeva, per la società, a quello ove si trovava la sede effettiva dell’impresa, intesa come centro della prevalente attività amministrativa e direttiva di organizzazione, coincidente o meno con la sede legale, dovendo aversi riguardo al principio di effettività.

Giuseppe Catapano osserva: Approvati degli schemi di dati da trasmettere per l’applicazione del regime speciale IVA (denominato “Mini One Stop Shop”)

Dal 1° gennaio 2015, per effetto delle modifiche apportate dalla Direttiva 2008/8/CE alla Direttiva n. 112/2006/CE, è in vigore il nuovo regime IVA opzionale denominato Mini one stop shop (MOSS) applicabile agli operatori nazionali, alle stabili organizzazioni italiane di operatori extra Ue e agli operatori extra Ue non identificati in alcuno Stato membro.

La registrazione al mini sportello unico consente agli operatori di dichiarare e versare l’IVA dovuta sui servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici prestati a persone che non sono soggetti passivi IVA (B2C) senza necessità di doversi identificare in ciascuno Stato membro per effettuare gli adempimenti IVA dovuti.

Le disposizioni europee sono state recepite dal decreto legislativo 31 marzo 2015, n. 42 (in riportato nella rivista in .pdf allegata) (pubblicato in G.U. n. 90 del 18 aprile 2015).

Con il provvedimento (riportato nella rivista in .pdf allegata), l’Agenzia delle Entrate approva lo schema di dati (allegati A, B, C e D) da trasmettere telematicamente nell’ambito del predetto regime.

Allegati A e C: chi deve presentarli

I soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea, non stabiliti o identificati in alcuno Stato membro, devono presentare la richiesta di adesione al Moss (cd. Regime Non UE), in via telematica, seguendo lo schema dell’allegato A al provvedimento dell’Agenzia delle entrate pubblicato oggi. Entro il ventesimo giorno del mese successivo al trimestre solare di riferimento, dovrà inoltre essere presentata la dichiarazione IVA Trimestrale compilata sulla base dello schema dell’allegato C dello stesso provvedimento, anche in assenza di operazioni IVA.

Allegati B e D: chi deve presentarli

I soggetti residenti o domiciliati nel territorio italiano che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, identificati in Italia (compresi quelli domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea ma con una stabile organizzazione nel territorio italiano), invece, devono utilizzare l’allegato B (cd. Regime UE). Anche in questo caso, dovrà essere presentata la dichiarazione IVA trimestrale entro il ventesimo giorno del mese successivo al trimestre solare di riferimento, seguendo lo schema dell’allegato D.
Inoltre, il provvedimento definisce le modalità per la comunicazione di variazione dei dati e di cancellazione volontaria per cessata fornitura dei servizi o perdita dei requisiti necessari per aderire al Moss.
L’intero processo per l’identificazione, l’opzione, la comunicazione di variazioni di dati, la cancellazione e la dichiarazione trimestrale è disponibile sul sito istituzionale dell’Agenzia delle Entrate in un’apposita sezione, redatta anche in lingua inglese.

I vantaggi del nuovo regime

Grazie al Moss, non è più obbligatoria l’identificazione dei fornitori in ciascuno degli Stati membri in cui vengono effettuate le operazioni IVA.
Infatti, le dichiarazioni IVA trimestrali e i versamenti trasmessi telematicamente al Moss saranno inviati automaticamente ai rispettivi Stati membri di consumo, utilizzando una rete di comunicazioni sicura.

Catapano Giuseppe informa: Italicum, Renzi sempre più isolato, anche opposizioni lasciano

Il premier Matteo Renzi è sempre più isolato sulla nuova legge elettorale dopo che la commissione incaricata di discutere dell’Italicum è stata purgata dei dissidenti del Partito Democratico, anche le opposizioni lasciano.

“La riforma se la voti da solo”, hanno protestato le opposizioni dopo l’espulsione di dieci esponenti ‘ribelli’ del partito al governo. “È evidente che Renzi tratta la Commissione come una sezione del PD”, si è lamentato il capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà, Arturo Scotto, facendo riferimento alla decisione dell’esecutivo di cacciare dalla Comissione Affari Costituzionali di Montecitorio i dieci deputati Dem che avevano protestato contro l’Italicum.

La minoranza del PD e il suo segretario Renzi sono ai ferri corti. La spaccatura in seno alla formazione di centro sinistra è sempre più probabile.

A essere cacciati sono stati i deputati che hanno dichiarato di non voler votare né gli articoli né il mandato al relatore dell’Italicum. Pur protestando, per lealtà al partito sinora l’ala sinistra della minoranza PD aveva votato la riforma della legge elettorale in aula.

“L’assemblea del gruppo del Pd ha già deliberato di sostituire chi in Commissione non vota il mandato al relatore sull’Italicum”, ha spiegato il vicepresidente vicario del gruppo Pd, Ettore Rosato, a margine dei lavori della commissione Affari costituzionali.

“Verremo sostituiti d’imperio – ha osservato uno degli ‘epurati, Andrea De Giorgis – perché nessuno ha chiesto di essere sostituito. Siamo nove sicuri: io, D’Attorre, Fabbri, Agostini, Lattuca, Cuperlo, Bersani, Pollastrini, Bindi.
E forse Lauricella. Ci sono già state le telefonate”.

“Non ci sono – ha aggiunto – altre decisioni da assumere. Stasera verranno comunicate all’ufficio di presidenza della Commissione e prima dell’inizio delle votazioni sugli emendamenti saranno comunicati coloro che sostituiranno i componenti rimossi”.

L’esame del disegno di legge elettorale alla Camera entrerà nel vivo in settimana. Il governo conta di approvare entro maggio l’Italicum, che riconosce un premio di maggioranza alla Camera alla lista che arriva prima al primo turno con almeno il 40% dei voti oppure al ballottaggio.

In parallelo il Parlamento sta esaminando una modifica della Costituzione per ridurre il Senato nel numero di componenti e nelle funzioni, privandolo della possibilità di votare la fiducia al governo. L”obiettivo è rendere più snello il processo legislativo, ma l’ala sinistra del PD non ha apprezzato il modo con cui è stato portato avanti l’iter parlamentare. Renzi punta infatti a far passare il ddl passi in commissione senza modifiche.

Secondo Pippo Civati, un altro esponente molto critico nei confronti della maggioranza del partito, che si è astenuto dal voto sull’Italicum, ha definito “fuori dalla Costituzione”, la decisione di sostituire dalla commissione Affari Costituzionali della Camera tutti i componenti della minoranza Pd contrari alla legge elettorale.

Lo ha scritto sul suo blog: “Pazienza se esiste l`articolo 67 della Costituzione, che impone che non ci sia alcun mandato imperativo dei parlamentari: un articolo sbaragliato da queste due decisioni. La sostituzione di massa non ha precedenti nella storia repubblicana, la fiducia sulla legge elettorale è collegata a un episodio del 1953, quando si votò la legge truffa”.

Come ha spiegato il vincitore delle ultime elezioni ed ex ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani a Servizio Pubblico giovedì scorso, la minoranza del PD è contraria alla ‘deriva autoritaria’ del modus operandi del governo che ha varato una legge elettorale che non piace ai bersaniani in particolare per la parte dell’abolizione del Senato elettivo. La minoranza di sisnistra chiedeva modifiche al ddl costituzionale e all’Italicum.

Il MoVimento 5 Stelle ora minaccia di lasciare a sua volta. “Se Renzi espellerà minoranza, ritireremo i nostri emendamenti e lasceremo la commissione. Inutile partecipare alla farsa con i burattini che dicono sì a comando”, ha scritto su twitter Danilo Toninelli, deputato M5S e componente della commissione Affari Costituzionali della Camera, dove si sta discutendo la legge elettorale.

Giuseppe Catapano: Reverse charge leggero

Non si applica la sanzione per omesso reverse charge, poiché la violazione commessa ha natura formale. Questo quanto stabilito dalla Corte di cassazione con sentenza del 15/4/2015, n. 7576. La Corte, dopo una serie di decisioni altalenanti, non ha quindi potuto non tenere in considerazione la sentenza del 11/12/2014 (C-590/13) della Corte di giustizia europea, che aveva considerato la mancata registrazione della fattura integrata o dell’autofattura una violazione non sostanziale ma solo formale in assenza di danno erariale.

In particolare, il contenzioso riguarda l’omessa integrazione delle fatture da parte di un società italiana per acquisti intracomunitari di beni. Il contribuente, non aveva annotato le autofatture nei registri Iva, secondo quanto disposto dall’art. 47 del dl 331/1993 e non aveva redatto il modello Intrastat.

L’Agenzia delle entrate, considerava l’omissione una violazione sostanziale, e procedeva all’irrogazione delle sanzioni e negava il diritto alla detrazione dell’Iva. Il contribuente proponeva ricorso, dinanzi la Commissione tributaria, sostenendo che la violazione è di natura squisitamente formale in quanto l’Iva a debito non inserita nel registro vendite si compensa con l’Iva a credito non riportata nel registro acquisti , quindi non si ha alcun danno erariale. I giudici di merito, in primo e secondo grado, accoglievano il ricorso del contribuente.

L’Agenzia avverso la decisione della Ctr Umbria proponeva ricorso per Cassazione. La Corte ha affermato che l’Agenzia delle entrate disponeva di tutte le informazioni necessarie per dimostrare che i requisiti sostanziali erano stati soddisfatti e quindi non può imporre ai fini della detrazione dell’Iva, condizioni supplementari che possano produrre l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto medesimo.

Catapano Giuseppe scrive: Come adottare un bambino in Italia

La legge italiana inquadra l’adozione non come un diritto degli adulti, ma come uno strumento finalizzato a permettere ad ogni bambino di vedere realizzato il diritto di avere una famiglia. L’iter prevede che la coppia desiderosa di adottare un minore si dichiari disponibile all’adozione e si sottoponga ad accertamenti per verificare che sia idonea ad adottare. La prima tappa della procedura prevede l’affidamento familiare dei minori. Quando la famiglia di origine del minore si trova in accertate, ma temporanee difficoltà (soprattutto economiche), il minore viene affidato ad altra famiglia che provvede al suo mantenimento e alla sua educazione in vista di un ritorno a quella d’origine. L’affidamento è, di solito, concordato tra genitori ed ente locale (con la mediazione dei servizi sociali) ed ha carattere temporaneo; non modifica perciò lo stato di famiglia del minore: è diretto al recupero delle relazioni del minore con la propria famiglia e non alla sostituzione di questa con una nuova. Nel caso in cui i genitori naturali non concordino nell’affidamento, l’affidamento, ove ritenuto necessario, sarà disposto direttamente dal Tribunale per i minorenni. Se però la famiglia di origine sia del tutto inidonea ad occuparsi del minore ed in modo permanente, lo stesso può essere adottato da una famiglia idonea. L’adozione è quindi ammessa solo a favore di minori che si trovano in stato di abbandono materiale e morale dovuto a difficoltà permanenti e non transitorie della famiglia d’origine. Gli adottanti devono essere una coppia di coniugi sposati da almeno tre anni e non separati, nemmeno semplicemente di fatto. Se il minore ha compiuto i 14 anni occorre il suo consenso all’adozione. L’adozione interrompe ogni rapporto tra il minore e la sua famiglia d’origine e lo inserisce, come figlio legittimo, nella famiglia adottiva. L’adozione si perfeziona con un procedimento che si svolge dinnanzi al Tribunale per i minorenni. Le fasi della procedura sono le seguenti: 1) la coppia presenta domanda di adozione al Tribunale per i minorenni: si tratta di una domanda in carta semplice valida per tre anni e rinnovabile; 2) la domanda deve essere accompagnata da tutti i documenti utili a dimostrare la presenza de i requisiti indispensabili (per qualsiasi informazione ci si può rivolgere al Tribunale per i minorenni): quelli generalmente richiesti sono il certificato di nascita, lo stato di famiglia, la dichiarazione di assenso all’adozione da parte dei genitori dei coniugi (in caso di decesso bisogna produrre il certificato di morte); la busta paga o modello 740, il certificato del casellario giudiziale dei coniugi, la dichiarazione che attesti lo stato di non separazione dei coniugi; 3) ricevuta la domanda di adozione, il Tribunale per i minorenni dispone accertamenti volti a verificare se la coppia richiedente sia idonea all’adozione: in questa fase sarà valutata la capacità dei coniugi di educare il bambino, di prendersene cura economicamente e affettivamente. Il compito di effettuare queste indagini è sovente delegato ai servizi socio-assistenziali degli enti locali in collaborazione con le AUSL; 4) esauriti questi accertamenti, il Tribunale per i minorenni valuta la relazione prodotta dai servizi e decreta se la coppia è idonea o meno all’adozione. E’ bene sapere che i genitori non possono scegliere il bambino da adottare: è il Tribunale stesso a scegliere la coppia più adatta al minore adottabile. Verrà quindi disposto l’affidamento preadottivo (della durata di l anno) e al termine di questo periodo verrà emesso il decreto di adozione. Gli effetti del decreto di adozione sono: – un effetto legittimante per cui il minore adottato diventa a tutti gli effetti figlio legittimo della coppia adottante, di cui assume il cognome; – un effetto risolutivo, che fa cessare i rapporti giuridici (di parentela) tra il bambino e la sua famiglia di origine. L’adozione non può essere revocata a meno che il minore si trovi nuovamente in stato di abbandono.

Catapano Giuseppe osserva: Stop anatocismo, commissioni e spese sul conto corrente

Se il giudice dichiara illegittima la clausola del contratto di conto corrente bancario che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi, per contrasto con il divieto di anatocismo disposto dal codice civile, deve essere rifatto tutto il conteggio degli interessi dovuti dal correntista, che andranno determinati senza alcuna capitalizzazione, neanche quella di tipo annuale. Non solo: non basta che il contratto faccia un generico riferimento alle “commissioni” per legittimare la misura della commissione di massimo scoperto e ogni altra spesa di tenuta del conto non pattuita in modo chiaro. Questi gli importanti principi affermato dal Tribunale di Bari in una recente sentenza che, così facendo, ha condannato un istituto di credito a rifondere, nei confronti del cliente, circa 72 mila euro: mica poco se si considera che a tanto ammontavano gli interessi calcolati illegittimamente sul conto con la tecnica (vietata dalla legge) dell’anatocismo. Secondo quanto giustamente ha affermato il giudice pugliese, una volta pronunciata la nullità della clausola di previsione degli interessi, non si può neanche stabilire la capitalizzazione annuale degli stessi (che, al contrario di quella trimestrale, è consentita dalla giurisprudenza). Una volta, infatti, annullata la relativa previsione contrattuale per contrasto con la legge, non solo la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi è illegittima perché viola il divieto di anatocismo, ma la stessa circostanza esclude che si possa applicare anche la capitalizzazione annuale (e ogni altra) sugli interessi debitori. Si tratta, infatti, di un risultato ormai acquisito nella giurisprudenza della Cassazione che, dal 1999, ha dichiarato illegittima la clausola che prevede la capitalizzazione degli interessi passivi, per quanto radicata nella prassi bancaria e contenuta nelle norme bancarie uniformi sui conti correnti. Non è mai esistito – chiarisce la Corte – un uso normativo in grado di derogare al divieto contenuto nel codice civile che, pertanto, resta fermo e inviolabile. In ogni caso risulta escluso che nel ricalcolo dei rapporti dare/avere fra correntista e banca si debba applicare la capitalizzazione annuale degli interessi. E questo in conformità con quanto, di recente, affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite, secondo cui: “Qualora nell’ambito de contratto di conto corrente bancario, venga dichiarata la nullità della previsione di capitalizzazione trimestrale degli interessi per contrasto con il divieto di anatocismo, gli interessi a debito devono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna”. La sentenza inoltre afferma la nullità della clausola cosiddetta “uso piazza”, ossia quando gli interessi dovuti dal correntista si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e producono a loro volta interessi nella stessa misura. La clausola è nulla per via della necessità di forma scritta per la determinazione degli interessi convenzionali ultralegali. La commissione di massimo scoperto, inoltre, non può essere desunta dal generico riferimento contenuto nel contratto che fa riferimento alle “commissioni” senza alcuna ulteriore specificazione; allo stesso modo, in assenza di una espressa preventiva pattuizione delle spese di tenuta di conto (ossia delle spese per operazione e di quelle fisse di chiusura), anche queste ultime non sono dovute dal correntista.

Catapano Giuseppe informa: Firmato l’Accordo per il Credito 2015

È stata firmata l’intesa sull’Accordo per il Credito 2015 tra l’Associazione Bancaria Italiana e le associazioni d’impresa maggiormente rappresentative.
L’Accordo consente di sospendere anche i finanziamenti che hanno già beneficiato di tale strumento negli anni passati, con la sola esclusione di quelli per i quali la sospensione è stata richiesta nei 24 mesi precedenti.

Dal 2009 le Pmi hanno potuto sospendere il pagamento della quota capitale di oltre 415 mila finanziamenti, ottenendo liquidità aggiuntiva per circa 24 miliardi di euro.

L’Accordo per il Credito 2015, che resterà in vigore fino al 31 dicembre 2017, prevede tre iniziative:

  • Imprese in ripresa
  • Imprese in sviluppo
  • Imprese e Pubblica Amministrazione.

IMPRESE IN RIPRESA

Prevede la possibilità per tutte le Pmi di:

  • sospendere la quota capitale delle rate di mutui e leasing, anche agevolati o perfezionati con cambiali;
  • allungare il piano di ammortamento dei mutui e le scadenze del credito a breve termine e del credito agrario.

Risultano pertanto confermate le misure di sospensione e allungamento dei mutui bancari previste dai precedenti accordi.

Le operazioni di sospensione potranno avvenire con le seguenti modalità:

  • sospensione per 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti a medio-lungo termine dei mutui PMI, anche se agevolati o perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie;
  • sospensione per 12 mesi oppure per sei mesi del pagamento della quota capitale implicita nei canoni di operazioni di leasing rispettivamente “immobiliare” ovvero “mobiliare”.

Le operazioni di  allungamento dei finanziamenti alle imprese (tale misura non è prevista per le operazioni in leasing) potranno riguardare la durata dei mutui (allungamento pari al 100% della durata fino ad un massimo di 3 anni per i mutui chirografari e 4 per gli ipotecari), le scadenze del creduto a breve termine (270 giorni) e quelle del credito agrario (fino a 120 giorni).

IMPRESE IN SVILUPPO

L’accordo prevede che le banche aderenti costituiscano dei plafond individuali – con un obiettivo di dotazione complessiva pari a 10 miliardi di euro – destinati al finanziamento dei progetti imprenditoriali delle Pmi.
La nuova misura si estende anche al finanziamento dell’incremento del capitale circolante necessario a rendere operativi investimenti realizzati o in corso, come anche della capacità operativa necessaria a far fronte a nuovi ordinativi.

IMPRESE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Riprende lo schema precedente per lo smobilizzo dei crediti delle imprese verso la Pa, aggiornandone i contenuti alle recenti disposizioni legislative.

Giuseppe Catapano informa: ISCRIZIONE IPOTECARIA DI ‘EQUITALIA’: NESSUNA COMUNICAZIONE AL CONTRIBUENTE, PROVVEDIMENTO NULLO AB ORIGINE

Pioggia’ di “cartelle di pagamento” per il contribuente, che deve poi subire anche una “iscrizione ipotecaria” da parte di ‘Equitalia’.
Tutto irregolare, però, sanciscono ora i giudici della Cassazione. Fatale, per il Fisco, è la “omessa notificazione dell’intimazione ad adempiere”.
Bisogna tener presente, difatti, spiegano i giudici, che “l’amministrazione, prima di iscrivere ipoteca, deve comunicare al contribuente che procederà alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che può essere fissato in trenta giorni – perché egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del dovuto”. Di conseguenza, quando, come in questo caso, “l’iscrizione di ipoteca” non è “preceduta dalla comunicazione al contribuente”, essa è da ritenere “nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il ‘contraddittorio endoprocedimentale’, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo”.
Ciò conduce a sancire la vittoria del contribuente, che vede annullata definitivamente ab origine la “iscrizione ipotecaria” emessa da ‘Equitalia’.