Giuseppe Catapano informa: Equitalia, solo l’avviso di ricevimento prova la notifica della cartella

Per dimostrare di aver correttamente notificato la cartella esattoriale, Equitalia è tenuta a esibire l’originale dell’avviso di ricevimento della raccomanda spedita al cliente. Non ci sono altri mezzi per fornire tale prova. Non vale la fotocopia e, ancor di più, il semplice estratto di ruolo. Va bene, dunque, che ormai la giurisprudenza abbia ritenuto valida la notifica diretta, a mezzo posta, da parte dell’esattore, ma almeno la prova della correttezza di tale adempimento deve essere certa e cristallina: e non c’è altro modo di fornirla se non producendo il cosiddetto “a.r.” in originale. Del resto, è proprio l’avviso di ricevimento che può fornire la dimostrazione incontrovertibile della data di spedizione e di ricezione (essenziale per verificare se Equitalia sia decaduta dal potere di riscuotere e se il contribuente abbia presentato il ricorso nei termini). Lo ha chiarito la Cassazione con una sentenza di questa mattina. Attenzione però: non è necessario che Equitalia porti in causa anche la copia della cartella (salvo – aggiungiamo noi – che il contribuente contesti anche il contenuto del plico stesso, nel qual caso spetta al notificante fornire la prova contraria e dimostrare cosa la busta contenesse: leggi “Equitalia deve dimostrare l’esatto contenuto della cartella di pagamento”). Con una lunga motivazione, la Suprema Corte ha sottolineato che in tema di notifica della cartella esattoriale, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data può essere fornita solo mediante la produzione dell’avviso di ricevimento. Come detto però, la copia della cartella di pagamento non deve necessariamente essere presentata al giudice: la cartella, infatti – si legge in sentenza – una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi consegnata a quest’ultimo. Essa, in pratica, già si “presume” conosciuta con la semplice esistenza dell’avviso di ricevimento, salvo prova contraria da parte del contribuente. Quest’ultimo, cioè, dovrebbe dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione. La sentenza contiene poi un’ultima importante precisazione. L’omissione della notifica della cartella di pagamento è un vizio che ha come conseguenza la nullità del pignoramento di Equitalia. E l’opposizione al pignoramento va presentata davanti al giudice dell’esecuzione (tribunale ordinario e non CTP), anche quando ne venga fatta valere la nullità per omessa notifica della cartella (o dell’intimazione ad adempiere); in tale caso, il giudice dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica all’esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale. Sul problema della giurisdizione competente a decidere l’opposizione al pignoramento di Equitalia si era pronunciata la stessa Cassazione qualche giorno fa e da noi segnalata in “Competenza e giurisdizione contro l’esecuzione forzata di Equitalia”.

Catapano Giuseppe: I comportanti scorretti del recupero crediti

Solleciti telefonici, continue richieste per lettera, email, sms, visite domiciliari non solo presso l’abitazione del debitore ma anche presso i vicini di casa: esiste una sorta di elenco di comportamenti che le società di recupero credito non possono mai porre in essere. La verità è che, alla fine, qualcuno si lascia spesso prendere la mano e la querela per le molestie è dietro l’angolo. L’Antitrust è intervenuto più volte per punire il comportamento scorretto di società di recupero crediti: spesso si tratta di somme avanzate da banche, da società fornitrici di utenze domestiche (energia elettrica, gas, telefonia fissa). Ma cosa non possono fare, concretamente, le società di recupero crediti? Non possono chiamare da numerazioni anonime. Il debitore ha diritto di sapere da quale numero telefona l’operatore. Non possono negare le proprie identità: il debitore ha diritto di conoscere nome e cognome del telefonista e la società dalla quale questi sta chiamando. Spesso, invece, gli operatori tendono a far credere di essere dipendenti della società titolare del credito: non è quasi mai così. Infatti, quando un’azienda deve riscuotere un proprio credito incarica società esterne. Non possono telefonare in orari irragionevoli: così, per esempio, non possono chiamare alle 6 di mattina, né alle 9 di sera. Non possono chiamare con una frequenza eccessiva: una o due volte per settimana può essere più che sufficiente per ricordare l’imminente scadenza del pagamento. Non possono chiamare presso il luogo di lavoro o presso parenti. Né possono chiedere il numero di telefono del debitore ai vicini di casa o ai parenti, rivelando le ragioni di tale necessità. Non possono essere offensivi, non possono usare parole violente, né minacce. L’avvertimento di una probabile causa, in caso di mancato pagamento, non è un illecito. Ma minacciare l’arrivo dell’ufficiale giudiziario o l’iscrizione di un’ipoteca sulla casa è illegale perché non corrisponde al vero: affinché ciò avvenga, infatti, devono essere prima avviati gli “atti legali” tramite un avvocato e deve essere data possibilità al debitore di difendersi (di norma viene notificato un decreto ingiuntivo o una citazione in giudizio e, al termine di tali procedimenti, viene inviato un atto di precetto). Non possono minacciare iniziative legali sproporzionate: così, per un residuo debito di cinque euro non si possono paventare conseguenze catastrofiche come una dichiarazione di fallimento. Non possono richiedere il pagamento di debiti scaduti (o meglio prescritti). Non possono pretendere che apriate la porta al loro incaricato (che si fa impropriamente chiamare “esattore”, quando invece si tratta di un soggetto privato). Non possono affiggere sulla porta della vostra abitazione un avviso di mora.

Giuseppe Catapano: S’impenna l’Irpef delle regioni

Impennata delle addizionali regionali Irpef . Per il 2015, il Lazio ha ridotto le aliquote da tre a due, incrementando tuttavia di un punto l’aliquota più alta (da 2,33 a 3,33%). Il Piemonte ha mantenuto cinque aliquote, innalzando però la massima dal 2,33 al 3,33%, mentre l’Abruzzo è passato da tre (1,54, 1,66, 1,73%) a una sola, scegliendo quella massima dell’1,73% che è dunque valida per tutti gli scaglioni di reddito. Percorso simile per la provincia di Trento, che è passata da due aliquote (0,50 e 1,23%) a una sola, quella massima dell’1,23%. È quanto emerge da un’analisi dei dati rilevanti ai fini della determinazione dell’addizionale regionale all’Irpef che sono stati trasmessi dalle regioni entro il 30 aprile e già inseriti dal Dipartimento delle finanze nel sito http://www.finanze.it. Dalle informazioni elaborate in questi ultimi giorni si evince che sono nove le regioni che hanno deciso di adottare una sola aliquota: Sardegna, Trento, Bolzano, Valle d’Aosta, Veneto (1,23%), Abruzzo, Calabria, Sicilia (1,73%) e Campania (2,03%). Le altre 12 invece hanno preferito adottare aliquote differenziate. Di queste, nove, cioè Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, hanno stabilito cinque aliquote, in osservanza delle disposizioni dell’art. 6, comma 4, del dlgs 68/2011, fissandole in base agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale, norma che trova applicazione dal 2015. Tre regioni, invece, hanno adottato un minor numero di aliquote: Basilicata tre, Friuli-Venezia Giulia e Lazio due.

Catapano Giuseppe informa: Pensioni, rimborsi senza ricorso. In Gazzetta la sentenza della Consulta. Il governo studia le contromisure

Il governo è ancora al lavoro per trovare la soluzione al problema sul capitolo pensioni dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato lo stop alla rivalutazione degli assegni nel biennio 2012-13 e aperto la strada a rimborsi che secondo alcune stime potrebbero raggiungere quota 16,6 miliardi di euro. Rimborsi che arriveranno per tutti, perché la sentenza della Corte costituzionale pubblicata in Gazzetta Ufficiale è già efficace, se il governo non riscriverà la norma e alzerà il tetto del blocco alle perequazioni. D’altra parte lo hanno già fatto i governi Prodi nel 1998 e Berlusconi nel 2007: in quelle occasioni la Consulta non ebbe nulla da ridire anche perché l’Ulivo vietò l’adeguamento per gli assegni oltre 5 volte il minimo e il Pdl fissò l’asticella a 8 volte il minimo. L’esecutivo, in ogni caso, per evitare ripercussioni gravi sul deficit, starebbe studiando l’ipotesi di restituire ai pensionati gli aumenti arretrati delle pensioni in titoli di Stato. In questo modo verrebbero neutralizzati gli effetti sull’indebitamento netto rilevanti ai fini europei, anche se naturalmente lo Stato dovrebbe fare più debito per onorare i propri impegni. Resta la necessita’ di trovare risorse finanziarie fresche per garantire l’effetto della mancata rivalutazione 2012-2013 per gli anni a venire e questo avverrà con la nuova legge di stabilità. Il governo sta comunque procedendo per tappe: il primo obiettivo è definire in modo esatto l’impatto finanziario della sentenza della Consulta e quindi sul piano giuridico definire nuove modalità di rivalutazione che permettano di rispettare la sentenza limitando però l’impatto sui conti. Poi, una volta fissata la platea, andrà messo a punto un provvedimento che regoli il passato, mentre il reperimento dei fondi dal 2016 in poi potrebbe essere appunto definito il prossimo anno.
Sul tema dei rimborsi degli arretrati ai pensionati si è occupato anche il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, secondo cui “sarebbe una follia rimborsare tutti”, mentre 5.000 euro potrebbe essere una soglia possibile.
Intervenendo ad Agorà su Raitre il sottosegretario ha spiegato come “non è giusto pensare di rimborsare tutte le pensioni, anche quelle più alte. Siamo in un contesto dove la sostenibilità del sistema pensionistico è stato mantenuto con sacrifici chiesti molto grandi ai pensionati di domani, col passaggio al contributivo, e ai quasi pensionati, spostando in avanti il momento dell’uscita”.
“E’ giusto quindi rispettare la sentenza, ma anche l’equità intergenerazionale. Sarebbe ingiusto dare il rimborso anche alle pensioni elevate, per Scelta Civica sarebbe una follia. Cinquemila euro – ha precisato- potrebbe essere una soglia, al di sopra di quella soglia sarebbe ingiusto rimborsare, verrebbe meno il requisito di giustizia sociale”.
A proposito delle risorse che si renderebbero necessarie per rimborsare tutti, “in un contesto di questo tipo, pensare di inserire somme cosi’ rilevanti facendo ricorso a ulteriori tagli come quelli previsti per rispettare la sentenza verso tutti è sinceramente impossibile. A quel punto non si va a tagliare l’inefficienza, ma si va a devastare un sistema”, ha sottolineato Zanetti. In totale disaccordo con Zanetti il viceministro all’Economia, Enrico Morando, che in un’intervista ad Affaritaliani.it ha messo in evidenza come “le decisioni devono ancora essere prese, quindi non sono in grado di fare valutazioni su questo punto. Bisogna realizzare un intervento molto rapidamente, affrontando il tema posto dalla Consulta. La sentenza, per come e’ scritta e non voglio commentarla, lascia spazio a interventi che possono essere anche significativamente diversi. Vedremo nei prossimi giorni che cosa decidere, ci sto lavorando. Ma trovo che sia negativo fare dichiarazioni senza prospettare soluzioni precise”.
Morando non si e’ sbilanciato sulle cifre spiegando che “dipende da che cosa si decide di fare. A seconda di come si intende attuare la sentenza si determinano esigenze finanziarie diverse. Certamente, quello che è sicuro – ha detto – è che il problema non è semplicemente sull’arretrato, perché, a differenza di quello che c’e’ scritto nella sentenza, la relazione tecnica al decreto originario del 2011 era molto chiara nel definire il risparmio di spesa che si realizzava con quella misura a partire dal 2012 e per tutti gli anni a venire. Quindi le cifre che abbiamo letto sui giornali si riferiscono a oneri annuali e non a oneri complessivi”.

Giuseppe Catapano scrive: OMESSO VERSAMENTO DI IMPOSTE: SOTTO ACCUSA LA SOCIETÀ. CARTELLA LEGITTIMA ANCHE PER LA SOCIA CHE, AD ANNO IN CORSO, HA CEDUTO LE PROPRIE QUOTE

“Omesso versamento di imposte”: questa la contestazione nei confronti della società. A essere chiamati in causa, però, sono anche i soci, con relative “cartelle”.
Per una socia, però, i giudici tributari regionali ritengono corretto annullare una singola “cartella”, relativa all’anno 1999, perché essa concerneva “un periodo temporale” in cui la donna “non ricopriva più” il ruolo di componente della compagine societaria.
Tale visione, però, è ritenuta eccessiva dai giudici della Cassazione, i quali, di conseguenza, considerazioni illegittimo l’azzeramento della “cartella”. Ciò innanzitutto perché, alla luce della “disciplina in tema di responsabilità dei soci per debiti della società”, deve “escludersi che la donna fosse esonerata dalla responsabilità per il periodo durante il quale, nell’anno 1999” ella “ricopriva ancora la qualità di socia”.
Allo stesso tempo, va evidenziato che “la Commissione tributaria regionale è partita dal presupposto che le somme portate dalla cartella per l’anno 1999 si riferissero all’intera annualità e non al periodo durante il quale la donna era stata socia”, mentre l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto “di avere indicato nel corso del giudizio i documenti dai quali risultava che la cartella impugnata aveva riguardato unicamente il periodo” dell’anno in cui la donna “era stata socia”.
Peraltro, aggiungono i giudici in conclusione, una volta acclarata “la circostanza che la cartella” è stata “ridotta nell’importo rispetto alla maggiore pretesa relativa all’anno 1999, correlata alla partecipazione societaria della contribuente”, il giudice di merito avrebbe comunque dovuto “rideterminare la pretesa fiscale nella parte ritenuta dovuta”, senza poter optare per “l’annullamento dell’intera cartella”, dovendo il giudice “dichiarare l’inefficacia della cartella soltanto in relazione alle somme non dovute”.
Tutto ciò conduce i giudici della Cassazione a tenere aperta la vicenda giudiziaria, affidandola nuovamente alle valutazioni dei componenti della Commissione tributaria regionale.

Giuseppe Catapano osserva: Le banche italiane a EXPO 2015

EXPO Milano 2015, dal 1 maggio al 31 ottobre, porterà l’esperienza di 147 Paesi e dell’intero sistema Italia sul tema del cibo e dell’alimentazione. Un settore in cui il nostro Paese può contare su storie incredibili: e infatti il mondo bancario ci sarà. Vediamo come.

Intesa Sanpaolo al padiglione N1

Intesa Sanpaolo, Official Global Partner dell’evento, sarà al padiglione N1 con uno spazio espositivo che presenta l’innovazione tecnologica nel settore bancario e ospita 400 aziende italiane legate a filiere di eccellenza, selezionate in tutta Italia tra i clienti del Gruppo. Sono state raccolte oltre 1.000 candidature, per il 60% spontanee e per il 40% su segnalazione della Rete. Il padiglione prevede un’area dimostrativa e alcuni internet point: si può anche vedere “Created in Italia”, la piattaforma di e-commerce di Intesa Sanpaolo per portare le imprese italiane verso nuovi mercati grazie al commercio elettronico.

Il render del Padiglione Intesa Sanpaolo a EXPO 2015

Padiglione Cibus è Italia: Cariparma con Federalimentare

Cariparma Crédit Agricole è invece presente nel padiglione “Cibus è Italia”: si tratta di un padiglione autonomo, voluto da Federalimentare, di 5.000 mq con due piani di esposizione e un terzo (la lounge in terrazza) per gli eventi. Ospiterà 13 filiere alimentari italiane e le storie di 500 aziende. Lo stand di Cariparma punta su una parete di 8 metri con la proiezione di video per raccontare il ruolo della banca a supporto dell’agroalimentare italiano. Il padiglione Cibus è Italia prevede 200 eventi in sei mesi tra workshop, convegni, degustazioni e incontri con buyer esteri: a settembre verrà presentato l’Osservatorio Agroalimentare, analisi strutturale, economica e finanziaria delle principali filiere dell’agroalimentare, commissionata da Cariparma a Nomisma.

Il Padiglione Cibus è Italia di Federalimentari

La capogruppo Crédit Agricole è invece sponsor del padiglione Francia: la casa madre di Cariparma, Oltralpe, ha una quota di mercato dell’80% nel settore agricolo e agroalimentare. Tema del padiglione francese è “Produrre e nutrire diversamente”, organizzato in quattro impegni per il futuro: produrre di più e meglio; promuovere un modello alimentare sostenibile; trasferire competenze e tecnologie; dare alla qualità la stessa importanza della quantità.

EXPO: BCC a Cascina Triulza con il mondo cooperativo

Il Credito Cooperativo è invece sponsor ufficiale del Padiglione della Società Civile, presso la “Cascina Triulza”, un antico cascinale lombardo già presente nell’area di EXPO 2015 che ospiterà imprese e aziende del terzo settore e del non profit. Le BCC italiane (che erogano il 18% dei finanziamenti del sistema bancario italiano all’agricoltura) sono presenti con uno stand di Federcasse, Gruppo Bancario Iccrea e Confcooperative: previsti anche 12 workshop per consentire alle imprese clienti, attuali o potenziali, di approfondire le opportunità di business locali e internazionali. Confcooperative, sempre a Cascina Triulza, ha organizzato poi 16 workshop sull’esperienza delle Federazioni di settore.

La Cascina Triulza, cuore del terzo settore a EXPO 2015

Banca Popolare di Milano “espone” la cattedra di Melloni e Pambianchi

“Fuori EXPO”, invece, il progetto di Banca Popolare di Milano, che accoglie all’interno della propria sede centrale in Piazza Meda la cattedra ricreata da Alberto Melloni (FScire – Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII) e Carlos Pambianchi, che si vuole proporre come rifacimento della «cathedra» umanistica su cui riposare sfogliando allo stesso tempo un libro. La struttura esporrà il volume, con lo stesso titolo, a disposizione dei visitatori di Expo per riflettere sulle immagini e i testi che ricordano cosa ci abbia nutriti della cultura, dell’arte, del sapere. Il libro, edito da Touring e Skirà, contiene interventi di Haim Baharier, Enzo Bianchi, Walter Siti, Riccardo Muti, Paolo Sorrentino, Patrizia Valduga e di Alberto Melloni, noto studioso di storia del cristianesimo. Alcune delle Cattedre realizzate dall’architetto Carlos Pambianchi saranno presenti in Expo nel Padiglione Italia.

La Popolare di Sondrio si attiva per le aziende clienti

La Banca Popolare di Sondrio ha invece siglato un accordo con UNIDO ITPO Italy (organizzazione per lo Sviluppo Industriale delle Nazioni Unite) per aiutare le aziende clienti nel processo di internazionalizzazione e nella ricerca di partner e sbocchi commerciali. UNIDO accompagnerà all’EXPO molte delegazioni estere e la Popolare di Sondrio faciliterà il contatto tra gli emissari e le aziende clienti.

Banca Etica ha presentato il manifesto Terra Viva

A EXPO 2015 anche Banca Etica, che il 2 maggio 2015 ha presentato il manifesto Terra Viva. Oltre a Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica, erano presenti Vandana Shiva, Presidente di Navdanya International, Don Ciotti, Presidente di Libera, e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina. Il manifesto Terra Viva vuole sollecitare la scelta di un modello di sviluppo diverso, basato su una economia circolare, fondata sulla rigenerazione delle risorse.

Operativa la filiale Cariparma di Via Carducci

Intanto, è stata ripristinata in poche ore la filiale di Cariparma Crédit Agricole di via Carducci a Milano, danneggiata venerdì 1 maggio dai black bloc distaccatisi dalla manifestazione NO EXPO. Nel corso del weekend il personale dello sportello ha lavorato duro per sistemare tutto e i servizi alla clientela sono normalmente ripresi già lunedì 4 maggio.

Catapano Giuseppe informa: Renzi convoca un vertice sulla scuola. Via agli incontri con studenti, professori e genitori

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha incontrato questa mattina al Nazareno i parlamentari Pd delle commissioni Cultura di Camera e Senato per un confronto sulle possibili modifiche al ddl scuola. E questa sera sono cominciati con i rappresentanti degli studenti gli incontri che il Pd ha fissato con le organizzazioni del mondo della scuola che hanno manifestato ieri per approfondire nel merito i singoli punti in discussione in parlamento. Gli appuntamenti proseguiranno domani mattina, a partire dalle ore 9.30, quando la delegazione del Pd, composta dal vicesegretario Lorenzo Guerini, dal presidente Matteo Orfini, dalla responsabile Scuola Francesca Puglisi, avrà colloqui con alcune associazioni della scuola, Anief, Cobas, le associazioni dei genitori, Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals, e rappresentanti degli insegnanti.

L’incontro tra Renzi e i parlamentari del Pd

Alla riunione, durata circa due ore, hanno preso parte anche i ministri delle Riforme Maria Elena Boschi e quello dell’Istruzione Stefania Giannini, che al termine ha commentato: “L’incontro di stamattina è andato molto bene, stiamo lavorando in Commissione e dialogando con tutte le forze interessate con il mondo della scuola. Il dialogo è aperto, stiamo migliorando e integrando il ddl ma non c’è nessun cambiamento di linea. Questo provvedimento verrà compreso a fondo, capito e apprezzato”. Renzi, si apprende da fonti Pd, ha voluto vedere sia i deputati che i senatori perché è fondamentale trovare un accordo preventivo sui ritocchi anche in vista della seconda lettura a Palazzo Madama, che il governo e la maggioranza vorrebbero fosse definitiva per un via libera alla legge entro i primi di giugno. E tra oggi e domani una delegazione del Pd guidata dal presidente Matteo Orfini e dal vicesegretario Lorenzo Guerini incontrerà i sindacati e le associazioni della scuola nella sede del partito. Agli incontri dovrebbero partecipare anche le parlamentari Francesca Puglisi e Simona Malpezzi. Il premier si è detto disposto a dialogare sul merito, anche se l’obiettivo resta. Di fatto la delega ha già iniziato a cambiare. I dirigenti scolastici, ad esempio, dovranno farsi approvare il Piano dell’offerta formativa triennale, in sostanza quello che la scuola offre agli studenti, dal Consiglio d’Istituto con una votazione. E anche su quali precari assumere non è stata presa una decisione. Tuttavia alcuni paletti non cambieranno. Non si torna indietro né sull’autonomia scolastica né sulla facoltà dei presidi di scegliersi il team. Ovviamente selezionando gli insegnanti in base al curriculum non solo tra i vincitori di un concorso nazionale. “Renzi ha detto di essere molto attento e rispettoso nei riguardi del ruolo degli insegnanti che devono decidere sul futuro dei nostri figli”, ha detto dopo la riunione la parlamentare Pd e componente della commissione Cultura alla Camera, Claudia Piccoli Nardelli. Per Angelino Alfano sulla scuola ci sono proteste della sinistra perché si fanno cose di centrodestra e lo stesso vale per il Jobs Act e per la responsabilità civile dei giudici.

Giuseppe Catapano scrive: Nazioni Unite, è record di profughi nel mondo: 38 milioni

Conflitti e violenze, nuove crisi ed emergenze protratte hanno alimentato nel 2014 il drammatico fenomeno della “fuga nel proprio Paese” a dimensioni mai viste: oggi ci sono 38 milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case, un numero senza precedenti, pari all`insieme degli abitanti di Londra, New York e Pechino. Questo il quadro descritto dall’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), il centro di ricerca del NRC, che ha presentato oggi il suo rapporto “Global Overview 2015” presso le Nazioni Unite a Ginevra.

“Si tratta delle peggiori cifre da una generazione riguardo le persone costrette alla fuga nei loro Paesi, che prova il totale fallimento nel compito di proteggere i civili innocenti”, ha dichiarato Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati (NRC), da cui dipende l’IDMC.

Secondo il nuovo rapporto, oggi nel mondo gli sfollati interni sono il doppio dei rifugiati. In base a dati delle Nazioni Unite, nel mondo c’erano circa 16,7 milioni di rifugiati nel 2013. Per sfollati interni (Internally displaced people) si intendono le persone che abbandonano le loro case per motivi di pericolo, ma restano nel loro Paese, mentre i rifugiati cercano riparo oltre le frontiere nazionali.

L’IDMC fa notare che lo scorso anno il numero di sfollati interni è aumentato di 11 milioni, o del 14% rispetto al 2013, superando di gran lunga quello che era considerato “il picco” alla metà dello scorso decennio, marcata dalla crisi nel Darfur e dalle violenze in Iraq. Oscurata anche la fase molto critica che ha accompagnato le cosiddette “Primavere arabe” nel 2011, evidenzia il rapporto. Un documento che “dovrebbe fungere da drammatico campanello d’allarme”, ha detto Egeland, “dobbiamo rompere questa catena per cui milioni di uomini, donne e bambini restano intrappolati in zone di conflitto in tutto il mondo”..

Il 60% dei nuovi sfollati interni, quelli entrati nella categoria l’anno scorso, si trovano in cinque Paesi: Iraq, Sud Sudan, Siria, Repubblica democratica del Congo e Nigeria. L’Iraq è tra questi il Paese con il maggiore numero di sfollati interni, ovvero 2,2 milioni, in gran parte persone costrette alla fuga dalle loro case per sfuggire alla brutalità dello Stato Islamico.
Almeno il 40% della popolazione siriana, ovvero 7,6 milioni di persone, è sfollata, il numero più alto al mondo.
Più a Sud, la campagna di Boko Haram per controllare il territorio e imporre la legge islamica nel nord-est della Nigeria ha spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalle proprie case. Ma il fenomeno riguarda anche l’Europa, dove per la prima volta da oltre un decennio, si è verificato un numero massiccio di esodi, principalmente a causa dalla guerra in Ucraina, che ha costretto 646.500 persone ad abbandonare le proprie case nel 2014.

“I diplomatici di tutto il mondo, le risoluzioni delle Nazioni Unite, i colloqui di pace e gli accordi di cessate il fuoco hanno perso la loro battaglia contro uomini armati e senza pietà, spinti da interessi politici o religiosi, i che da imperativi umani”, ha dichiarato Egeland. “Questo rapporto dovrebbe costituire un sostanziale campanello d’allarme. Dobbiamo interrompere questa tendenza in cui milioni di uomini, donne e bambini rimangono intrappolati nelle zone di conflitto di tutto il mondo.”

Volker Türk, Assistente Alto Commissario per la Protezione dell`UNHCR, ha affermato che tale, impressionante, numero di persone in fuga a causa di conflitti e violenze anticipa ulteriori esodi. “Sappiamo che sempre più sfollati sono costretti a fuggire più e più volte all’interno del loro paese. Quanto più a lungo dura il conflitto, tanto più si sentono insicuri e quando la disperazione dilaga sono in molti a decidere di attraversare le frontiere e diventare rifugiati “, ha dichiarato.

“Come abbiamo visto nel recente passato, ad esempio nel Mediterraneo, la disperazione spinge le persone a tentare la sorte, anche rischiando pericolose traversate in barca. La soluzione più ovvia è rappresentata da uno sforzo a tutto campo per portare la pace nei paesi devastati dalla guerra”, ha aggiunto Türk.

Il rapporto evidenzia inoltre come i casi di esodo di lunga durata o prolungati contribuiscano in maniera rilevante all`allarmante dato totale sugli sfollati nel mondo. Nel 2014, in quasi il 90% dei 60 paesi e territori monitorati dall`IDMC erano presenti persone sfollate da dieci o più anni.

“Con nuove crisi in corso o con il peggioramento di quelle già esistenti, come in Ucraina o l’Iraq, nuovi casi di sfollati vanno ad aggiungersi a una già massiccia popolazione globale di sfollati a cui sembra impedito di trovare il modo di porre fine al proprio esodo”, ha dichiarato Alfredo Zamudio, direttore dell`IDMC.

“La maggior parte di questa vasta popolazione è composta da coloro che sono diventati sfollati molti anni fa, in Azerbaigian o Cipro. Di conseguenza, ciò a cui comunemente assistiamo è che l`esodo interno costringe un individuo a un circolo vizioso a cui diventa sempre più difficile sfuggire con il passare del tempo”, ha affermato Zamudio.

Il rapporto dell`IDMC descrive inoltre come questi esodi interni spesso rivelino difficoltà strutturali all’interno di un Paese, e come tali crisi possano essere prolungate a causa di una deliberata politicizzazione della questione da parte del governo o del suo rifiuto di trovare una risoluzione formale per risolverle.

Ben “38 milioni di esseri umani soffrono – spesso in condizioni orrende, trovandosi senza speranza e senza futuro. Se non ci impegniamo a cambiare il nostro approccio, l’onda d’urto di questi conflitti continuerà a perseguitarci per i decenni a venire”, ha dichiarato Egeland.

Il rapporto riguarda le migrazioni forzate che si sono verificate nel 2014 e si basa sui dati forniti da governi, organizzazioni non governative partner e agenzie delle Nazioni Unite. Questo rapporto fornisce dati ed analisi degli esodi interni provocati da conflitti e violenza generalizzata in 60 paesi e territori.
Questo rapporto fa riferimento ai casi di migrazioni forzate all’interno dei paesi e non va confuso con il rapporto Global Trends dell’UNHCR, previsto per giugno 2015.

Giuseppe Catapano informa: Proposte e analisi del gruppo di lavoro Europa: la nuova direttiva qualifiche e gli EQF, liberalizzazioni e professioni

Tra il salmastro lago di Paola, che richiama la storia sportiva dei canottieri italiani ed il mare trasparente orlato dalle dune costiere, trova spazio Sabaudia, normalmente meta di vacanze romane, che è stata scenario impeccabile di due giorni animati dai variopinti colori delle Associazioni Professionali aderenti al COLAP.
L’appuntamento primaverile di venerdì 10 e sabato 11 aprile u.s., è stata occasione per riflettere su temi importanti quali la previdenza e le tutele sociali, la formazione e le politiche attive, le Regioni e la legge 4/2013, le politiche fiscali e del lavoro, l’Europa e la direttiva qualifiche.
L’ambizioso progetto di contribuire concretamente perché l’Italia possa “ripartire” anche col contributo delle Associazioni professionali, ha permesso di redigere un piano d’azione COLAP, che saprà sicuramente dare nuovi stimoli alla politica italiana.
Il mercato ha ormai ampliato i confini operativi anche dei Professionisti non iscritti in Ordini e Collegi e l’attenzione allo scenario europeo cresce e preoccupa, per la mancanza di elementi certi che garantiscano la libera circolazione anche di queste professioni.
L’analisi attenta compiuta coi lavori di Sabaudia, ha messo in luce l’importanza di vigilare costantemente sull’operato del legislatore italiano in merito ai tempi ed alle modalità di recepimento della direttiva qualifiche approvata dall’Europa.
La Commissione Europea, con la direttiva 2005/36/CE, ha elaborato un regime uniforme, trasparente e flessibile del riconoscimento delle qualifiche professionali, che il parlamento europeo, in data 20 novembre 2013, ha provveduto a modificare con la direttiva 2013/55/UE.
Due le principali novità introdotte dalle modifiche: la Tessera Professionale Europea, associata alla procedura di riconoscimento ottimizzato nell’ambito del Sistema d’informazione del mercato interno (IMI) e la libera circolazione dei Professionisti europei, che si fonda sul riconoscimento della qualifica professionale nello Stato di appartenenza, con la reciprocità dell’ordinamento della professione, regolamentata sia nello Stato di appartenenza, sia nello Stato ospitante.
Inoltre, il senso d’iniziativa e l’imprenditorialità sono priorità a livello europeo ed il “Piano d’azione per l’imprenditorialità 2020” evidenzia la necessità di incorporare tale apprendimento ad ogni livello dell’istruzione, offrendo, soprattutto ai giovani, occasione anche per un’esperienza pratica.
Perché tale obiettivo possa essere meglio raggiunto ed accertato con trasparenza, i lavori non hanno trascurato l’aspetto della certificazione ed il sistema “EQF”.
Un sistema di riferimento per le qualifiche rilasciate nei diversi Paesi dell’Unione:
• neutrale – rispetto ai sistemi formativi e di certificazione dei diversi Paesi
• basato su unità costituite da obiettivi di apprendimento (learning outcomes)
• articolato in otto diversi livelli
• con obiettivi di apprendimento, a ciascun livello, caratterizzati da conoscenze
(knowledge), abilità (skill) e competenze più ampie (competence)
L’attuabilità e la validità dell’EQF sono possibili soltanto attraverso la cooperazione e l’adesione volontaria da parte di ciascun Stato membro e le decisioni finali sul riconoscimento rimangono di competenza nazionale.
Il sistema EQF, inoltre, è il sistema su cui si basa anche la certificazione di parte terza, secondo la norma UNI.
Il COLAP, preoccupato che il recepimento della direttiva qualifiche da parte del legislatore italiano, possa interpretare in maniera distorta la volontà del legislatore europeo, a discapito delle professioni non ordiniste, ritiene che le Associazioni Professionali debbano ricoprire un ruolo centrale per la qualificazione di stampo europeo delle singole figure professionali e le associazioni professionali appartenenti al CoLAP, si propongono come «ente titolato» di riferimento per le qualificazioni nazionali ed europee.
Inoltre s’impegna a far si che il recepimento della direttiva europea, da parte dello Stato Italiano, evidenzi e valorizzi il ruolo delle Associazioni, anche ai fini del rilascio della Tessera Professionale Europea.
Infine, si propone come l’interfaccia verso il Ministero del Lavoro per rappresentare le Associazioni professionali, che si rendono disponibili quali soggetti attivi ad intraprendere il percorso di sviluppo del repertorio nazionale tramite censimento.

Catapano Giuseppe: Cos’è il TAEG?

In base alla nuova normativa sul credito al consumo il TAEG (che sta per Tasso Annuo Effettivo Globale) indica il costo complessivo del prestito, ossia quanto il finanziamento costerà al cliente al netto di tutti gli interessi e tutti i costi. Esso, infatti, somma tutti gli oneri di intermediazione, commissioni, imposte e spese che il consumatore deve pagare per il contratto di credito, compresi anche quelle di servizi accessori (come carte di credito o spese assicurative) che occorre obbligatoriamente sottoscrivere per ottenere prestito o ottenerlo alle condizioni offerte. Insomma, scopo del TAEG è quello di fornire, con un semplice e chiaro numero, un’indicazione al cliente/consumatore dell’eventuale convenienza del prestito e, nello stesso tempo, poterlo confrontare con quello di altri istituti di credito. Nel TAEG sono inclusi anche costi di utilizzazione di carte di credito o di altri mezzi di pagamento. Per esempio se è obbligatorio aprire un conto corrente per accedere al prestito vengono inseriti nel TAEG i costi fissi complessivi e i costi variabili in funzione dell’uso del prestito. Il TAEG include adesso l’imposta di bollo che per legge è pari a 14,62 euro per i contratti di durata fino a 18 mesi e allo 0,25% dell’importo finanziato per i contratti di durata superiore. Dunque un prestito con TAN (Tasso Annuo Nominale) zero potrà avere TAEG pari a zero solo se la finanziaria/banca si accolla il pagamento di tutte le spese, imposta di bollo dovuta allo Stato inclusa. Oggi la banca è obbligata a indicare il TAEG in ogni contratto con il cliente; diversamente il mutuo è nullo. Questo è l’orientamento dei giudici che nasce dalla necessità – imposta dalla legge – di riportare per iscritto tutte le condizioni contrattuali dei rapporti tra banca e clienti (leggi “Se il finanziamento non indica il TAEG è nullo”). I contratti tra banca e clienti, insomma, non possono lasciare nulla all’oralità o alla stretta di mano.