Giuseppe Catapano: Scoperta maxi evasione fiscale nel mondo del rally

Con l’operazione “pit stop”, la Guardia di finanza ha scoperto una imponente evasione nel mondo del rally. Sono 27 i milioni sottratti al fisco con un giro di fatture false per quasi 10 milioni di euro. Il Comando Provinciale di Treviso ha eseguito una complessa indagine nei confronti di cinque società, delle quali una estero e con sede fittizia in Austria, tre completamente sconosciute al fisco, un’associazione sportiva dilettantistica, tutte riconducibili a un noto imprenditore del coneglianese operante nel settore delle sponsorizzazioni delle gare di rally. Le società emettevano le fatture a fronte di quanto previsto nei contratti di sponsorizzazione, ,a non presentavano la dichiarazione dei redditi. La Guardia di finanza di Conegliano, oltre alla mancata dichiarazione dei ricavi per oltre 20 milioni di euro, il recupero di costi non documentati per 2,4 milioni di euro ed un’Iva dovuta per 4,4 milioni di euro, è riuscita a ricostruire un giro di fatture per operazioni inesistenti pari a circa 10 milioni di euro con il coinvolgimento di un centinaio di aziende operanti in tutto il Nord Italia. L’amministratore delle società è stato segnalato alle autorità giudiziarie per i reati di infedele e omessa dichiarazione, occultamento dei documenti contabili ed emissione di fatture false. Stessa sorte per tutti i 90 amministratori delle società che hanno utilizzato le fatture. Infine l’analisi dei flussi finanziari rilevati su tutti i conti correnti ha permesso di contestare anche la mancata segnalazione di operazione sospette, per circa 1.000.000 di euro, a carico di un importante istituto di credito.

Giuseppe Catapano informa: Attuazione della direttive europee relativa ai bilanci, approvati due schemi di decreto legislativo per il recepimento

Società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare, al fine di acquisire i pareri prescritti, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dell’economia e delle finanze Pietro Carlo Padoan, uno schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di impresa, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio, per la parte relativa alla disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per la società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge.

Lo schema di decreto legislativo:
· introduce la nuova disciplina circa gli obblighi di trasparenza posti a carico delle imprese operanti nel settore estrattivo o in quello dello sfruttamento delle aree forestali;
· integra e modifica il codice civile e il decreto legislativo 127 del 9 aprile 1991 al fine di allineare le disposizioni in materia di bilancio di esercizio e consolidato alle disposizioni della direttiva e altri provvedimenti legislativi già esistenti;
· apporta modifiche a provvedimenti legislativi per adeguarne il contenuto alle prescrizioni della Direttiva o per esigenze di coordinamento in materia di conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione e di revisione legale dei conti.

Banche e degli altri istituti finanziari

Lo stesso Consiglio dei Ministri ha inoltre approvato in sempre in via preliminare, al fine di acquisire i pareri prescritti, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dell’economia e delle finanze Pietro Carlo Padoan, uno schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di impresa, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio, per la parte relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, nonché in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di Enti creditizi ed Istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro e che abroga e sostituisce il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87.
Nello specifico il presente decreto, pertanto, disciplina:
· i bilanci degli intermediari finanziari che redigono i bilanci sulla base delle previsioni della Direttiva 86/635/CEE;
· i casi in cui un intermediario bancario o finanziario vigilato dalla Banca d’Italia è tenuto a redigere il bilancio consolidato sulla base dei principi contabili internazionali emanati dall’organo incaricato di emanare i principi contabili (IASB) e adottati dalla Commissione europea.

Lo schema di decreto riconosce inoltre alla Banca d’Italia il potere di emanare disposizioni relativamente alle forme tecniche dei bilanci e delle situazioni dei conti destinate al pubblico nonché alle modalità e ai termini della pubblicazione delle situazioni dei conti, prevedendo opportune forme di coordinamento con la Consob.

Catapano Giuseppe scrive: Falso in bilancio, pene inasprite. Ma per il ddl anticorruzione è stop al senato

Arriverà in aula al senato giovedì mattina il ddl sulla corruzione, ma solo se l’esame sarà stato concluso in commissione. E comunque esclusivamente per la relazione sul testo in modo da consentirne l’incardinamento. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo a maggioranza, tra le proteste dei Cinque Stelle. In commissione giustizia si deve procedere ancora all’esame di 40 emendamenti e il termine per i subemendamenti al testo del governo è fissato per domani alle 13. Nel frattempo però c’è da convertire anche il dl banche contenente la riforma delle Popolari entro il 25 marzo. Dunque il calendario deciso a maggioranza prevede che l’anticorruzione subisca uno stop ed entri nel vivo della discussione dopo la conversione del decreto su cui il governo si appresterebbe a mettere la fiducia.

L’emendamento del governo e le pene più severe per il falso in bilancio

Reclusione da 3 a 8 anni per chi commette il reato di falso in bilancio per società quotate in borsa, mentre per le altre la pena prevista va da uno a 5 anni. Differenziazione, poi, valida pure per le sanzioni, che vengono inasprite: nel caso si manomettano le comunicazioni sociali di imprese in «listino», infatti, le pene pecuniarie salgono da un minimo di 400 ad un massimo di 600 quote (laddove ogni quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro) dalle attuali 150-330. E per quelle non soggette all’andamento borsistico, invece, aumentano da 200 a 400 quote (ora sono da un minimo di 100 ad un massimo di 150). È quanto stabilisce l’emendamento governativo al testo sulla corruzione (19), che rivede la disciplina del falso in bilancio, depositato ieri pomeriggio in commissione giustizia, a palazzo Madama; le nuove norme, secondo il Guardasigilli Andrea Orlando, presente in Parlamento al momento dell’approdo del testo, fanno sì che si passi «da un reato di danno a un reato di pericolo», con conseguente «giro di vite» per chi se ne macchia. Il restyling del provvedimento comprende, inoltre, l’inserimento nel codice civile dell’articolo 2621-bis che, si legge nella relazione allegata all’emendamento dell’esecutivo, «punisce con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni, sempreché non costituiscano più grave reato, i fatti di lieve entità, valutati tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta»; nel caso il reato riguardi realtà di piccolissime dimensioni (al di sotto, cioè, dei limiti previsti per la «fallibilità»), il delitto è procedibile soltanto «a querela della società, dei soci, dei creditori, o degli altri destinatari della comunicazione sociale», mentre per tutte le altre imprese, siano esse quotate o meno in borsa, i fatti saranno sempre perseguibili d’ufficio, come peraltro aveva annunciato Orlando, al termine di un vertice di maggioranza nel quale erano state definite le principali correzioni al testo (si veda ItaliaOggi del 6/2/2015).

Catapano Giuseppe comunica: Falso in bilancio ridimensionato, risparmiati piccoli imprenditori

La solita impunità all’italiana, viene da dire. Per i giustizialisti rappresenta una beffa la nuova legge sul falso in bilancio, per lo meno per i piccoli imprenditori.

Saranno risparmiate dalle intercettazioni le imprese non quotate in Borsa. La pena scenderà infatti a 1-5 anni da 2-6 per le imprese che non sono Spa, le quali rappresentano la stragrande maggioranza in Italia.

Al termine di estenuanti trattative e emendamenti su emendamenti la bozza finale della norma sta per approdare al Ministero della Giustizia drasticamente ridimensionata.

Anche se la differenza è di solo un anno, il gap è sostanziale. Il falso in bilancio, difatti, non potrà più essere un reato sottoposto alle intercettazioni, come il codice di procedura penale è chiaro.

All’articolo 266 infatti stabilisce che il presupposto ineludibile per ottenere gli ascolti è che il reato preveda una “superiore nel massimo a 5 anni”. Risultato: la pena fino a 5 anni non è più sufficiente.

A livello politico è una vittoria per Nuovo Centrodestra e Forza Italia, a cui piace la riduzione della pena. Come ricorda La Repubblica, l’impossibilità di ‘spiare’ i sospetti di reato è sempre stata una delle principali critiche dei magistrati impegnati nelle indagini sui reati finanziari.

Catapano Giuseppe informa: Falso in bilancio, in senato si alza il sipario

Falso in bilancio, il primo round se lo aggiudica la commissione giustizia del senato. Dopo una settimana di ostruzionismo da parte di alcuni membri della minoranza della seconda commissione, il governo ha fatto retromarcia. L’emendamento sul falso in bilancio al ddl anticorruzione sarà presentato in commissione e non in aula a palazzo Madama. In base a quanto risultata a ItaliaOggi, infatti, la decisione è arrivata ieri al termine di un colloquio tra il ministro della giustizia Andrea Orlando e il presidente della commissione Francesco Nitto Palma (Fi). Tesi, inoltre, sostenuta anche dal relatore al ddl Nico D’Ascola e da Giuseppe Lumia (Pd): «Abbiamo sostenuto fin dal principio la necessità di far uscire dalla commissione un testo completo che non dovrà subire modifiche sostanziali in aula». Prima di andare avanti con i lavori, però, i membri della commissione dovranno vedere il testo definitivo dell’esecutivo. Presentazione che, però, non è prevista, per stessa ammissione di Lumia, prima di questo pomeriggio. Calendario alla mano, quindi, considerando anche l’eventuale nuovo termine per la presentazione dei sub emendamenti, il testo dovrebbe essere pronto per l’aula entro la metà della settimana prossima e non più per domani, data inizialmente indicata quando ancora l’esecutivo era fermo nell’intenzione di portare l’emendamento in aula. Intanto, però, i lavori al ddl sono andanti avanti e, ieri, è stata approvata la proposta di modifica che porta la firma del Movimento 5 stelle che prevede l’aumento di pena fino a sei anni per il reato di corruzione nell’esercizio della funzione. Norma di cui si dichiara soddisfatto Maurizio Buccarella (M5s), secondo cui «questa disposizione è un primo passo verso il contrasto alla corruzione. Attualmente, infatti, il c.p. prevede la reclusione da uno a cinque anni».