Prescrizione dell’azione di ripetizione del pagamento eseguito a seguito di pignoramento presso terzi dopo il fallimento del debitore

Cassazione civile, sez. I, 11 Gennaio 2022, n. 621. Pres. Genovese. Est. Mercolino.

In tema di ripetizione dell’indebito, il soggetto pignorato che, in sede di espropriazione presso terzi, e dopo la dichiarazione di fallimento del debitore esecutato, in qualità di “debitor debitoris”, versi al creditore pignorante le somme a lui assegnate, ha diritto a ottenere da quest’ultimo la restituzione di quanto corrisposto, ma il termine di prescrizione della relativa azione decorre dalla data del pagamento, e non dal passaggio in giudicato della sentenza che, su domanda del curatore, pronunci l’inefficacia ex art. 44 l.fall. del pagamento stesso, avendo quest’ultima natura meramente dichiarativa. (massima ufficiale)

Estensione del fallimento alla super società di fatto: ambito applicativo ed elementi presuntivi

Tribunale Vibo Valentia, 14 Ottobre 2021. Pres. Passarelli. Est. Buggè.

La fattispecie all’esame del Tribunale è la richiesta di fallimento, ex art. 147 l.f., in estensione relativa ad alcune società che operano in uno o più settori di riferimento suffragata dalla rete di connessioni esistenti tra le stesse compagini, in particolare, i locali, i segni distintivi, i rapporti contabili, i rapporti sociali, gli incarichi sociali, gli affari intrattenuti e, infine, anche i rapporti familiari tra le componenti personali dei soci e degli amministratori. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

Dirompente è, infatti, il primo comma dell’art. 147 l.f. il quale expressis verbis impone due concetti: che il fallimento di alcuni tipi societari produce il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, anche se non persone fisiche; automatismo fallimentare svincolato dalla dimostrazione dei requisiti di fallibilità nel caso di specie si propone istanza di fallimento in estensione di società, anche diverse di quelle di cui all’art. 147, comma 1, legge fallimentare, che sono socie occulte di una società di fatto. In buona sostanza, l’art. 147, comma 5, legge fallimentare prevede anche l’ipotesi di fallimento della società occulta di cui sono soci non solo ditte individuali, ma anche persone giuridiche, nella specie società eterogenee tra di loro in quanto a tipo societario, e ciò è possibile grazie anche ad un’interpretazione evolutiva della normativa in questione avvalorata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (6/12/2017, n. 255) e della Corte di Cassazione (sent. n. 10507/2016). (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

Il ragionamento induttivo può essere usato per la dimostrazione dell’esistenza di una società di fatto ai fini della dichiarazione di fallimento in estensione ex art. 147 legge fallimentare. Tale ragionamento deve basarsi su elementi gravi, precisi e concordanti (in tal senso, Tribunale Bergamo Sez. II, 5/12/2018 che ha stabilito che “Il riscontro probatorio dell’esistenza di una “supersocietà di fatto occulta” ben può avvenire alla stregua di elementi presuntivi, purché gravi, precisi e concordanti”. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
 
Gli elementi costitutivi della società occulta sono: 1) il c.d. patto di occultamento; 2) il c.d. vincolo associativo; 3) la c.d. affectio societatis. L’assenza di atti giuridici che palesino in maniera concreta l’esistenza della supersocietà ha imposto l’elaborazione, da parte della giurisprudenza e della migliore dottrina, di quelli che sono gli indici di esteriorizzazione della società occulta e oggetto di una prova rigorosa (Cassazione civ., Sez. I, 20/5/2016, n. 10507): a. sostegno finanziario; b. spendita del nome; c. comunanza di mezzi, poteri amministrativi e rischio d’impresa; d. detenzione delle quote societarie o delle partecipazioni; e. coincidenza delle attività svolte dalle società; f. svolgimento dell’attività in locali anche solo parzialmente coincidenti; g. esistenza di operazioni tra le società da cui derivi un ricavo. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

L’efficacia probatoria del contenuto della relazione del curatore fallimentare va diversamente valutata a seconda della natura delle risultanze da essa emergenti; infatti, mentre la relazione, in quanto formata da pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, fa piena prova fino a querela di falso degli atti e dei fatti che egli attesta essere stati da lui compiuti o essere avvenuti in sua presenza, il contenuto delle dichiarazioni rese dai terzi rimane liberamente valutabile in ordine alla sua veridicità. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

Dall’esame degli atti e delle attività dei Soci Occulti e della Fallita emerge all’evidenza che la “super-società” possa qualificarsi come un soggetto economico comune avente, quale oggetto della propria impresa: a. la produzione di frutta e verdura (per il tramite di due società); b. la trasformazione dei prodotti agricoli in derivati da essi (per il tramite di altre due società); c. la commercializzazione dei prodotti in parola (per il tramite delle società sub b) e di altra); d. il trasporto presso i punti vendita (per il tramite di altra società). Evidente, pertanto, l’esistenza di un oggetto comune costituito al fine di occuparsi dall’intera filiera, dalla produzione alla consegna ai rivenditori finali, di prodotti di natura agricola. Da quanto appena indicato appare in modo evidente quella che è l’attività imputata alla supersocietà, definibile, in sostanza, nell’attività di produrre, commerciare e distribuire prodotti agricoli. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

Dalla disamina degli atti emerge che quando una delle società resistenti agiva all’esterno venisse chiaramente speso il nome del gruppo e, pertanto, l’azione venisse percepita come riferibile al gruppo e non singolarmente alla società, tant’è che anche i professionisti che hanno a che fare col gruppo pensano di svolgere un’attività professionale per lo stesso. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Nel caso in esame, la società di fatto è indipendente dal raggruppamento temporaneo e, anzi, quest’ultimo rappresenta solo una modalità operativa per la gestione di un interesse comune. L’utilizzo della carta di credito intitolata ad altra società del gruppo da parte della società del gruppo che si occupa dei trasporti sottolinea ancora una volta l’esistenza di un soggetto terzo, la società di fatto, in quanto tra le società palesi v’è una comunanza di mezzi e di fondi che va al di là del mero rapporto parentale e, peraltro, si suggella in un comune rischio di impresa. Tutti questi elementi (sede, persone fisiche che hanno ruoli nella società, i ruoli e la gestione familiare delle imprese peraltro incontestati, elevato importo della cartella esattoriale e mezzi e fondi comuni) depongono univocamente verso una gestione comune dei poteri di amministrazione e del rischio di impresa. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
La tesi dell’unicità della direzione delle società, da parte di un centro di imputazione economico amministrativo costituito dalla società di fatto, sarebbe avvalorato dal fatto che alcuni dei soggetti cardine delle più importanti cariche e affari disconoscessero molti dei dati basilari relativi alle imprese in cui ricoprivano dei ruoli dall’analisi combinata di questi indici, tant’è che è emerso che la persona fisica abbia avuto la gestione della società di fatto di cui sono socie le società palesi e che lo stesso decideva i ruoli all’interno delle società e gli affari che le singole società devono perseguire. Già da un punto di vista concettuale se si svolge un’attività economica plurisoggettiva vi deve essere una minima differenziazione tra le attività svolte. Peraltro, sono tutte aziende che operano, oggettivamente su mercati differenti, ma in un settore comune che è quello agricolo. L’unica società che si occupa di un’attività diversa è quella dei trasporti, la quale tuttavia ha un’attività strumentale rispetto a quelle delle altre società palesi ed è mezzo necessario per la realizzazione degli affari della società di fatto. Risulterebbe, in effetti, arduo concepire la gestione di una intera filiera economica nel settore agricolo senza pensare alla necessaria logistica del trasporto dei prodotti agricoli. Pertanto, gli elementi fin qui illustrati sono gravemente indicativi dell’esistenza della società di fatto e corroborato da altri indici precisi e concordanti. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)
Diversamente opinando, in ogni caso, nella fattispecie in esame, tutte le circostanze, benchè singolarmente non univoche, insieme danno un risultato univoco in quanto sono giustificate solo dall’esistenza di un soggetto, costituito da un insieme di società con diversi dipendenti che si occupano della filiera agricola nell’ambito di bandi pubblici di valore milionario, a cui imputare soggettivamente e oggettivamente le operazioni non giustificabili dal punto di vista commerciale con l’imputazione alle singole società. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

L’assenza di automaticità nella dichiarazione di fallimento, inoltre, pone un’altra questione che è quella relativa all’insolvenza della supersocietà. Infatti, devono rimanere concettualmente distinte l’insolvenza della supersocietà da quella della società socia occulta In tal senso si sono pronunciate diverse corti di merito e la Corte di Cassazione (cfr. Corte d’Appello Lecce, 14/01/2019 secondo la quale “Al fine della dichiarazione di fallimento di una società di fatto occulta esistente tra una società di capitali, già dichiarata fallita, ed altra società di capitali, con ripercussione del fallimento su quest’ultima, il soggetto istante deve allegare ed il tribunale deve accertare la esistenza di un autonomo stato di insolvenza della società di fatto, da valutarsi alla luce di una situazione patrimoniale consolidata, che tenga conto, cioè, complessivamente ed unitariamente, delle situazioni patrimoniali di ciascuna società.”. Cfr anche Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 4/3/2021, n. 6030 secondo la quale “Il fallimento della super-società costituisce presupposto logico e giuridico della dichiarazione di fallimento, per ripercussione, dei soci; perciò l’indagine del giudice deve essere indirizzata all’accertamento sia dell’esistenza di una società occulta (o di fatto) cui sia riferibile l’attività dell’imprenditore già dichiarato fallito, sia della sua insolvenza, perché all’insolvenza del socio già dichiarato fallito potrebbe non corrispondere l’insolvenza della società di fatto.”). Pertanto, per aversi il fallimento in estensione della società occulta deve essere dimostrata la sua insolvenza. Tuttavia, dimostrata l’insolvenza della società occulta, la dichiarazione di estensione del fallimento prescinde dalla tenuta patrimoniale delle altre società, anche di capitali, che sono socie della supersocietà non palese. L’insolvenza in questione è pacificamente quella di cui all’art. 5 legge fallimentare. La ricostruzione della Curatela ha fatto riferimento a passività per oltre due milioni di euro a fronte di attivi incapaci di garantire il regolare pagamento delle obbligazioni sociali della supersocietà. (Luca Caravella) (riproduzione riservata)

Quando il curatore subentra nella procedura esecutiva il creditore pignorante ha diritto ad un trattamento di favore?

Tribunale Patti, 26 Gennaio 2021. Pres. Samperi. Est. La Porta.

Il creditore pignorante è equiparato, quanto al corso degli interessi nel fallimento, a tutti gli altri creditori e ciò se il curatore subentra nella procedura esecutiva da lui promossa.

La ratio dell’art.54 l.f., che equipara la sentenza dichiarativa del fallimento al pignoramento è, infatti, proprio quella di porre tutti i creditori nella medesima condizione, con decorrenza dal fallimento degli effetti di cui agli artt. 2749, 2788 e 2855, c.c.. (Franco Benassi)

Concordati e ristrutturazione del debito: dall’Agenzia la circolare in tema di crediti tributari e contributivi

La circolare 16/E dell’Agenzia delle Entrate, che fornisce indicazioni in merito al corretto trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito delle procedure di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti, si è resa necessaria successivamente alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2017. In particolare in merito alle procedure avviate successivamente al 1 Gennaio 2017 o comunque a tale data non ancora votate o sottoscritte per adesione, per le quali è obbligatorio il procedimento previsto dall’art. 182-ter della L.F. in tutte le ipotesi di concordato preventivo così
come è riconosciuta la possibilità di falcidiare, all’interno del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, anche i debiti relativi all’IVA e alle ritenute operate e non versate, con il limite della quota realizzabile sul ricavato in caso
di liquidazione.
Agenzia delle Entrate – Circolare n. 16/E del 23 Luglio 2018

Catapano Giuseppe informa: E’ REATO LA DISTRAZIONE DEI BENI IN LEASING FINANZIARIO NEL FALLIMENTO

Presa di posizione durissima della corte di cassazione sezione penale che risolve una diatriba alquanto complessa ma ricorrente durante la procedura fallimentare . La distrazione dei beni durante la procedura ricordata integra il reato di bancarotta fraudolenta. Ma ciò che vi è di particolare in questa sentenza è l’oggetto della distrazione. Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe errato nella sua pronuncia in quanto i beni concessi in leasing finanziario non sono di proprietà dell’azienda ma sono soltanto in affitto e per tanto fuori dalla disponibilità materiale dell’utilizzatore. Ma la corte di cassazione , in tema di leasing finanziario non la pensa così, individuando non già la distrazione dei beni medesimi, ma dei diritti esercitabili dal fallimento al termine del contratto , determinando in questo modo per i creditori il pregiudizio derivante dall’inadempimento delle obbligazioni verso il concedente. Pertanto ritiene corretta confermandola, la decisione dei giudici precedenti.

Catapano Giuseppe comunica: AZIENDA IN CRISI, ‘SALTATO’ IL PAGAMENTO DELL’IVA: IL SUCCESSIVO FALLIMENTO NON SALVA IL LEGALE RAPPRESENTANTE

Ben “sei mesi di reclusione” per il “legale rappresentante di una ‘srl’”: a lui è addebitato il mancato pagamento dell’“Iva dovuta, entro il 27 dicembre 2008, in base alla dichiarazione annuale per il periodo d’imposta 2007”. Notevole la cifra: quasi 110mila euro.
Secondo l’uomo, però, i giudici di merito hanno trascurato le enormi “difficoltà economiche” che hanno colpito la società, tanto da condurla “al fallimento nel 2011”.
Tale obiezione, però, non convince i giudici della Cassazione, i quali, difatti, confermano la condanna.
Certo, il “legale rappresentante” ha affermato “di essersi trovato nella impossibilità materiale di adempiere al pagamento dell’imposta per la crisi che aveva investito” la società, “giunta poi al fallimento dichiarato” ad agosto 2011, ma, nonostante tutto, nonostante il fallimento, non pare evidente una “condizione” tale da rendere impossibile il “pagamento dell’Iva”. Su questo punto, in particolare, spiegano i giudici, si può “escludere la impossibilità assoluta” a provvedere al pagamento anche “per la distanza cronologica tra l’anno di imposta per cui è stato contestato il reato (2007, per cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato entro il 27 dicembre 2008) e la maturazione dell’insolvenza (il fallimento fu dichiarato quasi tre anni dopo)”.

Catapano Giuseppe osserva: ANCHE UN SOLO DEBITO PUO’ SANCIRE IL FALLIMENTO DELLA SOCIETA’

Non è questione di quantità ma di qualità; un unico debito non dovrebbe fare primavera ma in questo caso si, soprattutto se i giudici di merito abbiano valutato la complessità della situazione in generale. E’ la soluzione che la suprema corte di Cassazione affibbia al nostro caso in tema di presupposto oggettivo del fallimento. La società ricorrente poneva in dubbio l’operato dei giudici di merito in quanto esso si basava, a dire del ricorrente, addirittura su un solo debito non definitivo e su di una prospettiva economico patrimoniale ben diversa da quella che poteva essere addossata ad un’impresa insolvente. Di diverso avviso i giudici supremi che analizzando la questione fanno salvo l’operato dei giudizi precedenti condannando alle spese i ricorrenti.

Giuseppe Catapano osserva: REVOCATO IL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ, LEGITTIMA COMUNQUE LA NOTIFICA DEGLI AVVISI DI ACCERTAMENTO AL CURATORE

“Avvisi di accertamento” notificati al “solo curatore”, eppure è stata revocata “la sentenza che aveva sottoposto la società a fallimento”. Ciò spinge i giudici tributari a ritenere nulla la “cartella” consegnata alla società.
Tale visione, però, viene demolita dai giudici della Cassazione, i quali evidenziano che “alla data in cui venne effettuata la notificazione degli avvisi di accertamento a mano del curatore era ancora pendente il giudizio di appello avverso la sentenza che aveva revocato il fallimento della società, con la conseguenza della piena validità della notificazione effettuata, correttamente, all’organo a ciò deputato in costanza di fallimento”. Ciò assume un valore decisivo, soprattutto tenendo presente che “la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento diviene esecutiva, con conseguente ritorno in bonis del soggetto sottoposto a procedura concorsuale, solo in seguito al passaggio in giudicato della sentenza che tale revoca abbia disposto”.
Peraltro, viene aggiunto, “anche ritenendo che la notificazione dell’atto impositivo debba essere effettuata anche al fallito personalmente, l’inosservanza di tale adempimento non rende nulla la cartella, già notificata al curatore, ma produce il solo effetto di impedire che l’avviso di accertamento divenga definitivo nei confronti del soggetto fallito, ammettendosi che, in tal caso, quest’ultimo, nell’inerzia del curatore, possa direttamente impugnarlo con termine decorrente dalla data in cui ne ha avuto effettiva conoscenza”, e in questa vicenda, “come evincibile dal contenuto del ricorso introduttivo”, la società si è limitata a “denunziare la mancata notificazione degli avvisi di accertamento, senza sollevare alcuna censura alla pretesa impositiva sottesa agli atti impositivi”.
Tutto ciò permette ai giudici della Cassazione di chiudere ab origine la battaglia giudiziaria, sancendo la piena legittimità della “notificazione degli avvisi” e, quindi, della “cartella” nei confronti della società.