La falcidia dei crediti nel piano del consumatore ex art. 8 comma 1 bis l. 3/2012. Corte Costituzionale, 10 marzo 2022, n.65

Corte Costituzionale, 10 Marzo 2022, n. 65. Pres. Amato. Est. Navarretta.

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1-bis l. 3/2012 nella parte in cui non stabilisce che «il piano del consumatore possa prevedere, alle medesime condizioni, anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione».

Invero, è la stessa ratio dell’art. 8, comma 1-bis l.3/2012 ad attrarre, in via ermeneutica, nel contenuto della norma qualunque debito, per il quale la modalità solutoria o la garanzia di adempimento siano state affidate alla cessione pro solvendo del credito, ivi inclusa l’ipotesi nella quale la cessione del credito sia derivata da un provvedimento giudiziale, anziché da un atto di autonomia privata.

I pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, fino a quando il piano del consumatore non viene omologato, sono efficaci. Non è applicabile al piano del consumatore la disciplina di cui all’art. 44 l. fall., che rende inefficaci tutti i pagamenti eseguiti a partire dalla dichiarazione di fallimento; è, infatti, l’omologazione del piano che rende inefficaci gli adempimenti eseguiti in difformità rispetto al suo contenuto, in virtù di quanto dispone l’art. 13, comma 4, della legge n. 3 del 2012”.

Giuseppe Catapano scrive: Banche e assicurazioni, cambia la deducibilità delle perdite su crediti

Per banche e assicurazioni, svalutazioni e perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio e perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso diventano «deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio».E’ quanto stabilisce il decreto approvato martedì dal Consiglio dei ministri (e in attesa della pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale») già per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015. Inizialmente, per le svalutazioni e le perdite su crediti la deducibilità ai fini Ires e Irap è limitata al 75%, mentre il restante 25% potrà essere dedotto in varie percentuali fino al periodo d’imposta in corso al 2025 (ad esempio, per il 5% dell’ammontare residuo nel 2016, per l’8% nel 2017, per il 10% nel 2018 e così via). La norma è stata prevista per venire incontro alle banche, considerata la difficile gestione dei crediti divenuti inesigibili, e alle assicurazioni, i cui bilanci in questi anni di crisi sono andati progressivamente appesantendosi con il deterioramento dei finanziamenti erogati alla clientela privata.

Catapano Giuseppe comunica: Quali crediti sono impignorabili

Quando si parla di pignoramento presso terzi si fa riferimento alla procedura che attiva il creditore per pignorare beni mobili del debitore che si trovano in possesso di terzi o crediti che il debitore stesso ha nei confronti di terzi. Il caso più frequente è quello del conto corrente in banca o del reddito di lavoro dipendente. Per esempio: con la procedura di pignoramento presso terzi il creditore può chiedere, al datore di lavoro del debitore, di corrispondergli mensilmente una quota non superiore a un quinto dello stipendio di quest’ultimo (se il creditore è Equitalia, ossia lo Stato, il limite di pignoramento è di 1/10 per stipendi o pensioni fino a 2.500 euro; e di 1/7 per stipendi o pensioni tra 2.501 euro e 5.000). Le retribuzioni – così come le pensioni o la provvista depositata in banca – costituiscono infatti un credito che il debitore vanta nei confronti di un terzo (il datore di lavoro, l’ente pensionistico, l’istituto di credito). Sono pignorabili anche le pensioni erogate dall’Inps nella misura di 1/5 di quella parte che eccede le esigenze minime di vita del pensionato (cosiddetto “minimo vitale”). In assenza di esatta determinazione da parte della legge, sarà il giudice dell’esecuzione a determinare, nel caso concreto, quale sia la parte della pensione necessaria per le esigenze minime di vita del debitore. Tuttavia l’orientamento consolidato dei tribunali è quello di considerare tale soglia pari ad euro 525,89. QUALI CREDITI NON SONO PIGNORABILI Vi sono delle somme che il creditore non può pignorare o che può farlo solo entro determinati limiti. Gli stipendi, i salari, le pensioni o altre indennità relative al rapporti di lavoro o di impiego, compreso quanto dovuto per il licenziamento, possono essere pignorati nella misura massima di un quinto (se il creditore è Equitalia, ossia lo Stato, il limite di pignoramento è di 1/10 per stipendi o pensioni fino a 2.500 euro; e di 1/7 per stipendi o pensioni tra 2.501 euro e 5.000). Le somme dovute a titolo di stipendio o di salario sono pignorabili fino ad un limite massimo della metà del loro ammontare solo nel caso in cui vi sia concorso simultaneo fra cause creditorie quali: crediti alimentari, tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ogni altro credito; invece, nel caso di semplice concorso di crediti il pignoramento non può superare la misura di un quinto dello stipendio. I crediti alimentari sono impignorabili. Ad esempio: se il marito non paga il mantenimento alla moglie, quest’ultima può chiedere l’autorizzazione al Presidente del Tribunale a pignorare le somme accreditate al marito a titolo di crediti alimentari, pignorandole in banca o dallo stipendio presso il datore di lavoro. Questa operazione, però, non potrà farla qualsiasi altro creditore, il quale dovrà invece accontentarsi solo di 1/5 dello stipendio. Sono assolutamente impignorabili: – i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituii di beneficenza; – i crediti derivanti da pensione di invalidità (il pignoramento di essa è assolutamente nullo per violazione di norme imperative e tale nullità è rilevabile dal giudice anche d’ufficio); – i crediti contenuti in leggi speciali quali, ad esempio, le somme di competenza dei Comuni destinate al pagamento delle retribuzioni del personale dipendente e dei relativi oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso, all’espletamento dei servizi locali indispensabili; – i fondi accantonati da un ente pubblico per il trattamento di fine rapporto dei propri dipendenti; – i fondi di contabilità speciale delle Prefetture e delle direzioni amministrative delle Forze armate e della Guardia di Finanza. È invece pignorabile il contributo mensile per il pagamento dei canoni di locazione che eroga il Fondo nazionale, in favore dei soggetti aventi diritto a un alloggio di residenza pubblica in quanto non ha finalità alimentari (quindi non rientra tra i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri). Il credito dell’assegno al mantenimento attribuito dal giudice al coniuge separato (avendo come causa l’assistenza materiale che deriva dal matrimonio e non l’incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento), non rientra tra i crediti alimentari impignorabili. È pignorabile anche il risarcimento del danno dovuto da una assicurazione privata al lavoratore per infortunio sul lavoro, anche se in virtù di una polizza stipulata dal datore di lavoro in adempimento di un obbligo contrattuale. Allo stesso modo è pignorabile qualsiasi indennizzo dovuto da compagnie assicuratrici, anche nei confronti di soggetti che hanno subito danni irreversibili e definitivamente invalidanti.