Catapano Giuseppe informa: Zingaretti presenta la svolta Lazio, dai fondi UE alle norme anticorruzione

“Il Lazio è sempre più europeo. La regione sta facendo dei passi in avanti incredibili, negli ultimi due anni abbiamo aumentato del 123% la capacità di spendere i fondi della nuova programmazione”. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha sottolineato la svolta operativa dovuta al lavoro della Giunta, come quella relativa ad una “serie di azioni concrete che partiranno entro quest’anno sulla programmazione unitaria dei Fondi europei 2014-2020”.
“Siamo a un punto di svolta ma dentro un percorso che parte da lontano – spiega Zingaretti – Questa sfida è iniziata ancora prima che ci insediassimo alla guida della Regione: un percorso che inizia con un programma di governo che individuava proprio nell’Europa la più grande occasione di rigenerazione del Lazio e l’orizzonte naturale per cambiare la nostra regione”.
Zingaretti ha così presentato la programmazione unitaria 2014-2020 dei fondi Sie (Strutturali e investimenti europei).
A marzo 2013 il Lazio – spiega Zingaretti – era “di gran lunga l’ultima regione italiana per certificazione della spesa dei fondi Ue. Ora siamo a un passo dall’obiettivo del 100%”.
“Per la prima volta c’è un’unica cabina di regia, apriremo gli sportelli Europa nei territori per dare a tutti l’accessibilità alle notizie dei bandi, dopo la fase di risanamento oggi entriamo nella fase del lancio dello sviluppo. E’ un momento difficile ma sappiamo che in questo caso il Lazio se avrà un rapporto intelligente con l’Europa, potrà risorgere e tornerà a essere una delle locomotive italiane”.
Inoltre una legge della regione Lazio interviene sulle concessioni delle spiagge, per quanto “riguarda la classificazione delle diverse tipologie di utilizzo del demanio marittimo e la ripartizione delle spiagge libere (o libere con servizi) per le quali prima non esisteva una equa distribuzione sul litorale e che invece oggi viene regolamentata nella misura di almeno il 50% dell’arenile per ogni Comune”.
“Punto fondamentale della riforma – spiega Zingaretti – l’obbligo della trasparenza che prima non era assolutamente prevista e che invece oggi obbliga i Comuni a pubblicare le informazioni sulle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative. Altrettanto importante, poi, aver introdotto una norma, prima inesistente, che regolamenta la destagionalizzazione delle attività degli stabilimenti e che tende a incentivare un utilizzo del demanio marittimo per tutto l’anno e non solo nel periodo estivo”.
Infine Zingaretti presenta anche le nuove norme anticorruzione. Da settembre nel Lazio cambieranno infatti le regole per la composizione delle commissioni di gara, partiranno le gare telematiche e prenderà forma il ‘Patto d’integrità con i fornitori’.

Catapano Giuseppe: Immigrati, Napolitano alla Ue – aberrante che lasci sola l’Italia. Ripartizione, si tratta ancora

I toni sono lontani da quelli usati durante la presidenza della Repubblica, le parole rivolte da Giorgio Napolitano alla Ue sull’emergenza immigrazione non fanno tanti giri per arrivare al nocciolo della questione. “Come si può pensare che solo perché trovano più vicina la sponda siciliana debbano essere trovate soluzioni per tutti in Italia e non nel resto d’Europa o solo in alcune parti d’Italia? E’ aberrante dal punto di vista morale e etico e come membri della comunità internazionale”, ha detto l’ex presidente della Repubblica in un’intervista ad Agorà parlando del problema dei migranti. “Io non parlo da meridionale ma da persona legata a principi etici e a codici internazionali – spiega Napolitano – perché esiste una normativa internazionale e cogente per garantire asilo alle persone che fuggono da guerra e persecuzioni, il problema dei rifugiati non si discute, bisogna dargli rifugio e come si può dire lì si, da noi no? E’ un’aberrazione”. Secondo il presidente emerito “si sono logorati i valori di solidarietà, i valori di unità nazionale: non può un qualsiasi presidente di regione dare direttive a prefetti e sindaci, c’è disordine istituzionale, si è logorata la solidarietà, abbiamo avuto una regressione di valori in buona parte dell’opinione pubblica, serve un ritorno forte di solidarietà che deve velere in italia e in Europa. Oggi tutti i paesi europei devono confrontarsi con le politiche di accoglimento e riconoscimento in casa propria dell’asilo a chi ne ha diritto”.
Ma per il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, “bisogna lavorare per regolare la situazione. Stiamo lavorando e mi pare che la situazione si stia normalizzando”. Lo ha affermato il entrando alla settima conferenza Italia-America Latina e Caraibi riferendosi al fenomeno dell’immigrazione. Secondo il ministro “bisogna battersi in Europa per ottenere dei risultati. Ci auguriamo che i primi passi raggiunti a Berlino e in Marocco possano sfociare in un accordo. La strada è aperta ma non è semplice. Credo che ci si possa puntare”.
Anche da Gentiloni, poi, un appello alla Ue: “Il fenomeno migratorio, se regolato in modo serio – e in questo l’Italia e l’Europa devono lavorare insieme – è un fenomeno che ci può arricchire e non va presentato solo come fonte di minaccia e paura”.
intanto, i paesi dell’Unione europea che si oppongono al principio della redistribuzione obbligatoria degli immigrati dovranno scontrarsi con la determinazione della Commissione nel ribadire la sua proposta “fino all’ultima parola”, come ha ribadito anche oggi il portavoce della Commissione, e con una maggioranza di paesi, fra cui Francia e Germania, che invece sono a favore di una decisione al più presto. La discussione dei ministri degli Interni prevista per martedì prossima a Lussemburgo non sarà l’ultima occasione di confronto; i paesi baltici, quelli dell’Est, Spagna e Portogallo, secondo quanto riferisce una fonte diplomatica, martedì chiederanno che l’agenda della Commissione europea sull’immigrazione preveda che la condivisione della responsabilità sull’accoglienza sia su base volontaria. In realtà, non è previsto che una decisione formale sia presa già martedì. In quella sede, secondo quanto deciso dai capi di Stato e di governo nel vertice straordinario del 23 aprile, dopo l’ultima strage di migranti al largo delle coste libiche, i ministri degli Interni dovranno piuttosto stabilire una linea sulla proposta della Commissione, “risposta concreta e operativa” all’emergenza, che la presidenza lettone si incarica di riferire ai leader al consiglio europeo del 25 e 26 giugno. Inoltre, a meno che non si ritorni alle vecchie regole di voto che prevedono la possibilita’ di una “minoranza di blocco”, la maggioranza qualificata è comunque sicura.
Dunque, la Commissione europea continua a pensare che la sua proposta legislativa per affrontare l’emergenza immigrazione debba essere attuata “al piu’ presto” e la difenderà “fino all’ultima parola”. Lo ha detto il portavoce Margaritis Schinas, di fatto escludendo che Bruxelles abbia deciso di fare marcia indietro sull’obbligatorietà della redistribuzione di 40 mila migranti arrivati in Italia e Grecia dopo il 15 aprile. “C’è un’emergenza nel Mediterraneo che è sotto gli occhi di tutti – ha aggiunto Schinas – non dobbiamo spiegare una situazione evidente.
Aspettiamo di vedere come vanno le discussioni fra gli Stati della prossima settimana, i tempi dell’approvazione dipendono dal Consiglio”.

Giuseppe Catapano osserva: Italia terza per spesa fondi UE

Italia terza per spesa fondi Bruxelles. Lo sostiene Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno.
“Nel corso del 2014 – spiega Bubbico – il ritmo di spesa della programmazione comunitaria 2007-2013 è aumentato, come dimostra l’avanzamento della spesa certificata al 31 dicembre 2014, con un incremento di circa 20 punti percentuali dall’inizio dell’anno, che ha consentito all’Italia di raggiungere il terzo migliore risultato dell’Unione europea”.
Bubbico quindi aggiunge che “alla scadenza del 31 dicembre 2014 il totale delle spese certificate alla Commissione europea in attuazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali ha raggiunto un importo pari a 33 miliardi di euro, corrispondente al 70,7 per cento del complesso delle risorse programmate (di cui 77,9 per cento nelle regioni dell’Obiettivo competitività e occupazione e 67,3 per cento nelle regioni della Convergenza).
Tale valore – sottolinea Bubbico – è superiore sia al target comunitario, per 1,9 miliardi di euro, sia al target nazionale fissato per monitorare l’avanzamento della spesa nel corso dell’anno (67,7 per cento). Circa un terzo dei 7,9 miliardi di euro certificati fra gennaio e dicembre 2014 era a rischio disimpegno. Per fronteggiare tale rischio, si è rafforzato l’affiancamento sul campo attraverso task force dedicate per le regioni con maggiori criticità (segnatamente Calabria, Campania e Sicilia) e da ultimo attraverso l’istituzione di una task force dedicata al rafforzamento dell’attuazione del programma operativo nazionale reti 2007-2013. Sono state, inoltre, deliberate ulteriori riduzioni del cofinanziamento nazionale in favore di azioni coerenti con quelle previste nell’ambito del Piano di azione e coesione”.
“Dei 52 programmi operativi degli Obiettivi convergenza e competitività, 49 hanno raggiunto e superato il target di spesa comunitario. Soltanto 2 programmi (il POIN attrattori culturali, naturali e turismo e il programma operativo FSE Bolzano) non hanno evitato il disimpegno automatico delle risorse, perdendo complessivamente 27,7 milioni di euro (pari allo 0,05 per cento del totale delle risorse programmate). Nell’area della Convergenza – dice ancora il rappresentante del Viminale – i programmi operativi FESR Campania e Sicilia hanno superato il target assegnato rispettivamente del 32,4 per cento e dell’11,7 per cento, con certificazioni di spesa pari a circa 2,5 miliardi di euro ciascuno; nell’area della Competitività, i programmi operativi Emilia Romagna, sia FESR sia FSE, e il programma operativo FSE Trento hanno superato il target rispettivamente del 15,7, del 13,7 e del 26,3 per cento. I risultati raggiunti in termini di spesa certificata sono confermati dalla verifica del raggiungimento dei target nazionali di certificazione, fissati a un livello progressivamente maggiore di quello comunitario. La misurazione del target nazionale conferma l’aumento del ritmo della spesa, ad esclusione, come già detto, del solo programma operativo regionale finanziato con il Fondo sociale europeo della provincia di Bolzano. Dei circa 46,7 miliardi disponibili per il ciclo di programmazione 2007-2013, rimangono da spendere, entro il 31 dicembre di quest’anno, 13,6 miliardi di euro (di cui 7,9 di risorse comunitarie, la parte residua di risorse nazionali di sponda)”.

Giuseppe Catapano comunica: ANCORA CONDONO. E’ ONERE DEL CONTRIBUENTE DIMOSTRARE I PAGAMENTI

La corte di Cassazione si pronuncia, e crediamo che si pronuncerà ancora per qualche altro anno, sull’annoso problema del condono del 2002 riguardante le cartelle esattoriali IRPEF e ILOR. E’ un condono demenziale, così dicono gli ermellini, e quindi in questo caso, disciplinato dall’art.12 della legge 289 del 2002 devono essere i contribuenti a dover dimostrare i pagamenti e non l’ufficio a dimostrare il contrario. La vicenda nasce dal consueto pagamento della prima rata prevista dal condono con le susseguenti presuntivamente mai pagate. A seguito di questo parziale pagamento il contribuente riceveva un fermo amministrativo, ma ne contestava la legittimità lamentando di non aver mai ricevuto un avviso prodromico, come per esempio un diniego. Secondo il primi due gradi di giudizio il contribuente era in bonis in quanto aveva almeno pagato la prima tranche. Ma i giudici supremi ribaltano completamente la sentenza reputando insufficiente il versamento del ricorrente e non applicabile alcun accertamento straordinario da parte dell’Ufficio. Un’altra puntata di una storia infinita che si ripresenterà sicuramente in futuro.

Giuseppe Catapano informa: Equitalia, solo l’avviso di ricevimento prova la notifica della cartella

Per dimostrare di aver correttamente notificato la cartella esattoriale, Equitalia è tenuta a esibire l’originale dell’avviso di ricevimento della raccomanda spedita al cliente. Non ci sono altri mezzi per fornire tale prova. Non vale la fotocopia e, ancor di più, il semplice estratto di ruolo. Va bene, dunque, che ormai la giurisprudenza abbia ritenuto valida la notifica diretta, a mezzo posta, da parte dell’esattore, ma almeno la prova della correttezza di tale adempimento deve essere certa e cristallina: e non c’è altro modo di fornirla se non producendo il cosiddetto “a.r.” in originale. Del resto, è proprio l’avviso di ricevimento che può fornire la dimostrazione incontrovertibile della data di spedizione e di ricezione (essenziale per verificare se Equitalia sia decaduta dal potere di riscuotere e se il contribuente abbia presentato il ricorso nei termini). Lo ha chiarito la Cassazione con una sentenza di questa mattina. Attenzione però: non è necessario che Equitalia porti in causa anche la copia della cartella (salvo – aggiungiamo noi – che il contribuente contesti anche il contenuto del plico stesso, nel qual caso spetta al notificante fornire la prova contraria e dimostrare cosa la busta contenesse: leggi “Equitalia deve dimostrare l’esatto contenuto della cartella di pagamento”). Con una lunga motivazione, la Suprema Corte ha sottolineato che in tema di notifica della cartella esattoriale, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data può essere fornita solo mediante la produzione dell’avviso di ricevimento. Come detto però, la copia della cartella di pagamento non deve necessariamente essere presentata al giudice: la cartella, infatti – si legge in sentenza – una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi consegnata a quest’ultimo. Essa, in pratica, già si “presume” conosciuta con la semplice esistenza dell’avviso di ricevimento, salvo prova contraria da parte del contribuente. Quest’ultimo, cioè, dovrebbe dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione. La sentenza contiene poi un’ultima importante precisazione. L’omissione della notifica della cartella di pagamento è un vizio che ha come conseguenza la nullità del pignoramento di Equitalia. E l’opposizione al pignoramento va presentata davanti al giudice dell’esecuzione (tribunale ordinario e non CTP), anche quando ne venga fatta valere la nullità per omessa notifica della cartella (o dell’intimazione ad adempiere); in tale caso, il giudice dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica all’esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale. Sul problema della giurisdizione competente a decidere l’opposizione al pignoramento di Equitalia si era pronunciata la stessa Cassazione qualche giorno fa e da noi segnalata in “Competenza e giurisdizione contro l’esecuzione forzata di Equitalia”.

Giuseppe Catapano informa: BASTA POCO PER MOTIVARE UN ATTO DI LIQUIDAZIONE DI SUCCESSIONE

La sentenza che ci riguarda nasce dalla impugnazione di un avviso di liquidazione in tema di imposta di successione e della, ormai sepolta, INVIM. Secondo il contribuente l’atto non sarebbe stato adeguatamente motivato in termini di presupposti di fatto e di ragioni giuridiche, per cui chiedeva ai giudici tributari l’annullamento. Se il primo grado vedeva parzialmente vittorioso il contribuente, il secondo grado e poi la Cassazione non ritenevano adeguate le motivazioni volte al suo annullamento. Specie quest’ultima che in tema di motivazione dell’atto, poneva l’accento sulla doglianza del contribuente che si, lamentava l’inidonea motivazione di esso, ma alludeva anche a vizi che dovevano essere maggiormente esplosi in sede di merito. Gli ermellini non possono che prendere atto dell’esistenza , seppur minima, di presupposti di sopravvivenza per l’atto che viene confermato, con soccombenza del contribuente sarà costretto a pagare anche le esose spese di lite.

Catapano Giuseppe: ACCERTAMENTO MEDIANTE L’APPLICAZIONE DI PARAMETRI O STUDI DI SETTORE: VALIDITA’ DEL PROCEDIMENTO ANCHE IN MANCANZA DI PARTECIPAZIONE DEL CONTRIBUENTE AL CONTRADDITTORIO

La CTP accoglie il ricorso di un contribuente, architetto che svolge l’attività di CTU, e annulla l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio, applicando i parametri, ha rideterminato i compensi del professionista rettificando le dichiarazioni Iva, Irpef e Irap per l’anno 1999 liquidando le maggiori imposte dovute. La CTR riforma la sentenza di I grado e accoglie l’appello dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, secondo la commissione di II grado l’accertamento basato su parametri e studi di settore rappresenta un metodo di accertamento legittimo ed efficace quando sussistono, come nel caso in esame, degli elementi gravi, precisi e concordanti.

Il contribuente propone ricorso per cassazione argomentando cinque motivazioni:

1) si denuncia l’errore commesso dalla CTR con la propria decisione perché nell’appello l’Agenzia non formula nessuno specifico motivo di impugnazione avverso la sentenza di I grado dal momento che quest’ultima ha riconosciuto la correttezza e la legittimità del procedimento adottato dall’Ufficio;

2) e 3) si denuncia un vizio di motivazione perché il giudice di appello ha ritenuto legittimo l’accertamento basato sui parametri senza considerare gli elementi esibiti dal contribuente, negando la sua partecipazione al contraddittorio ed ignorando la presenza nel fascicolo processuale dei documenti dimostrativi delle modalità lavorative del professionista nelle attività fonte dei compensi percepiti;

4) viene ritenuta illegittima l’applicazione retroattiva dello studio di settore, dal momento che gli studi tanto per l’attività di CTU quanto per quella di architetto non risultano ancora entrati in vigore nell’anno 1999;

5) l’accertamento deve essere annullato perché le prove fornite dal contribuente rilevano che quanto da lui dichiarato è in linea con il risultato delle prove fornite, mentre gli elementi scaturenti da parametri e studi di settore derivano da calcoli empirici.

In via generale tutti i motivi sono da considerare inammissibili perché nuovi e non previamente esaminati dal giudice di merito. Ci si scontra con il principio affermato dalla Corte secondo il quale non sono prospettabili in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi di giudizio di merito, in quanto il giudizio di cassazione può avere per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo. Inoltre, il ricorso manca di autosufficienza perché il ricorrente non ha indicato dove e quando le questioni siano state già trattate nei precedenti gradi di giudizio.

Il secondo ed il terzo motivo sono, oltretutto, infondati. Il vizio motivazionale sussiste quando dal ragionamento del giudice di merito emerge l’annullamento di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ma nel caso in esame tali anomalie motivazionali non esistono.

L’accertamento tributario mediante l’applicazione dei parametri o degli studi non si colloca nella procedura di accertamento prevista dall’art. 39 del D.P.R. 600/73 (analisi dei risultati delle scritture contabili) ma la affianca. Inoltre, gli elementi emergenti dallo studio o dai parametri devono essere corretti in contraddittorio, quale strumento di adeguamento dell’ipotesi dello studio alla concreta realtà economica del contribuente. Non va dimenticato, tuttavia, che secondo la Corte, sia pur considerando la centralità del previo contraddittorio con il contribuente all’interno dell’accertamento fondato sui parametri, l’eventuale assenza del soggetto al contraddittorio non impedisce al procedimento di conseguire le prove idonee a validare la legittimità dell’accertamento: il contribuente che non partecipa deve assumere le conseguenze del suo comportamento.

La CTR, nel rispetto di tale percorso, ha ribadito la validità dell’accertamento operato mediante l’applicazione degli studi in mancanza dell’esibizione di documenti e della fornitura di risposte da parte del contribuente. L’accertamento, quindi, è motivato ed incensurabile in sede di legittimità.

Il ricorso viene rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Catapano Giuseppe comunica: Rifiuti: l’imposta non è dovuta se l’immobile è rimasto inoccupato

Non va pagata l’imposta sui rifiuti (attualmente Tari, in passato Tarsu e prima ancora Tares) se il contribuente dimostra che l’immobile è rimasto inoccupato e ha già corrisposto tale tributo per un’abitazione nella quale risiede.

Lo ha precisato la Commissione Tributaria Regionale di Roma con una recente sentenza  che ha annullato un avviso di accertamento per omessa dichiarazione della Tari e mancato pagamento del relativo tributo. Il contribuente, dal canto suo, invocava la nullità dell’atto sostenendo che, nell’immobile, non aveva mai abitato. I giudici di secondo grado gli hanno dato ragione.

Secondo la sentenza in commento, non si deve pagare l’imposta sui rifiuti relativa a un determinato immobile se quest’ultimo, nel periodo riguardante l’accertamento, è rimasto inoccupato (nel caso di specie, tale circostanza era stata dimostrata a mezzo di dichiarazione spontanea inviata dal ricorrente al Comune di Roma e dal fatto che il contribuente, nello stesso periodo, ha abitato in un altro immobile, dove gli è stata inviata, per gli stessi anni, la Tarsu).

Non si può negare che il Ministero abbia più volte precisato che la presenza di arredo o l’attivazione delle utenze (per esempio, l’acqua o la luce) costituiscono presunzione semplice dell’occupazione dell’immobile. Ma è sempre concesso al contribuente dimostrare il contrario, ossia il fatto che comunque l’abitazione è rimasta del tutto inoccupata. Ovviamente, la mancanza di allacciamenti può essere provata attraverso documentazione scritta, e questo è sufficiente per ottenere la cancellazione della tassa. Per verificare, invece, l’assenza di arredi è necessaria un’ispezione sul luogo, che quasi nessun Comune fa. E allora possono supplire altre prove, come per esempio il fatto che il contribuente abbia sempre abitato un altro immobile e per quest’ultimo abbia corrisposto il relativo tributo sui rifiuti.