Giuseppe Catapano informa: 730 precompilato, fino al 29 giugno possibile la correzione

Il contribuente che ha già inviato il 730 precompilato via web tramite il sito internet dell’Agenzia delle Entrate e si è accorto di aver commesso degli errori può effettuare un nuovo invio che annulla e sostituisce il precedente. Con un provvedimento pubblicato oggi, infatti, l’Agenzia delle Entrate fornisce indicazioni su modi e tempi per inviare la nuova dichiarazione correttiva.

Nuova chance per i contribuenti – Per agevolare i cittadini nel primo anno di avvio sperimentale del 730 precompilato, l’Agenzia offre la possibilità di correggere direttamente la dichiarazione inviata, senza la necessità di rivolgersi al Caf o a un professionista abilitato per la presentazione di un modello 730 integrativo o di presentare un modello Unico correttivo o integrativo.
È possibile, ad esempio, aggiungere degli oneri precedentemente dimenticati, modificare la dichiarazione a seguito delle rettifiche della Certificazione Unica comunicate dal sostituto d’imposta dopo il primo invio del 730 precompilato oppure inserire detrazioni non considerate precedentemente.

Come inviare il nuovo 730 – Per effettuare il nuovo invio è sufficiente accedere con le proprie credenziali all’area del sito internet dell’Agenzia delle Entrate dedicata al 730 precompilato, riaprire la dichiarazione già trasmessa, apportare le modifiche necessarie e quindi procedere all’invio della dichiarazione sostitutiva. La sostituzione della dichiarazione è ammessa una sola volta.

Quando inviare il modello – La nuova dichiarazione annulla e sostituisce integralmente il 730 già trasmesso e può essere inviata a partire da oggi e fino al 29 giugno.
Solo i contribuenti che hanno presentato il 730 in assenza del sostituto d’imposta che effettua i conguagli utilizzando la procedura web resa disponibile dall’Agenzia e che abbiano trasmesso, entro il 16 giugno 2015, il modello F24 per il pagamento delle somme dovute, possono presentare il 730 sostitutivo entro il 21 giugno 2015.

Come specificato nelle motivazioni del provvedimento del Direttore dell’Agenzia 10 giugno 2015, la nuova chance viene concessa, tenuto conto del carattere sperimentale della procedura, per consentire ai contribuenti che hanno già inviato, attraverso l’apposita funzionalità dell’applicazione web 730 precompilato, la propria dichiarazione 730 con dati errati o incompleti, di correggere la dichiarazione direttamente, senza la necessità di rivolgersi al CAF o a un professionista abilitato per la presentazione di un modello 730 integrativo, di cui all’articolo 14 del decreto del Ministro delle Finanze 31 maggio 1999, n. 164, o di presentare un modello Unico correttivo nei termini o integrativo secondo quanto previsto dall’articolo 2, commi 8 e 8-bis, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

Giuseppe Catapano informa: Cartella nulla se la notifica dell’atto dell’Agenzia Entrate è irregolare

Lo potremmo chiamare “effetto domino”: se cade la prima tessera, cadono tutte quelle collocate in successione dopo di essa. Lo stesso identico principio regola gli atti amministrativi e fiscali: nel momento in cui un provvedimento viene dichiarato nullo, sono nulli anche tutti quelli successivi che sono stati emanati in conseguenza del primo. Per esempio: se è nullo un accertamento fiscale, è nulla anche la cartella di Equitalia inviata al contribuente per il mancato pagamento del primo. Questo concetto è molto importante per comprendere una delle ipotesi più frequenti di vizi degli atti dell’Agenzia delle Entrate: il difetto di notifica. Se, infatti, non viene mai notificato, al legittimo destinatario, l’atto a monte del procedimento (quello che i tecnici chiamano “atto prodromico”), gli eventuali atti notificati successivamente, anche se in modo corretto, sono nulli. Questo perché il contribuente non può prendere conoscenza del procedimento tributario avviato contro di lui quando oramai “i giochi sono fatti” e per lui non c’è più possibilità di contestarlo. La Cassazione insegna, infatti, che l’omessa notifica di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo. Il contribuente può proporre opposizione (per far valere tale nullità) indifferentemente nei confronti dell’ente creditore titolare del tributo (per es. l’Agenzia delle Entrate, l’Inps, ecc.) o Equitalia. Tale principio era stato battezzato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con una storica sentenza, secondo cui l’atto successivo (ad esempio, la cartella di pagamento) è di per sé nullo se non preceduto dalla rituale notifica di quello presupposto (ad esempio, l’accertamento). Il discorso è identico non solo nel caso in cui l’atto prodromico non venga mai notificato, ma anche se notificato in modo irregolare, senza per esempio la completa compilazione della relata di notifica, o consegnato al soggetto sbagliato, nel posto diverso da quello della residenza, ecc. In questi casi, però, volendo scendere più sul tecnico, bisognerebbe distinguere tra due tipi di vizi: – nullità: si tratta degli errori più gravi commessi al momento della notifica, errori che non possono essere mai sanati. È il caso, per esempio, di un accertamento consegnato al contribuente da un soggetto che non abbia pubblici poteri per farlo (per esempio, il postino privato). In tal caso, il contribuente potrà fare tranquillamente opposizione contro l’atto stesso per notifica inesistente; – annullabilità: sono i casi di vizi meno gravi che, invece, vengono sanati se si dimostra – anche con un comportamento implicito del contribuente – che il destinatario ha comunque preso visione dell’atto. Si pensi al caso in cui l’avviso di accertamento venga consegnato a un familiare non convivente che, in quel momento, si trovava in casa del destinatario effettivo. E qui sta l’inghippo: se il contribuente propone ricorso contro l’atto per chiederne l’annullamento dimostra, tacitamente, di averne preso visione (come potrebbe fare ricorso contro un atto se non lo ha materialmente visto?). Dunque, l’impugnazione comporta la sanatoria del vizio. In tali ipotesi, allora, l’unica strada per uscirne è far finta di nulla e attendere la notifica del successivo atto, per poi impugnare quest’ultimo sostenendo di non essere mai venuti a conoscenza dell’atto prodromico.

Catapano Giuseppe comunica: Rateizzazione delle plusvalenze e delle sopravvenienze attive – Segnalazione possibili anomalie

Determinazione del reddito di impresa: dal Fisco un alert su possibili anomalie in merito alla rateizzazione delle plusvalenze e delle sopravvenienze attive. Dati condivisi per “regolarizzare” con il nuovo ravvedimento

L’articolo 1, comma 636, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate siano individuate le modalità con le quali gli elementi e le informazioni, di cui ai commi 634 e 635 del medesimo articolo, sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di Finanza. Si tratta di elementi e informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate riferibili al contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d’affari e al valore della produzione, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d’imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti. In attuazione delle citate disposizioni con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 25 maggio 2015, Prot. 2015/71472 sono state dettate le disposizioni concernenti le modalità con le quali sono messe a disposizione del contribuente e della Guardia di Finanza, anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici, informazioni riguardanti la non corretta indicazione delle quote costanti delle plusvalenze e/o sopravvenienze attive per le quali i contribuenti hanno optato, derogando al regime naturale di tassazione integrale nell’anno di realizzo ai sensi degli articoli 86 e 88 del TUIR, per la rateizzazione fino ad un massimo di cinque esercizi. Gli elementi e le informazioni (riportate al punto 1.2 nel provvedimento) forniscono al contribuente dati utili al fine di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni, mediante l’istituto del ravvedimento operoso.

In particolare, nelle comunicazioni sono riportate le seguenti informazioni:
· numero identificativo della comunicazione;
· modello di dichiarazione presentato relativo all’anno di realizzazione della plusvalenza o sopravvenienza;
· protocollo identificativo e data di invio della dichiarazione;
· ammontare complessivo della plusvalenza o sopravvenienza attiva realizzata, per la quale si è optato per la rateazione;
· numero di rate scelte e ammontare della quota costante;
· dati relativi alla dichiarazione per il periodo d’imposta 2011, nella quale la quota di competenza risulta parzialmente o totalmente omessa;
· ammontare della quota di competenza parzialmente o totalmente omessa.

Si ricorda. a tal proposito che istituto del ravvedimento è stato, profondamente rinnovato dall’articolo 1, comma 637, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, al fine di garantire al contribuente la possibilità di effettuare le opportune correzioni ed i connessi versamenti delle somme dovute, usufruendo della riduzione delle sanzioni applicabili, graduata in ragione della tempestività dell’intervento correttivo. Tale comportamento potrà essere posto in essere a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni o, in generale, di accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità di cui agli articoli 36-bis del D.P.R. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. 633/1972 e degli esiti del controllo formale di cui all’articolo 36-ter del D.P.R. 600/1973. Nel provvedimento sono state altresì indicate le modalità con le quali i contribuenti possono richiedere informazioni o comunicare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.

Giuseppe Catapano informa: Modifiche legislative e interventi giurisprudenziali in materia di transazione fiscale e crisi da sovraindebitamento

Pronti tutti i chiarimenti dell’Agenzia in tema di transazione fiscale. Con la circolare n. 19/E, del 6 maggio 2015, le Entrate forniscono istruzioni in seguito alle modifiche normative e agli ultimi indirizzi della giurisprudenza costituzionale e di Cassazione. In particolare, il documento di prassi chiarisce che il concordato preventivo con falcidia o dilazione dei debiti tributari è ammissibile anche se non è stata presentata la domanda di transazione fiscale e sottolinea l’intangibilità del credito Iva e del credito per le ritenute operate e non versate. Ampio focus anche sulla disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, riferita ai soggetti esclusi dall’applicazione degli istituti disciplinati dalla legge fallimentare.

L’assenza della domanda di transazione non ferma il concordato

La presentazione della domanda di transazione fiscale non costituisce un obbligo per il debitore che, nell’ambito del concordato preventivo, chiede la falcidia o la dilazione dei debiti tributari. Il concordato preventivo con falcidia o dilazione è quindi ammissibile anche in assenza di domanda di transazione fiscale. In questo caso, tuttavia, l’omologazione del concordato non comporta l’effetto di consolidamento del debito tributario proprio della transazione. La circolare sottolinea inoltre che il debito tributario relativo all’Iva può essere solo oggetto di dilazione e non di falcidia: una precisazione che vale anche per le ritenute operate e non versate.

Crisi da sovraindebitamento a tre vie

Ampio spazio è dedicato alle procedure previste dalla Legge 3/2012, volte a gestire le situazioni di crisi che riguardano soggetti esclusi dall’applicazione degli istituti disciplinati dalla legge fallimentare:
· accordo di composizione della crisi;
· piano del consumatore;
· liquidazione dei beni.
Tra i debiti risanabili rientrano anche quelli di natura fiscale, fermo restando che per l’IVA e per le ritenute è possibile la sola dilazione del pagamento. Agli uffici, infine, viene richiesto di liquidare i tributi risultanti dalle dichiarazioni, di notificare gli avvisi di accertamento e di predisporre la certificazione attestante il debito tributario complessivo nel più breve tempo possibile.

Catapano Giuseppe osserva: Contratti con controparti estere: ciò che l’imprenditore deve sapere

Dobbiamo preliminarmente avvertire quanto possa essere pericoloso, quando si opera con l’estero, basarsi esclusivamente sulla propria capacità e fantasia imprenditoriale e non tenere in debito conto, quando poi dobbiamo procedere alla stipula del contratto, le regole di natura giuridica che dovranno disciplinare il contratto stesso. Il presente intervento, e quelli che poi seguiranno, si propongono proprio di affrontare tale problematica, ovviamente in una ottica generale e con taglio di natura estremamente pratica, al fine di avviare i lettori ad una prima conoscenza di base sui meccanismi che regolano i contratti internazionali. Un imprenditore sa bene che quando opera con l’estero i rischi possono essere maggiori rispetto a quando si intraprendono affari all’interno e deve quindi evitare il più possibile di incorrere in “infortuni commerciali” che, talvolta, possono mettere in seria difficoltà, la propria azienda. Detto questo, diamo senz’altro per scontato che un contratto internazionale, sia pure tecnicamente perfetto, non costituisce di per se stesso una garanzia invulnerabile per il buon fine della transazione commerciale. Potrà comunque esserci riconosciuto che un contratto internazionale correttamente impostato può prevenire o quanto meno ridurre l’insorgere di eventuali controversie, mentre una equivoca o non chiara formulazione delle clausole contrattuali può invece favorire, anche pretestuosamente, contestazioni o inadempienze che fanno perdere alle aziende molto tempo e spesso anche molto denaro. Possiamo a tal proposito fare l’esempio del licenziatario che, avendo ricevuto dal licenziante la documentazione ed il know- how pattuiti in contratto, tenta poi di sottrarsi al pagamento delle royalties. Altro può essere il caso in cui in un contratto di agenzia, pur essendosi pattuito che in caso di cessazione dello stesso non sarebbe spettata alcuna indennità di fine rapporto, l’azienda preponente si senta poi richiedere dall’agente, senza averlo previsto, il pagamento, a volte di una forte somma, proprio a tale titolo. Un’altra eventualità abbastanza comune è quella in cui il compratore estero, pur avendo ordinato un certo prodotto, non ha più interesse a ritirarlo e accampa una serie di eccezioni o contestazioni. In questo caso se le clausole contrattuali sono state stilate in modo tale da rendere assai ristretto lo spazio per imbastire manovre pretestuose e se è stato pattuito in modo chiaro secondo quali modalità devono essere risolte le eventuali vertenze (ad esempio con il ricorso all’arbitrato ) è assai probabile che la semplice minaccia di una azione legale possa indurre la controparte estera a non persistere nel suo tentativo di sottrarsi ai propri obblighi e possa comunque essere trovata una soluzione. È al riguardo preliminarmente da avvertire che una qualsiasi transazione con controparte estera dovrebbe sempre trovare una regolamentazione scritta mediante la predisposizione di apposito contratto. È pur vero che, sotto il profilo strettamente giuridico, in talune situazioni un contratto può validamente formarsi anche mediante un semplice accordo verbale. Tuttavia bisogna tener presente che l’esistenza di un accordo scritto assume fondamentale importanza nell’eventualità che fra le parti insorga una controversia, in quanto tale documento costituisce il principale elemento in base al quale verrà emessa la decisione finale. Difatti potrà presentare una certa difficoltà per la parte interessata provare per testi o comunque documentare eventuali accordi avvenuti per telefono o in occasione di incontri, oppure intese modificative o integrative del contratto stesso che non trovino riscontro in un patto scritto. Peraltro la prova per testi di un contratto soffre, in linea generale ,nell’ordinamento italiano, di alcune limitazioni ed è in pratica rimessa alla discrezionale valutazione del giudice. In ogni caso, a prescindere dal contenuto negoziale del contratto, che ovviamente dovrà essere attentamente vagliato per conseguire le condizioni più favorevoli per la nostra azienda, le scelte di base che l’operatore deve effettuare sono le seguenti: – quale legge applicare al contratto; – a quale giudice affidare la decisione di eventuali controversie che dovessero insorgere tra le parti, anche in relazione all’eventuale necessità del riconoscimento della sentenza nel Paese della controparte. – l’eventuale ricorso all’arbitrato internazionale nella ipotesi in cui particolari situazioni rendano opportuno o necessario l’utilizzo di tale particolare strumento per la risoluzione delle controversie.

Giuseppe Catapano comunica: Contratti con controparti estere: ciò che l’imprenditore deve sapere

Dobbiamo preliminarmente avvertire quanto possa essere pericoloso, quando si opera con l’estero, basarsi esclusivamente sulla propria capacità e fantasia imprenditoriale e non tenere in debito conto, quando poi dobbiamo procedere alla stipula del contratto, le regole di natura giuridica che dovranno disciplinare il contratto stesso.   Il presente intervento, e quelli che poi seguiranno, si propongono proprio di affrontare tale problematica, ovviamente in una ottica generale e con taglio di natura estremamente pratica, al fine di avviare i lettori ad una prima conoscenza di base sui meccanismi che regolano i contratti internazionali.   Un imprenditore sa bene che quando opera con l’estero i rischi possono essere maggiori rispetto a quando si intraprendono affari all’interno e deve quindi evitare il più possibile di incorrere in “infortuni commerciali” che, talvolta, possono mettere in seria difficoltà, la propria azienda.   Detto questo, diamo senz’altro per scontato che un contratto internazionale, sia pure tecnicamente perfetto, non costituisce di per se stesso una garanzia invulnerabile per il buon fine della transazione commerciale.   Potrà comunque esserci riconosciuto che un contratto internazionale correttamente impostato può prevenire o quanto meno ridurre l’insorgere di eventuali controversie, mentre una equivoca o non chiara formulazione delle clausole contrattuali può invece favorire, anche pretestuosamente, contestazioni o inadempienze che fanno perdere alle aziende molto tempo e spesso anche molto denaro.   Possiamo a tal proposito fare l’esempio del licenziatario che, avendo ricevuto dal licenziante la documentazione ed il know- how pattuiti in contratto, tenta poi di sottrarsi al pagamento delle royalties.   Altro può essere il caso in cui in un contratto di agenzia, pur essendosi pattuito che in caso di cessazione dello stesso non sarebbe spettata alcuna indennità di fine rapporto, l’azienda preponente si senta poi richiedere dall’agente, senza averlo previsto, il pagamento, a volte di una forte somma, proprio a tale titolo.   Un’altra eventualità abbastanza comune è quella in cui il compratore estero, pur avendo ordinato un certo prodotto, non ha più interesse a ritirarlo e accampa una serie di eccezioni o contestazioni.   In questo caso se le clausole contrattuali sono state stilate in modo tale da rendere assai ristretto lo spazio per imbastire manovre pretestuose e se è stato pattuito in modo chiaro secondo quali modalità devono essere risolte le eventuali vertenze (ad esempio con il ricorso all’arbitrato ) è assai probabile che la semplice minaccia di una azione legale possa indurre la controparte estera a non persistere nel suo tentativo di sottrarsi ai propri obblighi e possa comunque essere trovata una soluzione.   È al riguardo preliminarmente da avvertire che una qualsiasi transazione con controparte estera dovrebbe sempre trovare una regolamentazione scritta mediante la predisposizione di apposito contratto.   È pur vero che, sotto il profilo strettamente giuridico, in talune situazioni un contratto può validamente formarsi anche mediante un semplice accordo verbale.   Tuttavia bisogna tener presente che l’esistenza di un accordo scritto assume fondamentale importanza nell’eventualità che fra le parti insorga una controversia, in quanto tale documento costituisce il principale elemento in base al quale verrà emessa la decisione finale.   Difatti potrà presentare una certa difficoltà per la parte interessata provare per testi o comunque documentare eventuali accordi avvenuti per telefono o in occasione di incontri, oppure intese modificative o integrative del contratto stesso che non trovino riscontro in un patto scritto. Peraltro la prova per testi di un contratto soffre, in linea generale ,nell’ordinamento italiano, di alcune limitazioni ed è in pratica rimessa alla discrezionale valutazione del giudice.   In ogni caso, a prescindere dal contenuto negoziale del contratto, che ovviamente dovrà essere attentamente vagliato per conseguire le condizioni più favorevoli per la nostra azienda, le scelte di base che l’operatore deve effettuare sono le seguenti:   – quale legge applicare al contratto;   – a quale giudice affidare la decisione di eventuali controversie che dovessero insorgere tra le parti, anche in relazione all’eventuale necessità del riconoscimento della sentenza nel Paese della controparte.   – l’eventuale ricorso all’arbitrato internazionale nella ipotesi in cui particolari situazioni      rendano opportuno o necessario l’utilizzo di tale particolare strumento per la risoluzione delle controversie.