Catapano Giuseppe scrive: Prelievi dal conto superiori a mille euro

Il correntista è libero tanto di depositare quanto di prelevare qualsiasi cifra di denaro contante dal proprio conto corrente, sia esso bancario o postale. I limiti di tracciabilità, riferiti a somme in contanti superiori a 999,99 euro, si riferiscono solo a pagamenti tra soggetti differenti (anche se uno dei due è una pubblica amministrazione). Al contrario, prelievi e versamenti coinvolgono sempre lo stesso soggetto, il correntista, che rimane nella titolarità della propria somma, sia che la depositi in conto che la prelevi.

Il dipendente della banca potrà chiedere spiegazioni delle ragioni del prelievo (o anche circa la fonte della somma versata), quando si tratti di cifre consistenti. Ciò ai fini del rispetto degli obblighi – che gravano però sugli intermediari finanziari e non sul cittadino – relativi alla normativa sull’antiriciclaggio: obblighi che impongono di tracciare i movimenti di denaro e raccogliere le informazioni relative ad operazioni “sospette”. Tali informazioni andranno poi fornite alla sede centrale della banca che valuterà se darne informativa alle autorità.

In ogni caso, il prelievo, da parte del titolare del conto, di una somma superiore a 999,99 euro non può essere mai osteggiato dalla banca, che non può quindi rifiutarsi di consegnargliela.

Quel che poi il correntista farà della somma sposta il problema della tracciabilità dei pagamenti ad un momento successivo. Se, per esempio, l’interessato ha prelevato la somma in contanti per pagare, in un’unica soluzione, il bollo auto (perché, magari, aveva delle rate arretrate) o per acquistare un televisore o altre spese, in tal caso scatterà certamente l’illecito: tornerà, infatti, l’obbligo di usare strumenti di pagamento tracciabili e non il denaro contante. Si tratta di operazioni che coinvolgono due soggetti e non più il solo correntista.

Catapano Giuseppe scrive: Equitalia: il pignoramento blocca il conto corrente

Equitalia e la banca hanno agito correttamente, per come prevede la legge. Difatti la procedura speciale di pignoramento presso terzi, prevista appositamente per la riscossione esattoriale, prevede che l’Agente per la riscossione invii al terzo (la banca) l’atto di pignoramento senza bisogno dell’udienza davanti al giudice. Con tale atto di pignoramento, Equitalia ordina all’istituto di credito di pagare direttamente all’Esattore – entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto, le somme per le quali il diritto alla percezione da parte del debitore sia maturato anteriormente alla data di notifica dell’atto; – alle rispettive scadenze le restanti somme. Il tutto fino a concorrenza del credito per il quale Equitalia procede, degli interessi di mora e dei compensi di riscossione maturati sino al giorno del pagamento e riportati nell’atto stesso. Ovviamente se è vero che il terzo pignorato (la banca) non può disporre di queste somme in modo difforme (pertanto non può pagare assegni del cliente che, nelle more, dovessero venire in pagamento e che, pertanto andrebbero protestati) è anche vero che nulla vieta al debitore di mutare conto corrente di appoggio per i successivi accrediti. L’obbligo della banca di versare man mano le somme ad Equitalia non si estende all’ultimo stipendio accreditato sul conto, il quale deve restare nella disponibilità del debitore. Il fatto che le somme percepite a titolo di stipendio siano confluite in un conto corrente ostacola in realtà, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, l’applicazione del limite di pignorabilità del quinto dello stipendio. In pratica, se è vero che la busta paga, pignorata in azienda, può essere trattenuta fino a massimo il 20% (appunto pari a 1/5), nel caso in cui le somme confluiscano in banca il pignoramento si può estendere al 100% degli importi. Ciò in quanto verrebbe meno il rapporto diretto tra gli emolumenti e la loro fonte e si creerebbe di fatto confusione tra essi e le somme a diverso titolo depositate sul conto corrente. Tuttavia, se nel conto del contribuente confluiscono solo le mensilità stipendiali e sia possibile dimostrare ciò al giudice (per esempio da un estratto conto), secondo un orientamento minoritario – ma che sta prendendo via via piede – sarebbe legittima l’opposizione deducendo che il pignoramento, in quanto avente ad oggetto la sola retribuzione lavorativa, deve rispettare il limite del quinto e non può estendersi a tutta la provvista depositata in banca. Quest’ultima tesi è sostenuta da un orientamento affermatosi recentemente con riguardo al pignoramento delle pensione ma estendibile anche ai crediti da lavoro. Si tratta della sentenza del Tribunale di Savona (2014) e del Tribunale di Sulmona (2013) che escludono il pignoramento integrale del conto corrente a due condizioni: – la natura del credito deve essere immediatamente riconoscibile per natura ed importo: in pratica, deve essere palese ed evidente che sul conto vengano accreditati solo i ratei dello stipendio. Bisogna quindi consentire al giudice di identificare esattamente la provenienza delle somme depositate; – sullo stesso conto non devono essere fatti ulteriori accrediti diversi da quelli dei ratei dello stipendio. Insomma, il debitore oggetto dell’esecuzione forzata deve essere in grado di dimostrare che sul conto vi sia solo e soltanto lo stipendio e null’altro.