Catapano Giuseppe osserva: Avvocati, un appello a Orlando

Un intervento del ministro della giustizia per risolvere il caos elezioni degli ordini forensi. Su 101 consigli rinnovati, infatti, in 20 hanno sporto reclamo elettorale dinanzi al Cnf. E i restanti sono in regime di prorogatio, con limiti allo svolgimento delle attività amministrative. L’indicazione unanime a via Arenula, dopo la sentenza del Tar dello scorso giugno, è arrivata ieri in occasione dell’Agorà degli ordini forensi, promossa dal Consiglio nazionale forense come luogo di confronto istituzionale per le questioni di interesse dell’avvocatura. La richiesta, da parte dei rappresentanti delegati dei consigli degli ordini dei 26 distretti di Corte d’appello, è stata di garantire al sistema ordinistico la necessaria stabilità con l’assunzione di un indirizzo che risolva in maniera definitiva e senza margini di incertezza le problematiche derivanti dalla sentenza Tar, che ha annullato alcune previsioni del regolamento del ministero della giustizia di disciplina delle elezioni dei consigli degli ordini, per la mancata previsione del «voto limitato». La preoccupazione degli ordini è stata raccolta dal Cnf che si è impegnato a riportarla al ministero. I lavori dell’Agorà si sono concentrati poi su altre questioni di interesse per la professione: l’assetto del nuovo sistema disciplinare; le problematiche collegate alla difesa d’ufficio e patrocinio a spese dello stato, con i progetti di collaborazione tra Cnf, Cassa e il ministero della giustizia per risolvere l’arretrato nella liquidazione dei compensi degli avvocati; l’analisi dei diversi regolamenti attuativi della riforma forense; i disegni di legge attualmente in parlamento, quali «concorrenza» e riforma del processo civile.

Catapano Giuseppe informa: Antitrust, nuovo procedimento contro il Cnf: resistenze sulla pubblicità

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato boccia il divieto per gli avvocati di farsi pubblicità online. “Dopo lo stop del Tar del Lazio al nuovo regolamento che disciplina le elezioni nei Consigli degli Ordini, per il quale si chiede un intervento urgente del ministro Orlando, un provvedimento dell’Antitrust , il numero 25487 pubblicato nel bollettino del 15 giugno 2015, contro la ‘norma-bavaglio’ inserita nel Codice deontologico forense, che di fatto limita fortemente la possibilità per gli avvocati di essere presenti online su siti diversi da quello del proprio studio” commenta l’Associazione giovani avvocati italiani, che aveva subito contestato le norme previste dal Cnf e plaude alla decisione dell’Autorità garante.

“Il vigente codice deontologico forense – si legge nel provvedimento dell’Authority – prescrive al comma 9 che ‘L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso’, aggiungendo al comma 12 che ‘la violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura’”.

Secondo l’Antitrust, le disposizioni del codice deontologico, entrato in vigore lo scorso 15 dicembre, “si pongono in contrasto con i principi e le valutazioni effettuate dall’Autorità nel provvedimento n. 25154 del 22 ottobre 2014; esse, pertanto, costituiscono una violazione di quanto disposto alla lettera c) del deliberato del provvedimento, con il quale l’Autorità diffidava il Cnf dal porre in essere in futuro comportamenti analoghi a quello oggetto dell’infrazione accertata”.

Il provvedimento al quale si fa riferimento è quello con il quale l’Antitrust aveva sanzionato il Consiglio Nazionale Forense per aver ristretto la concorrenza sui compensi professionali con una maxi multa da quasi un milione di euro .

“Finalmente gli avvocati potranno farsi conoscere anche sul web, senza il bavaglio imposto da un codice deontologico incapace di dialogare con un contesto, non solo professionale, in evoluzione – commenta la presidente di Aiga Nicoletta Giorgi, che lo scorso 27 ottobre aveva inviato una lettera al Consiglio Nazionale Forense chiedendo chiarimenti – La restrizione dell’utilizzo del web, oltre ad essere un vero bavaglio anacronistico, di fatto pone la nostra categoria professionale in una condizione di forte disparità e svantaggio, anche rispetto agli altri colleghi professionisti che non devono sottostare a limiti di scelta degli strumenti con cui veicolare le proprie informazioni”.

Ora è tempo che il Consiglio Nazionale Forense cambi davvero rotta: “Confidiamo in una lettura moderna della materia e della realtà in cui i professionisti si trovano a svolgere la propria attività, in concorrenza anche con studi internazionali che fanno uso massiccio delle nuove tecnologie e degli strumenti di informazione e pubblicità Diversamente, ostacoli e costi ricadranno al solito sui giovani, impediti ad utilizzare strumenti economici ma ampiamente diffusivi”.

“Il Cnf – conclude la presidente di Aiga – deve riconoscere che sottovalutare, o addirittura trascurare, le istanze provenienti dalle Associazioni lo distanzia ancora di più dalla realtà in cui opera la professione. Evidentemente ciò che non si conosce fa paura: ma questo limite di chi regolamenta la nostra professione non lo dobbiamo pagare noi”.

Catapano Giuseppe: Avvocati: vietato scrivere articoli e indicare i recapiti dello studio

L’avvocato che scrive un articolo su un giornale non può indicare, accanto alla sua firma, i recapiti del proprio studio. È questa la sintesi di una sentenza del Cnf  pubblicata, nei giorni scorsi, sul suo sito internet.

Si tratta dell’ennesima decisione contraria ai tempi e, soprattutto, allo spirito di una professione moderna, che vorrebbe rispolverare la propria immagine, costruendo un nuovo rapporto con la cittadinanza, in una dialettica di comunicazione diretta e senza intermediazioni. La sentenza del Cnf tenta di spezzare quel filo diretto tra professionisti e collettività, mai avuto in precedenza, dove i primi svolgono anche un servizio in funzione del popolo, sfruttando il libero accesso ai media, anche nell’ottica di combattere la crisi di una professione ormai messa ai margini non solo dal legislatore, ma anche dalle stesse istituzioni che dovrebbero rappresentarla. Il Cnf ha confermato la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi nei confronti di un avvocato che teneva una rubrica in un quotidiano nazionale dove, a margine di ogni articolo (che conteneva consigli e pareri), indicava oltre al proprio nome e cognome, anche il numero di telefono, il fax e l’indirizzo dello studio. Secondo, però, il Consiglio Nazionale Forense, si tratterebbe di un comportamento vietato dalla deontologia forense, in quanto diretto ad accaparrare e sviare la clientela: insomma, una condotta di tale tipo sarebbe anticoncorrenziale, secondo l’interpretazione tutta particolare di “concorrenza” che intende il Cnf. L’aver inserito i recapiti del proprio studio sul giornale – chiarisce la sentenza – integra una forma di pubblicità non ammessa dai canoni del codice deontologico, in quanto ha la conseguenza di accaparrarsi le richieste di pareri e consigli legali da parte dei lettori e, quindi, di sviare la clientela. Gli effetti su internet La sentenza finisce per avere effetti perversi anche sul web. Il principio, infatti, si riferisce all’uso della stampa in sé, al di là se cartacea o telematica. Con la conseguenza che l’avvocato che scriva un articolo su un internet, e in esso riporti gli estremi del proprio studio legale, l’email o il link al proprio sito, finirebbe – secondo il Cnf – per commettere un illecito deontologico. E poiché una regola, se valida, va applicata a prescindere dalle “dimensioni” del caso concreto, si arriva all’assurda conseguenza secondo cui tutti gli avvocati non potranno più scrivere su blog o siti online, anche di piccole dimensioni, indicando i propri “indirizzi telematici” (email o link al sito internet). Insomma, il Cnf ce la sta mettendo tutta per allontanare i legali dalle nuove forme di comunicazione, dal web e da ogni altro modo per uscire da una dimensione “territoriale” dell’avvocatura. Lo stesso Cnf che da un lato consente la possibilità di pubblicare inserzioni pubblicitarie (o meglio “comunicazioni alla clientela”) su un giornale tradizionale e, nello stesso tempo, vieta lo stesso tipo di avviso con un banner di Google Adwords. Quel Cnf che, mentre consente ad alcuni studi di collocare dei cartelli pubblicitari sugli autobus delle città, nello stesso tempo vieta ad altri avvocati di essere ospitati su un dominio internet non proprio, come una fanpage di Facebook.