Catapano Giuseppe comunica: Il Tribunale di Milano ha deciso che il divieto dell’anatocismo previsto dall’art. 120 T.U.B. è già in vigore dal 1° gennaio 2014 per tutti i contratti bancari

Il nuovo art. 120 T.U.B.

La legge di stabilità 2014 (Legge n. 147 del 27 dicembre 2013, comma 629) ha modificato l’art. 120, comma 2, del D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario), introducendo una disciplina innovativa in materia di anatocismo.

La novità legislativa è prevista nel comma 2 dell’art. 120 T.U.B., alla lettera b).

2. Il CICR [Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio] stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:

a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;

b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

La nuova norma prevede quindi un divieto di capitalizzazione periodica degli interessi (c.d. anatocismo), innovando rispetto alla norma previgente che disponeva invece la legittimità dell’anatocismo alla sola condizione che gli interessi attivi e passivi fossero capitalizzati con la stessa periodicità (nella prassi bancaria, trimestrale).

Il precedente comma 2 dell’art. 120 T.U.B. disponeva difatti solamente:

2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.

Dopo la modifica dell’art. 120 T.U.B. era sorto dubbio in dottrina (nell’assenza di pronunce giurisprudenziali, nella novità della questione) se il nuovo divieto fosse già entrato in vigore al 1° gennaio 2014 (data di entrata in vigore della l. n. 147/2013) oppure se fosse necessario attendere che il Comitato Interministeriale del Credito e Risparmio (CICR) emanasse la nuova delibera applicativa prevista dall’art. 120 T.U.B. (in sostituzione di quella previgente del 9 febbraio 2000, che ha disciplinato la materia dei rapporti bancari sino ad oggi).

La dottrina ed i commentatori in generale (compreso il Consiglio del Notariato, che ha emesso un parere in materia) propendevano in linea di massima per la seconda ipotesi: l’entrata in vigore effettiva del nuovo divieto di anatocismo bancario era da intendersi posticipata alla futura delibera del CICR. Sino ad allora il divieto di anatocismo non sarebbe stato efficace.

Le due ordinanze collegiali del 25 marzo e del 3 aprile 2015

Il Tribunale di Milano, con due ordinanze collegiali del 25 marzo e del 3 aprile 2015 (Presidente Dott.ssa Laura Cosentini, Giudice relatrice Dott.ssa Silvia Brat, Giudice Dott. Francesco Matteo Ferrari), ha invece recisamente affermato che il nuovo divieto assoluto di anatocismo bancario previsto dalla lettera b) dell’art. 120 T.U.B. è da intendersi già in vigore, e questo sin dal 1° gennaio 2014 (data di entrata in vigore della Legge n. 147 del 27 dicembre 2013, che ha modificato l’art. 120 T.U.B.).

Le due ordinanze collegiali del Tribunale di Milano sono state emesse su ricorso di una associazione dei consumatori e degli utenti, ex art. 140, comma 8, del Codice del Consumo, al fine di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti e adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle pretese violazioni.

In particolare, con i ricorsi ex art. 140 del Codice del Consumo, l’associazione chiedeva che fosse inibita alla banca la capitalizzazione degli interessi passivi successivamente al 1° gennaio 2014.

Il Tribunale ha deciso, in particolare, che, sulla scorta della mera interpretazione letterale del nuovo art. 120 T.U.B., le banche ben possano già escludere dalle condizioni economiche qualsiasi clausola anatocistica, sia per i contratti in essere sia per quelli ancora da stipulare, senza dovere attendere la normativa regolamentare secondaria del CICR.

È, difatti, ragionevolmente esigibile dalle banche una condotta prudenziale, trattandosi di un operatore qualificato dotato di uffici legislativi interni e direzionali, capaci di approfondimento della nuova norma e della legislazione di favore verso il consumatore, anche di matrice comunitaria.

La scelta delle banche, invece, di mantenere in essere una disposizione contrattuale superata a seguito dell’intervento abrogativo del legislatore, concreta – nella visione del Tribunale milanese – una condotta omissiva, proprio per le competenze specialistiche esigibili da una banca, ed è per questo contraria alla correttezza dovuta nei rapporti contrattuali, evidenziata proprio dal disallineamento del comportamento concreto rispetto al testo di legge.

Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, nell’ordinanza del 23 marzo 2015, ha osservato:

La disposizione in esame non può che leggersi nel senso della rigorosa esclusione dell’anatocismo nei rapporti bancari, sulla base della mera interpretazione letterale, in forza della quale è difficile assegnare all’espressione “gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori” significato diverso dall’esclusione dell’anatocismo; ciò anche alla luce della correlazione con il successivo periodo, che impone di calcolare gli interessi capitalizzati, ossia annotati in conto, esclusivamente sulla sorte capitale. In tal senso depone anche il raffronto con la precedente versione del comma 2 dell’art. 120, che rimetteva al CICR di stabilire criteri e modalità “per la produzione di interessi sugli interessi scaduti”, espressione che all’art. 1283 c.c. definisce l’anatocismo, e che oggi non è più riproposta nella norma in esame, che si limita a parlare di “produzione di interessi”. Tale interpretazione è peraltro coerente con la relazione di presentazione della proposta di legge alla Camera, nella quale era espressamente chiarito che la proposta di legge intendeva sancire l’illegittimità della prassi bancaria dell’anatocismo. Non solo, ma la voluntas legis è ulteriormente riscontrabile nella mancata conversione in legge dell’art. 31 D.L. n. 91/14, il quale aveva reintrodotto la legittimità dell’anatocismo bancario.

Orbene, a fronte di simili risultanze, non è condivisibile l’opzione proposta dalla banca resistente, che ha escluso l’immediata precettività della norma e ne ha subordinato l’applicabilità ad un intervento di normazione secondaria ad opera del CICR. Ed invero, gli interrogativi circa la mancata capitalizzazione, la sorte degli interessi attivi con relativa capitalizzazione, il conteggio degli interessi di mora in aggiunta alle rate già comprensive degli interessi come ad esempio nei contratti di mutuo ed in quelli di leasing sono del tutto svincolati dal paletto invalicabile imposto dal legislatore ed incentrato sull’esclusione dell’anatocismo bancario e costituiscono, per l’appunto, il terreno sul quale si misurerà l’intervento del CICR.

Ed, infatti, se certamente non può trascurarsi l’anomalia prima facie di interessi che, una volta capitalizzati, possano essere infruttuosi, vi è anche da rilevare come ben possa essere data evidenza contabile ad un saldo finale modulato separatamente con riferimento allo stato passivo o attivo del conto capitale e degli interessi maturati sullo stesso nel medesimo arco temporale, senza che questi ultimi possano essere incorporati nel primo per le operazioni contabili conseguenti: ad avviso del Collegio è, infatti, proprio in tale ambito che deve essere confinato l’intervento regolamentare del CICR, cui è assegnato lo specifico compito di esprimersi in ordine alle specifiche tecniche bancarie contabili, senza, tuttavia, disporre in termini diversi dal divieto di anatocismo, che, pertanto, è da ritenersi operante a decorrere dall’1.1.14.

Né possono ricavarsi elementi di segno contrario dalla riforma dell’art. 120 T.U.B. di cui al D.lvo n. 342/99 che rimandava a futura delibera CICR di stabilire “modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati”; ciò in quanto in quel caso la norma di legge dava legittimità ad una prassi anatocistica vietata dal codice civile, sulla scorta di una granitica giurisprudenza di legittimità e di merito, con la conseguenza che non vi era alcuna urgenza nel rendere operativa con norma regolamentare una modalità di conteggio degli interessi più gravosa per il correntista.

Nel caso in esame, invece, l’eliminazione legislativa dell’anatocismo è destinata ad operare nelle operazioni bancarie in corso a vantaggio del correntista e, proprio sempre e in forza del principio del favor per il consumatore di matrice comunitaria, ampiamente applicato nell’ordinamento positivo, non può una norma regolamentare procrastinare l’entrata in vigore di una simile disposizione di legge.

(…)

È agevole concludere come, sulla scorta della mera interpretazione letterale del dato normativo de quo, gli istituti di credito ben possano escludere dalle condizioni economiche qualsiasi clausola anatocistica, sia per i contratti in essere sia per quelli ancora da stipulare.

È, difatti, ragionevolmente esigibile, da parte di un operatore qualificato come un istituto di credito, dotato di uffici legislativi interni e direzionali, una condotta prudenziale, che tenga conto di tutti i criteri ermeneutici ampiamente a disposizione; condotta prudenziale che è, oltre tutto, in linea con il favor per il consumatore, come ormai introdotto da oltre un ventennio di disposizioni legislative e regolamentari anche nel settore bancario.

La scelta, invece, di mantenere in essere una disposizione contrattuale superata a seguito dell’intervento abrogativo del legislatore concreta quella condotta omissiva che, proprio per le competenze specialistiche esigibili dall’operatore professionale, è contraria alla correttezza dovuta nei rapporti contrattuali ed evidenziata proprio dal disallineamento rispetto al testo di legge.

Ad avviso del Collegio, pertanto, non sussistendo alcuna giustificazione della condotta omissiva dell’odierna resistente, non può che concludersi che per la scorrettezza dell’operato della banca.

(…)

Con riferimento, invece, all’effettività dell’inibitoria ed alla pubblicità da assegnare all’ordinanza di accoglimento – rimedi previsti dall’art. 140, I comma, lett. B) e c) ed VIII comma del Codice del Consumo – il Tribunale rileva come l’ampiezza delle disposizioni legislative de quibus consenta al giudice, mediante misure atipiche, di fornire la risposta più adeguata al caso in esame e più aderente ad un’effettiva protezione degli interessi dei consumatori. (…)

Trasfondendo tali principi nel caso di specie, quindi, è certamente da accogliere l’ordine alla resistente di pubblicare sulla home page del proprio sito internet avviso con il dispositivo della presente ordinanza diretto ad informare tutti i consumatori che, con decorrenza, 1.1.14, per il contratto di conto corrente denominato (…), è vietata qualsiasi forma di anatocismo riferita agli interessi passivi.

Non deve essere, invece, accolta la richiesta circa l’informativa ad ottenere, per ogni correntista, il ricalcolo del saldo del proprio conto corrente, trattandosi di diritto soggettivo nella disponibilità di ogni singolo consumatore.

Deve, inoltre, essere ordinato alla resistente di inviare comunicazione avente le stesse modalità di trasmissione degli estratti conto, e quindi, cartacea per gli estratti inviati in via cartacea, online per gli estratti comunicati per posta elettronica, diretta ad informare tutti i consumatori che, a partire dall’1.1.14, è vietata ogni clausola anatocistica riferita agli interessi passivi.

Il Tribunale anche in tale ordinanza ha ritenuto:

La norma [art. 120 T.U.B. come innovato dalla Legge n. 147 del 27 dicembre 2013, comma 629], pertanto, non può che essere intesa come rivolta a vietare l’anatocismo nei rapporti bancari, di fatto introducendo in tale ambito una disciplina speciale più rigorosa della normativa dettata dall’art. 1283 c.c. (con l’effetto che, se dal 2000 al 2013 la normativa speciale era rivolta ad ammettere nei rapporti bancari l’anatocismo in misura più ampia rispetto alla regola generale, oggi l’art. 1283 c.c. è derogato per i rapporti bancari in termini di maggiore rigore, capovolgendo la disciplina previgente).

Catapano Giuseppe scrive: Anatocismo, come recuperare gli interessi dalla banca

La sentenza di ieri della Cassazione apre un nuovo spiraglio nell’infinito contenzioso tra clienti e banche e, in particolare, in tutte quelle cause rivolte a ottenere la restituzione degli interessi “maggiorati” per via dell’applicazione del cosiddetto “anatocismo”. In pratica, la “capitalizzazione degli interessi” (ossia l’applicazione degli interessi non solo sulla sorte capitale, ma anche sugli interessi già maturati in precedenza) sarebbe – secondo il nuovo indirizzo della Suprema Corte – sempre illecita: non solo, quindi, quando applicata trimestralmente (orientamento ormai pacifico in giurisprudenza), ma anche annualmente. La sentenza, peraltro, si somma all’ulteriore attacco all’anatocismo proveniente dalla disposizione della legge di Stabilità 2014 che ne ha vietato l’applicazione e che è stata, ancor più di recente, interpretata dal Tribunale di Milano, il quale ha chiarito che il divieto è già operativo e non necessita di decreti attuativi del CICR (come invece la norma lascia intravedere). Ora, quindi, non ci sono più scappatoie e, con la precisazione della Cassazione intervenuta ieri (leggi “Stop anatocismo anche annuale”), i clienti potranno pretendere la restituzione delle somme illegittimamente prelevate sino ad oggi. Val la pena evidenziare il passaggio “chiave” della sentenza della Suprema Corte. Nel provvedimento in questione si legge che l’illegittimità dell’anatocismo era stata, in effetti, già affermata dalle Sezioni Unite della Cassazione. Il fatto però che la giurisprudenza abbia dichiarato illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi (per l’assenza di un uso normativo atto a legittimarla), non significa che va ritenuta invece lecita la capitalizzazione annuale. Insomma, così come non esistono usi dai quali si possa ritenere valido l’anatocismo applicato una volta ogni tre mesi, non ne esistono neanche con riferimento a quello applicato una volta all’anno. Una deduzione certo strumentale, su cui hanno fatto leva, per tutti questi anni, le banche. “Usi siffatti – prosegue la sentenza – non si rivengono nella realtà storica, o almeno non nella realtà storica dell’ultimo cinquantennio anteriore agli interventi normativi della fine degli anni novanta del secolo passato: periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (…) di capitalizzazione trimestrale, ma che non risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine di capitalizzazione annuale degli interessi debitori, né di necessario bilanciamento con quelli creditori”. Difatti, le banche hanno ritenuto di poter applicare la capitalizzazione annuale degli interessi passivi a condizione di applicarla anche su quelli attivi: in pratica, sino a ieri si è erroneamente creduto che l’anatocismo fosse legittimo a patto di garantire la stessa periodicità nel conteggio degli interessi attivi e passivi. Ma, evidentemente, la Cassazione ha sconfessato anche questa falsa credenza. Deve pertanto ritenersi – e qui il passaggio chiave della sentenza – che la capitalizzazione annuale degli interessi sia un uso illegittimamente applicato: non rileva, infatti, l’arco temporale in relazione al quale viene effettuata la capitalizzazione. Che fare? Prima di imbarcarsi in una causa costosa, è opportuno affidarsi a un professionista serio che effettui i conteggi sugli estratti conto e, valutata anche l’eventuale prescrizione, verifichi le somme a cui, eventualmente, il cliente abbia diritto alla restituzione. Per piccoli importi potrebbe essere non conveniente intraprendere una causa: e questo perché, oltre all’avvocato e al contributo unificato, potrebbero scattare i costi della perizia tecnica d’ufficio, salvo che il giudice ritenga di addebitarne l’acconto alla banca. In ogni caso, c’è sempre la possibilità di affidarsi all’Arbitro Bancario Finanziario, che certo non è organo terzo come il giudice, ma il ricorso presentato dal cittadino garantisce celerità, economicità e facilità di accesso: ricorso che, ricordiamolo, è possibile solo dopo aver fatto reclamo alla banca o alla finanziaria e aver ricevuto una risposta non soddisfacente oppure non aver ricevuto risposta dopo 30 giorni dal reclamo (l’Arbitro, però, deve essere interpellato entro 12 mesi dalla presentazione del reclamo, altrimenti bisogna ricominciare la procedura da capo). Cosa chiedere al giudice? Chi intende intraprendere la causa contro l’anatocismo, dovrà: – chiedere al tribunale che venga ricalcolata la misura degli interessi dal momento dell’apertura del conto corrente o della stipula del contratto di finanziamento anche attraverso una CTU (consulenza tecnica d’ufficio). In tal caso il magistrato riconosce, di norma, al consulente da questi incaricato, il diritto a ottenere un anticipo sull’onorario, che viene posto a carico di chi ne propone istanza (ossia su colui che solleva l’eccezione che, in questo caso, è il cliente); – chiedere che venga dichiarata la nullità della clausola di capitalizzazione degli interessi; – proporre l’azione di ripetizione dell’indebito attraverso cui può domandare la restituzione delle somme che gli sono state illegittimamente addebitate a titolo di interessi anatocistici. Quali documenti procurarsi? Chi intende procedere con la causa contro la banca dovrà recuperare: – il contratto di conto corrente o di apertura credito da cui sia possibile individuare il tasso di interesse concordato tra le parti e applicato dalla banca; o, in alternativa, il contratto di finanziamento da cui possa evincersi il calcolo di interessi passivi (per es.: un mutuo o un leasing magari con addebito di interessi in conto corrente); – il foglio informativo, cioè il documento disponibile presso ogni filiale della banca che espone le caratteristiche e le informazioni di un determinato prodotto bancario; – il documento di sintesi, cioè il documento che contiene le condizioni economiche pubblicizzate nel foglio informativo relativo all’operazione bancaria; – le scritture contabili collegate al contratto cioè gli estratti conto e la documentazione contabile attestante i versamenti effettuati. Con questi documenti, il cliente può fornire la prova di possibili anomalie nell’addebito degli interessi sospetti di anatocismo. Entro quali termini? Ricordiamo che il termine di prescrizione per intraprendere l’azione di restituzione delle somme prelevate a titolo di anatocismo è di dieci anni. Se però i versamenti sono stati effettuati su un conto corrente con apertura di credito con l’obiettivo di ripristinare la provvista, la prescrizione parte dalla data di chiusura del conto corrente. Qualora invece i versamenti siano stati effettuati su un conto con apertura di credito con lo scopo di estinguere il debito, la prescrizione parte dalla data di ciascuno pagamento effettuata a titolo di rimessa.