L’indicazione del numero delle cartelle di pagamento sull’avviso di ricevimento non ha valore di prova assoluta e incontestabile (cosiddetta “fede privilegiata”) in quanto non si tratta di una attestazione che redige l’agente postale: solo il postino, infatti, in quanto pubblico ufficiale, può attribuire valore di prova a quanto indicato nelle buste postali. Infatti la legge stabilisce che gli avvisi di ricevimento sono predisposti dagli interessati (ossia dai clienti del servizio postale) e non dal postino medesimo. Inoltre, l’agente postale che consegna un plico con avviso di ricevimento fa firmare al destinatario, provvedendo a rispedirlo al mittente completo in ogni sua parte. Ciò comporta che le indicazioni sull’avviso di ricevimento, non hanno valore di prova privilegiata, ma valgono come semplice presunzioni. Risultato: è priva di alcun valore di prova la data di spedizione della raccomandata risultante dall’avviso di ricevimento della cartella di Equitalia senza che ad essa si accompagni una attestazione dell’ufficiale postale. Lo ha detto la Cassazione con una ordinanza di questa mattina. L’aspetto pratico della sentenza è piuttosto interessante: se la cartella di pagamento e l’avviso di ricevimento contengono indicazioni effettuate a penna dal mittente e non dall’ufficio postale, esse possono essere facilmente impugnate: basta contestarle per scaricare poi su Equitalia l’onere della prova contraria. La vicenda È stato respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate che sosteneva di aver notificato una cartella di pagamento entro i termini. Il contribuente aveva opposto, fra le altre cose, che dalla stampa del sito on line di Poste italiane la data era più risalente. I giudici hanno ritenuto, nel caso di specie, che il sito on line delle Poste Italiane sia in grado di dimostrare la data consegna della cartella di pagamento. È invece priva di valenza probatoria la data di spedizione della raccomandata risultante dall’avviso di ricevimento se non c’è l’attestazione del postino.
cartella di pagamento
Giuseppe Catapano informa: ‘BUCATI’ SOTTOSCRIZIONE E INDICAZIONE DEL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO: CARTELLA DI ACCERTAMENTO ANCORA IN PIEDI…
“Cartella di pagamento” nei confronti di una società, e relativa alla “liquidazione in base alla dichiarazione dei redditi per gli anni 2000 e 2001”. Ma, secondo i giudici tributari regionali, l’operato del Fisco è viziato… più precisamente, decisiva è la “mancanza di sottoscrizione e dell’indicazione del responsabile del procedimento”, e ciò, sempre per dei giudici di secondo grado, porta all’annullamento della “cartella”.
Di avviso opposto, però, i giudici della Cassazione. Questi ultimi, in premessa, ricordano che “la cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore al 1° giugno 2008”, come in questo caso, “non è affetta da nullità”. E, subito dopo, ancora i giudici di terzo grado aggiungono che “l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice”.
Chiara, quindi, la chiave di lettura offerta dai giudici della Cassazione, e di cui dovranno tenere conto i giudici tributari regionali riprendendo in esame la vicenda.
Giuseppe Catapano informa: LA COOBBLIGAZIONE SOLIDALE AL PAGAMENTO DELL’IMPOSTA DI REGISTRO TRA NOTAIO E SOCIETÀ
A norma dell’art. 57 del DPR n. 131 del 1986, il notaio che ha redatto l’atto ed ha richiesto la registrazione è obbligato (quale responsabile di imposta) in solido con la società (obbligato principale) al pagamento dell’imposta. Ne deriva che legittimamente l’ufficio ha notificato l’avviso di liquidazione al notaio in base all’art. 1292 c.c., secondo cui, in caso di obbligazione solidale, “ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri”, e rimette al creditore, nella specie all’amministrazione finanziaria, la facoltà di scegliere l’obbligato al quale rivolgersi, senza alcun dovere di notificare l’avviso anche alla società (cfr. Cass. n. 4047 del 2007 e n. 15005 del 2014), principio che, sotto il profilo processuale, si esprime nella regola che esclude la sussistenza del litisconsorzio necessario tra i vari condebitori d’imposta nella lite tributaria (cfr., da ultimo, Cass. n. 24098 del 2014).
Da tali principi consegue, da una parte, che la Società non è legittimata a dolersi della fondatezza dell’atto rivolto nei confronti del coobbligato, dato che in tal modo verrebbe a vanificarsi la facoltà di scelta della creditrice di chiedere l’adempimento ad uno qualsiasi degli obbligati solidali, e, dall’altra, che la mancata impugnazione ha reso definitivo il rapporto tributario nei confronti del Notaio.
Resta da aggiungere che tale accertamento non pregiudica la posizione della Società tenuto conto che, a norma dell’art. 1306, co. 1, c.c., “la sentenza pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido … non ha effetto contro gli altri debitori”, potendo, solo, esser opposta, ex art. 1306, co. 2, c.c., su istanza del condebitore, che ritenga di potersi avvalere del giudicato favore formatosi nei confronti di altro condebitore (sempreché, beninteso, non si sia confronti nei suoi confronti di un giudicato diretto contrario sul medesimo punto).
Giuseppe Catapano informa: Equitalia: se anche inizi a pagare puoi sempre impugnare la cartella non notificata
Hai iniziato a pagare (o hai pagato integralmente) una cartella esattoriale e solo dopo ti sei accorto che la notifica non era avvenuta correttamente? Sei sempre in tempo per impugnarla (e, quindi, chiedere il rimborso di quanto anticipato): questo perché il pagamento anticipato non sana i vizi di notifica. Lo ha chiarito la Cassazione con una tanto recente quanto importante sentenza . Il principio di raggiungimento dello scopo Il codice di procedura civile stabilisce che non può considerarsi nullo un atto che, pur carente dei requisiti essenziali, abbia comunque raggiunto il suo scopo, cioè sia arrivato a conoscenza del destinatario e questi abbia avuto la possibilità di difendersi. Questo principio vale soprattutto in tema di notifiche: per cui, se il contribuente viene, in qualsiasi modo, a conoscenza del plico, allora non può, nello stesso tempo, impugnarlo davanti al giudice, sostenendo di non averne mai ricevuto una corretta notifica. Il pagamento non è raggiungimento dello scopo Questo principio, però, non si applica nel caso in cui il contribuente abbia pagato la cartella di pagamento. In soldoni, il fatto di aver già sborsato i soldi in favore dell’Agente della riscossione non impedisce di contestare la cartella in un secondo momento. Secondo, infatti, la sentenza in commento, il pagamento della pretesa fiscale non sana la nullità della relativa notifica. Il pagamento, insomma, non può considerarsi come elemento per ritenere che l’atto abbia raggiunto il suo scopo. Il cittadino, infatti, potrebbe aver aperto il portafogli per altri scopi come, per esempio, evitare un’ipoteca, il fermo dell’auto o il blocco del conto corrente. Ciò vale ancor di più tutte le volte in cui il vizio della cartella o della notifica non è quello della nullità, ma della inesistenza. La differenza è macroscopica: a dispetto della nullità (che, evidentemente, in alcuni casi può essere sanata), l’inesistenza è insanabile perché ricorre tutte le volte in cui vengono violate norme di legge particolarmente importanti, poste a garanzia del contribuente. Tale sarebbe, per esempio, il caso di mancanza di firma del direttore dell’Agenzia delle Entrate sull’avviso di accertamento. O ancora, la mancanza di date sulla relata di notifica. O, ancora, la consegna della cartella esattoriale effettuata da una posta privata e non da Poste Italiane. Risultato: il fatto di aver iniziato a pagare Equitalia (o aver pagato integralmente tutto il debito) non impedisce al contribuente di impugnare la cartella viziata, poiché il far fronte alla pretesa tributaria non equivale a sanare il vizio della notifica. E, in più, nel caso in cui il vizio della cartella o della sua notifica non sia quello della nullità, ma della inesistenza, non esistono termini di scadenza per l’impugnazione. Dunque, è nulla l’ipoteca dell’esattore, in caso di recapito dell’accertamento a un indirizzo sbagliato, anche quando il cittadino abbia saldato tutto o parte del debito. Il pagamento non sana il vizio nella procedura attuata dalla società di riscossione.
Catapano Giuseppe scrive: Equitalia: le lacune che rendono nulla la cartella di pagamento
È nulla la cartella esattoriale notificata da Equitalia al contribuente se in essa non sono facilmente comprensibili le ragioni della pretesa avanzata dal fisco. In buona sostanza, la cartella deve chiarire al destinatario le ragioni per le quali se ne chiede il pagamento. Lo prescrive lo Statuto del contribuente ed, oggi, anche una sentenza della Cassazione pubblicata questa mattina . Non solo va indicato, quindi, il tributo per il quale si chiede il pagamento (elemento che il contribuente potrà trovare specificato nel dettaglio della cartella esattoriale), ma è necessaria anche la massima chiarezza sui criteri usati per l’applicazione dell’aliquota. La legge sul procedimento amministrativo specifica che ogni atto della P.A. deve essere motivato. In particolare, la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se le ragioni dell’atto amministrativo fanno riferimento a un altro atto della P.A. quest’ultimo deve essere indicato e reso disponibile al cittadino. Ebbene, tale principio viene richiamato dallo Statuto dei contribuenti e, quindi, vale anche per le cartelle di Equitalia. Tale principio, comunque, è stato mitigato dalla stessa Cassazione, la quale ha distinto due ipotesi: – se la cartella esattoriale non segue un precedente e specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisce il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, allora essa deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione (per esempio, se la cartella di pagamento non contiene le informazioni necessarie e sufficienti per consentire al contribuente la verifica dell’applicazione dei criteri di liquidazione dell’imposta indicati da una norma o da una sentenza passata in giudicato, a seguito della quale la cartella stessa sia stata emessa); – viceversa, se la cartella esattoriale non costituisce il primo e l’unico atto con cui si esercita la pretesa tributaria, ma è stata preceduta dalla notifica di altro atto propriamente impositivo, non può essere annullata per vizio di motivazione, anche qualora non contenga l’indicazione del contenuto essenziale dell’atto presupposto, in quanto già conosciuto ed autonomamente impugnabile dal contribuente. A riguardo, la Suprema Corte ha anche precisato che la cartella con cui l’Amministrazione chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione : e ciò perché la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente.