Nel Consiglio dei Ministri n. 23 del 15 ottobre 2018 il Governo su proposta del
Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’economia e delle finanze
Giovanni Tria ha approvato il decreto legge contenenti le disposizioni urgenti
in materia fiscale. Molte le novità introdotte nel testo, le cui principali
riguardano la pace fiscale (rottamazione-ter, stralcio mini cartelle e definizione
delle liti pendenti) e le semplificazioni sulla fattura elettronica, che entra in
vigore al 1° gennaio 2019. Dopo numerose frizioni politiche, il testo è stato
modificato ed approvato nella sua stesura finale nel Consiglio dei Ministri n. 24
del 20 ottobre 2018.
Il Decreto Legge n. 119 del 23 ottobre n.119 è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 247 dello stesso giorno.
Di seguito un esame delle principali misure sulla pace fiscale, rimandando
alle circolari dei prossimi giorni l’approfondimento della Rottamazione-ter,
della Definizione delle Liti pendenti, Novità sulla fatturazione elettronica e
Processo tributario telematico
Catapano Giuseppe notizie
La palestra da scrivania
- Il concetto di “stare bene” si sta sempre più diffondendo e attraversa vaste porzioni di mercato, compreso il luogo di lavoro: se la malattia rappresenta un costo sociale e per le casse aziendali, viceversa il benessere del personale rappresenta un elemento di valore aggiunto ed è per questo che è opportuno perseguirlo.
- Nell’ambito di queste iniziative per il benessere, si evidenzia la tendenza di rivoluzionare scrivanie, cubicoli, postazioni, sedie, ascensori, sale riunioni, mense e macchinette del caffè per fare posto a un nuovo modo di lavorare. Tra i fattori principali, evidenziamo la necessità di ripulire l’aria che si respira in azienda e l’importanza dell’illuminazione, meglio ancora se di tipo naturale.
- Tra le soluzioni meno costose, figura sicuramente l’eliminazione delle pareti divisorie dei cubicoli, sostituendole con pareti e archi verdi, ricoperti di piante; esistono studi che inviduano alcune specie particolarmente adatte, per esempio edera e spatifillo, in grado di assorbire gli agenti tossici in modo permanente.
- Anche l’ambiente di lavoro si può trasformare in una “palestra diffusa“: scrivere al Pc stando in piedi grazie a postazioni regolabili e senza sedute; uso di particolari poltrone ergonomiche capaci di sollecitare e tonificare muscoli e schiena anche quando si è intenti a lavorare; presenza sul luogo di lavoro di fisioterapisti che insegnano la corretta postura.

Le nuove sanatorie
Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato la manovra 2019 e il collegato decreto fiscale contenente numerose misure, prime tra tutte quelle urgenti in materia fiscale. Tra queste, grande interesse e critica ha riscosso la nuova pace fiscale, che è strutturata per sanatorie differenti, in ragione delle diverse situazioni in cui può trovarsi il contribuente.
La sanatoria, che interessa tutti, è quella della presentazione di una dichiarazione integrativa speciale, in base alla quale si potrà far emergere fino a un terzo
dell’imponibile rispetto all’anno precedente, entro un tetto massimo di 100.000 euro per singola imposta e per ciascun periodo d’imposta. Sono interessati gli anni fino a quello dichiarato entro il 31.10.2017. Sul maggiore importo dichiarato si dovrà applicare un’imposta sostitutiva (di Irpef, addizionali, Ires e Irap) del 20%. Tale imposta non comprende l’IVA per la quale dovrà essere applicata l’aliquota media del contribuente oppure, se non si riuscisse a determinarla, l’aliquota ordinaria del 22%. Questa dichiarazione integrativa “speciale”, che è preclusa a chi non ha regolarmente presentato la dichiarazione originale o ha omesso i versamenti dovuti, dovrà essere trasmessa entro il 31.05.2019 e i versamenti dovranno essere effettuati a luglio e a settembre 2019 con possibilità di rateizzazione come le altre sanatorie.
In tema di cartelle esattoriali è stata proposta la terza edizione della “rottamazione”. La domanda di adesione deve essere presentata entro il 30.04.2019; si potrà pagare il dovuto in 5 anni con un massimo di 10 rate di pari importo con scadenza 31.07 e 30.11 di ogni anno con un tasso di interesse annuo del 2%. La nuova definizione agevolata si può estendere anche a chi ha aderito alla rottamazione-bis, purché in regola con i pagamenti delle rate scadute al 30.11.2018. Il contribuente potrà compensare i debiti fiscali con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili vantati verso le pubbliche amministrazioni. Sempre in merito alle cartelle è stato introdotto un vero e proprio “condono” con cancellazione automatica di tutti i debiti fiscali di valore residuo non superiore a 1.000 euro, purché relativi ai carichi dal 2000 al 2010.
Ci sono poi le definizioni agevolate che riguardano le controversie con l’Amministrazione Finanziaria. In particolare, qualora siano pendenti in ogni stato e grado di giudizio, la somma richiesta è il valore della controversia (imposte) che viene ridotta alla metà ovvero al 20% del valore in caso di soccombenza dell’ufficio nella pronuncia rispettivamente di primo o di secondo grado. L’importo potrà essere pagato in 5 anni con un massimo di 20 rate trimestrali. Invece, in presenza di processi verbali di constatazione notificati entro la data di entrata in vigore del decreto fiscale collegato, si potrà presentare, entro il 31.05.2019, dichiarazioni integrative per tutti i periodi d’imposta non prescritti, riportando i maggiori imponibili contestati.
Infine, gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e gli atti di recupero notificati ma non scaduti e quindi ancora impugnabili, potranno essere definiti versando le sole imposte accertate in un’unica soluzione o in 8 rate trimestrali che possono arrivare a 20 per importi superiori a 50.000 euro, senza possibilità di avvalersi della compensazione.
commercialista e sanzioni per il cliente
Per le omissioni perpetrate dal commercialista che abbiano condotto a contestazioni di carattere fiscale, il pagamento delle imposte sottratte e il carico sanzionatorio risultano di spettanza esclusiva del contribuente qualora questi non abbia denunciato in sede penale tale situazione e non ci sia stata conseguentemente una verifica in tal senso e in tale sede. La conclusione viene dall’ordinanza della Cassazione, Sezione Civile, 4.10.2018, n. 24307.
Questa vicenda trae spunto da un’attività di verifica esperita della Guardia di Finanza, nel contesto della quale emergevano a carico del contribuente ispezionato evenienze oggetto di rilievo concernenti l’omessa presentazione della dichiarazione, in relazione alla quale il contribuente riteneva di non essere responsabile e per ciò non punibile, avendo formalizzato apposita delega all’adempimento di tutti gli obblighi tributari al proprio commercialista.
In ordine a tale questione, il giudice tributario aveva accolto la linea difensiva del contribuente, ritenendo che l’omessa presentazione della dichiarazione non potesse essere imputata al contribuente che in buona fede avesse effettivamente conferito tale specifico incarico al commercialista.
In sede di pronuncia di legittimità, tuttavia, questa conclusione viene cassata in quanto la mera delega non è stata ritenuta condizione ex se idonea a fungere da scriminante per l’attribuzione di responsabilità in capo al contribuente. Viene in realtà ulteriormente chiarito che, quand’anche in sede penale sia stata accertata una responsabilità del commercialista, il contribuente non risulta esonerato dal corretto assolvimento dell’imposta, ma soltanto dagli adempimenti correlati al carico sanzionatorio irrogato. La ratio di tale conclusione risiede ovviamente nella considerazione in base alla quale, qualora si accerti che determinate violazioni di norme fiscali siano state causate da un contegno illecito del professionista incaricato dal contribuente, le relative sanzioni non possono, in tal caso, trovare applicazione nei confronti dell’incolpevole contribuente.
In merito alle conclusioni espresse, si ritiene opportuno osservare come la responsabilità del contribuente non possa ritenersi esclusa nel momento in cui abbia affidato il mandato all’esecuzione di determinati adempimenti fiscali a un soggetto che, in applicazione dei criteri di ordinaria diligenza, non possa ritenersi affidabile. A tal proposito si evidenzia come, eccezion fatta per le evenienze integranti la condotta illecita di un professionista regolarmente iscritto all’albo di cui l’affidabilità si darebbe per presunta, negli altri casi risultano pur sempre opportuni ulteriori accertamenti tendenti al controllo di tale affidabilità.
Notifica Pec
Con ordinanza 22.08.2018 n. 20946, la Suprema Corte si è tornata a pronunciare in merito alla notifica via Pec. Nel caso sottoposto alla Corte una parte, difesa fiduciariamente da un avvocato della sua residenza, aveva eletto domicilio presso lo studio dell’avvocato del foro della causa. L’avvocato fiduciario, nel costituirsi in giudizio, aveva indicato il domicilio fisico del collega, rinviando al proprio indirizzo di posta elettronica le eventuali comunicazioni telematiche.
Il legale di controparte notificava via Pec al domiciliatario avversario il provvedimento emesso dal Tribunale, che veniva reclamato trascorsi i termini di legge dalla notifica. Il reclamante riteneva illegittimo il rigetto del reclamo in rito in quanto, non essendo stato notificato correttamente il provvedimento, mai era decorso il termine breve per reclamarlo. In particolare, sosteneva davanti alla Corte che, avendo eletto domicilio soltanto anagrafico presso il collega del foro della causa, egli rimaneva dominus della causa e aveva indicato il solo suo indirizzo di posta elettronica come atto a ricevere le comunicazioni di cancelleria, comprese le notifiche digitali degli atti processuali. Sosteneva conseguentemente che, avendo eletto solo domicilio anagrafico presso lo studio del collega, lì dovevano essere effettuate le notifiche analogiche tramite ufficiale giudiziario, mentre eventuali notifiche digitali potevano e dovevano essere effettuate esclusivamente al proprio indirizzo di posta elettronica, che rappresentava il domicilio digitale della parte.
L’errore commesso non poteva essere superato dal fatto che l’indirizzo digitale del difensore, mai abilitato dalla parte a ricevere per suo conto la notifica in via telematica, risultava riportato dal sito Internet del Consiglio dell’Ordine degli avvocati del foro di appartenenza. Nell’atto introduttivo del giudizio, infatti, risultava indicato al fine delle notificazioni l’indirizzo Pec del solo difensore di fiducia. Ne conseguiva che la notifica avrebbe dovuto essere effettuata fisicamente all’indirizzo reale del domiciliatario e digitalmente all’indirizzo telematico del dominus.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha sancito il seguente principio: “il procuratore che sia domiciliatario in senso fisico, in mancanza di elezione del proprio indirizzo Pec, quale domicilio digitale della parte, non è abilitato alla ricezione della notifica telematica di un provvedimento impugnabile, risultando una simile notifica inesistente e pertanto insuscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista dall’art. 156 c.p.c. solo per i casi di nullità dell’atto. La legittimazione a ricevere la notificazione dell’atto impugnabile, in assenza di elezione di domicilio, che sia stata effettuata anche in considerazione della concreta modalità di trasmissione, spetta al solo difensore nominato, cui compete pure porre in essere tutti gli atti di impulso processuale da promuovere nell’interesse della parte, sulla base della conoscenza, effettiva e tempestiva, degli atti da impugnare”. E ciò, si aggiunge, analogamente a quanto previsto dall’art. 16 sexies D.L. 179/2012.
Ne consegue che la notifica eseguita digitalmente all’indirizzo elettronico di difensore non abilitato a ricevere tale forma, risultava inidonea a comportare la decorrenza del termine d’impugnazione del provvedimento che si intendeva notificare. Ne deriva l’invalidità insanabile della notifica come effettuata e la non decorrenza dei termini di decadenza dell’impugnazione.
Compensazione per chi ?
Da blocco alle indebite compensazioni a blocco di tutte le compensazioni, il passo è davvero breve. Scorrendo i criteri selettivi sulla base dei quali l’Agenzia delle Entrate potrà procedere al blocco dei modelli di pagamento F24 contenenti crediti in compensazione, così come stabilito nel provvedimento direttoriale 21.08.2018, emerge infatti che non esistono specifici crediti o debiti suscettibili di innescare la sospensione del pagamento. Sono infatti “tutte le tipologie di debito” pagate e “tutte le tipologie di credito utilizzate” nel modello di pagamento che, secondo il provvedimento direttoriale, farebbero scattare la procedura di sospensione e perfino di scarto successivo del modello F24.
Allora si fa preso a dire che non sono le indebite compensazioni quelle che il Fisco cerca di intercettare e reprimere, ma piuttosto “tutti” gli utilizzi di crediti in compensazione, quasi a scopo dissuasivo. Eppure, se si esamina la fonte primaria del provvedimento direttoriale, l’art. 1, c. 990, L. 27.12.2017 n.205, il perimetro dei crediti a rischio doveva essere definito con maggiore precisione e dettaglio. Il provvedimento direttoriale, recita la norma primaria contenuta nella legge di Stabilità 2018, avrebbe dovuto infatti stabilire criteri specifici per l’individuazione dei crediti a rischio di indebito utilizzo e non l’universo di tutti i crediti compensabili.
Pochi giorni dopo l’entrata in vigore della legge di Bilancio 2018, erano circolate alcune anticipazioni sui criteri della procedura di sospensione e di eventuale scarto: si trattava di crediti d’imposta datati, cioè risalenti ad annualità lontane nel tempo rispetto al loro utilizzo, e di particolari fattispecie di crediti d’imposta.
La scelta del direttore delle Entrate è stata invece di tutt’altro tenore, mettendo alla gogna non alcune tipologie di crediti utilizzati, bensì indiscriminatamente tutte “le tipologie di crediti compensati”.
Ovvia conseguenza di questa scelta è che dal 28.10.2018, data di entrata in vigore del provvedimento direttoriale in oggetto, ogni delega con utilizzo di crediti in compensazione sarà passibile di sospensione e di possibile scarto. Risultato: limitare al massimo la compensazione dei crediti nel modello F24 che è cosa ben diversa dal contrastare le indebite compensazioni.
Forfetari e semplificati
La risoluzione 14.09.2018, n. 64/E ha fornito chiarimenti in risposta a un interpello sul passaggio dal regime semplificato al regime forfetario: un argomento, il passaggio da un regime a un altro, che da sempre desta problemi, derivanti solitamente dal vincolo triennale che implica l’opzione per un determinato regime. Tuttavia, in caso di modifica del sistema per nuove disposizioni normative, era stata concessa la possibilità di superare tale vincolo.
Infatti, con la circolare 13.04.2017, n. 11/E, par. 6.7, l’Agenzia delle Entrate ha concesso ai soggetti che nel 2016 avevano optato per il regime di contabilità ordinaria, di passare dal 1.01.2017 al regime di contabilità semplificata per effetto delle modifiche apportate al regime delle imprese minori. Si è precisato che la stessa concessione valeva anche per il regime forfetario: il contribuente che aveva optato per il regime semplificato, pur avendo i requisiti dei forfetari, poteva dal 1.01.2017 applicare il regime dei forfetari senza scontare il vincolo triennale.
Ultima in ordine di tempo, la risoluzione 14.09.2018, n. 64/E che ha fornito importanti spunti sul tema, partendo da una risposta a un interpello specifico.
La contribuente istante informava di avere svolto fin dal 2015 l’attività di parrucchiera in contabilità semplificata, pur possedendo sempre i requisiti per accedere al regime forfetario e di non avere mai effettuato l’opzione nel quadro VO per la contabilità semplificata al posto del naturale regime forfetario, ma semplicemente attraverso comportamento concludente.
La domanda della contribuente riguardava il fatto che nel 2018 (dichiarazione IVA 2018 per il 2017) aveva optato per il regime semplificato delle registrazioni IVA di cui all’art. 18, c. 5 D.P.R. 600/1973, barrando il rigo VO 26. Si chiede se sia possibile applicare il regime forfetario per il 2018, nonostante il vincolo triennale di permanenza disposto dalla norma sopra citata.
L’Agenzia delle Entrate risponde positivamente, sostenendo che il vincolo triennale in questione, ossia quello derivante dall’opzione per le registrazioni IVA (invece che quello delle annotazioni di incassi e pagamenti) vincoli solo coloro che scelgono di rimanere nel regime semplificato, ma non coloro che scelgono invece di avvalersi del regime forfetario.
Fin qui la risposta dell’Agenzia pare logica e coerente: tuttavia, desta perplessità un’altra questione. L’Agenzia osserva che la scelta per comportamento concludente esercitata nel 2015 di avvalersi del regime contabile semplificato, pur possedendo i requisiti per il regime dei forfetari, non vincola alla permanenza triennale, poiché si tratta di un regime naturale proprio dei contribuenti minori. Perciò parrebbe sostenere che il passaggio da regime semplificato a regime forfetario non vincoli mai per il triennio trattandosi di “regimi naturali” per il contribuente “impresa minore”, infatti riferendosi al regime semplificato si riporta: “trattandosi ugualmente del regime naturale”.
In definitiva, quindi, sembrerebbe possibile transitare da un regime all’altro, per esempio un anno in semplificata e l’anno successivo in regime forfetario, senza essere vincolati dal triennio, essendo entrambi regimi naturali.
Questo passaggio, se è stato ben compreso, desta perplessità, anche alla luce del chiaro disposto dell’art. 1, c. 70 L. 190/2014, che stabilisce inequivocabilmente il vincolo triennale dell’opzione per uscire dal regime forfetario. La conclusione delle Entrate è invece condivisibile se si è inteso dire che la scelta del “regime delle annotazioni Iva” di cui all’art. 18, c. 5 D.P.R. 600/1973 non è una vera e propria opzione; quindi se un contribuente è naturalmente semplificato e ha optato per il regime di cui sopra, tale opzione lo vincola solo fintanto che perdura il regime semplificato.
In conclusione, l’Agenzia ricorda che sebbene l’opzione si desuma attraverso comportamento concludente, resta obbligatorio comunicarla nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata.
Se ciò non è stato fatto, è sempre possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso per sanare la violazione, che altrimenti sarebbe gravata da una sanzione da 250 a 2.000 euro.
La Chiesa si interroga su come parlare ai giovani
Il Sinodo che si tiene a Roma in questi giorni ha apparentemente a tema “i giovani”. Infatti tutte le volte che la Chiesa si interroga su come parlare ai giovani, ciò che in realtà si sta domandando è qualcosa di più radicale e definitivo. La domanda ultima che anima il Sinodo è se il cristianesimo ha ancora qualche possibilità di parlare al cuore dell’uomo, ad un giovane del nostro tempo. C’è ancora spazio per la fede? Ieri è accaduto un fatto: nel dare il benvenuto ai due vescovi cinesi che per la prima volta partecipavano ad un Sinodo dopo l’accordo fra la Chiesa e il governo di Pechino, Francesco si è commosso fino alle lacrime. È da quel pianto che ricomincia il cristianesimo, dalla percezione di trovarsi dinnanzi a Qualcosa che c’è già e che già ci ha preceduto. Qualcuno che ci ha preceduti e che noi dobbiamo soltanto seguire. È lo storico passaggio da una Chiesa sedentaria e occupata da se stessa ad una Chiesa pellegrina, all’inseguimento di Uno che Vive. Ieri abbiamo visto tutti che cosa accade quando un uomo — anche il Papa — si lascia toccare fino in fondo da Qualcosa che c’è e che opera: tutto si fa più vero, più chiaro, più commovente.
C’è speranza per la fede perché la fede non dipende dall’uomo, ma da Qualcuno vivente. La Chiesa riunita nel suo Sinodo deve in questi giorni decidere se rimettersi in cammino o se confidare in una strategia di rinnovamento o conservazione. Tutto è possibile, ma le lacrime del Papa squarciano il cammino e indicano a tutti una strada. Occorre solo il coraggio di percorrerla fino in fondo, fino a fare della fiducia nel Mistero il modo con cui vivere e stare dentro la storia, dentro ogni storia, di questo nostro tempo.
Possesso di un’automobile: scatta il ‘redditometro’.
Legittima l’applicazione del ‘redditometro’ alla luce del possesso di un’autovettura. Irrilevante il richiamo difensivo del contribuente al fatto che “i costi di gestione e di manutenzione” del veicolo “risultano inferiori a quelli derivanti
dall’applicazione del ‘redditometro’”.
I giudici della Cassazione ribadiscono che decisiva è “la disponibilità di beni indicati come indici e coefficienti presuntivi di capacità contributiva – fra i quali rientrano le autovetture –”. Privo di valore, invece, il dato riguardante “il costo di
gestione e di manutenzione del bene”.
In sostanza, “la disponibilità di tali beni costituisce una presunzione di capacità contributiva da qualificare legale”, perché
“è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva”.
INPS si paga con SisalPay
Attivo su tutto il territorio nazionale il nuovo servizio SisalPay per il pagamento dei contributi per riscatti, ricongiunzioni e rendite. Un nuovo canale frutto della convenzione Reti Amiche tra INPS e Sisal Group SpA.
Modalità di versamento
Il versamento delle rate del proprio piano di ammortamento può essere effettuato in contanti presso 32mila bar, tabacchi ed edicole aderenti al circuito SisalPay, senza dover utilizzare alcun bollettino o altro supporto cartaceo, ma semplicemente comunicando all’operatore il codice fiscale e il numero della pratica.
L’operazione verrà confermata con il rilascio di una ricevuta contenente tutti i dati utili che attestino il pagamento.