La risoluzione 14.09.2018, n. 64/E ha fornito chiarimenti in risposta a un interpello sul passaggio dal regime semplificato al regime forfetario: un argomento, il passaggio da un regime a un altro, che da sempre desta problemi, derivanti solitamente dal vincolo triennale che implica l’opzione per un determinato regime. Tuttavia, in caso di modifica del sistema per nuove disposizioni normative, era stata concessa la possibilità di superare tale vincolo.
Infatti, con la circolare 13.04.2017, n. 11/E, par. 6.7, l’Agenzia delle Entrate ha concesso ai soggetti che nel 2016 avevano optato per il regime di contabilità ordinaria, di passare dal 1.01.2017 al regime di contabilità semplificata per effetto delle modifiche apportate al regime delle imprese minori. Si è precisato che la stessa concessione valeva anche per il regime forfetario: il contribuente che aveva optato per il regime semplificato, pur avendo i requisiti dei forfetari, poteva dal 1.01.2017 applicare il regime dei forfetari senza scontare il vincolo triennale.
Ultima in ordine di tempo, la risoluzione 14.09.2018, n. 64/E che ha fornito importanti spunti sul tema, partendo da una risposta a un interpello specifico.
La contribuente istante informava di avere svolto fin dal 2015 l’attività di parrucchiera in contabilità semplificata, pur possedendo sempre i requisiti per accedere al regime forfetario e di non avere mai effettuato l’opzione nel quadro VO per la contabilità semplificata al posto del naturale regime forfetario, ma semplicemente attraverso comportamento concludente.
La domanda della contribuente riguardava il fatto che nel 2018 (dichiarazione IVA 2018 per il 2017) aveva optato per il regime semplificato delle registrazioni IVA di cui all’art. 18, c. 5 D.P.R. 600/1973, barrando il rigo VO 26. Si chiede se sia possibile applicare il regime forfetario per il 2018, nonostante il vincolo triennale di permanenza disposto dalla norma sopra citata.
L’Agenzia delle Entrate risponde positivamente, sostenendo che il vincolo triennale in questione, ossia quello derivante dall’opzione per le registrazioni IVA (invece che quello delle annotazioni di incassi e pagamenti) vincoli solo coloro che scelgono di rimanere nel regime semplificato, ma non coloro che scelgono invece di avvalersi del regime forfetario.
Fin qui la risposta dell’Agenzia pare logica e coerente: tuttavia, desta perplessità un’altra questione. L’Agenzia osserva che la scelta per comportamento concludente esercitata nel 2015 di avvalersi del regime contabile semplificato, pur possedendo i requisiti per il regime dei forfetari, non vincola alla permanenza triennale, poiché si tratta di un regime naturale proprio dei contribuenti minori. Perciò parrebbe sostenere che il passaggio da regime semplificato a regime forfetario non vincoli mai per il triennio trattandosi di “regimi naturali” per il contribuente “impresa minore”, infatti riferendosi al regime semplificato si riporta: “trattandosi ugualmente del regime naturale”.
In definitiva, quindi, sembrerebbe possibile transitare da un regime all’altro, per esempio un anno in semplificata e l’anno successivo in regime forfetario, senza essere vincolati dal triennio, essendo entrambi regimi naturali.
Questo passaggio, se è stato ben compreso, desta perplessità, anche alla luce del chiaro disposto dell’art. 1, c. 70 L. 190/2014, che stabilisce inequivocabilmente il vincolo triennale dell’opzione per uscire dal regime forfetario. La conclusione delle Entrate è invece condivisibile se si è inteso dire che la scelta del “regime delle annotazioni Iva” di cui all’art. 18, c. 5 D.P.R. 600/1973 non è una vera e propria opzione; quindi se un contribuente è naturalmente semplificato e ha optato per il regime di cui sopra, tale opzione lo vincola solo fintanto che perdura il regime semplificato.
In conclusione, l’Agenzia ricorda che sebbene l’opzione si desuma attraverso comportamento concludente, resta obbligatorio comunicarla nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata.
Se ciò non è stato fatto, è sempre possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso per sanare la violazione, che altrimenti sarebbe gravata da una sanzione da 250 a 2.000 euro.