Rubare per fame? Non è reato, perché il gesto nasce dalla necessità di soddisfare «l’imprescindibile esigenza di alimentarsi» dell’essere umano. A deciderlo è stata la Corte di cassazione, che ha così annullato la condanna per furto che era stata inflitta dalla Corte d’appello di Genova a un giovane straniero, senza fissa dimora, che aveva sottratto alimenti di poco valore da un supermercato. I fatti risalgono al 2011, quando Roman Ostriakov, cittadino ucraino allora ventinovenne, si avvicinò alla cassa di un supermarket del capoluogo ligure per pagare una confezione di grissini, avendo, però, nascosto (come segnalato da un altro cliente) del formaggio e dei wurstel, per un valore complessivo di 4 euro e 7 centesimi; sorpreso e denunciato, il ragazzo venne condannato in primo grado a scontare sei mesi di reclusione con la condizionale, e a corrispondere una multa di 100 euro. Il verdetto fu confermato in secondo grado (in questa circostanza il procuratore generale Antonio Lucisano aveva, invece, chiesto la derubricazione del reato in tentativo di furto spinto dalla necessità, con la condanna al pagamento di 100 euro) e, dopo questo pronunciamento, il procuratore generale della Corte d’appello fece ricorso, per ottenere che l’imputato venisse condannato non per furto lieve (come stabilito in primo e secondo grado), bensì per «tentato furto», poiché era stato fermato prima di uscire dal negozio, perché un avventore aveva avvisato il personale vigilante di averlo visto sottrarre del cibo.