“Il paese ha sete di giustizia, legalità, efficienza e efficacia della giurisdizione”. Così afferma il primo presidente della corte di Cassazione Giovanni Canzio in un passaggio della sua relazione all’inauguaazione dell’anno giudiziario”. A parere del magistrato l’Italia “chiede che la legge venga applicata in modo uniforme e rapido”. Canzio ha spiegato che l’Itaila ha bisogno di una buona “nomofilachia”. Ma l`organo della nomofilachia, la Cassazione, “si muove oggi lungo un crinale drammatico, sicché la rotta potrà essere invertita solo con decisi e rapidi interventi di riforma e di autoriforma”.
“Spetta, per un verso, al parlamento e al governo apprestare tutte le misure necessarie perché la giurisdizione possa adempiere l`alto compito di garanzia affidatole dalla Costituzione – ha detto nelle conclusioni dell’intervento pronunciato in apertura dell’anno giudiziario – nella consapevolezza che essa non può risolversi in un meccanico esercizio ragionieristico di numeri e che il nudo efficientismo senz`anima rischia di piegare i nobili orizzonti costituzionali verso un inaccettabile modello di magistrato-burocrate, preoccupato più della difesa del proprio status che della tutela dei diritti degli altri. Le risposte dei giudici alle pressanti domande di legalità debbono essere sì pronte ed efficaci, ma anche eque e razionali, qualità queste che pretendono capacità di ascolto e di attenzione, dialogo con l`Avvocatura e la comunità dei giuristi, tempi adeguati di studio e riflessione, scelte serie e responsabili”.
Canzio ha sottolineato ancora una volta che spetta anche ai giudici il dovere di avviare “un virtuoso percorso interno di autoriforma che, ancor prima dell`auspicato intervento esterno, faccia leva sul sapere esperienziale e sulle capacità di auto-organizzazione, con speciale riguardo alle metodologie e alle forme delle decisioni”. “Determinante – ha aggiunto – sarà la motivazione dei giudici, dettata da spirito di servizio e senso dell`appartenenza all`Istituzione, ma anche dal grado di soddisfacimento personale che potrà trarsi dalla partecipata condivisione degli obiettivi e dalla visione di una progressiva realizzazione dei risultati del lavoro individuale e di gruppo”.
“Ognuno – ha quindi concluso con un appello ai colleghi – anche per le future generazioni dei magistrati che verranno, dovrà sentirsi coralmente protagonista e responsabile delle sorti dell`Istituzione alla quale appartiene, motivato da passione civile e democratica, impegnato nella tutela dei diritti fondamentali della persona e dei più alti valori della Costituzione, fedele al monito di Goethe: ‘Sinché dura il giorno vogliamo tenere alta la testa; e tutto quello che potremo produrre, noi non lo lasceremo da fare a quelli che verranno'”.
Il reato di immigrazione clandestina e l’istituto della prescrizione sono “due esempi di attualita’” per i quali il primo presidente della Cassazione auspica un intervento del legislatore. “Per il primo – spiega Giovanni Canzio nella suo relazione – non vi è dubbio che la risposta sul terreno del procedimento penale si e’ rivelatata inutile, inefficace e per alcuni profili dannosa, mentre la sostituzione del reatto con un illecito e con saznioni di tipo ammministrativo, sino al più rigorso provvedimento di espulsione, darebbe risultati concreti”. “Quanto alla prescrizione – rileva ancora Canzio – si è più volte ribadito che essa irregionevolmente, continua a proiettare la sua efficacia pure nel corso del processo, dopo l’avvenuto esercizio dell’azione penale o addirittura dopo che èstata prnonuciata la sentenza di condanna di primo grado, mentre sarebbe logico, almeno in questo caso che il legislatore ne prevedesse il depotenzimento degli effetti”.
Nessuno dubiti “dell’efficace azione di contrasto della magistratura verso ogni forma di criminalità organizzata o terroristica, anche di quella internazionale di matrice jihadista nel rispetto, tuttavia, delle regole stabilite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato”, è l’appello rivolto dal Primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio nella sua relazione. “Diversamente – rileva Canzio – tradiremmo la memoria” dei magistrati “caduti in difesa dei più alti valori democratici”, come Emilio Alessandrini, “e non faremmo onore al giuramento di fedelta’ che abbiamo prestato”.
Orlando: non possiamo rinunciare a Shengen
Ci adopereremo nel quadro di una ridefinizione delle regole che disciplinano il fenomeno migratorio per il superamento del reato di immigrazione clandestina”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, intervenendo all’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione. Orlando ha sottolineato che “va scongiurata ogni contrapposizione tra diritti sociali e diritti civili, tra fedi religiose e fedi politiche, tra credenti e non credenti. E va così evitata la lacerazione del tessuto dei rapporti giuridici da cui dipende la nostra liberta. Il significato politico e ideale di Shengen sta qui. E non possiamo rinunciarvi”.