Giuseppe Catapano: Appalti, superpoteri a Cantone

giucatap608La legge delega di riforma degli appalti, approvata il 14 gennaio dal senato, scommette su un cambio di paradigma nella lotta alla corruzione: il passaggio da una normativa preventiva e superdettagliata a una delegificazione bilanciata da un incremento dei poteri di controllo affidati all’Anac. Si passerà dalle attuali 600 norme a meno di 200. Se fino a ieri l’obiettivo era quello di limitare al massimo la discrezionalità delle amministrazioni, per evitare che cadessero in tentazione, ora si punta a lasciare loro la massima libertà. Affidando nel contempo a Raffaele Cantone un ruolo di gestore e supergarante dei punti critici della disciplina.
Toccherà infatti all’Anac qualificare le stazioni appaltanti, cioè stabilire chi c’è dentro e chi no nell’albo delle stazioni appaltanti (e chi non riesce a entrare dovrà ingegnarsi a trovare strade alternative, come l’accorpamento con altri enti). Con la nuova disciplina le stazioni appaltanti faranno essenzialmente programmazione e controllo, non dovranno più progettare. Di conseguenza è stato eliminato l’incentivo del 2% che finora era riconosciuto ai loro tecnici per le attività di progettazione.
L’Anac sarà fondamentale anche nella scelta dei commissari di gara, oggi individuati prevalentemente con criteri politici. Da domani toccherà all’Anac stilare la lista dei nominativi dalla quale le stazioni appaltanti a sorteggio estrarranno i commissari di gara. Chi partecipa alla gara non saprà mai chi sarà il commissario. Un requisito essenziale per limitare i casi di corruzione.
Inoltre sarà ancora l’Anac a decidere su tutte le proposte di varianti presentate dalle imprese nel corso dell’esecuzione dei lavori.
Non basta. L’attuale regolamento di attuazione del codice degli appalti sarà sostituito dalle linee guida scritte dall’Anac e formalizzate con un decreto ministeriale. L’Anac sarà anche responsabile della stesura dei bandi tipo e dei contratti tipo vincolanti.
Si è insomma caricata sulle spalle di Cantone la responsabilità principale del buon funzionamento di una macchina che vale più di 100 miliardi l’anno. Se l’Anac non funziona si bloccherà tutto.
Il cambio di approccio comporta dei rischi, il più importante dei quali sembra essere che le amministrazioni pubbliche, abituate a muoversi, almeno pubblicamente, sulla base di precise coperture normative, non se la sentano di assumersi responsabilità difficili da valutare in presenza di un nuovo contesto normativo. E se domani un magistrato viene a contestare quello che è stato fatto? Come ci si può cautelare senza l’ombrello della dettagliata disciplina di dettaglio al quale il sistema è oramai assuefatto?
La bozza di decreto delegato, anticipata su ItaliaOggi di mercoledì scorso, e che darà attuazione alla legge delega, è attualmente molto vaga. Il testo, ovviamente ancora non definitivo messo a punto dalla commissione ministeriale istituita l’estate scorsa dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Graziano Del Rio e presieduta da Antonella Manzione, capo ufficio legislativo di Renzi, prevede poco più della ripetizione dei criteri già dettati dalle direttive europee, senza uno sforzo di accompagnare il settore verso un nuovo equilibrio. Il rischio è che il sistema non riesca a metabolizzare i più elevati livelli di responsabilità e che tutto si fermi.
I principi fondamentali della legge delega: semplificazione procedurale, digitalizzazione del processo amministrativo, trasparenza, apertura al mercato nascondono in realtà una grande scommessa. Che la parte sana del sistema sia in grado di prevalere sulle consorterie, le corruttele, gli interessi privati, le spinte centrifughe della politica. Possiamo solo sperare che sia così.

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