Il Tribunale di Bari ha condannato a 7 anni e 10 mesi Gianpaolo Tarantini e a 16 mesi Sabina Began, «l’ape regina» delle feste organizzate dall’ex premier Silvio Berlusconi, due tra i 7 imputati del processo Escort. Per Claudio Tarantini, fratello di Gianpaolo, è stata invece disposta l’assoluzione, come chiesto dall’accusa. Al pierre milanese Peter Faraone sono stati inflitti 2 anni e 6 mesi, a Massimiliano Verdoscia 3 anni e sei mesi. Assolti anche Francesca Lana e Letizia Filippi. Il Tribunale ha escluso la sussistenza del reato di associazione a delinquere. Il tribunale ha trasmesso gli atti alla procura per l’eventuale esercizio dell’azione penale nei confronti di Silvio Berlusconi ai sensi dell’articolo 377 del Codice penale (intralcio alla giustizia). L’accusa per Tarantini aveva chiesto 8 anni di reclusione. “Nell’agosto 2008, in Sardegna, si concretizza l’obiettivo di Gianpaolo Tarantini: entrare nel cerchio magico di Berlusconi sfruttando il suo lato debole”. Il pm Eugenia Pontassuglia ha iniziato così le conclusioni della sua requisitoria, il 19 ottobre scorso, nel processo Escort. Dopo aver analizzato tutti gli episodi di presunto reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di 26 ragazze fra il settembre 2008 e l’aprile 2009, l’accusa ha descritto le condotte dei tre imputati che rispondono anche di associazione per delinquere, Gianpaolo Tarantini come promotore, Massimiliano Verdoscia e Peter Faraone come partecipi, “referenti operativi dell’organizzazione”.
Giorno: 16 novembre 2015
Giuseppe Catapano: Ue, mobilità professionale semplificata dal 2016
Più facile esercitare la professione in un pese europeo. Si avvicina, infatti, il giorno in cui prenderà forma la tessera professionale, il documento che renderà più semplice la mobilità dei professionisti all’interno dell’Ue grazie al riconoscimento automatico delle qualifiche frutto di un maggior coinvolgimento delle autorità nazionali e all’uso di procedure elettroniche. Ieri, infatti, nel Corso del Consiglio dei ministri si è svolto l’esame preliminare del dlgs di recepimento della direttiva 2013/55/Ue relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Testo in base al quale da gennaio dal 2016, la Tessera sarà disponibile per alcune professioni selezionate, tra cui inferimieri, farmacisti e fisioterapisti, tra quelle per le quali è stato manifestato interesse. La Tessera consisterà in un certificato elettronico vero e proprio in cui sarà attestato che il professionista interessato allo spostamento soddisfa tutte le condizioni necessarie all’esercizio dell’attività in un altro paese dell’Ue, su base occasionale o in seguito a stabilimento nello Stato ospitante. Inizialmente dovrebbe essere concessa solo su richiesta del professionista, che sarà tenuto all’invio dei documenti necessari all’autorità competente dello Stato membro di origine che, a sua volta, avrà un mese di tempo dalla ricezione per concedere la certificazione. Lo Stato o gli Stati Ue di destinazione, poi, avranno un mese per confermare il certificato e in caso di dubbi potranno chiedere ulteriori informazioni o documenti.
Giuseppe Catapano: Ordini sotto la lente Anac
Ordini professionali sotto la lente dell’Anac. Da parte dell’Autorità guidata da Raffaele Cantone, come previsto dalla legge Severino, è in corso una verifica porta a porta sul rispetto degli adempimenti anticorruzione da parte degli Ordini professionali. In particolare, in base a quanto risulta a ItaliaOggi, sarebbero state diramate una serie di convocazioni alle quali nessun ordine potrà sottrarsi relativamente a due differenti adempimenti. Il primo legato alla nomina di un responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente sia a livello nazionale sia a livello locale. Il secondo relativo, invece, agli oneri sulla trasparenza. Adempimenti a cui, ad avviso dell’Anac, gli ordini non potranno venire meno in quanto enti pubblici non economici anche se originariamente pensati per le amministrazioni centrali e per gli enti pubblici nazionali. Gli ordini, quindi, dovranno trovare il modo di dialogare con l’Anac per giungere ad una soluzione che possa da un lato soddisfare le esigenze di trasparenza richieste dall’Autorità e dall’altro lato assecondare le esigenze anche organizzative dei singole organizzazioni che faranno il possibile per evitare di incorrere nelle sanzioni amministrative previste dall’art. 19, del dl 90/2014 (da 1.000 a 10 mila euro).
La questione, però, non sembra di immediata soluzione. In base a quanto risulta aItaliaOggi, infatti, per quanto riguarda la nomina dei referenti anticorruzione a livello nazionale quasi tutti gli ordini dovrebbero essere in regola. Gli stessi soggetti, però, rischiano di andare incontro a delle difficoltà oggettive sul territorio. L’Anac, infatti, pretenderebbe la nomina di un dirigente di prima fascia ad hoc anche a livello locale. Adempimento praticamente impossibile per tutti quegli ordini che sul territorio non hanno una rappresentanza così capillare o che, addirittura hanno sedi solo nei centri più popolosi. Un onere che sia in termini di costi sia in termini organizzativi rischia di creare non poche difficoltà ai soggetti interessati ma sul quale saranno, comunque, chiamati a rendere conto.
Giuseppe Catapano: Marchi, più coerenza nel lusso
Dopo la febbre di espansione a tutti i costi e di fronte a una propensione al consumo più stabile, la parola d’ordine per i marchi è crescere «coerentemente», si tratti di lusso o premium. Una coerenza di marca rispetto alla produzione, della creatività da opporre alle attese dei fondi che investono, dei punti vendita in base alle esigenze e infine della presenza online unitamente al marketing.
Al convegno milanese della società di consulenza strategica Pambianco, tra il ritorno della stella di Versace, l’annuncio degli aiuti del governo alla moda e la voce della media imprenditoria (da Basicnet a Ermanno Scervino), Deutsche Bank (partner dell’osservatorio dal 2014) ha presentato il consueto report sul settore. «Negli ultimi cinque anni il tasso di crescita di apertura dei negozi ha superato quello della domanda», è stato il grido di allarme di Francesca di Pasquantonio, head of global luxury del gruppo bancario tedesco. «È necessario un ribilanciamento spostato sulla produttività di cassa. Con un focus su marchio, marketing, prezzi e assortimenti coerenti. Mentre diventano fondamentali gli investimenti nel canale online e nel crm (la gestione delle relazioni con i clienti, ndr), perché è sempre più complesso catturare il consumatore e seguirlo».
In rappresentanza dei top brand che stanno affrontando una forte fase di cambiamento (o di ritorno alle origini) è salito sul palco di Borsa Italiana, teatro del convegno, Gian Giacomo Ferraris (nella foto), dal 2009 amministratore delegato della Gianni Versace, casa di moda partecipata dal 2014 dal fondo di private equity gestito da Blackstone e pronta alla quotazione per il 2016. «Quando sono arrivato in azienda il fatturato era a 267 milioni e avevamo perdite per decine di milioni. La strategia per sanare i conti da subito è stata riportare l’accento sulla creatività piuttosto che continuare a produrre collezioni vendibili. In poche parole, sposare il talento della vulcanica Donatella Versace (che quest’anno ha posato anche come testimonial per Givenchy) e le capacità del management». Il risultato? «Pensiamo di chiudere il 2015 a 640 milioni di euro, in crescita del 15%», spiega. Ma non è tutto. «C’è stata anche una segmentazione del business tra la prima linea che vale, contando uomo e donna il 70% del fatturato e quella giovane per i millennnials ovvero Versus. Una licenza riacquistata nel 2011, fortissimamente voluta da Donatella Versace e oggi espressione del concetto “show now, buy now, wear now”». In pratica dopo la sfilata (l’ultima è stata il 19 settembre a Londra) la collezione può essere immediatamente acquistata via e-commerce e in selezionati punti vendita.
A proposito di retail, aggiunge Ferraris: «Benché fossimo trattati alla stregua di Chanel o Hermès non abbiamo mai avuto una forza vendita degna della nostra brand awareness. Grazie all’iniezione di capitali del fondo (150 milioni oltre a 60 milioni di euro in azioni) e alla nuova strategia il 23 novembre apriremo a Tokyo Ginza la nuova boutique Versace. Si tratta di un momento molto positivo per il marchio».
In particolare per le aziende del lusso la strada sembra lineare. Secondo la ricerca presentata da David Pambianco, vice president della società che da 20 anni organizza il summit su moda e lusso, le griffe che hanno un peso sul valore totale del mercato borsistico italiano dell’8% continueranno a crescere anche «grazie all’aumento di ricchezza nei paesi emergenti».
Più tortuoso il percorso delle aziende del cosiddetto «lusso accessibile», nuovo punto di riferimento per la middle class. In base alla ricerca quelle italiane risultano crescere meno rispetto ai colleghi stranieri (8,3% contro 35,5%). Infine, le catene retail: all’estero raggiungono performance migliori di quelle nostrane per crescita, 25% contro 16%.
Proprio la crescita dimensionale è la chiave di volta per tante piccole e medie aziende che vogliono fare grandi numeri all’estero. Ieri sono arrivate le testimonianze di Mario Filippi Coccetta, presidente e a.d. del marchio Fabiana Filippi, Toni Scervino, ceo di Ermanno Scervino e Maurizio Setti, presidente di Antress Industry (Manila Grace). Ma c’è anche il metodo di Marco Boglione, fondatore di Basicnet (Superga, Robe di Kappa, K-Way) che ha sempre considerato la Borsa «la quarta gamba del tavolo» e si definisce «un moderno marketplace» che gestisce i marchi «facendoli crescere, ma non mettendo mano a nessun processo produttivo, quanto a marketing, rete vendita e strategie». Fra i tre brand storici «acquistati da fallimenti e riportati a nuova vita», dice, «quello che sta guadagnando molto bene è K-Way in segmenti laddove altre aziende, fra tutte Moncler, stano lasciando porzioni di mercato perché convertite al lusso».
Giuseppe Catapano: Iva, note variazione anticipate
Verrà anticipata al 1° gennaio 2016 anziché partire dal 1° gennaio 2017 la possibilità di emettere note di variazione Iva in diminuzione a fronte di clienti ammessi alle procedure concorsuali. La modifica sarà inserita nella legge di Stabilità 2016 in corso d’approvazione. E’ quanto emerso nel corso dei lavori del 12° convegno nazionale dell’Associazione nazionale dei commercialisti tenutosi ieri a Pisa.
Legge di stabilità. Verrà dunque anticipata al 1° gennaio 2016 anziché dal 1° gennaio 2017 la possibilità di emettere note di variazione Iva in diminuzione a fronte di clienti ammessi alle procedure concorsuali. Lo ha annunciato il consigliere nazionale dell’Odcec Luigi Mandolesi. La conferma della modifica, ha precisato Mandolesi, è giunta ai consiglieri addetti alla fiscalità da esponenti dell’esecutivo. Sulla scommessa della manovra e sul rischio insito nella stessa a causa delle pesanti clausole di salvaguardia ha fornito importanti chiarimenti il consigliere della Corte dei Conti Salvatore Tutino. Sulla base di recenti analisi dell’organo di magistratura contabile, ha affermato, sono previste maggiori risorse per l’erario per l’anno 2017 pari a circa sette miliardi di euro dovute al semplice calo degli interessi passivi. La legge di stabilità 2016 scommette sulla ripresa. Ma con la consapevolezza che se questa non ci sarà o sarà inferiore al previsto, le clausole di salvaguardia scatteranno automaticamente. Della riduzione della pressione fiscale inserita nella manovra ha parlato anche il senatore Giorgio Benvenuto, secondo cui essa “rischia purtroppo di essere solo un artificio a causa delle pesanti clausole di salvaguardia inserite in contropartita”. Sul recupero dell’evasione, tenuto conto che il fisco ha a disposizione circa 100 mila addetti all’opera – di cui 60 mila dell’Agenzia delle entrate e 40 mila della Guardia di finanza – ha concluso Benvenuto, si deve e si può pretendere di più rispetto agli attuali 14 miliardi l’anno.
Giuseppe Catapano: Caporalato, due strette in ventiquattrore
La stretta sul caporalato arriva due volte in sole 24 ore. Dopo l’approvazione di un pacchetto di misure inserite all’interno del Codice antimafia, passato in prima lettura alla camera giovedì (si veda Italiaoggi di Ieri), il Consiglio dei Ministri ieri ha dato il via libera ad un disegno di legge per il contrasto a caporalato e lavoro nero in agricoltura. Il provvedimento contiene da un lato le stesse norme inserite nel codice antimafia e dall’altro le misure per implementare la Rete del lavoro agricolo di qualità, previste dall’articolo 30 del collegato agricolo, attualmente all’esame della commissione agricoltura della camera (interventi peraltro già previsti nell’originaria formulazione del decreto legge sul caporalato mai approvato). Secondo quanto risulta a Italiaoggi le norme viaggeranno in modo parallelo, fintanto che non saranno approvate in modo definitivo. L’elemento di novità del disegno di legge è un piano di interventi per l’accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali che coinvolgerà le amministrazioni statali nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo. Il piano sarà stabilito congiuntamente da Regioni,province autonome e amministrazioni locali nonché delle organizzazioni di terzo settore. Viene rafforzata l’operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità, includendo tra i soggetti che vi possono aderire sportelli unici per l’immigrazione, istituzioni locali, centri per l’impiego e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura. Al fine di istituire un servizio pubblico di trasporti per i braccianti la partecipazione alla Rete è consentita anche ai soggetti abilitati al trasporto di persone. Estese poi le funzioni svolte dalla Cabina di regia della Rete stessa, presieduta dall’Inps e composta da sindacati, organizzazioni agricole e Istituzioni. A livello penale, oltre alla confisca obbligatoria, per equivalente e allargata e all’estensione della responsabilità in solido delle aziende che si siano rese complici del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato dell’autore di intermediazione e, al tempo stesso, l’applicazione di una circostanza attenuante per colui che si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, assicurare le prove dei reati e individuare gli altri responsabili. Le vittime di caporalato saranno infine risarcite attraverso l’estensione delle finalità del Fondo per le vittime della tratta (l. 228/2003).
Giuseppe Catapano: Depenalizzazioni, primo step
Depenalizzazione dei reati per i quali come pena è prevista una multa, come l’omesso versamento di contributi e ritenute da parte del datore di lavoro, purché sotto i 10 mila euro annui. Con alcune eccezioni, relative a reati non marginali: edilizia e urbanistica; alimenti e bevande; ambiente, territorio e paesaggio; sicurezza pubblica e dei luoghi di lavoro; giochi d’azzardo e scommesse; armi e esplosivi; finanziamento ai partiti; proprietà intellettuale e industriale. Disco verde a nuove sanzioni amministrative cosi determinate: sanzione amministrativa da 5 mila a 15 mila euro per le contravvenzioni punite con l’arresto fino a sei mesi, da 5 mila a 30 mila euro per le contravvenzioni punite con l’arresto fino a un anno, da 10 mila a 50 mila euro per i delitti e le contravvenzioni puniti con un pena detentiva superiore a un anno. Lo prevede lo schema di dlgs sulle depenalizzazioni approvato ieri dal Consiglio dei ministri nell’ambito di un pacchetto di misure in attuazione della legge 28 aprile 2014, n. 67. Nel pacchetto, due schemi di decreti delegati, uno recante appunto disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2 della legge 67, l’altro con disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell’articolo 2, comma 3, sempre della legge 67/2014 (si veda altro articolo in pagina). Tre gli obiettivi indicati dal ministero della Giustizia: avere innanzitutto sanzioni più rapide, incisive ed efficaci, producendo quindi entrate che vengono effettivamente incassate dallo Stato e risparmi per i costi dei tanti procedimenti; decongestionare la giustizia penale da migliaia e migliaia di procedure lunghe, spesso inutili e costose; assicurare una più efficace repressione dei reati socialmente più gravi. «Abbiamo un diritto penale praticamente sconfinato: si parla di oltre 50 mila reati previsti dall’ordinamento. «Abbiamo deciso», ha spiegato il ministro della Giustizia Andrea Orlando al termine della riunione, «che tutto quello che finisce con una multa lo facciamo passare attraverso un’attività amministrativa, anziché fare tre gradi di giudizio, penale o civile». Sulla depenalizzazione del reato di clandestinità, inizialmente prevista nella bozza di decreto (si veda ItaliaOggi del 5 novembre scorso), l’esecutivo ha invece deciso di attendere. «Questo reato», ha detto il Guardasigilli, «non è depenalizzato: immaginiamo che nelle Commissioni si svilupperà una discussione che credo sarà importante rispetto alla decisione finale che assumerà il Governo.
Giuseppe Catapano: Bail in, il salvataggio è interno
Clienti solidali con la banca: in caso di default, le risorse necessarie a coprire le perdite verranno prese da azionisti e creditori, attingendo infine dai depositi dei correntisti non protetti da garanzia. Approvati ieri dal Consiglio dei Ministri in via definitiva i decreti denominati «dlgs modifiche tub-tuf» e «dlgs risoluzione» che attuano le norme europee sulla risoluzione degli enti creditizi e che mirano ad evitare liquidazioni disordinate, tali da amplificare effetti e costi della crisi. Dopo l’impasse della scorsa settimana, che ha visto i due decreti incagliarsi in Cdm a causa di alcuni pareri della Camera ancora in attesa del vaglio, il sottosegretario alla Presidenza, Claudio De Vincenti, ne ha annunciato ieri l’approvazione definitiva. L’Italia è così allineata alle richieste europee di recepimento della direttiva Brrd (Bank recovery and resolution directive, 2014/59/Ue). L’entrata in vigore dei dlgs si avrà con la pubblicazione degli stessi in Gu.
Il risanamento. La Brrd, che ha lasciato bassi margini di manovra ai governi nazionali, impone che dal 1° gennaio 2016 gli istituti bancari in crisi finanziaria non attingano più dai fondi di risoluzione statali, prevedendo invece ch’essi applichino il meccanismo del salvataggio interno, il cosiddetto bail in. A seconda del peso del passivo, l’autorità di risoluzione delle crisi dispone che, a risanare l’ammanco saranno in prima battuta le riserve sociali e, in un secondo momento, le azioni e le obbligazioni convertibili. Va tuttavia ricordato che, da obblighi contrattuali, qualsiasi istituto in stato di crisi dovrebbe, prima di liquidare i soci, provvedere a smobilizzare quella parte di patrimonio non direttamente collegata all’attività primaria dell’azienda, quali sono per esempio beni artistici e oggetti di valore iscritti nel bilancio della stessa. Ogni banca dovrà provvedere a redigere un piano di gestione delle crisi, nel quale indicherà l’ordine delle priorità in caso di default. Restano esclusi dal risanamento i depositi inferiori ai 100 mila euro, coperti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, e gli altri crediti garantiti (relativi a fondi acquisiti dalle banche con obbligo di restituzione, sia sotto forma di depositi, sia sotto altra forma, nonché agli assegni circolari e agli altri titoli di credito ad essi assimilabili). Si aggiungono a questi le attività detenute dalla banca per conto del cliente e i crediti da lavoro e dei fornitori.
