Il pressing con telefonate, avvicinamenti e inseguimenti nei confronti del figlio minore costituisce reato. Il genitore che pedina il figlio, anche se minorenne, cercando di avere contatti con lui, che gli telefona di continuo, che prova ad avvicinarlo nei luoghi da lui normalmente frequentati (come la scuola), e tutto ciò nonostante il divieto espresso del Tribunale, che l’abbia interdetto dall’avere rapporti con questi, commette il reato stalking. Lo ha detto la Cassazione poche ore fa [1]. Non rileva l’esistenza di un rapporto genitore-figlio, non rileva neanche il vincolo di sangue: l’aver procurato turbamento nella vittima, tanto da farla temere per la propria incolumità, fino a cambiare le abitudini della propria vita, è un atto persecutorio punito penalmente. È necessaria la piena coscienza, da parte del genitore della idoneità delle sue condotte ossessive, tali da produrre effetti negativi sul figlio, effetti cioè destabilizzanti sul piano della serenità, dell’equilibrio psichico e delle ordinarie abitudini di vita. A tale consapevolezza deve corrispondere, dall’altro lato, il disagio del figlio, un conclamato stato di ansia e di apprensione che lo spinga a cambiare le abitudini di vita quotidiana.
Giorno: 23 ottobre 2015
Giuseppe Catapano: Prima casa, non sempre è impignorabile da Equitalia
Cartelle di pagamento: pignoramento dell’unico immobile adibito ad abitazione e residenza del debitore sottoposto a numerose condizioni.
Come noto, dal 2013, la cosiddetta prima casa del contribuente non è più pignorabile da Equitalia (lo resta per tutti gli altri creditori come, per esempio, la banca, il fornitore, ecc.). Detta così, la norma potrebbe far saltare di gioia parecchi debitori del fisco che, pur conservando nell’archivio decine di cartelle esattoriali per cifre stratosferiche, avrebbero di che dormire sereni. E invece non è tutto oro quel che luccica, complice anche l’imperfetta dizione della norma. La cosiddetta impignorabilità della prima casa è, invece, subordinata a una serie di condizioni che vedremo qui di seguito.
Non è la prima casa, ma l’unica
Innanzitutto è bene usare la giusta terminologia per evitare confusioni. La legge non vieta il pignoramento della prima casa, ma solo quello dell’unica abitazione. Dunque, nel caso in cui il contribuente, dopo aver acquistato la “prima casa”, ne acquisti anche una seconda, rende pignorabile tanto la prima quando l’altra. Invece, condizione necessaria per ottenere il beneficio in commento è che l’immobile sia anche l’unico e che, quindi, il debitore non ne abbia altri intestati.
Il che, in alcuni casi, potrebbe dar vita a una forte contraddizione. Per spiegarci meglio, partiamo dal dato testuale della norma che parla di “unico immobile di proprietà del debitore”. Questo significa che se il contribuente, oltre alla casa di abitazione, possiede un piccolo appezzamento di terra (anche pochi metri quadrati) adibito ad orticello (uso agricolo) potrà vedersi pignorata la casa che, appunto, non è più l’unico immobile. L’unica alternativa per il debitore è quella di vendere la terra: in tal modo, la casa rimarrebbe il solo immobile di sua proprietà e non potrebbe più essere pignorato. Una soluzione che non sembra in linea con la legge, la cui finalità era quella di garantire un tetto sotto cui dormire ad ogni contribuente.
Nessun problema, invece, per chi ha, insieme alla casa, un garage o una cantina: si tratta, infatti, di pertinenze dell’abitazione e, se accatastate autonomamente, non fanno venir meno la condizione di unicità dell’unità immobiliare.
È necessaria la residenza anagrafica
Non basta che l’abitazione sia l’unica del contribuente, essa deve anche rispondere ad altre tre condizioni:
– il debitore vi deve risiedere anagraficamente;
– l’abitazione deve avere destinazione catastale;
– l’immobile non deve essere di lusso.
Quando al primo requisito, il debitore deve aver fissato la propria residenza anagrafica nell’immobile. Ne deriva che se il contribuente ha residenza in una unità presa in affitto e possiede un unico fabbricato dove invece non vive (magari per aver dato anch’esso in affitto), quest’ultimo potrà essere espropriato. Non è precisato a quale data deve sussistere il requisito della residenza anagrafica. Nel silenzio della legge, dovrebbe trattarsi della data in cui hanno inizio le operazioni di esproprio (trascrizione e notificazione dell’avviso di vendita). Questo, però, potrebbe facilitare manovre di spostamento della residenza fatte al solo fine di aggirare le disposizioni di legge.
Destinazione abitativa
Come detto, l’abitazione deve avere destinazione catastale abitativa. Ne consegue che se il debitore risiede in un immobile ad uso ufficio, esso è pignorabile.
L’immobile non deve essere di lusso
L’immobile non deve essere classificato catastalmente come A8 (ville) o A9 (castelli), né deve possedere i requisiti delle case di lusso, di cui al decreto del ministero dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969, a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza.
Quest’ultima precisazione ha la finalità di evitare che risultino aggredibili dall’agente della riscossione unicamente le case classificate come A1, in considerazione del fatto che tale classificazione è presente solo in pochi casi e che nella realtà le abitazioni di lusso sono in numero maggiore di quanto dichiarato al catasto.
Se manca anche una di queste condizioni
Se una delle suddette condizioni viene meno, l’immobile è pignorabile da Equitalia, ma sempre a condizione che l’intero debito raggiunga almeno 120.000 euro. Se invece è inferiore, Equitalia potrebbe tutt’al più iscrivere ipoteca sull’immobile (sempre a condizione che si tratti di debiti superiori a 20.000 euro), ma non già metterlo in vendita.
Pignoramento non significa ipoteca
Quanto finora detto a beneficio della cosiddetta “unica abitazione” implica che Equitalia non possa pignorarla: il che significa che non può svolgere un’azione esecutiva, mettere in vendita l’immobile con un’asta pubblica e, quindi, soddisfarsi sul ricavato della vendita forzata. Tuttavia questo non escludere che Equitalia possa invece iscrivere ipoteca sulla “unica abitazione”. L’ipoteca è sempre consentita a condizione che il credito di Equitalia sia uguale o superiore a 20mila euro.
Se la casa è nel fondo patrimoniale
Il fatto di aver tutelato la casa nel fondo patrimoniale non costituisce una garanzia di non pignorabilità della stessa. Infatti gli immobili inseriti nel fondo possono essere ugualmente oggetto di esecuzione forzata in tutti quei casi in cui le obbligazioni per cui si procede siano state contratte per il bisogno familiare.
Tuttavia la valutazione dei bisogni della famiglia non è un concetto univoco, in quanto varia per ciascun nucleo familiare, essendo i coniugi ad indirizzare la vita comune e a stabilire quali sono gli obiettivi che intendono raggiungere, occorre utilizzare altri parametri.
Inoltre, non è chiaro se i debiti tributari di cui si tratta possono considerarsi contratti nell’interesse della famiglia. Una giurisprudenza più recente è orientata in favore del fisco, ritenendo che anche le imposte sui redditi, non pagate per l’esercizio di attività commerciale, sono da considerare rientranti tra i debiti per il bisogno familiare, atteso che il lavoro in sé considerato è anche destinato al sostegno dei membri della famiglia.
In alcuni casi si è distinto in base alla tipologia di debito tributario: un debito derivante da Irpef sui redditi fondiari dei beni costituiti in fondo è sicuramente estraneo ai bisogni della famiglia e come tale non potrebbe paralizzare l’esecuzione ma i redditi confluiscono in unico debito con altri redditi.
La giurisprudenza non è concorde, propendendo in alcuni casi per l’aggredibilità dei beni del fondo e in altri casi per l’esclusione.
Per la Cassazione si applicherebbero le disposizioni ordinarie e dunque l’AdR può iscrivere ipoteca sui beni del fondo patrimoniale, appartenenti al coniuge o al terzo, se il loro debito è stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari e quando, anche se contratto per uno scopo estraneo a tali bisogni, il titolare del credito per cui l’esattore procede alla riscossione non conosceva tale estraneità.
Sono ricompresi nei detti bisogni anche le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.
Giuseppe Catapano: Da oggi Netflix è disponibile anche in Italia. Punta a un terzo delle famiglie italiane
Netflix, la più diffusa internet tv al mondo, da oggi arriva anche in Italia e punta a conquistare una famiglia italiana su tre nell’arco di sette anni.
Lo ha detto Reed Hastings, ceo e co-fondatore della internet tv, durante la presentazione a Milano. “Nel corso del primo anno ci concentriamo sulla soddisfazione degli abbonati e non sulla dimensione”, ha detto Hastings, ” ma il nostro obiettivo è di avere un terzo delle famiglie italiane. Negli altri Paesi ci sono voluti sette anni e ci aspettiamo lo stesso qui”.
Alla fine del terzo trimestre Netflix contava 70 milioni di abbonati nel mondo.
Giuseppe Catapano: Appalti Anas,in manette Meduri (Margherita) sottosegretario con Prodi
Dieci persone arrestate, cinque in carcere e altrettante ai domiciliari, 31 indagati a piede libero e sequestro di beni per equivalenti 200 mila euro. Sono alcuni dei numeri dell’inchiesta per corruzione sugli appalti Anas che il Nucleo di polizia tributaria e il Gico della Guardia di Finanza hanno portato a termine , coordinati dalla Procura di Roma.
Deus ex machina del sodalizio criminoso è secondo l’accusa Antonella Accroglianò, dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas spa. In carcere con la dirigente anche gli altri funzionari Anas, Oreste De Grossi (capo del servizio incarichi tecnici della condirezione generale tecnica), Sergio Serafino Lagrotteria (dirigente area progettazione e nuove costruzioni) e i funzionari “di rango minore” Giovanni Parlato e Antonino Ferrante.
Agli arresti domiciliari, invece, sono finiti l’ex sottosegretario al ministero delle Infrastrutture, durante il governo Prodi, Giuseppe Luigi Meduri, l’avvocato catanzarese Eugenio Battaglia, e tre imprenditori, Concetto Logiudice Bosco, Francesco Domenico Costanzo e Giuliano Vidoni.
I reati contestati, a seconda delle singole posizioni, sono quelli di associazione per delinquere, corruzione, induzione indebita a dare e promettere utilita’ e voto di scambio. A piede libero, infine, risultano indagate altre 31 persone, in buona parte titolari di imprese che si sono aggiudicate appalti in virtù dei rapporti avuti con i dirigenti Anas finiti in manette.
“Anas sta attivamente collaborando alle indagini della Guardia di Finanza, dando il massimo supporto anche in qualità di parte offesa dai fatti oggetto di indagine, accaduti negli anni passati”, si legge in una nota di Anas, nella quale il “presidente, Gianni Vittorio Armani, esprime piena fiducia nel lavoro della Procura di Roma, con l’auspicio che possa arrivare velocemente a fare chiarezza sui fatti e aiutare il vertice dell’azienda a voltare pagina”.
Anas si costituirà in giudizio quale parte offesa.
Il procuratore Pignatone: indagine disarmante per la quotidianità dei fatti corruttivi. “La mia sensazione leggendo le carte, che sono prevalentemente, ma non solo, intercettazioni, è la sensazione deprimente della quotidianità della corruzione”. Lo ha detto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, alla conferenza stampa sugli arresti avvenuti oggi nell’ambito di una inchiesta sulla corruzione in alcuni appalti Anas.
“La principale indagata (chiamata la ‘Dama Nera’) va in ufficio per lavorare – ha riferito Pignatone – ma il suo lavoro è gestire il flusso continuo della corruzione: c’è la borsa sempre aperta, arriva qualcuno e ci mette una busta. Tratta pure male i collaboratori, che non sono ritenuti all’altezza nell’avere a che fare con gli imprenditori per riscuotere le mazzette. La sensazione della lettura di queste carte è la quodidianità della corruzione vista come cosa normale”, ha continuato Pignatone, che ha sottolineato “l’estraneità totale del nuovo presidente dell’Anas Gianni Vittorio Armani rispetto a queste vicende che sono recentissime. Lui non ha assolutamente nulla a che vedere con la cosa, è parte offesa dal punto di vista giuridico”.
Giuseppe Catapano: Ferrari, per Fca proventi netti per oltre 866 milioni di dollari. Il 3 dicembre assemblea per la scissione
Fiat Chrysler Automobiles ha incassato proventi netti per 866,307 milioni di dollari dalla cessione di 17.175.000 titoli Ferrari al prezzo di 52 dollari ciascuna.
E’ quanto emerge da un nuovo aggiornamento del prospetto informativo, da cui si rivela che dai 52 dollari del prezzo di collocamento vanno detratti 1,56 dollari di commissioni e sconti a favore delle banche sottoscrittrici per un valore totale di 26,793 milioni e pertanto Fca ha venduto le azioni al prezzo netto di 50,44 dollari.
I proventi lordi, in attesa del probabile esercizio integrale entro 30 giorni dell’opzione greenshoe garantita alle banche collocatrici su ulteriori 1.717.150 azioni ordinarie Ferrari (1% del capitale), si sono invece attestati a 893,1 milioni di dollari.
Intanto Fiat Chrysler Automobiles ha convocato ad Amsterdam per il 3 dicembre prossimo l’assemblea straordinaria degli azionisti chiamata ad approvare una proposta di separazione di Ferrari. L’operazione di scissione, ricorda il gruppo in una nota, prevede che Fca trasferisca tutte le azioni detenute in Ferrari NV (10% circa) a FE Interim B.V., neo-costituita società olandese, a fronte dell’emissione da parte di quest’ultima di titoli ordinari e a voto speciale a beneficio degli azionisti detentori delle corrispondenti azioni Fca.
La scissione fa parte di una serie di operazioni volte a separare la residua partecipazione di Fca in Ferrari N.V. per distribuirla ai detentori di azioni e bond convertibili del gruppo italo-americano.
Giuseppe Catapano: Consumi, Confcommercio, in un anno recuperati dalle famiglie 134 euro di potere d’acquisto
In un anno, da metà 2014 a metà 2015, sono stati recuperati dalle famiglie italiane 134 euro di potere d’acquisto, cioè 11,2 euro al mese. Lo ha affermato il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella, nel corso della presentazione del rapporto “Outlook Italia 2015” realizzato in collaborazione con il Censis. “Una cifra piccola ma le famiglie se ne sono accorte”, ha aggiunto.
Desta invece preoccupazione il fatto che continui a crescere, sfiorando ormai il 20% del totale, il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito. In particolare, tra le famiglie che definiscono “basso” il proprio livello socio-economico, corrispondenti al 21,2% delle famiglie, quelle che non hanno coperto le spese nell’ultimo anno raggiungono il 37,3% del totale.
A margine della presentazione il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha affermato che “nel 2016 il pil potrebbe avvicinarsi al 2%”. La stima della crescita della ricchezza italiana nel 2016 potrebbe realizzarsi “a due condizioni; la prima è che il Governo riduca le tasse in maniera generalizzata su famiglie e imprese e la seconda è che la legge di stabilità esplichi in pieno gli effetti espansivi”. “E’ stato importante aver escluso le clausole di salvaguardia ed evitato l’aumento dell’Iva nel 2016”.
Giuseppe Catapano: Luiss, Carlo Messina nominato Alumnus 2015
Il cda della Luiss Guido Carli ha nominato Carlo Messina, consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo, Alumnus 2015.
Messina, spiega una nota, è stato scelto tra una rosa di candidati di elevato profilo, proposti al cda dall’Associazione Laureati Luiss. Il premio, che nasce quest’anno su iniziativa degli Alumni, ha l’obiettivo di valorizzare personalità di successo formatesi nell’università intitolata a Guido Carli che abbiano raggiunto traguardi professionali e di leadership di particolare rilievo nel nostro Paese e in ambito internazionale.
Giuseppe Catapano: Fondazione Leone Moressa, 5 mln gli immigrati in Italia. Producono l’8,6% del pil
Gli immigrati in Italia producono l’8,6% del pil e versano 16 miliardi tra Irpef e contributi previdenziali.
E’ la fotografia presentata dalla Fondazione Leone Moressa con la quinta edizione del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione.
Secondo il rapporto, nel 2015 la popolazione straniera ha superato quota 5 milioni e rappresenta l’8,2% della popolazione complessiva. Tra la popolazione italiana 1 su 10 ha più di 75 anni, mentre tra gli stranieri appena 1 su 100.
Nel 2014 i contribuenti stranieri hanno dichiarato redditi per 45,6 miliardi e versato 6,8 miliardi di euro di Irpef netta. “Mettendo a confronto i costi e benefici della presenza straniera (esclusivamente i flussi finanziari diretti), la differenza tra entrate e uscite mostra segno positivo: +3,9 miliardi di saldo attivo per le casse dello Stato. Inoltre, considerando la ricchezza prodotta dai 2,3 milioni di occupati stranieri, nel 2014 il “pil dell’immigrazione” ha raggiunto i 125 miliardi di euro, ovvero l’8,6% della ricchezza nazionale”, si legge nel rapporto, secondo cui nel 2013 i contributi previdenziali hanno raggiunto quota 10,3 miliardi. “Ripartendo il volume complessivo per i redditi da pensioni medi, si può affermare che i lavoratori stranieri pagano la pensione a 620 mila anziani italiani. Sommando i contributi versati negli ultimi cinque anni si può calcolare il contributo degli stranieri dal 2009 al 2013, pari a 45,7 miliardi di euro, volume sufficiente per una manovra finanziaria”.
Giuseppe Catapano: Torna la super Tasi
Torna la super Tasi. L’addizionale dello 0,8 per mille che i comuni possono applicare alle seconde case, facendo così arrivare la soglia massima di prelievo complessivo sugli immobili (Tasi+Imu) dal 10,6 all’11,4 per mille, sarà in vigore anche per il 2016. Alla fine, dunque, hanno vinto i sindaci che da questa quota aggiuntiva di Tasi l’anno scorso hanno incassato circa 350 milioni di euro e che hanno vincolato il premier Matteo Renzi alla promessa fatta prima del varo della legge di stabilità: i comuni, aveva detto il premier, non avrebbero perso nemmeno un euro dall’abolizione delle tasse sulla prima casa. E così è stato. A farne le spese saranno come al solito i contribuenti per i quali il conto potrebbe essere molto più salato del gettito prodotto l’anno scorso dall’addizionale Tasi. Fino all’anno scorso, infatti, questa poteva essere applicata solo dai comuni che avevano previsto e finanziato detrazioni a favore dei proprietari di prime case. Ora, eliminata la Tasi sulle abitazioni principali, viene meno questa condizione. E dunque l’addizionale potrà essere applicata senza vincoli. Tranne quello di non superare il tetto dell’11,4 per mille. Confedilizia stima che il conto per i proprietari immobiliari potrebbe aggirarsi intorno ai 2 miliardi di euro.
La bozza riveduta e corretta della manovra, dopo il dietrofront annunciato da Renzi, conferma il ritorno dell’Imu sulle prime case di lusso (categorie A1, A8, A9) che continueranno a pagare anche la Tasi, abolita invece per le abitazioni principali appartenenti alle altre categorie catastali. La Tasi non sarà più pagata dagli inquilini ma solo se hanno destinato l’immobile ad abitazione principale. Diversamente dovranno pagarla. I proprietari che danno in affitto un’abitazione dovranno pagare la quota di Tasi stabilita dal comune con regolamento (può variare dal 70 al 90%). Nei municipi che nel 2015 non hanno deliberato nulla, i locatori pagheranno il 90% del tributo.