In tema di riscossione di quote associative sindacali dei dipendenti pubblici e privati a mezzo di trattenuta effettuata dal datore di lavoro è ben possibile la cessione del quinto dello stipendio.
Il lavoratore può chiedere al datore – che non può opporsi tranne casi straordinari – di pagare la quota associativa sindacale tramite cessione del quinto dello stipendio. Ma procediamo con ordine.
La primaria fonte di entrata del sindacato è quella che deriva dall’autofinanziamento degli associati (lavoratori e pensionati).
In certi casi è prevista una quota associativa iniziale (per la tessera) e la “quota sindacale”, in genere periodica, la cui entità è decisa da ogni confederazione o dalla rispettiva categoria.
Un tempo, per la riscossione dei contributi sindacali dei lavoratori si usava il sistema della “delega”: in pratica, il contributo sindacale veniva riscosso attraverso una ritenuta dal salario del lavoratore dipendente direttamente dal datore di lavoro (appunto su “delega”) e riversato periodicamente al sindacato.
Oggi il sistema delle cosiddette “deleghe sindacali” di fatto rimane uguale nel suo meccanismo, ma il datore di lavoro non è più obbligato per legge a trattenere, su delega del lavoratore, i contributi sindacali direttamente dalla busta paga ed a versarli all’associazione designata dal lavoratore. Questo non vuol dire neanche che vi sia il divieto (è questa la conseguenza del referendum abrogativo del 1995).
Ciò significa che i lavoratori possono richiedere al loro datore di trattenere sulla retribuzione i contributi da accreditare al sindacato a cui aderiscono e tale atto deve essere qualificato come cessione del credito.
Pertanto, non occorre, in linea generale, il consenso del debitore.
La disciplina attuale della riscossione dei contributi sindacali dipende dalla previsione del contratto collettivo di riferimento. Di norma il CCNL disciplina i sistemi di versamento dei contributi: in tal caso il datore di lavoro deve seguire le regole dettate dallo stesso. Un comportamento diverso, da parte dell’azienda, costituisce condotta antisindacale.
La riscossione tramite cessione del quinto dello stipendio
Secondo una sentenza di ieri della Cassazione, nell’ipotesi di sindacati non firmatari di CCNL, il lavoratore può richiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi da accreditare al sindacato attraverso l’istituto della cessione del credito. Non è necessario che il datore di lavoro dia il suo consenso, salvo che questi non provi che la cessione comporta in concreto, a suo carico, un onere aggiuntivo insostenibile in rapporto alla sua organizzazione aziendale. Il numero elevato di dipendenti non può, da solo, fondare la decisione sulla gravosità dell’onere.
Dunque, la cessione del quinto dello stipendio non riguarda solo banche e altri istituti di credito, come erroneamente ritenuto da talune aziende.
Il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro di effettuare la trattenuta e di versare la quota al sindacato designato è da considerarsi, oltre che un illecito civilistico, una condotta antisindacale in quanto pregiudica sia i diritti individuali dei lavoratori di scegliere liberamente il sindacato cui aderire, sia il diritto del sindacato stesso di acquisire dai propri aderenti i mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento della sua attività.
La possibilità della riscossione dei contributi associativi sindacali tramite cessione di quote di stipendio è soggetta ad alcune limitazioni:
– non può essere superiore a un quinto
– non può essere stabilita per periodi superiori a cinque o dieci anni a condizione che beneficino di uno stipendio fisso e continuativo.
Nelle aziende di perimetro Confindustria, dopo la sottoscrizione dell’AI 28 giugno 2011,dell’AI 31 maggio 2013, dell’AI 10 gennaio 2014, che introducono un sistema di rilevazione della rappresentatività sindacale a mezzo delle denunce contributive INPS, si ritiene oramai obbligatorio, per il datore di lavoro, operare la ritenuta sulla retribuzione per il versamento della contribuzione all’associazione sindacale indicata dal lavoratore.
L’indicazione del sindacato sul cedolino paga
Ai fini della privacy, sul cedolino di paga del lavoratore vanno riportate solo le notizie indispensabili a documentare le diverse voci relative alle competenze e alle trattenute, per consentire una verifica agevole dell’esatta corresponsione della retribuzione netta. Occorre, quindi, omettere alcune specifiche causali a tutela della privacy del lavoratore, come per esempio l’indicazione del sindacato al quale il lavoratore iscritto versa la ritenuta sindacale. Il datore di lavoro deve pertanto operare la trattenuta utilizzando una diversa dizione o un codice, oppure adottando un’altra espressione che renda individuabile la ritenuta senza descriverla.