La delega al Governo nell’ambito del raddoppio dei termini d’accertamento (articolo 8, comma2, legge 23/2014) mira solo a introdurre limiti temporali più stringenti per l’inoltro della denuncia (entro la scadenza dell’ordinario periodo d’accertamento) e per l’operatività dello strumento. È il concetto che esprime testualmente la Corte di cassazione nella sentenza n. 9974/2014 dello scorso 15 maggio. L’affermazione resa dagli ermellini consente di dedurre che, al di là della legge delega e della sua attuazione, il requisito dell’effettivo inoltro della denuncia penale è obbligatorio, per fruire del termine raddoppiato, anche nella normativa precedente, «mirando la delega al Governo solo a introdurre limiti temporali più stringenti». La precisazione fornita dalla Cassazione, seppur incidenter tantum, è di notevole spessore poiché dà seguito a quel filone di giurisprudenza tributaria di merito che sostiene la nullità dell’accertamento nel caso in cui la denuncia penale non venga inoltrata, indipendentemente dalla sussistenza di elementi di rilevanza penale che denotino «l’obbligo» della denuncia stessa. Parimenti, in base alla stessa logica, la nullità dell’accertamento si verifica quando la denuncia non sia stata prodotta in giudizio, a fronte della specifica contestazione di inesistenza mossa, eventualmente, dal ricorrente. Nella stessa sentenza in commento, la Cassazione aggiunge che l’archiviazione della denuncia non è, invece, un fatto di per sé impeditivo dell’applicazione della disciplina del raddoppio. A tal scopo non rileva né l’esercizio dell’azione penale del pm, né tantomeno l’emanazione di una sentenza di condanna o assoluzione da parte del giudice penale. Tuttavia, tali elementi possono corroborare la valutazione sulla fondatezza, ovvero sulla pretestuosità, della denuncia penale inoltrata dal funzionario verificatore. È, infatti, rimessa al giudice tributario la valutazione della sussistenza di quegli elementi minimi richiesti dall’art. 331 c.p.p. per l’insorgere dell’obbligo di denuncia, allo scopo di negare l’applicazione del termine allungato in casi d’iniziative di denuncia pretestuose e finalizzate per lo più all’emissione dell’atto impositivo fuori tempo. In tal senso, una eventuale archiviazione, così come, ancor più, una sentenza di assoluzione penale, non comportano automaticamente la censura all’utilizzo del termine raddoppiato, ma possono risultare elementi significativi a corroborare l’infondatezza o l’insussistenza dei requisiti minimi per l’inoltro della denuncia.
