Giuseppe Catapano: Stato islamico in Nord Africa, rivalità e alleanze

Complice la situazione di estrema instabilità in Libia, l’avanzata del terrorismo di matrice jihadista in Nord Africa non sembra conoscere soste.

Nella prima metà di agosto il gruppo terrorista dello Stato Islamico si è gradualmente impadronito della soussecittà libica di Sirte, provocando nuovi timori sia da parte delle principali potenze regionali, sia da parte delle diplomazie occidentali.

Il 20 agosto un attacco nella periferia di Sousse, in Tunisia, ha provocato la morte di un poliziotto. Il giorno stesso un’autobomba è esplosa di fronte a un edificio di proprietà delle forze di sicurezza egiziane nel distretto di Shubra el-Kheima, nella periferia del Cairo, toccando anche il tribunale adiacente e provocando 29 feriti. Gli episodi si susseguono ravvicinati.

Lo Stato Islamico e al-Mourabitun
Nonostante la maggior parte degli attentati sia stata attribuita agli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi, la realtà sembra essere molto più complessa. Il fronte del terrore in Nord Africa non è compatto e monolitico come a prima vista potrebbe sembrare, ma nasconde una ricca diversità di posizioni.

Questo è quanto si può desumere dall’annuncio con cui il 24 agosto i miliziani dello Stato Islamico hanno chiesto la testa di Mokhtar Belmokhtar, a capo del gruppo terroristico al-Mourabitoun.

Conosciuto per il tragico attacco del gennaio 2013 presso l’impianto di gas algerino di In-Amenas, al-Mourabitoun è nato dalla fusione tra le Brigate al-Mulathameen e il Movimento per l’unità del Jihad in Africa occidentale.

Le origini qaediste della formazione si desumono dal fatto che le Brigate al-Mulathameen furono create da Belmokthar come una fazione dissidente di al-Qaeda nel Maghreb islamico. Tuttavia la scissione non è stata così profonda da fare rinnegare a Belmokhtar la sua appartenenza a al-Qaeda.

Nonostante il 15 maggio Adnan Abud Walid Sahraoui, capo della branca saheliana dell’organizzazione, abbia prestato giuramento di fedeltà allo Stato islamico, sono arrivate subito le smentite.

Il 17 luglio al-Mourabitoun ha rinnovato la sua bay’ah (sottomissione) a Ayman al-Zawahiri, dichiarando di rappresentare al-Qaeda in Africa occidentale e di continuare la sua battaglia contro la Francia e i suoi alleati.

L’organizzazione ha anche ribadito la leadership di Belmokhtar, smentendo così le notizie relative alla sua uccisione in un raid condotto dall’aviazione statunitense a Ajdabya a giugno.

La natura saheliana di al-Mourabitoune la scelta dell’Algeria quale teatro principale delle sue azioni, sembra rappresentareun ostacolo all’espansione dello Stato islamico in questo Paese.

Soprattutto a seguito della repressione degli uomini di al-Baghdadi da parte delle forze di sicurezza algerine: nel dicembre 2014, infatti, i militari di Algeri sono riusciti a annientare il gruppo Jund al-Khilafa, affiliato allo Stato islamico, eliminando anche il suo presunto capo Abdelmalek Gouri.

I dissidenti di Ansar Beit al-Maqdis
In questo quadro estremamente dinamico, risulta naturalmente importante il teatro egiziano, dove la minaccia principale deriva da Ansar Beit al-Maqdis, formazione originariamente di stanza nel Sinai che negli ultimi mesi ha allargato il suo raggio di azione.

Nonostante la sua bay’ah allo Stato Islamico e la ridenominazione in Wilyat Sinai, il processo di affiliazione è stato dibattuto, con alcuni membri che hanno preferito abbandonare il gruppo e prendere altre strade.

Tra questi un’importanza fondamentale sembra avere Hisham Ali Ashmawy, che s’è meritato anch’egli l’inserimento nella lista dei ricercati da parte dello Stato islamico.

Ritenuto dalle autorità del Cairo responsabile dell’uccisione il 29 giugno del procuratore generale Hisham Barakat, Ashmawy infatti avrebbe partecipato alle operazioni contro lo Stato islamico nella città libica di Derna, allineandosi alle posizioni del Mujhaideen Shura Council.

Le indagini sugli attentati in Tunisia
Ancora più complesso sembra essere il panorama tunisino. Lo Stato islamico ha infatti rivendicato i principali attentati nei Paese, compresi quelli del museo del Bardo del 18 marzo e dell’Imperial Marhaba Beach Hotel di Sousse del 26 giugno.

In un primo momento le autorità tunisine sono sembrate riluttanti a attribuire la responsabilità di entrambi gli attacchi allo Stato islamico. Le indagini per l’attentato del Bardo si erano indirizzate sulla pista delle Brigate Okba Ibn Naafa, gruppo qaedista attivo soprattutto nella regione montuosa del Chembi, al confine con l’Algeria.

Solo a seguito dell’inchiesta della polizia britannica, è emerso un collegamento diretto tra l’attacco del Bardo e quello di Sousse: si ritiene infatti che i responsabili di entrambi gli attacchi siano passati dal medesimo campo di addestramento di Sabratha in Libia. Presumibilmente nello stesso periodo.

Un’ulteriore complicazione deriva dal fatto che il campo di Sabratha è notoriamente gestito da Ansar al-Sharia in Libia, il cui rapporto con lo Stato islamico risulta ambivalente. Nonostante tale formazione non abbia mai fatto voto di sottomissione a al-Baghdadi, pare che molti dei suoi ex membri siano successivamente entrati nelle file dello Stato islamico, rafforzando l’organizzazione.

Una libertà di movimento assoluta
In un contesto caratterizzato da scarsa trasparenza, inaffidabilità delle fonti e strumentalizzazioni politiche, l’unica certezza è che il fattore complessità sembra avvantaggiare lo Stato islamico.

Facendo del Nord Africa un’immensa Siria dove l’assenza di una componente settaria in grado di infervorare gli animi viene compensata da un’incredibile pluralità di attori, tutti con differenti agende e caratterizzati da un’irriducibile rivalità. E i cui movimenti vengono agevolati dall’assoluta mancanza di controlli alle frontiere.

A metà agosto il valico di Musaid tra Libia e Egitto è rimasto sguarnito, per un immotivato ritiro delle guardie di frontiera libiche. E a Sirte si stanno moltiplicando le notizie relative alla presenza di numerosi combattenti nigeriani tra le fila dello Stato islamico.

Questo presunto afflusso, tramite le porose frontiere tra Nigeria e Niger e tra quest’ultimo e la Libia, dà un contenuto concreto alla bay’aha al-Baghdadi annunciata dall’organizzazione nigeriana nei mesi scorsi.

Nella non più remota eventualità di un intervento in Libia (sia da parte occidentale che della Lega Araba), il controllo delle frontiere assume un’importanza sempre più cruciale e decisiva.

Giuseppe Catapano: Londra, stop all’immigrazione (anche dalla Ue) per chi non ha un lavoro

Porte aperte in Gran Bretagna a chi arriva da un altro Paese europeo con un lavoro già garantito; saracinesca chiusa ai disoccupati in cerca di fortuna. E’ l’idea di libera circolazione nell’Ue di Theresa fd36747b51ee2daf0a766e74759a2fd1-009-kS2G--258x258@IlSole24Ore-WebMay, ministro dell’Interno del governo conservatore di David Cameron, che sullo sfondo di una “emergenza immigrazione” che in questi mesi si è estesa anche alle frontiere del Regno auspica apertamente restrizioni a uno dei principi cardine dell’Europa comunitaria.

Nell’interpretazione della titolare dell’Home Office, non si tratta tuttavia di attentare a un diritto che a Bruxelles tutti (o quasi tutti) considerano ormai basilare. Semmai di tornare alle origini, prima di quegli accordi di Schengen che May indica come la causa scatenante della crisi odierna.

Quando fu inizialmente sancita – sentenzia il ministro britannico dalle colonne del Sunday Times – “libera circolazione significava libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire dei benefici” sociali altrui. May definisce quindi l’attuale livello d’immigrazione “non sostenibile”, in quanto mette troppa “pressione sulle infrastrutture, come case e trasporti, e sui servizi pubblici, come scuole e ospedali”. Secondo i suoi dati, il flusso dagli altri Paesi comunitari è più che raddoppiato rispetto al 2010 ed “è per questo che la volontà del governo di rinegoziare la relazione della Gran Bretagna con l’Ue è così importante”.

Fra le righe torna il timore del governo di Londra di un possibile ‘assalto’ di persone intenzionate a tentare la sorte dal continente e magari ad approfittare dei vantaggi (pur ampiamente ridimensionati dalle politiche di questi anni) del welfare britannico. Per Cameron e il suo team, il picco di 330.000 migranti in più censiti in Gran Bretagna nell’ultimo anno, a dispetto della linea dura promessa dall’esecutivo, è stato in effetti uno smacco. E i controlli rivendicati dalla May per impedire almeno il prolungamento ‘semiclandestino’ dei soggiorni di giovani europei sbarcati nel Regno Unito con visti da studenti sono solo parte del problema.

A testimoniarlo in questi ultimi mesi e’ fra l’altro quella che viene presentata come “l’emergenza” dei migranti e dei rifugiati di Calais, che continuano a cercare di attraversare la Manica nonostante i pattugliamenti, i reticolati e i cani. Un dossier che il governo Cameron appare adesso deciso a imporre in sede europea: non solo con la riunione operativa appena invocata e subito per il 14 settembre dalla stessa May in un appello congiunto con i colleghi di Berlino e di Parigi, Thomas de Maizière e Bernard Cazeneuve, ma anche al tavolo complessivo che il primo ministro tory intende aprire con Bruxelles per ottenere una revisione dei rapporti con l’Ue prima dell’annunciato referendum sulla cosiddetta Brexit.

Tavolo sul quale non potra’ essere certo messa in discussione la libera circolazione in quanto tale (altri, Germania in testa, hanno fatto sapere da tempo che si tratta di una ‘linea rossa’ non negoziabile). Ma che nelle intenzioni di Londra dovrebbe se non altro autorizzare maglie piu’ strette per la concessione di benefit sociali e previdenziali agli ‘ospiti’.

Giuseppe Catapano dice Snowden: “Bin Laden vive alle Bahamas a spese della Cia”

NEW YORK (WSI) – Bin Laden è ancora vivo e risiede alle Bahamas. A dirlo è l’ex collaboratore della NSA Edward Snowden, già fonte di molte altre inchieste sulle attività di spionaggio dell’agenzia federale nella-foto-edward-snowden-ex-collaboratore-della-nsa.aspxamericana, che in un’intervista al Moscow Tribune ha detto di avere informazioni che confermano che il terrorista non sarebbe morto, come annunciato dalle autorità americane, nel 2011.

Secondo Snowden, non solo Bin Laden è ancora vivo, ma ha uno stile di vita sontuoso alle Bahamas, grazie a pagamenti regolari della CIA.

“Ho documenti che dimostrano che Bin Laden è ancora sul libro paga della CIA”, afferma Edward Snowden. “Lui continua a ricevere più di $ 100.000 al mese, che vengono trasferiti attraverso alcune aziende direttamente sul suo conto in banca di Nassau. Io non sono certo dove si trova ora, ma nel 2013, viveva tranquillamente nella sua villa con cinque delle sue mogli e molti figli. ”

Snowden afferma inoltre che la Cia orchestrò la finta morte dell’ex leader di Al Qaeda, mentre veniva effettivamente trasportato con la sua famiglia in una località segreta alle Bahamas. (mt)

Giuseppe Catapano: Concorso Pubblico per 82 infermieri, Marche

Pubblicato un bando d’assunzione di 82 infermieri nell’Asl Marche.

L’Azienda Sanitaria Unica Locale delle Marche (ASUR ), per l’Area di Fabriano e di Ascoli Piceno – San Benedetto del Tronto, ha appena indetto un concorso pubblico, per l’inserimento di 82 infermieri ASL-due-nuovi-concorsi-pubblici-per-infermieri-e-OSS-370x230(qualifica: Collaboratore Professionale Sanitario Infermiere), a tempo pieno ed indeterminato, che saranno inquadrati nella Categoria D del CCNl comparto Sanità.

Requisiti per partecipare al concorso

Per potersi candidare alla procedura pubblica di reclutamento, sarà necessario, per i candidati, possedere i seguenti requisiti:

diploma di laurea triennale in Scienze Infermieristiche o Infermieristica, oppure diploma universitario  o diplomi ed attestati riconosciuti equivalenti dalla normativa vigente ai fini dell’esercizio della professione d’infermiere , conseguiti anche in base al precedente ordinamento;

– iscrizione all’Albo professionale Infermieri;

– cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione Europea;

– idoneità fisica all’impiego(che sarà accertata precedentemente all’immissione in servizio);

– assenza di provvedimenti di dispensa dal pubblico impiego o da un servizio pubblico, per avere conseguito l’impiego o il servizio stesso grazie alla produzione di documenti falsi o invalidi in maniera non sanabile;

– assenza di esclusione dall’elettorato attivo.

La procedura di selezione

L’iter selettivo prevede una prima fase di valutazione dei titoli personali, ed una seconda fase con lo svolgimento di tre verifiche.

Sarà difatti tenuta una prima prova scritta, che verterà sugli argomenti attinenti al profilo professionale richiesto; potrà trattarsi dello svolgimento di un elaborato, o di domande a risposta multipla o sintetica. Per superare la verifica, sarà necessaria una votazione di 21/30.

Vi sarà, poi, una seconda prova pratica, che consisterà nell’ esecuzione o nella dimostrazione di conoscenze tecniche specifiche, oppure nella stesura di atti o programmi relativi alla qualifica a concorso.

Infine, è prevista una terza prova orale, che vaglierà la preparazione dei candidati nell’informatica ed in una lingua a scelta tra inglese, spagnolo, francese e tedesco, e verterà nelle stesse materie delle prime due verifiche.

Per superare la prova pratica ed orale, la votazione necessaria sarà di 14/30.

La valutazione complessiva consterà di 100 punti, di cui un massimo di 30 potranno essere assegnati dalla valutazione dei titoli, e 70 dalle tre prove.

Al termine delle selezioni sarà redatta la graduatoria di merito dei candidati, che sarà pubblicata anche sul Bollettino Ufficiale della Regione Marche.

Termine e modalità di presentazione della domanda

Le domande dovranno essere presentate, improrogabilmente, entro il 24 settembre 2015.

La procedura di presentazione prevede la compilazione di un form online, disponibile nel sito della Asur Marche. La documentazione prodotta via web dovrà poi essere stampata ed inoltrata al Direttore di Area Vasta 2, Azienda Sanitaria Unica Regionale, mediante le seguenti modalità:

raccomandata con ricevuta di ritorno, da spedire all’indirizzo: Via Filippo Turati, 51 – 60044 – Fabriano (AN);

consegna diretta nella sede;

– posta elettronica certificata (PEC), alla seguente mail: areavasta2.asur@emarche.it.

Sarà necessario allegare all’istanza i seguenti documenti:

– Certificazioni o autocertificazioni relative ai titoli posseduti, suscettibili di specifica valutazione;

Curriculum Vitae, redatto su carta semplice, datato e firmato;

-pagamento della tassa di concorso, pari a 10 Euro;

– Eventuale documentazione comprovante il diritto di precedenza o preferenza;

– Elenco della documentazione inoltrata, datato e firmato.

Ulteriori specifiche sono reperibili all’interno del bando di concorso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 agosto 2015.

Giuseppe Catapano: Revisione dell’assegno se lui guadagna di più, quando?

Il mio ex marito mi versa un assegno di mantenimento di 500 euro al mese, ma ora so che lui guadagna molto di più perché è diventato socio in attività fruttuose: posso chiedere la revisione dell’assegno?

Sebbene la sentenza di separazione e divorzio, che decidono l’ammontare dell’assegno di mantenimento nei confronti del coniuge più debole economicamente, possono essere sempre oggetto Pensione-di-reversibilita-370x230di successiva revisione, in caso di mutamento delle condizioni economiche di uno dei due, in modo tale, anche per il futuro, da eliminare ogni sproporzione di reddito, tale revisione non sempre è possibile.

In generale, bisogna tener conto, nella modifica dell’assegno da versare all’ex, degli eventuali miglioramenti della situazione economica dell’altro coniuge solo qualora detti miglioramenti costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio. Al contrario, non possono essere valutati i miglioramenti che scaturiscano da eventi autonomi e aventi carattere di eccezionalità.

Esempi

L’esempio più semplice è quello di Mario che, dopo il divorzio, vince una grossa somma alle scommesse: tale incremento patrimoniale non potrà giustificare l’aumento dell’assegno.

Stessa sorte anche per i grossi guadagni di Francesco che, se durante il matrimonio svolgeva il lavoro di dipendente presso una società, viene licenziato per crisi aziendale e decide di avviare un’attività in proprio che, dopo qualche anno decolla e lo rende particolarmente benestante.

Può chiedere l’integrazione del mantenimento la moglie che veda il marito guadagnare di più grazie alle partecipazioni detenute, già durante il matrimoni, in due società: si tratta infatti di miglioramenti della sua situazione economica, che costituivano sviluppi naturali e prevedibili di attività già da lui svolte durante il matrimonio.

Ed ancora, ma all’inverso, Giovanni può chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento che versa all’ex moglie se l’attività con cui manteneva la famiglia durante il matrimonio, dopo il divorzio fallisce e lui non riesce più a mantenere più lo stesso tenore di vita di prima.

Solo i normali sviluppi

La Cassazione ha ricordato più volte che bisogna tener conto, nella determinazione dell’assegno divorzile, degli eventuali miglioramenti della situazione del coniuge, nei cui confronti si chieda l’assegno, qualora costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio. Al contrario, non possono essere valutati i miglioramenti, che scaturiscano da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto ed alle aspettative maturate nel corso del matrimonio e aventi carattere di eccezionalità, in quanto connessi a circostanze ed eventi del tutto occasionali ed imprevedibili.

Giuseppe Catapano: La servitù di passaggio, come riconoscerla

La trascrizione della servitù nei registri rende il peso sul fondo servente opponibile non solo al titolare di quest’ultimo, ma anche ai suoi eredi e aventi causa.

 

Spesso, negli atti di compravendita di immobili, si fa riferimento all’esistenza di servitù di passaggio sul bene stesso. Si tratta di un peso (o meglio, dell’obbligo di consentire il transito su detto tratto di La-servitu-di-passaggio-come-riconoscerla--370x230terreno) che viene imposto a un fondo – detto fondo servente – e quindi, indirettamente, al suo proprietario, per l’utilità di un altro fondo – detto fondo dominante – appartenente ad un diverso proprietario.

Come sapere se un bene è gravato da servitù

Per sapere anticipatamente se il bene che si intende acquistare è gravato o meno da vincoli, come appunto la presenza di servitù (ma anche di ipoteche, domande giudiziali, ecc.) è sufficiente una verifica nei registri immobiliari, da cui dovrà risultare la trascrizione della servitù (la servitù, quale diritto reale, è infatti soggetta a trascrizione).

Solo le servitù trascritte nei pubblici registri possono essere opponibili ai terzi successivi acquirenti o eredi del fondo servente.

L’adempimento della trascrizione svolge una funzione primaria di tipo dichiarativo. Dunque – nella fattispecie concreta – se la servitù è trascritta, essa è opponibile non solo all’attuale proprietario del fondo servente, ma anche a tutti i suoi successivi aventi causa (sia per atti tra vivi che per eredità).

Cosa significa “opponibile”?

Per comprendere questo termine è meglio ricorrere a un esempio.

Se Tizio è proprietario di un fondo (fondo servente) con una servitù di passaggio nei confronti di Mevio (titolare, quindi, del fondo dominante), e successivamente vende l’immobile a Caio o, decedendo, lo lascia in eredità a Sempronio, con il trasferimento del bene egli cede anche l’obbligo a rispettare la servitù. Così, né Caio né Sempronio potranno impedire a Mevio di transitare per il loro fondo. Si suol dire, quindi, che la servitù di cui è titolare Mevio, in qualità di proprietario del fondo dominante, può essere opposta a Caio e Sempronio.

Eccezione

Se manca la trascrizione, la servitù è altresì ugualmente opponibile – in via del tutto eccezionale – solo se di essa si faccia menzione nell’atto di trasferimento del fondo servente: tale menzione – afferma la Cassazione  – può essere effettuata anche in modo indiretto attraverso il riferimento alla situazione di luoghi, ma comunque sempre con espressioni idonee a manifestare la precisa volontà contrattuale.

La menzione nell’atto di vendita dell’esistenza del diritto di passaggio può quindi assumere rilevanza indipendentemente dalla precedente regolare trascrizione del titolo costitutivo; grazie a tale indicazione si rende edotti i futuri subacquirenti dell’esistenza della servitù: il che vale quale implicita accettazione della stessa, superando l’assenza di trascrizione.

Giuseppe Catapano: Imposta sui rifiuti per la casa secondaria abitata saltuariamente

Pago la tassa di smaltimento rifiuti per un’abitazione secondaria che uso come residenza per le vacanze e che abito saltuariamente poche settimane l’anno: il Comune però mi vuol far pagare l’imposta come tutti gli altri soggetti residenti: è corretto?

 

Sebbene il principio ispiratore dell’imposta sui rifiuti – per come risultante anche dalla disciplina della Comunità Europea – sia “chi inquina paga” e paga in base a quanto inquina, il sistema con cui l’Italia ha Ridotta-la-tassa-sui-rifiuti-se-il-cassonetto-lontano-da-casa-370x230disegnato l’attuale imposta sui rifiuti è di tipo “presuntivo”: in pratica il prelievo non è commisurato ai rifiuti “effettivamente” prodotti, ma a quelli “standard”, cioè ai rifiuti che “ordinariamente” produce una famiglia del medesimo numero di membri, in una casa avente la stessa superficie e occupata per l’intero anno.

Quindi le variabili sono costituite dal numero di familiari conviventi e dalla dimensione dell’immobile, e non dai giorni in cui l’immobile stesso viene abitato. Vien fatta salva, da numerosi giudici, la possibilità, per il proprietario, di dimostrare che l’unità immobiliare non è mai stata (né può esserlo) abitata, dando prova del fatto che non sono stati mai sottoscritti contratti per la fornitura delle utenze “essenziali” come la luce, il gas e il telefono.

In ogni caso, i Comuni possono concedere riduzioni sull’imposta sui rifiuti per le abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo. Si tratta però di una mera discrezionalità per l’ente locale che, quindi, è anche libero di non prevedere alcuna agevolazione e lasciare inalterato il sistema di tassazione, indipendentemente dai giorni di permanenza nell’immobile, dalla residenza e dalla quantità dei rifiuti prodotti.

Se questo sistema sia compatibile o meno con il principio comunitario del “Chi inquina paga” se n’è già occupata la Corte di Giustizia Europea, fornendo una sentenza piuttosto generica, che sembra accontentare entrambe le parti: secondo i giudici di Lussemburgo, il metodo “presuntivo” adottato dall’Italia non contrasta, in linea di principio, con il Trattato dell’U.E.. Tuttavia, esso trova un limite laddove comporti che taluni “detentori … si facciano carico di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili”.

Che fare, dunque, in questi casi? Di certo se si procede a un ricorso in autotutela o una richiesta, per altre forme, inoltrata all’ente locale, non si sortiranno effetti di sorta. Si tenga conto, infatti, che numerosi Comuni, posti sui litorali d’Italia (e, quindi, dalla vocazione prettamente turistica) mantengono il servizio di nettezza urbana proprio grazie alla contribuzione di tutti i proprietari di immobili, residenti e non.

Non resta, quindi, che fare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, chiedendo ad essa di disapplicare la delibera locale e sperando in una sentenza “evolutiva”: non è, infatti, per niente scontata una sentenza favorevole, sebbene in astratto e in punto di diritto, la tesi della differenziazione delle tariffe potrebbe essere sorretta da validi motivi.

Giuseppe Catapano: Immobile pericolante, responsabile solo il proprietario

Se l’immobile è pericolante, a pagare le conseguenze degli eventuali danni arrecati a terzi è sempre e soltanto il proprietario: questo, perché, secondo la Cassazione , il reato di omissione di lavori in Immobile-pericolante-responsabile-solo-il-proprietario-370x230edifici o costruzioni che minacciano rovina, si realizza allorché il titolare del bene non si sia attivato per rimuovere le cause del pericolo accertato; non rileva l’ignoranza, da parte del predetto proprietario, dello stato di pericolo dell’edificio stesso (si pensi al caso in cui questi viva in un’altra città o sia residente all’estero). Non è neanche necessaria una preventiva diffida da parte del Comune o di chiunque altro possa essere danneggiato dallo stato pericolante. In altri termini, il proprietario non può ignorare lo stato dei suoi immobili, anche se dati in affitto da più anni.

Secondo i supremi giudici, l’ignoranza circa lo stato di pericolosità dell’immobile non esclude la colpevolezza, essendo normale diligenza del proprietario di un immobile curarne lo stato al fine di evitare una rovina pericolosa per la pubblica incolumità.

Giuseppe Catapano: Offese del dipendente al datore, la reazione esclude il licenziamento

Il datore gli nega il permesso e lui “sbotta” con un’espressione oltraggiosa. Ma non è questo che, secondo la Cassazione, giustifica il licenziamento del dipendente, tanto più se “in tronco” (senza cioè il dovuto preavviso). Per valutare la legittimità del licenziamento disciplinare bisogna scendere nelle “viscere” dell’offesa, comprenderne l’effettiva portata, le intenzioni e lo spirito di insubordinazione che la anima.

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte detta le linee guida in tema di offese tra datore di lavoro e dipendente. E se all’imprenditore non è mai consentito sfruttare la propria posizione di superiorità gerarchica per insultare il dipendente “sul personale” (leggi “Fin dove il superiore può insultare il dipendente”), al contrario al lavoratore si può perdonare – di tanto in tanto – la parola di troppo.

Nel caso di specie, i giudici hanno qualificato il comportamento dell’uomo – a seguito di una proposta di trasferimento – come una semplice reazione istintiva ad un provvedimento del datore che, per le sue modalità, ben poteva essere interpretato come finalizzato non a perseguire oggettive esigenze aziendali, ma ad impedirgli di assumere importanti incarichi sindacali. Proprio per il modo in cui il lavoratore ha percepito la volontà dell’azienda la sua reazione poteva essere giustificata: la condotta, insomma, non era poi così grave, secondo i giudici, sia per l’insussistenza della portata intimidatoria delle espressioni utilizzate, sia per il profilo psicologico.

La vicenda fa comprendere una questione molto chiara: in tema di licenziamento disciplinare determinato a seguito di insulti del dipendente, una regola fissa non c’è, ma bisogna valutare caso per caso. Sarà quindi il giudice a dover effettuare un accertamento in concreto della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente nonché della proporzione tra sanzione disciplinare e infrazione.