Giuseppe Catapano scrive: Professionisti – dal 2016 debutta la Tessera europea

Dal 18 gennaio 2016 i liberi professionisti europei potranno utilizzare la Tessera professionale europea per muoversi liberamente all’interno del mercato europeo. Ad annunciarlo è stato dato il vice capo dell’Unità Libera circolazione dei professionisti della DG Grow della Commissione europea, Tomaras, in occasione dell’Assemblea generale e del Comitato permanente del Consiglio europeo delle professioni liberali (Ceplis), svoltosi lo scorso 5 giugno a Venezia. La Tessera professionale europea (Epc) è una procedura elettronica che consentirà di semplificare l’iter burocratico per riconoscere la qualifica di un professionista ottenuta in un Paese Ue.

Catapano Giuseppe osserva: Dichiarazione 730 precompilata – possibilità di un secondo invio per i contribuenti

L’Agenzia delle Entrate consentirà un secondo invio del 730 precompilato per chi l’avesse già trasmesso, per permettere di effettuare correzioni in caso di errori o anomalie presenti nei dati originari già accettati dai contribuenti. Questa è la soluzione per la quale propende l’Agenzia delle Entrate per gestire tutte le casistiche di errori rilevate o segnalate. La soluzione sarà formalizzata a breve da un provvedimento. I soggetti interessati disporranno di una funzione che permetterà di riaprire la dichiarazione già inviata, di apportare modifiche e di rinviarle. In questo modo, il secondo invio sostituirà il primo e la precedente dichiarazione trasmessa si considererà annullata. Il provvedimento dovrà fissare la finestra temporale entro la quale sarà consentito riaprire, modificare e trasmettere nuovamente.

Catapano Giuseppe scrive: Allacciare le cinture… per i prossimi 15 anni

Le destinazioni sono importanti. In questo periodo prossimo alle meritate vacanze la loro scelta è fondamentale. Ancor più i mezzi di trasporto per raggiungere le proprie mete più o meno esotiche. Se poi il punto di arrivo viene rappresentato come un traguardo agognato ed ambito nel corso degli ultimi anni diventa necessario – forse essenziale – munirsi di biglietto ed imbarcarsi con il primo volo: «Vorrei chiedervi di allacciarvi le cinture; qui stiamo decollando davvero, piaccia o non piaccia. Stiamo rimettendo il Paese come deve correre. L’Italia ha bisogno di recuperare il tempo che ha perso. Il decollo di Alitalia è quello dell’Italia, se vola Alitalia vola l’Italia». Questa l’affermazione del nostro primo ministro parlando davanti a 1.500 dipendenti appartenenti alla storica compagnia di bandiera.

A pochi giorni – era lo scorso 4 giugno – dal preannunciato «decollo» si può affermare di aver subìto una battuta d’arresto: un ritardo, una modifica all’itinerario programmato in precedenza, tutto può succedere nel corso di un viaggio. Un lungo viaggio.

Confcommercio – nel corso della consueta assemblea annuale – ha diffuso i propri numeri e considerazioni a commento dell’attuale scenario economico che sta attraversando il nostro Paese: «La ripresa c’è, ma restano dubbi sulla sua intensità» e ancora «fattori interni e internazionali contribuiscono, complessivamente, a delineare uno scenario favorevole alla ripresa».

Sembra essere tutto coerente con il preannunciato «decollo»: godiamoci il viaggio, tutto come da programma, fatto salvo che rispetto al 2007 (anno della crisi che ha investito il Paese) viene sottolineato questo: «In valori pro capite, tra il 2007 ed il 2014 gli italiani in media hanno patito una riduzione in termini reali del 12,5% per il Pil, del 14,1% per il reddito disponibile e dell’11,3% per i consumi. Ipotizzando per il Pil, i consumi ed il reddito disponibile una variazione di lungo periodo analoga al tasso medio annuo di variazione delle nostre previsioni macroeconomiche (1,25% per il Pil, 0,95% per i consumi dei residenti e 1,05% per il reddito disponibile) ed una variazione della popolazione in linea con le stime prodotte dall’Istat negli scenari di lungo periodo (+0,2% annuo), solo tra quindici anni circa si tornerà ai valori del 2007: prima il Pil pro capite intorno al 2027, poi la spesa delle famiglie (al 2030) e, ultimo, il reddito disponibile (intorno al 2032)».

Abbiamo letto bene: per ritornare ai livelli pre-crisi – in base a queste stime – occorrono 15 anni. Se invece tutto andasse per il meglio la nota economica predisposta da Confcommercio specifica che: «per ridurre i tempi di recupero di circa 6-8 anni sarebbe necessario un tasso di crescita doppio rispetto a quello rappresentato nel nostro scenario di previsione per il 2015-16». Si tratta sempre di molti anni, moltissimi anni e senza certezza alcuna: ovviamente. Nessuna certezza soprattutto perché – come afferma la stessa Confcommercio – tali valori di crescita «la nostra economia non sperimenta da molto tempo».

Da questo scenario emergono chiare alcune situazioni di fatto: siamo tutti viaggiatori pronti ed ormai imbarcati nonché prossimi al «decollo», ovvero non possiamo tornare indietro. Destinazione finale: sconosciuta. Durata del volo: anni, qualche anno, probabilmente molti forse troppi. Compagnia aerea: preferibilmente italiana. Le nostre comuni sorti di questo lungo viaggio in mano al pilota, un pilota, il pilota.

Giuseppe Catapano informa: SI È APERTA UNA FASE DI TRIBOLATA FIBRILLAZIONE CHE SOLO RENZI PUÒ CHIUDERE. CAMBIANDO MUSICA E ROTTA

Detto, fatto. Avevamo pronosticato – maledetti gufi, penserà Renzi – che con quei risultati le elezioni regionali avrebbero prodotto frutti avvelenati per la politica, ed ecco che appena due settimane dopo il voto siamo qui a dover constatare i nostri timori erano fondati. Da un lato le fibrillazioni dentro le istituzioni, come la lite governo-regioni (Lombardia, ma non solo) sulla questione dell’accoglienza dei migranti, e dentro i partiti, con lo scontro De Luca-Bindi che arriva in tribunale e rende insanabile la spaccatura dentro il Pd, e con Verdini che trasloca insieme al suo manipolo di “volonterosi” lasciando Berlusconi ancor più in mutande di quanto già non fosse. Dall’altro, le vicende giudiziarie, da “Mafia capitale” al “caso Azzolini”, che rappresentano altrettanti ordigni pronti ad esplodere, rischiando di far traballare anche il governo. Tanto più se, come si vocifera, ci aspettano nuovi capitoli della vicenda romana, per cui la scelta di difendere Marino e la sua giunta potrebbe rivelarsi un boomerang e la contromossa di “commissariare” preventivamente il Giubileo insufficiente. E come sempre avviene nell’intossicato sistema Italia quando un potere forte perde qualche colpo, ecco puntuali alcune vicende “pelose” che rappresentano altrettanti segnali inequivocabili: dalla notizia che Buzzi aveva finanziato la Fondazione di Renzi – in modo regolare, ma che importa – a quella che l’indagine ligure sul padre del presidente del Consiglio, pur essendo stata chiusa, non viene archiviata, giusto per tenere un fucile puntato alla testa del figlio. Se poi lo stesso Renzi ci mette del suo, commettendo errori di metodo e merito come ha fatto con la dilettantesca gestione delle nomine in Cassa Depositi e Prestiti, allora è sicuro che il vaso trabocchi.

Insomma, ahinoi, tutto congiura perché l’estate sia molto calda non solo dal punto di vista meteorologico. La sensazione è che si sia aperta una fase di tribolato passaggio verso non si sa bene cosa, e per di più priva di quella valvola di sfogo (quanto era utile!) che nella Prima Repubblica erano le crisi pilotate (salvo che sia lo stesso Renzi a volerla rispolverare, ma ne dubitiamo). Assisteremo a imboscate parlamentari – una l’abbiamo già vista nella commissione affari costituzionali sulla riforma della scuola – che metteranno a rischio le riforme renziane, e più in generale la tenuta del governo al Senato. Con corollario di mercato delle vacche, che vedrà il passaggio da un partito all’altro e da un fronte all’altro, di parlamentari transumanti. Il che indebolirà Renzi e il governo – comunque, al di là del saldo finale – e darà al Paese, già abbondantemente sfiduciato, ulteriori motivi di preoccupazione e rabbia. Brutta roba.

Dunque, che si può fare per abbreviare la fase delle fibrillazioni e invertire la china? Tutto dipende da Renzi. Deve sparigliare le carte, cambiando musica – basta con la litania delle elezioni vinte e del Paese che sta decollando – e rotta, anche a costo di contraddirsi. Ritiri le (brutte) riforme istituzionali che ha messo in moto e – d’intesa con il Presidente della Repubblica – le incanali verso un’Assemblea Costituente da convocare al più presto e a cui delegare una ridefinizione dello Stato, a cominciare dalle autonomie. Poi, sempre in asse con Mattarella, provi a negoziare con la magistratura una diversa strategia di lotta alla corruzione e al malaffare, prendendo atto del clamoroso fallimento della “via giudiziaria” al risanamento morale del Paese, ormai più che ventennale. Infine, ma in realtà è la cosa da mettere al primo posto, cambi radicalmente politica economica. Prenda atto che le riforme sono servite a fermare l’emorragia del pil e dell’occupazione, ma non hanno invertito in modo significativo e stabile la tendenza. Siamo usciti dalla recessione – grazie ai fattori esterni, come il cambio, la liquidità immessa dalla Bce e il crollo del prezzo del petrolio – ma la ripresa non c’è ancora. Sono tornate le assunzioni, ma in misura marginale e solo grazie agli incentivi. Insomma, la svolta non c’è stata. Per questo, ora, occorre crearla. Con un taglio delle tasse che non si preoccupi di aumentare il deficit corrente, e con investimenti pubblici significativi, compensati da un intervento straordinario sul debito – attraverso l’uso finanziario del patrimonio pubblico – che consenta di dire all’Europa di non romperci le scatole.

Se poi tutto questo si facesse rafforzando la qualità del governo e più complessivamente della classe dirigente e dei consiglieri del principe di cui Renzi si circonda, tanto di guadagnato. Renzi ha nel fatto di essere indispensabile per assenza di alternative, che non siano i populisti di ogni risma, il suo punto di forza e di debolezza insieme. Le elezioni europee gli avevano detto che per gli italiani era un punto a favore, e su quello ha costruito la sua legittimazione e la sua forza politica. Ora quelle regionali, un anno dopo, gli hanno detto che non è più così, che usare con arroganza la percezione che gli italiani hanno che non sia avvicendabile diventa un boomerang. Per questo deve avere il coraggio di cambiare. D’altra parte, se una cosa ha dimostrato, è proprio che il coraggio non gli manca. Ora lo usi al meglio.

Catapano Giuseppe: Immigrati, Napolitano alla Ue – aberrante che lasci sola l’Italia. Ripartizione, si tratta ancora

I toni sono lontani da quelli usati durante la presidenza della Repubblica, le parole rivolte da Giorgio Napolitano alla Ue sull’emergenza immigrazione non fanno tanti giri per arrivare al nocciolo della questione. “Come si può pensare che solo perché trovano più vicina la sponda siciliana debbano essere trovate soluzioni per tutti in Italia e non nel resto d’Europa o solo in alcune parti d’Italia? E’ aberrante dal punto di vista morale e etico e come membri della comunità internazionale”, ha detto l’ex presidente della Repubblica in un’intervista ad Agorà parlando del problema dei migranti. “Io non parlo da meridionale ma da persona legata a principi etici e a codici internazionali – spiega Napolitano – perché esiste una normativa internazionale e cogente per garantire asilo alle persone che fuggono da guerra e persecuzioni, il problema dei rifugiati non si discute, bisogna dargli rifugio e come si può dire lì si, da noi no? E’ un’aberrazione”. Secondo il presidente emerito “si sono logorati i valori di solidarietà, i valori di unità nazionale: non può un qualsiasi presidente di regione dare direttive a prefetti e sindaci, c’è disordine istituzionale, si è logorata la solidarietà, abbiamo avuto una regressione di valori in buona parte dell’opinione pubblica, serve un ritorno forte di solidarietà che deve velere in italia e in Europa. Oggi tutti i paesi europei devono confrontarsi con le politiche di accoglimento e riconoscimento in casa propria dell’asilo a chi ne ha diritto”.
Ma per il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, “bisogna lavorare per regolare la situazione. Stiamo lavorando e mi pare che la situazione si stia normalizzando”. Lo ha affermato il entrando alla settima conferenza Italia-America Latina e Caraibi riferendosi al fenomeno dell’immigrazione. Secondo il ministro “bisogna battersi in Europa per ottenere dei risultati. Ci auguriamo che i primi passi raggiunti a Berlino e in Marocco possano sfociare in un accordo. La strada è aperta ma non è semplice. Credo che ci si possa puntare”.
Anche da Gentiloni, poi, un appello alla Ue: “Il fenomeno migratorio, se regolato in modo serio – e in questo l’Italia e l’Europa devono lavorare insieme – è un fenomeno che ci può arricchire e non va presentato solo come fonte di minaccia e paura”.
intanto, i paesi dell’Unione europea che si oppongono al principio della redistribuzione obbligatoria degli immigrati dovranno scontrarsi con la determinazione della Commissione nel ribadire la sua proposta “fino all’ultima parola”, come ha ribadito anche oggi il portavoce della Commissione, e con una maggioranza di paesi, fra cui Francia e Germania, che invece sono a favore di una decisione al più presto. La discussione dei ministri degli Interni prevista per martedì prossima a Lussemburgo non sarà l’ultima occasione di confronto; i paesi baltici, quelli dell’Est, Spagna e Portogallo, secondo quanto riferisce una fonte diplomatica, martedì chiederanno che l’agenda della Commissione europea sull’immigrazione preveda che la condivisione della responsabilità sull’accoglienza sia su base volontaria. In realtà, non è previsto che una decisione formale sia presa già martedì. In quella sede, secondo quanto deciso dai capi di Stato e di governo nel vertice straordinario del 23 aprile, dopo l’ultima strage di migranti al largo delle coste libiche, i ministri degli Interni dovranno piuttosto stabilire una linea sulla proposta della Commissione, “risposta concreta e operativa” all’emergenza, che la presidenza lettone si incarica di riferire ai leader al consiglio europeo del 25 e 26 giugno. Inoltre, a meno che non si ritorni alle vecchie regole di voto che prevedono la possibilita’ di una “minoranza di blocco”, la maggioranza qualificata è comunque sicura.
Dunque, la Commissione europea continua a pensare che la sua proposta legislativa per affrontare l’emergenza immigrazione debba essere attuata “al piu’ presto” e la difenderà “fino all’ultima parola”. Lo ha detto il portavoce Margaritis Schinas, di fatto escludendo che Bruxelles abbia deciso di fare marcia indietro sull’obbligatorietà della redistribuzione di 40 mila migranti arrivati in Italia e Grecia dopo il 15 aprile. “C’è un’emergenza nel Mediterraneo che è sotto gli occhi di tutti – ha aggiunto Schinas – non dobbiamo spiegare una situazione evidente.
Aspettiamo di vedere come vanno le discussioni fra gli Stati della prossima settimana, i tempi dell’approvazione dipendono dal Consiglio”.

Giuseppe Catapano scrive: Un assegno per trovare lavoro

Arriva l’assegno di ricollocazione per i disoccupati. Graduato in funzione del profilo personale di occupabilità, potrà essere utilizzato per ottenere un servizio di assistenza intensivo nella ricerca di un posto di lavoro presso i centro per l’impiego o in un’agenzia privata accreditata. Il «pacchetto» proposto al disoccupato andrà dall’affiancamento di un tutor all’eventuale riqualificazione in funzione degli sbocchi professionali offerti dal mercato. È quanto prevede lo schema di decreto legislativo, approvato ieri dal consiglio dei ministri, che in attuazione del Jobs Act provvede al «riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive». A cominciare dall’istituzione dell’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, vertice della nuova rete nazionale che vedrà coinvolti anche le regioni, l’Inps, l’Inail, le agenzie per il lavoro, i fondi interprofessionali per la formazione continua, i fondi bilaterali e l’Isfol, e che darà vita a un sistema informativo unico e soprattutto al portale unico per la registrazione delle persone in cerca di lavoro. Sarà infatti al portale che occorrerà comunicare, in via telematica, la propria immediata disponibilità allo svolgere un’attività lavorativa e a partecipare alle misure di politica attiva concordate con il servizio per l’impiego, acquisendo così lo status di disoccupato. Debutta anche il disoccupato «parziale», ovvero lavoratori dipendenti o autonomi con reddito annuo prevedibile inferiore al minimo esente da imposizione fiscale (rispettivamente, 8 mila e 4.800 euro) lavoratori part-time con orario inferiore al 70% di quello normale o ancora lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali con riduzione dell’orario superiore al 50%. Per accelerare la presa in carico da parte dei servizi per l’impiego, sarà possibile registrarsi anche in pendenza del periodo di preavviso, nel qual caso i lavoratori saranno considerati «a rischio di disoccupazione».

Catapano Giuseppe: Firmato protocollo Semplificazione, siglata intesa tra Equitalia e Lapet

Assistenza online e pratiche più veloci per i tributaristi della Lapet grazie al canale di contatto diretto con Equitalia. Con l’attivazione degli sportelli telematici dedicati, imprese e cittadini assistiti dagli associati Lapet, possono affidare le pratiche al loro professionista di fiducia e avere in tempi brevi informazioni su cartelle, rate e procedure senza doversi recare presso uno degli sportelli di Equitalia. È quanto prevedono le convenzioni sottoscritte da Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud e l’Associazione nazionale dei tributaristi Lapet per offrire un’assistenza sempre più attenta e mirata alle esigenze dei contribuenti.
Le tre convenzioni firmate nei giorni scorsi dal direttore generale di Equitalia Nord Adelfio Moretti, dal direttore generale di Equitalia Centro Antonio Rondi, dal direttore generale di Equitalia Sud Andrea Parma e dal presidente della Lapet Roberto Falcone, consentono ai tributaristi di inviare le richieste online collegandosi al sito http://www.gruppoequitalia.it.
Lo Sportello telematico permette agli associati Lapet di richiedere informazioni su rate, cartelle o procedure, di presentare istanze di rateazione o di sospensione della riscossione e, infine, per le situazioni più delicate e complesse, di concordare un appuntamento per un’analisi più approfondita presso una delle sedi provinciali di Equitalia.
Inoltre, l`intesa introduce diverse forme di collaborazione quali l’avvio di tavoli tecnici e meeting formativi finalizzati alla circolarità e all’approfondimento delle informazioni legate all’attività di riscossione svolta da Equitalia e alle tutele in favore dei contribuenti previste dalla normativa.

Giuseppe Catapano informa: Addio al lavoro a progetto

Addio alle collaborazioni coordinate e continuative. Abrogata, infatti, la disciplina del lavoro a progetto, mentre alle co.co.co. personali e continuative organizzate dai committenti si estende la disciplina del lavoro subordinato. A stabilirlo, tra l’altro, è il dlgs con il «testo organico delle tipologie contrattuali e revisione disciplina delle mansioni» licenziato in via definitiva, ieri, dal consiglio dei ministri. Confermata, inoltre, la procedura di stabilizzazione (sanatoria) sempre dei collaboratori e lo stop ai rapporti di co.co.co. nel settore pubblico.

Addio alle co.co.co. Il provvedimento dà attuazione ai commi 7 e 11 dell’art. 1 della legge n. 183/2014 (Jobs Act). Una novità immediatamente operativa è quella sul lavoro a progetto, disciplina dettata dagli artt. dal 61 al 69-bis del dlgs n. 276/2003 (riforma Biagi): è abrogata dall’entrata in vigore del decreto di riforma (giorno dopo la pubblicazione sulla G.U.). Pertanto, non sarà più possibile sottoscrivere nuovi contratti di lavoro a progetto, mentre la relativa disciplina resterà efficace esclusivamente per regolamentare i contratti in atto alla stessa data di entrata in vigore della riforma e fino alla loro naturale scadenza. Con esclusivo riferimento al settore pubblico, inoltre, è confermato il divieto, a partire dal 1° gennaio 2017, alle pubbliche amministrazioni di stipulare collaborazioni coordinate e continuative a carattere personale e continuativo.

Catapano Giuseppe: Divorzio, niente mantenimento se la donna può lavorare

Obbligo di mantenimento: continua a far discutere i tribunali la misura dell’assegno che l’uomo deve versare all’ex moglie allo scioglimento del matrimonio, specie se entrambi guadagnano poco o, addirittura, non hanno di che vivere. L’ipotesi analizzata dalla Cassazione, in una recente sentenza, è purtroppo tipica di questi tempi: lei e lui sono disoccupati, solo che l’uomo ha perso il lavoro a seguito di licenziamento, mentre lei, che è stata casalinga durante il matrimonio, non ne vuol sapere di andare a lavorare e vorrebbe continuare a essere mantenuta. Chi la spunta?

La casalinga non ottiene l’assegno di mantenimento (o, in caso di divorzio, il cosiddetto assegno divorzile). E questo solo quando ha ancora la capacità lavorativa e magari svolge pure qualche attività saltuaria. Insomma, ciascuno dei due deve badare a sé stesso e non c’è modo di obbligare l’uomo a mantenere la donna se quest’ultima è ancora giovane e ha le risorse fisiche e mentali per guadagnare qualcosa.

Finisce l’era della donna sempre a carico?

In verità, in questi casi, a prevalere è sempre l’analisi del confronto tra i due tenori di vita condotti dai coniugi prima e dopo lo scioglimento del matrimonio. Perché, se a seguito della separazione o del divorzio, le condizioni si equivalgono e non c’è modo di stabilire se l’uno “stia meglio” dell’altro, allora si annullano anche gli obblighi di versamento dell’assegno di mantenimento. Insomma la partita finisce in “pareggio”.

Se prima della separazione la donna si occupava del ménage familiare, badando alla casa e alle faccende domestiche, mentre il marito lavorava, non può dopo lamentarsi di non poter procurarsi i mezzi per tenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio se ha ancora una capacità produttiva legata all’età o alla preparazione/specializzazione. E non può di certo gravare sulle spalle dell’uomo che è senza lavoro.

E allora sul piatto della bilancia le due posizioni si equivalgono: due disoccupati, ma lui involontariamente e lei per scelta, nonostante sia ancora in età di produrre reddito. Questo fatto non passa inosservato alla Cassazione che rigetta ogni richiesta di mantenimento avanzata dalla donna.

Giuseppe Catapano informa: Anatocismo sugli interessi della banca, il punto della situazione

La questione dell’anatocismo che le banche hanno applicato per anni, e continuano illegittimamente ad applicare, sui conti correnti, prosciugandoli, ha conosciuto, negli ultimi due anni, un importante inversione di tendenza. È necessario, quindi, fare il punto della situazione perché mai come ora si può dire che la pratica di calcolare la percentuale degli interessi, non solo sul capitale finanziato, ma anche sugli interessi già maturati in precedenza (moltiplicandone quindi gli importi a tutto vantaggio della banca) è definitivamente illegittima e fuorilegge.

Cos’è l’anatocismo?
Per effetto dell’anatocismo, gli interessi scaduti si aggiungono al capitale, originando, così, ulteriori interessi. Per questo si parla anche di “capitalizzazione degli interessi”, in quanto gli interessi producono altri interessi.
In mancanza di usi normativi contrari, però, l’anatocismo è illegittimo perché così stabilito dal codice civile. In ambito bancario la Cassazione ha ritenuto che tali usi non sussistano, ma ne aveva salvato, in passato, la legittimità tutte le volte in cui la capitalizzazione degli interessi avesse riguardato non solo gli interessi passivi (quelli debitori), ma anche quelli attivi (cioè a favore del correntista).

Cosa è successo il 1° gennaio 2014? Il Governo contro l’anatocismo
La legge di Stabilità per il 2014 aveva dichiarato definitivamente abolito l’anatocismo bancario. Tuttavia aveva subordinato l’attuazione di questa norma all’emanazione di una delibera attuativa del CICR (il Comitato interministeriale di credito e risparmio). Neanche a dirlo, questa delibera non è mai intervenuta.

Cosa è successo il 25 marzo 2015? Il tribunale di Milano contro l’anatocismo
Il Tribunale di Milano ha ritenuto l’anatocismo fuorilegge già a partire dal 1° gennaio 2014, nonostante la delibera del CICR non sia stata emanata. E questo perché, secondo i giudici del capoluogo lombardo, la norma è già sufficientemente chiara e specifica da non necessitare di ulteriori dettagli per poter essere applicata ai correntisti.

La decisione è suonata come uno scossone per il mondo bancario: inevitabili le prime richieste di rimborso da parte dei correntisti.

Cosa è successo il 6 maggio 2015? La Cassazione contro l’anatocismo
A rincarare la dose è stata anche la Cassazione che ha stabilito, neanche un mese dopo, che l’anatocismo sarebbe illegittimo non solo quando applicato trimestralmente, ma anche annualmente: una decisione storica, perché in controtendenza rispetto a quanto essa stessa aveva in precedenza affermato.

Abbiamo quindi spiegato, in una precedente guida, cosa deve fare il correntista e cosa deve richiedere al giudice, con quali documenti.

Cosa è successo il 7 maggio 2015? Di nuovo la Cassazione contro l’anatocismo
Non paga di quanto aveva fatto solo un giorno prima, la Cassazione ha poi chiarito che la nullità dell’anatocismo – ivi compreso quello calcolato su base annuale – può essere rilevata d’ufficio, ossia direttamente dal giudice, a prescindere da eventuali eccezioni di parte. Il che ha riaperto le porte a una serie di giudizi già consumati in primo grado per i quali, quindi, in appello (salvo decorrenza dei termini) i calcoli potrebbero essere ulteriormente rivisti in favore del clienti.

Com’è oggi?
Dunque, oggi, dalla miscela di norme e sentenze che si sono susseguite dopo il 2014, è legittimo affermare che l’anatocismo è definitivamente fuorilegge: a prescindere dall’emanazione dei regolamenti di attuazione del CICR, a prescindere che si tratti di capitalizzazione trimestrale o annuale.

Tale convincimento era apparso già chiaro all’indomani della legge di stabilità per il 2014.
Infatti, si preannunciava che le Banche avrebbero dovuto modificare, una volta per tutte, le loro procedure di calcolo degli interessi in modo tale da evitare qualsiasi forma di anatocismo.

Nella vigente norma del testo unico bancario si prevede che “il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.
Ma, secondo i giudici di Milano, al di là della mancata adozione della relativa delibera da parte del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, il sistema bancario dovrà restituire, a tutti i correntisti, gli interessi addebitati in modo illegittimo a fare data dal 1° gennaio 2014.

Insomma, da oggi le banche saranno chiamate a una contabilità molto più attenta del conto corrente e della restituzione del finanziamento, in modo da non confondere la restituzione degli interessi con quella del capitale, evitando che i primi si cumulino ancora al secondo.