Giuseppe Catapano informa: CONTI CORRENTI PASSATI AI ‘RAGGI X’, MA SENZA AUTORIZZAZIONE ALL’ESECUZIONE DELLE INDAGINI BANCARIE: VALIDO, COMUNQUE, L’AVVISO DI ACCERTAMENTO

“Avviso di accertamento”, sui fronti Irpef ed Irap, ‘consegnato’ al contribuente, alla luce della “analisi di alcuni conti correnti, i quali evidenziavano alcune movimentazioni, in entrata ed in uscita, prive di adeguato riscontro documentale”.
Ma, secondo i giudici tributari regionali, l’azione del Fisco è illegittima. Fatale la “mancata produzione” – sottolineata dal contribuente – “sia in primo, sia in secondo grado, dell’autorizzazione del direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate all’esecuzione delle indagini bancarie”. Ciò costituisce, secondo i giudici, “inosservanza degli oneri di allegazione e prova gravanti sull’ufficio” nonché “difetto di motivazione dell’atto impositivo”.
Tale visione, però, viene completamente demolita dai giudici della Cassazione. Questi ultimi, accogliendo le obiezioni mosse dall’Agenzia delle Entrate, ribadiscono che “la mancata esibizione” alla persona interessata “della autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente”. Ciò perché “l’autorizzazione ha una preminente funzione organizzativa, secondo uno schema riconducibile alla ‘delega-autorizzazione’, nel quale la valutazione rimessa al titolare dell’ufficio ‘delegante’ si esaurisce nella modalità di attuazione della competenza attribuita in vista del perseguimento del medesimo interesse pubblico”, quindi “essa ha in definitiva carattere endoprocedimentale, meramente preparatorio, inserito nella fase della iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, e più specificamente quale condizione di legittimazione dell’ufficio locale all’esercizio di taluni poteri ispettivi ricompresi nelle competenze amministrative di controllo e verifica delle dichiarazioni presentate e dei versamenti eseguiti dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nonché di vigilanza sull’osservanza degli obblighi stabiliti dalle disposizioni tributarie”.
Di conseguenza, la “autorizzazione” non integra “un elemento costitutivo degli effetti del provvedimento impositivo, rimanendo estranea alla valutazione dei ‘presupposti di fatto e delle ragioni di diritto’ che fondano la pretesa tributaria, perché non provvede alla cura di uno specifico interesse, ma coincide col generale interesse all’esercizio della funzione pubblica di controllo fiscale, né dispone della sfera giuridica di terzi”.
Legittime, perciò, le obiezioni mosse dall’Agenzia delle Entrate, anche tenendo presente che non è stato “dedotto alcun concreto pregiudizio” per il contribuente.
Ciò conduce a riaffidare nuovamente la vicenda all’esame dei giudici tributari regionali.

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