Catapano Giuseppe: Bando Internazionalizzazione per le MPMI milanesi 2015

La Camera di commercio di Milano promuove un bando per la concessione di contributi a fondo perduto – attraverso l’assegnazione di voucher alle Micro, Piccole e Medie Imprese – per ricevere servizi specialistici e partecipare a percorsi di accompagnamento per l’internazionalizzazione.

Beneficiari
Micro, piccole e medie imprese con sede legale e/o sede operativa attiva in provincia di Milano, iscritte al Registro Imprese della Camera di commercio di Milano.

Risorse disponibili
Il bando ha una dotazione finanziaria complessiva di € 1.000.000 ripartiti su due misure :

Misura 1 – Servizi specialistici per l’internazionalizzazione
Misura 2 – Programmi di accompagnamento verso nuovi mercati extra-UE
Caratteristiche del contributo
Contributo in misura fissa a fondo perduto, erogato sotto forma di deduzione dal pagamento della fattura rilasciata dal soggetto attuatore PROMOS, a seguito della sottoscrizione del contratto di adesione e dell’erogazione dei servizi previsti dal Bando.

Importo del contributo:

Misura 1A, contributo di € 2.600,00 a fronte di un investimento minimo di € 6.000
Misura 1B, contributo di € 4.500,00 a fronte di un investimento minimo di € 10.000
Misura 1C, contributo di € 7.500,00 a fronte di un investimento minimo di € 15.000
Misura 2A, contributo di € 5.000,00 a fronte di un investimento minimo di € 10.000
Misura 2B, contributo di € 8.000,00 a fronte di un investimento minimo di € 16.000
Maggiori informazioni sui servizi offerti sono disponibili sul sito di Promos, soggetto attuatore dell’iniziativa:

per la Misura 1 (servizi specialistici), clicca qui
per la Misura 2 (programmi di accompagnamento verso nuovi mercati extra-Ue), clicca qui
Procedimento
Procedura a sportello.
Il Responsabile del Procedimento è il Dirigente dell’Area Competitività delle Imprese.

Presentazione domande
Le domande per la Misura 1 possono essere presentate dalle ore 10.00 del giorno 21 aprile 2015 e fino al esaurimento delle risorse, e comunque entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 28 gennaio 2016.

Le domande per la Misura 2 possono essere presentate dalle ore 10.00 del giorno 16 aprile 2015 e fino al esaurimento delle risorse, e comunque entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 28 gennaio 2016.

Le domande di contributo possono essere presentate online tramite il sito easybando.
La procedura online e il manuale di presentazione delle domande saranno disponibili entro il 13/04/2015.

Documentazione
Testo del Bando (in formato pdf 834 kB)
Modulo de Minimis (in formato docx 57 kB)
Istruzioni per la compilazione de Minimis (in formato pdf 839 kB)
Manuale per la presentazione della domanda (in formato pdf 299 kB)

Per informazioni relative al contenuto del Bando:
Patrizia Mutti
02.8515.5938
retepromos@mi.camcom.it

Roberta Borsatti
02.8515.5881
retepromos@mi.camcom.it

Per informazioni relative alle procedure di accesso e ai requisiti di partecipazione:
contributialleimprese@mi.camcom.it

Giuseppe Catapano scrive: Anti corruzione, torna reato falso in bilancio per società non quotate

Il disegno di legge anti corruzione ha passato uno scoglio importante al Senato, che si è espresso a favore con voto segreto.

Con 124 si, i senatori hanno approvato l’articolo 8 del testo che ripristina il reato di falso in bilancio anche per le società non quotate.

I magistrati lo definiscono un “reato presupposto”: la falsificazione di bilanci permette infatti la creazione di fondi neri, a loro volta indispensabili per versare eventuali tangenti.

La nuova legge introdurrà pene più severe per le Spa: in quel caso d’ora in avanti si rischiano 3-8 anni di carcere.

Tra le novità anche l’articolo 9 che stabilisce la pena da sei mesi a tre anni se i fatti sono lieve entità, “tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”.

Dopo il voto di Palazzo Madama, ora toccherà alla Camera pronunciarsi.

Catapano Giuseppe informa: Boeri: “preleveremo da pensioni troppo alte”

Come Robin Hood, l’Inps preleverà dai pensionati più ricchi per dare ai più poveri. O per lo meno dagli italiani ‘senior’ che ricevono un assegno previdenziale molto alto rispetto ai contributi versati.

Lo ha annunciato il nuovo presidente dell’Inps, Tito Boeri, in un’intervista in diretta Tv.

“Ci sono “pensioni molto alte che non sono giustificate dai contributi che hanno versato durante l’intero arco della vita lavorativa”, c’è un “problema di equità che andrebbe affrontato”, ha detto l’economista a Ballarò dopo aver tenuto un incontro vis-a-vis di quasi due ore con il premier Matteo Renzi.

Tra le altri importanti novità del nuovo corso dell’istituto previdenziale pubblico è previsto anche l’arrivo della cosidetta ‘busta arancione’, che consentirà di conoscere i tempi e l’assegno pensionistico.

È una busta che in alcuni paesi scandinavi viene inviata a tutti i lavoratri in modo tale che si facciano da subito un’idea precisa di come sarà il trattamento pensionistico che stanno maturando.

Si può chiedere a queste persone di poter dare qualcosa per contrastare la povertà soprattutto nella fascia 55/65 anni – aggiunge Boeri tornando sugli assegni che definisce “ingiusti”-. Vogliamo per queste generazioni trovare un modo per contrastare la povertà e dare la possibilità di andare in pensione prima in modo sostenibile, quindi avendo una pensione più bassa”.

“La filosofia di fondo è quella dell’equità – spiega ancora il presidente dell’Inps ?sottolineando che “entro giugno” farà delle “proposte articolate” al Governo -, noi faremo queste proposte per equità non per fare cassa”, sottolinea, indicando poi che uno “dei problemi più seri” è quello “della generazione tra i 55 e i 65 anni che si sono trovati con queste riforme in po’ spiazzati”.

Da parte sua Yoram Gutgeld, consigliere del governo Renzi impegnato sul fronte della spending review, esclude invece interventi sulle pensioni. “Abbiamo affrontato questo discorso già l’anno scorso e la decisione politica è stata di non toccarle. Le pensioni alte sono già in qualche modo tassate e quindi c’è già un intervento di equità. Andare più in giù significherebbe entrare sui livelli di pensioni medie, tipo da 90mila euro, e si è deciso politicamente di non farlo”.

Catapano Giuseppe scrive: Fatturazione elettronica verso le PA da oggi al via

Da oggi 31 marzo tutte le Amministrazioni dello Stato non potranno più accettare dai propri fornitori di beni/servizi fatture emesse o trasmesse in forma cartacea e procedere al relativo pagamento, neppure parzialmente, finché non riceveranno la fattura in formato elettronico conforme ai requisiti previsti dal DM 55/2013. Scatta da oggi, infatti, l’obbligo di fatturazione elettronica verso tutte le Pubbliche Amministrazioni. Si ricorda che l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti delle PA è stato introdotto dalla Finanziaria 2008 e va assolto attraverso il Sistema di Interscambio (SDI) istituito dal MEF e gestito dall’Agenzia delle Entrate e Sogei; il DM n. 55/2013 ha poi reso operativo quanto stabilito dalla legge.

Catapano Giuseppe: Certificazione Unica, confermata la proroga per la consegna se non rileva per il 730

Nella Circolare n. 11/E del 23.03.2015 sul 730 precompilato, al par. 2.3, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito quanto già affermato nel comunicato stampa del 12 febbraio scorso, in cui consentiva, per questo primo anno di applicazione, alcune semplificazioni per gli operatori. In particolare, viene ribadito che, per il 2015, gli operatori possono scegliere se compilare la sezione dedicata ai dati assicurativi relativi all’INAIL e se inviare o meno le Certificazioni Uniche contenenti esclusivamente redditi esenti. Inoltre, sempre per il 2015, le certificazioni uniche contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili mediante il modello 730 (come i redditi di lavoro autonomo non occasionale) possono essere inviate anche dopo la scadenza prevista per il 2015 (quindi dopo il 9 marzo), senza applicazione di sanzioni. La stessa facoltà è consentita nel caso di Certificazioni Uniche che contengano solo dati previdenziali e assistenziali. Come nel comunicato, però, anche nella Circolare non viene precisato un termine definitivo per la consegna delle CU in tali casi.

Catapano Giuseppe informa: TFR in busta paga: il modulo per la richiesta

E’ stato pubblicato sulla G.U. del 19/03/2015, il D.P.C.M. n. 29 in vigore dal 3/4/2015 recante le disposizioni attuative per la liquidazione mensile della quota di TFR maturanda e predisposto il modulo che i lavoratori dovranno utilizzare per la richiesta del pagamento mensile della quota maturanda del TFR come quota integrativa della retribuzione c.d. Qu.I.R. a partire dal mese di aprile 2015.

La Legge di stabilità 2015 ha introdotto la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato di richiedere per i periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 l’erogazione del TFR ad integrazione della busta paga c.d. Qu.I.R ., Quota Integrativa della retribuzione.
Il DPCM fornisce anche il modulo che i lavoratori dovranno utilizzare per la richiesta di pagamento mensile del TFR a partire dalla busta paga del mese di aprile 2015.

Evidenziamo che l’erogazione mensile della quota maturanda di TFR risulta essere una facoltà per il lavoratore, mentre è un obbligo per il datore di lavoro nel caso in cui il lavoratore eserciti la predetta facoltà.
Per dare piena attuazione alla liquidazione della Qu.I.R. mancano ancora le istruzioni INPS pertanto, al momento, i datori di lavoro potranno limitarsi a raccogliere le istanze dei lavoratori.

Lavoratori beneficiari e modalità di richiesta
Possono presentare istanza per la liquidazione mensile della Qu.I.R. i lavoratori dipendenti del settore privato, con rapporto di lavoro subordinato in essere da almeno sei mesi.
Restano esclusi da questa possibilità:
i lavoratori domestici;
i lavoratori del settore agricolo;
I lavoratori per i quali la legge ovvero il contratto collettivo nazionale di lavoro prevede la corresponsione periodica del TFR ovvero l’accantonamento del TFR medesimo presso soggetti terzi;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro che abbiano iscritto nel Registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento;
i lavoratori dipendenti da datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga , se in prosecuzione dell’integrazione straordinaria;
i lavoratori dipendenti che, a fronte di un contratto di finanziamento che comporta la cessione del quinto dello stipendio , abbiamo dato il TFR a garanzia del predetto finanziamento.
QUOTA INTEGRATIVA DELLE RETRIBUZIONE EROGABILE (Qu.I.R.).

La Qu.I.R. da liquidare, su espressa richiesta del lavoratore, è pari alla quota maturanda del TFR , al netto del contributo I.V.S. dell’0,50%.

La richiesta di liquidazione della Qu.I.R. può essere esercitata anche in caso di conferimento del TFR maturando a forme pensionistiche complementari . In tale ipotesi l’adesione del lavoratore alla forma pensionistica complementare prosegue senza soluzione di continuità con l’obbligo di versamento dell’eventuale contribuzione a suo carico e/o a carico del datore di lavoro.

MODALITA’ DI RICHIESTA

I lavoratori per richiedere la liquidazione mensile della Qu.I.R. devono presentare al datore di lavoro istanza debitamente compilata e sottoscritta utilizzando il modello unito al DPCM.
Non esiste alcun obbligo a carico del datore di lavoro di consegnare ai propri dipendenti il suddetto modello. Inoltre non è previsto alcun termine da parte del lavoratore per esercitare l’opzione, pertanto può essere presentata in qualsiasi mese, fermo restando il temine ultimo al 30 giugno 2018, ovvero alla data di cessazione del rapporto di lavoro se precedente.

L’opzione, una volta esercitata, è irrevocabile fino al 30 giugno 2018.

Liquidazione della quota integrativa delle retribuzioni (Qu.I.R.) e trattamento fiscale e previdenziale
Il datore di lavoro, a partire dal periodo di paga decorrente dal mese successivo a quello di presentazione dell’istanza da parte del lavoratore, provvede alla liquidazione mensile della Qu.I.R. con le stesse modalità in uso per l’erogazione della retribuzione.
Per i lavoratori per i quali si procede alla liquidazione mensile della Qu.I.R., non operano gli obblighi di versamento del TFR alle forme pensionistiche complementari e al Fondo di tesoreria INPS.

TRATTAMENTO FISCALE E PREVIDENZIALE

La Qu.I.R. è assoggettata a tassazione ordinaria anziché alla tassazione più agevolata prevista per il TFR, e concorre alla formazione de l reddito complessivo per il calcolo:

delle addizionali, comunali e regionali che aumentano;
delle detrazioni d’imposta che diminuiscono e quindi aumenta la ritenuta fiscale;
dell’assegno nucleo familiare che diminuisce in relazione all’aumento del reddito;
dell’ISEE.
Da stime effettuate da esperti, il lavoratore che sceglie il pagamento mensile della quota del TFR maturanda perde il 30% – 35% dell’importo stesso, rispetto al lavoratore che continua ad accumulare il TFR e lo percepisce al termine del rapporto di lavoro.

La Qu.I.R. non concorre, invece, alla determinazione del reddito complessivo ai fini dell’attribuzione del bonus 80 euro e non costituisce imponibile ai fini previdenziali.

ACCESSO AL FINANZIAMENTO

Ai datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze fino a 49 addetti , non tenuti quindi al versamento del TFR al Fondo Tesoreria INPS, e che non dispongano delle risorse necessarie per far fronte alla liquidazione mensile della Qu.I.R . ai lavoratori che ne facciano richiesta, è riconosciuta la facoltà di accedere al nuovo Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS. Tale facoltà è preclusa per i datori di lavoro che occupano più di 49 addetti i quali sono già tenuti al versamento del TFR al Fondo Tesoreria INPS.

Per accedere al finanziamento i datori di lavoro devono presentare alla banca o all’intermediario finanziario una specifica certificazione dei requisiti aziendali rilasciata dall’INPS 0 entro 30 giorni dalla richiesta.

I datori di lavoro che accedono al finanziamento assistito dall’apposito Fondo di Garanzia, istituito presso l’INPS, effettuano le operazioni di liquidazione mensile della Qu.I.R. a partire dal terzo mese successivo a quello di efficacia dell’istanza presentata dal lavoratore.

L’ importo complessivo del finanziamento è comunicato dal datore di lavoro alla banca, in funzione dell’ entità della Qu.I.R. da liquidare mensilmente . La banca mette a disposizione del datore di lavoro il finanziamento, mediante singole erogazioni mensili, a partire dal mese successivo a quello di perfezionamento del contratto di finanziamento e comunque non prima del 1° giugno 2015 e non oltre il 30 ottobre 2018.

RIMBORSO DEL FINANZIAMENTO

Il rimborso del finanziamento , comprensivo dei relativi interessi maturati, è rimborsato dal datore di lavoro in un’ unica soluzione alla data del 30 ottobre 2018 . Nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro intervenuti durante la vigenza del finanziamento assistito da garanzia, il datore di lavoro è tenuto al rimborso del finanziamento già fruito, entro la fine del mese successivo a quello di risoluzione del rapporto.

Il tasso di interesse applicato al finanziamento non può essere superiore al tasso di rivalutazione del TFR. Sono dovute, inoltre, le spese notarili e gli oneri per il perfezionamento della pratica

Nel caso sia accertato che il finanziamento sia stato utilizzato per finalità diverse dalla liquidazione mensile della Qu.I.R, , l’erogazione del finanziamento è interrotta e il datore di lavoro è tenuto al rimborso immediato del finanziamento già fruito e degli interessi.

L’erogazione del finanziamento assistito da garanzia è interrotta al verificarsi dei seguenti eventi:

datori di lavoro che abbiano iscritto nel Registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento attestato;
datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga , se in prosecuzione dell’integrazione straordinaria stessa;
datori di lavoro che abbiano sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti;
fallimento del datore di lavoro, a far data dall’iscrizione della sentenza dichiarativa nel Registro delle imprese;
concordato preventivo, a far data dall’iscrizione del decreto di ammissione alla procedura nel Registro delle imprese;
liquidazione coatta amministrativa, a far data dalla pubblicazione del provvedimento dell’Autorità competente nella Gazzetta Ufficiale;
amministrazione straordinaria , a far data dall’iscrizione nel Registro delle imprese della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.
FONDO DI GARANZIA

Il Fondo di Garanzia per l’accesso al finanziamento, istituito presso l’INPS, interviene a copertura del rischio dei finanziamenti concessi dalle banche ai datori di lavoro per liquidare la Qu.I.R. ai lavoratori che ne faranno richiesta.

Il Fondo è alimentato da una dotazione iniziale a carico dello Stato (100 milioni di euro) e dal pagamento di un contributo mensile, a carico dei datori di lavoro che ricorrono al finanziamento , nella misura dello 0,20% dell’imponibile previdenziale dei lavoratori la cui Qu.I.R. è erogata mediante il predetto finanziamento.

In data 24 marzo 2015 è stato pubblicato l’Accordo quadro tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e ABI che definisce termini, modalità e condizioni di accesso al finanziamento assistito rivolto ai datori di lavoro (fino a 49 dipendenti) che, per motivi finanziari, non sono in condizione di liquidare la Qu.I.R. in busta ai lavoratori che ne faranno richiesta.

Le banche che intendono aderire all’Accordo quadro lo comunicheranno all’ABI che, a sua volta, pubblicherà sul proprio sito l’elenco delle banche aderenti, alle quali i datori di lavoro potranno rivolgersi per ottenere il finanziamento.

Giuseppe Catapano comunica: Meccanismo dell’inversione contabile

Estensione del reverse charge a edilizia, settore energetico e pallets: per l’individuazione dei servizi soggetti all’inversione bisogna far riferimento alla tabella ATECO 2007 e niente sanzioni per gli errori commessi in buona fede entro il 27 marzo 2015

Arriva una mini guida sull’estensione, a partire dall’1 gennaio 2015, del meccanismo di inversione contabile (reverse charge) nell’ambito dei settori edile ed energetico e della cessione dei bancali di legno (pallets) recuperati dopo il primo utilizzo. Con la circolare n. 14/E infatti, l’Agenzia fornisce i primi chiarimenti sulle novità introdotte dalla Legge di stabilità 2015 in materia di applicazione del meccanismo di assolvimento dell’IVA mediante inversione contabile. Nel documento di prassi, inoltre, vengono illustrate le novità in campo IVA per i settori interessati e forniti alcuni approfondimenti su reverse charge e particolari ambiti applicativi.

Le novità per il settore edile

Per quanto riguarda il settore edile, l’obbligo di inversione contabile viene esteso ai servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relativi ad edifici in tutti i casi di prestazioni rese nei rapporti B2B. In base alla ricostruzione normativa operata nella circolare, l’Agenzia chiarisce che Legislatore, utilizzando il riferimento alla nozione di edificio, abbia sostanzialmente voluto limitare la disposizione in commento ai fabbricati e non alla più ampia categoria dei beni immobili. Ne consegue che, nella nozione di edificio, vadano, quindi, escluse dal meccanismo del reverse charge le prestazioni di servizi di aventi ad oggetto, ad esempio, terreni, parti del suolo, parcheggi, piscine, giardini, etc., salvo che questi non costituiscano un elemento integrante dell’edificio stesso (ad esempio, piscine collocate sui terrazzi, giardini pensili, impianti fotovoltaici collocati sui tetti, etc.).
Individuazione dei servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici da assoggettare a reverse charge

Con riferimento all’l’individuazione delle prestazioni di cui alla lettera a-ter) dell’articolo 17, sesto comma, del D.P.R. 633 del 1972, soggette al reverse charge l’Agenzia delle entrate ritiene, in conformità ai criteri adottati in sede di Relazione Tecnica, che debba farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007. Tale criterio deve, quindi, essere assunto al fine di individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici.
Il reverse charge si allarga anche al settore energetico

La Legge di stabilità 2015 estende il meccanismo di inversione contabile (reverse charge) anche ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra e a quelli di altre unità che possono essere utilizzate per conformarsi alla Direttiva 2003/87/Ce. Nell’ambito di questa misura vengono inclusi anche i certificati che hanno la finalità di incentivazione dell’efficienza energetica o della produzione di energia da fonti rinnovabili, come per esempio i certificati verdi. Inoltre, il reverse charge apre anche alle cessioni di gas e di energia elettrica al soggetto passivo-rivenditore. Restano escluse dal reverse charge le cessioni di Gpl poiché non avvengono tramite un sistema di gas naturale o reti connesse a questo sistema.

Quando non si applica il reverse charge

Il reverse charge non si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate da soggetti che si avvalgono del nuovo regime “forfetario” o del regime dei “minimi”. Se, invece, questi soggetti acquistano beni o servizi in regime di reverse charge, dovranno assolvere l’imposta secondo tale meccanismo; inoltre, non potendo esercitare il diritto alla detrazione, dovranno effettuare il versamento dell’imposta a debito.
Il meccanismo del reverse charge non si applica nemmeno alle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che, beneficiando di particolari regimi fiscali, sono di fatto esonerati dagli adempimenti quali l’annotazione delle fatture, la tenuta del registro dei corrispettivi e del registro degli acquisti (ad esempio i produttori agricoli con volume di affari non superiore a 7mila euro).
Infine, il regime di cash accounting non trova applicazione relativamente alle operazioni che rientrano nel meccanismo del reverse charge.

Niente sanzioni per gli errori commessi in buona fede

In considerazione dell’incertezza in materia, nel rispetto dei principi dello Statuto del contribuente di tutela dell’affidamento, il documento di prassi, fa presente che la nuova disciplina recata dagli articoli 17, sesto comma, lettere a-ter), d-bis), d-ter) e d-quater), e 74, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, avendo già prodotto effetti in relazione alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2015, in assenza di chiarimenti, non può comportare applicazione di sanzioni per eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti. Pertanto, l’Agenzia non applicherà sanzioni per le violazioni scaturenti dall’errata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile commesse fino all’emanazione della circolare 14 del 27 marzo 2015

Giuseppe Catapano informa: Imposta di bollo sui documenti informatici, ecco i codici tributo per sanzione e interessi

Con la risoluzione n. 32/E del 23 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo “2502” e “2503” per consentire il pagamento di sanzioni ed interessi sull’imposta di bollo relativa a libri, registri e altri documenti rilevanti ai fini tributari, in particolare, documenti informatici e alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto. I codici vanno riportati nel modello F24, nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione, nel campo “anno di riferimento”, dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “aaaa”. Si ricorda che l’imposta di bollo relativa ai documenti informatici e alla loro riproduzione deve essere assolta secondo le disposizioni dell’art. 17 del d.lgs. 241/1997 esclusivamente con modalità telematiche, utilizzando il codice tributo (2501) istituito con la risoluzione n. 106/E del 2 dicembre 2014 .

Giuseppe Catapano: L’ITALIA È DA BONIFICARE MA UNA RIEDIZIONE DEL 1992 SAREBBE LETALE

Va tutto bene: la lotta alla corruzione, nuove norme e nuove pene, il ruolo di Cantone, la denuncia dei 60 miliardi di ricchezza finita nelle tasche dei corrotti, la riforma delle giustizia, il garantismo, Montesquieu. Ci sta sia la denuncia per la pericolosa corrosione, tanto delle istituzioni quanto delle dinamiche sociali, prodotta dall’indecente livello cui è arrivata la corruzione, ma ci sta anche la denuncia di come le barriere garantiste siano state travolte e si sia prodotta una perniciosa assuefazione allo stravolgimento di regole basilari in una democrazia, come la presunzione d’innocenza, l’onere della prova, la certezza del diritto e delle pene. Non vogliamo essere cerchiobottisti, tra giustizialisti e garantisti, diciamo solo che il degrado italiano, quello che riguarda la democrazia, la giustizia e la società, è tale che sono molte le ragioni da dover distribuire. L’unica cosa, però, che sappiamo con certezza granitica è che l’Italia non è in grado di sopportare un altro momento di rottura come quello che con Tangentopoli si produsse nel 1992. Non ce la farebbe fisicamente, ne rimarrebbe inesorabilmente sfiancata. In modo drammatico, definitivo. Al di là del fatto che l’esigenza di fare pulizia sia sacrosanta e a prescindere dal metodo usato per farla. Siamo un paese che esce – a stento, si leggano bene gli ultimi dati della congiuntura – dalla recessione più lunga della sua storia repubblicana ed è affetto dal morbo della sfiducia e del disincanto, figuriamoci se dovesse sopportare una lunga fase di inchieste giudiziarie.

Ma corriamo davvero questo pericolo? Saremo forse condizionati dallo sbarco in grande stile sugli schermi di Sky della fiction appunto intitolata “1992” e dell’eco mediatica che l’ha accompagnata, ma temiamo di essere di fronte, con gli ultimi scandali – più o meno fondati che siano (purtroppo lo sapremo troppo tardi, visti i tempi assurdi della giustizia nostrana) – ad una riedizione di quella palingenesi che fu l’inchiesta Mani Pulite. Si dirà: bene, il Paese ha proprio la necessità di togliere di mezzo le consorterie e di superare certi metodi, tanto nella vita pubblica come nel business. Vero. E rimarrebbe vero anche se riuscissimo a distinguere tra vero malaffare e legittima rappresentanza degli interessi, cosa il fumus creato dall’incrocio tra giustizialismo e populismo ci impedisce di fare. Anche al netto delle isterie per cui tre persone che si scambiano favori sono un’associazione a delinquere, rimarrebbe comunque un eccesso di opacità che andrebbe rimosso. Ma detto questo, l’Italia ha già commesso una volta l’errore di fermarsi a guardare cosa succede, aspettando in trepida attesa il bollettino di guerra delle procure, per commettere nuovamente quell’errore. Anche perché, torniamo a ripeterlo, non ce lo potremmo permettere. Le conseguenze sarebbero: fuga di capitali e di cervelli (l’ennesima), disinvestimenti, ulteriore ridimensionamento dei consumi, diffusione di nuove dosi massicce di scetticismo e disillusione, dilagare del rancore sociale. Sarebbe come una sopraggiunta polmonite per un malato lungodegente dal fisico debilitato: mortale.

Sappiamo che questa valutazione si presta ad una critica radicale: così finite col proteggere e favorire l’illegalità. Lo sappiamo così bene che ci trema la mano nello scrivere parole che potrebbero essere fraintese. Perciò lo ribadiamo: l’Italia è un paese da bonificare. Solo che riteniamo sia da bonificare anche – e sottolineiamo anche – una giustizia che ci mette più di dieci anni per arrivare ad una sentenza definitiva, che non assicura la certezza del diritto, che scambia un avviso di garanzia per una condanna e che usa la carcerazione preventiva come surrogato dell’iter processuale. E, per questo motivo, riteniamo non si possa bonificare scrivendo le pagine delle grandi e spettacolari inchieste “di sistema”. D’altra parte, lo si è fatto nel 1992 e anni seguenti, creando aspettative messianiche che però sono andate clamorosamente deluse. Allora si disse che Mani Pulite, Di Pietro e gli altri eroi del pool di Milano, avrebbero miracolosamente salvato l’Italia. E gli italiani – o quantomeno la gran parte di loro – ci credettero. A distanza di oltre due decenni, oggi più nessuno crede che le varie inchieste daranno frutti commestibili. Non sappiamo come la fiction di Sky procederà dopo le prime puntate – che abbiamo guardato con curiosità senza però trovarci, almeno fin qui, il guizzo di un documento verità fuori dagli schemi, pur pagando il giusto tributo al romanzo televisivo – ma sappiamo che chi ha dai quarant’anni in su non potrà che misurare la distanza che separa – noi crediamo in peggio – la Seconda Repubblica, quella del bipolarismo pro o contro Berlusconi, che ora viene processata, dalla Prima Repubblica, allora messa al patibolo.

Questo spazio di confronto libero si chiama Terza Repubblica non a caso, e da tempi non sospetti, quando un po’ tutti, dagli intellettuali all’ultimo dei cittadini, guardava con speranza a ciò che la politica ha offerto dal 1994 in poi. Noi non ci abbiamo mai creduto, alla cosiddetta Seconda Repubblica (titolo peraltro totalmente usurpato). Dunque, figuratevi se possiamo avere qualche riserva a che si archivi quel ventennio con l’ignominia che merita. Tuttavia, la cultura di governo cui facciamo riferimento, la consapevolezza della complessità che ci circonda e il relativo desiderio di rifuggire da tutte le semplificazioni, e l’amore per l’Italia che nutriamo, ci inducono a non reclamare processi sistemici e punizioni esemplari. La stagione in cui viviamo non è la Terza Repubblica che noi abbiamo sognato, ma una sorta di “bis” sgangherato e senza futuro della Seconda. Ma sappiamo che non potremo davvero voltare pagina – se non quelle di media sempre più vittime di banalizzazione populiste – se si dovesse fare i conti con la storia più recente attraverso le inchieste e le aule giudiziarie.