Giuseppe Catapano informa: Aumento delle donne occupate, nonostante la crisi

In dieci anni le donne occupate sono aumentate del 6,2%. e l’incremento si registra anche nelle posizioni di vertice. Tutto questo nonostante la crisi che ha colpito invece gli uomini (-3,9%).
A dirlo è il Rapporto Donne 2015 di Manageritalia, sviluppato in collaborazione con AstraRicerche e JobPricing. Che ha sottolineato come nel settore privato oggi il 15,1% dei dirigenti e il 28,4% dei quadri è donna.
Il mondo del lavoro nel nostro paese in questo senso è disomogeneo: a fronte di alcune aree geografiche e settori più “rosa”, fare la manager in Italia resta spesso ancora complicato.
Certo siamo ancora lontani dall’Europa (25% le dirigenti nel privato), ma comunque in recupero. Inoltre secondo la ricerca le donne rappresentano negli ultimi anni il 44% dei cervelli in fuga.
Il rapporto evidenzia che a livello regionale le dirigenti sono in percentuale più presenti nel Lazio (19,7%) e Lombardia (17,1%). Idem per i quadri, dove spiccano il 32,3% del Lazio, seguito da Sardegna (31,6%), Valle d’Aosta (30,7%) e Lombardia (30%).
In termini assoluti, le donne dirigenti sono di più a livello regionale in Lombardia (47% del totale nazionale) e provinciale a Milano (37,6%). Idem per i quadri: Lombardia 35,2%) e Milano (27,9%), facendo della Lombardia, la regione rosa per eccellenza.
A livello di ruolo in aumento le donne che operano nel general management (25,9% dirigenti e 13,7% quadri). Il settore economico più rosa è nel privato, Sanità e assistenza sociale (42,2% donne dirigenti e 50,8% quadro), ultimo Costruzioni (7,8% donne dirigenti e 14,9% quadro).
Rimane il gap del divario retributivo, anche se sta assottigliandosi.
In Italia le donne nelle professioni dei media sono in aumento, soprattutto come giornaliste, ma ancora mal rappresentate nei consigli di amministrazione o in ruoli di “comando”.
Le donne ai vertici delle quattro organizzazione monitorate per l’Italia (Rai, Mediaset, Corriere della Sera, La Repubblica) sono soltanto l’11% verso la media europea del 32%.
Sicuramente la situazione in Europa rimane molto frammentata; su tutti il Regno Unito vede tingersi sempre più di rosa, il panorama media, con l’ultima donna in ordine di tempo, che ha scalato i vertici dei colossi della comunicazione, raggiungendo il comando della BBC.
Sul fronte istituzionale e politico, l’ultima proposta viene dalla Vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, che invita alla “stipula di un patto trasversale tra donne che hanno un ruolo decisionale con l’obiettivo di incrementare l’occupazione femminile”.
Secondo Anna Debora Morabito, del Comitato Tecnico scientifico CoLAP: “Il Rapporto di Manager Italia restituisce lo spaccato di un Paese ancora parecchio indietro rispetto alla media europea in quanto a politiche di Gender Diversity legate al mondo del lavoro.
Permangono in maniera marcata i fenomeni della segregazione orizzontale – ovvero la preclusione all’accesso di determinate tipologie di professioni per le donne – e quella verticale, ossia l’impedimento alla crescita in termini di ruoli apicali nelle realtà aziendali, tranne che per i settori a ‘tipico’ appannaggio femminile.
Perdura nel privato anche il dato legato ai gap salariali, ovvero le forme discriminatorie di tipo retributivo riservate alle donne.
Unico spostamento favorevole pare essere quello connesso al tasso occupazionale che vede un incremento per le figure femminili.
E’ un dato su cui però mi porrei due tipi di questioni.
Come precisa l’Istat, è “occupato” chiunque nella settimana di rilevazione “abbia svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura”.
Pertanto, il tasso di incremento attestato dal rapporto potrebbe sottendere l’essersi maggiormente diffuse le contrattualizzazioni ‘precarizzanti’ riservate alle donne.
L’altra questione concerne invece il livello di congruità del lavoro che viene offerto alla beneficiaria – congruità che si fonda sul percorso di formazione effettuato, sulle esperienze pregresse e sulle attitudini del soggetto.
Il mercato del lavoro è lo specchio che restituisce pedissequamente i tratti della realtà socio-politica in cui è calato. Per affrancarsi dalla condizione di non equità in cui versiamo occorre un costante quanto strutturale lavoro sul piano culturale e sociale che contempli l’intervento e la piena attuazione di azioni politiche e investimenti economici mirati.
Garantire politiche e attività di work life balance e favorire la flessibilità organizzativa potrebbe essere un valido quanto iniziale strumento di supporto.
Creare opportunità per le donne significa produrre benessere per l’individuo; ingenerare qualità della vita per i soggetti femminili vuol dire innalzamento del benessere ‘familiare’, organizzativo e sociale tout court”.
Molto è stato fatto, in questi ultimi anni, dopo la dichiarazione di Pechino per i diritti delle donne, ma tanto rimane ancora da fare, a partire da una cultura che affronti la parità di genere nel senso più ampio del termine, portando le donne ad una piena partecipazione su tutti i settori della vita sociale.
Per far questo, bisogna partire e rivedere, dai diritti e tutele esistenti, per far fronte ai notevoli cambiamenti socio-economici che hanno investito le società odierne.

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