Guidare con solo il foglio rosa e senza avere accanto una persona munita di patente dal almeno 10 anni non costituisce reato. A chiarirlo è stata la Cassazione con una sentenza di ieri . Per il responsabile, però, scatta una sanzione amministrativa prevista dal codice della strada pari a una somma da euro 419 a euro 1.682, oltre al fermo amministrativo del mezzo per tre mesi. Non solo. La legge impone che le esercitazioni su veicoli nei quali non possa prendere posto, oltre al conducente, altra persona in funzione di istruttore sono consentite in luoghi poco frequentati . Diversamente scatta una sanzione da 84 a 335 euro. Illecito amministrativo, dunque, e non reato. La Cassazione afferma che, in caso di possesso del foglio rosa e mancata presenza di un accompagnatore con patente di guida da almeno 10 anni, il fatto contestato non è previsto dalla legge come reato. Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 febbraio – 2 marzo 2015, n. 9195 Presidente Sirena – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. S.G., a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in data 13.02.2014, con la quale è stata affermata la penale responsabilità dei prevenuto in ordine al reato dì cui all’art. 116, comma 13, cod. strada, con condanna alla pena di € 3.000,00 di ammenda. II ricorrente contesta l’affermazione di responsabilità penale; rileva il verbalizzante, sentito in giudizio, ebbe a riferire che Steven, al momento del controllo, era in possesso del c.d. foglio rosa; e che non era però accompagnato da altro soggetto titolare di patente di guida da almeno dieci anni. A sostegno degli assunti, l’esponente allega al ricorso la patente di guida che ha conseguito in data 7.02.2009. Ciò premesso, il ricorrente osserva che il Tribunale, pur avendo dato atto delle circostanze sopra riferite, ha omesso di riqualificare il fatto nell’ambito della violazione amministrativa di cui all’art. 122 comma 8, cod. strada. Con il secondo motivo la parte si duole della entità della pena e della mancata concessione della sospensione condizionale. Considerato in diritto 1. II ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono. Osserva il Collegio che ad oggi risulta intervenuta la causa estintiva del reato contravvenzionale per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad anni cinque in data 12.04.2014, tenuto conto delle intervenute sospensioni. Ciò posto, occorre peraltro rilevare che nel caso ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle errate valutazioni rese dal giudice procedente, in ordine all’affermazione di penale responsabilità del ricorrente. Ed invero, il giudicante riferisce espressamente che l’imputato era in possesso del foglio rosa al momento del controllo; e che, peraltro, non si trovava accompagnato da un istruttore o altro soggetto in possesso del titolo abilitato da almeno dieci anni. Risulta, allora, evidente che, sulla base degli stessi elementi posti a fondamento della sentenza impugnata, il fatto per cui si procede non è previsto dalla legge come reato. Come correttamente osservato dalla difesa nel primo motivo di doglianza, infatti, la guida del veicolo, da parte di soggetto autorizzato all’esercitazione, non accompagnato da persona provvista di patente di guida da almeno dieci anni, come nel caso di specie, integra la violazione amministrativa di cui all’art. 122, comma 8, cod. strada. 2. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Resta assorbito ogni altro profilo di censura. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Giorno: 13 marzo 2015
Catapano Giuseppe informa: Processi lunghi: il risarcimento non spetta per le cause tributarie
Il binomio “causa troppo lunga = risarcimento del danno” non vale se il giudizio è stato incardinato alle commissioni tributarie. La cosiddetta Legge Pinto, infatti, che prevede l’indennizzo per l’irragionevole durata del processo non si applica nel caso di giudizio tributario, salvo che la controversia non verta sulle sanzioni fiscali. Il chiarimento proviene da una sentenza della Cassazione di questa mattina: una pronuncia che è certamente nuova nel suo genere. La stessa questione, infatti, era stata esaminata solo un’altra volta dalla Cassazione in un caso analogo e rimasto però inedito. Dunque, le vittime delle lungaggini del processo innanzi alle Commissioni Tributarie (come per esempio quanti attendono per ottenere il rimborso di ritenute indebitamente versate), non potranno contare sugli indennizzi previsti, invece, per le cause ordinarie. Il che ci offre un’ulteriore spiegazione al perché le cause presso le Commissioni siano così lunghe. La Corte ha chiarito che la disciplina sul risarcimento da 500 a 1500 euro per mancato rispetto del termine ragionevole durata del processo (termine di 3 anni per il primo grado, 2 per l’appello e 1 per la Cassazione) non è applicabile ai giudizi in materia tributaria riguardanti la potestà impositiva dello Stato, stante l’estraneità e irriducibilità di tali vertenze al quadro di riferimento della legge. Fanno eccezione solo le cause riguardanti sanzioni tributarie assimilabili a sanzioni penali per il loro carattere afflittivo, che sia a tal punto significativo da farle apparire alternative a una sanzione penale ovvero a una sanzione che, in caso di mancato adempimento, sia commutabile in una misura detentiva; e quelle che pur essendo riservate alla giurisdizione tributaria sono riferibili alla “materia civile“, in quanto riguardanti pretese del contribuente che non investano la determinazione del tributo ma solo aspetti consequenziali.