GIUSEPPE CATAPANO SCRIVE: ARGOMENTAZIONI GENERICHE E MANCANZA DI SPECIFICITA’ DETERMINANO L’INAMMISSIBILITA’ DEL RICORSO

Un soggetto propone ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d’Appello, che confermava la decisione adottata dal GIP che all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato il ricorrente alla pena di anni due di reclusione, oltre pene accessorie, concesse le attenuanti generiche equivalenti, in relazione ai due reati di bancarotta fraudolenta. All’imputato era contestato di avere cagionato il dissesto di una società quale amministratore di fatto, in concorso con l’amministratore di diritto, ripartendo acconti su utili non effettivamente conseguiti e perché, ai sensi dell’articolo 2621 codice civile, al fine di ingannare il pubblico, esponeva nella situazione patrimoniale disponibilità di cassa non esistenti, alterando così la rappresentazione della situazione finanziaria della società. Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione . La Corte dichiara inammissibile il ricorso. La motivazione della decisione promana dal fatto che la censura, è del tutto sganciata dalle argomentazioni poste a sostegno delle sentenze di condanna, risolvendosi in un’astratta individuazione dei principi generali in tema di elemento soggettivo del reato di bancarotta. Inoltre, il ricorso vien ritenuto inammissibile perché proposto per motivi concernenti statuizioni del giudice di I° grado non devolute al giudice d’appello con specifica impugnazione. Infatti la sentenza di primo grado, su tali statuizioni od omissioni, acquista autorità di cosa giudicata, salvo il caso, non ricorrente nell’ipotesi in oggetto, in cui si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, non richiedenti accertamenti di fatto, di cui non sia stato provocato l’esame o il riesame del giudice d’appello.

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