Secondo l’insegnamento di questa Corte, a seguito dell’introduzione, ad opera dell’art. 35, comma 26-quinquies, lettera e-bis), della legge n. 223 del 2006, nell’elenco degli atti impugnabili innanzi al giudice tributario di cui all’art. 19, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, rientra l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, difatti è sancito che “le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di iscrizione di ipoteca sugli immobili, cui l’Amministrazione finanziaria può ricorrere in sede di riscossione delle imposte sul reddito, ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, appartengono alla giurisdizione del giudice tributario, qualora i crediti garantiti dall’ipoteca abbiano natura tributaria” (Cass. sez. un., 5 marzo 2009, n. 5286; per il regime vigente in epoca anteriore alla novella del ’2006, si veda Cass., sez. un., 24 marzo, 2009, n. 7034; con riguardo alle controversie aventi ad oggetto il fermo di beni mobili, cfr. Cass., sez. un., 5 giugno 2008, n. 14831).
Giorno: 12 febbraio 2015
Catapano Giuseppe: CONTRIBUTO ‘SSN’, CARTELLA ‘TARGATA’ INPS E OPPOSIZIONE DELLA SOCIETA’: DECISIONE AFFIDATA AL GIUDICE TRIBUTARIO
“Cartella di pagamento” consegnata alla società, e finalizzata al “recupero di contribuzione dovuta per il ‘Servizio sanitario nazionale’” e relativa al periodo 1994-1997. Scontro inevitabile con l’Istituto nazionale di previdenza sociale. A fare da ‘arbitro’, però, deve essere il giudice tributario, e non quello ordinario.
A sancirlo sono i giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso proposto dalla società e sovvertendo l’ottica proposta dalla Commissione tributaria regionale – dove era stata dichiarata la “giurisdizione del giudice ordinario” –, evidenziano che “il contributo per il ‘Servizio sanitario nazionale’” ha “natura tributaria”.
Accolta la tesi proposta dalla società, secondo cui “la controversia instaurata successivamente all’entrata in vigore dell’entrata in vigore dell’art. 12, comma 2, l. n. 448 del 2001, seppure relativamente ad anni pregressi, aventi a oggetto il preteso omesso versamento di ‘contributi SSN’ in riferimento a prestazioni di lavoro subordinato e relative sanzioni, appartiene alla giurisdizione del giudice tributario ex art. 2 d.lgs. 546/92”.
Questione riaffidata, quindi, nuovamente alla Commissione tributaria, che dovrà, ora, esaminare la vicenda in dettaglio.
Catapano Giuseppe informa: LA NORMA SALVA L’AUTORE DELLA VIOLAZIONE PER ASSENZA DI DOLO E COLPA GRAVE MA NON LA SOCIETA’
Un contribuente ricorre avverso la sentenza, di una CTR avente ad oggetto sanzioni amministrative ed in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio che ha riformato la sentenza di primo grado, confermando la comminatoria della sanzione amministrativa relativa alla dichiarazione Ilor, mentre ha mantenuto fermo l’annullamento della sanzione relativa alla dichiarazione Irpeg. La Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione delle spese, avendo appurato, infatti, sulla base dei fatti la esclusione della sussistenza del dolo e della colpa grave, e come tutta l’attività del legale rappresentante sia stata diligente ed orientata al riconoscimento dell’applicazione della normativa agevolativa, comportante l’esenzione decennale dalle imposte Ilor ed Iperg, e rilevato altresì che emerge come fossero state rilevate sia la formazione del giudicato interno che l’esistenza di una delibera della Società che si assumeva il debito da sanzioni del proprio amministratore, stabilisce tuttavia che il legislatore non abbia voluto, in tale ipotesi, escludere in toto l’irrogazione della sanzione, ma prevedere che, nel caso di assenza di dolo o colpa e di diretto vantaggio, all’autore materiale non potrà essere richiesto il pagamento della sanzione per la somma eccedente euro il massimale previsto, tanto che lo stesso comma fa salva, per l’intero, la responsabilità prevista a carico della società. Conclude che nel caso in esame, quando la violazione non è commessa con dolo o colpa grave, il pagamento della sanzione e, nel caso in cui siano state irrogate sanzioni diverse, il pagamento di quella più grave, da chiunque eseguito, estingue tutte le obbligazioni, che comunque devono essere assolte.
Catapano Giuseppe informa: Ipoteca di Equitalia nulla per la nota di iscrizione con errori grossolani
Se la nota di iscrizione – con cui viene formalizzata, presso i registri immobiliari, l’ipoteca di Equitalia sui beni del contribuente – contiene degli errori evidenti su elementi essenziali di tale formalità, l’ipoteca stessa è nulla e va cancellata. Invece gli errori meno gravi (come un diverso termine di durata della garanzia rispetto al titolo) possono essere sanati con la semplice rettifica. A dirlo è la Cassazione con una sentenza di questa mattina. Con una interessante motivazione la Suprema corte ha fatto un vero e proprio vademecum sulla validità delle ipoteche, incluse quelle di Equitalia. Val la pena, allora, ripercorrere gli interessanti passaggi della sentenza. Innanzitutto la sentenza ricorda che l’ipoteca ha efficacia per venti anni, salvo che le parti stabiliscano diversamente. Che succede però se, nel compilare la nota di iscrizione dell’ipoteca il creditore inserisca, a causa di un errore materiale, un termine dell’ipoteca inferiore a quello di legge? Può tale errore far sì che l’ipoteca abbia un termine di efficacia diverso da quello ventennale previsto dal codice civile? La risposta, a detta dei giudici, è negativa. L’ipoteca – chiariscono i giudici – si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari, sulla base di un titolo a suo fondamento (una sentenza di condanna o di risarcimento dei danni, una cambiale, un atto notarile, la volontà delle parti, una norma di legge, ecc.). Allo scopo di effettuare l’iscrizione, il creditore – che fino a quel momento è solo il titolare di un diritto alla iscrizione ipotecaria – deve recarsi presso l’ufficio dei registri immobiliari e farne richiesta, presentando la nota di iscrizione in duplo e una copia del titolo da consegnare all’ufficio affinché rimanga ivi custodito. La nota di iscrizione deve riportare una serie di elementi essenziali, tra cui gli estremi del creditore, del debitore e dell’eventuale terzo datore d’ipoteca; il titolo; la sua data; l’importo della somma per la quale l’iscrizione è chiesta; il tempo della esigibilità dell’ipoteca. Gli errori consistenti in omissioni o inesattezze che inducano incertezza sugli elementi essenziale della nota, oppure sull’identità del debitore, del creditore, sull’ammontare del credito o sulla identificazione del bene dato in garanzia producono l’invalidità dell’ipoteca: invalidità cui non si può ovviare con lo strumento della rettifica. Al contrario, l’omissione o l’incertezza su aspetti non essenziali è ovviabile attraverso la rettifica. Dai caratteri essenziali dell’ipoteca sopra accennati si desume che l’ipoteca nasce solo con la sua iscrizione (perciò i tecnici dicono che tale iscrizione ha effetto “costitutivo”). Tuttavia essa nasce in modo valido non necessariamente sulla base di quanto dichiarato dal creditore nella nota di iscrizione, ma nei limiti in cui vi sia conformità tra la nota di iscrizione e il titolo su cui il diritto a iscrivere ipoteca si fonda, nel senso che gli elementi essenziali, che devono essere riportati a pena di nullità nella nota di iscrizione, devono essere coincidenti con quelli risultanti dal titolo. La conseguenza di una eventuale divergenza sugli elementi essenziali è l’invalidità dell’ipoteca, in quanto la nota non può far nascere un diritto di garanzia non corrispondente al titolo. Diversa è invece la situazione che si crea se nella nota viene inserito, per errore, un elemento non essenziale, quale il termine di efficacia dell’ipoteca, non previsto dal titolo o a esso non conforme. Ciò non può invalidare l’ipoteca o modificarne la sostanza, in quanto la garanzia ipotecaria non può avere caratteristiche diverse rispetto a quanto previsto nel titolo stesso o in esso non previste. Insomma, qualora l’errore nella nota di iscrizione cada su un elemento non essenziale, diverso dagli elementi essenziali indicati dalla legge, e quindi non idoneo ad incidere sulla identificazione del contenuto della garanzia e la cui presenza non è fonte di invalidità della garanzia stessa, lo stesso è ovviabile con lo strumento della rettifica, che rimuove l’inserimento nella nota ipotecaria della previsione del termine inferiore a quello di legge inserita per errore rendendo chiaro anche ai terzi che l’iscrizione ipotecaria è soggetta al termine di efficacia ordinario ventennale. Quali sono gli errori essenziali? La Cassazione spiega a chiare lettere che gli errori consistenti in omissioni o inesattezze che inducano incertezza sugli elementi essenziali della nota, ossia sulla identità del debitore, del creditore, sull’ammontare del credito o sulla identificazione del bene dato in garanzia (quindi sulla esatta identificazione dei soggetti coinvolti, dell’oggetto sul quale ricade la garanzia ipotecaria e del credito garantito), producono l’invalidità della iscrizione ipotecaria, non ovviabile con lo strumento della rettifica, mentre l’omissione o l’incertezza in ordine agli aspetti non essenziali è ovviabile con lo strumento della rettifica.
Catapano Giuseppe: Con il fermo auto posso circolare o vendere l’auto?
Il fermo amministrativo (anche detto “ganasce fiscali”) viene emesso a seguito del mancato pagamento della cartella esattoriale inviata da Equitalia entro i termini di legge (60 giorni) e ha ad oggetto i veicoli iscritti nei pubblici registri.
Decorsi 60 giorni dalla data di notifica della cartella esattoriale, il concessionario della riscossione può disporre il fermo del veicolo chiedendone l’iscrizione al PRA.
Dopo aver emesso il provvedimento di fermo, prima di chiederne l’iscrizione al PRA, il concessionario della riscossione deve inviare al contribuente una comunicazione con la quale lo invita a versare l’importo dovuto entro il termine di 20 giorni.
Trascorso inutilmente tale termine il concessionario procede all’iscrizione al PRA.
L’iscrizione del fermo amministrativo fa sorgere un vincolo all’utilizzo del veicolo, dal momento che il veicolo sottoposto a fermo amministrativo non può circolare e l’eventuale circolazione abusiva determina l’applicazione di una sanzione pecuniaria.
Se a seguito del fermo il debito non viene estinto, il concessionario potrà procedere al pignoramento del bene e alla conseguente vendita forzata.
Il fatto che sul mezzo sia presente un fermo non vuol dire che esso non possa essere venduto. Al contrario, l’automobile potrà essere oggetto di compravendita, ma l’acquirente acquisterà il mezzo con tutto il fermo e, quindi, non solo il divieto di utilizzarla, ma anche il rischio di una espropriazione forzata qualora il debitore principale (sul quale rimane il debito con l’erario) non paghi la cartella esattoriale.
Infatti, come specificato dall’ACI, dopo l’iscrizione del fermo, è possibile trascrivere al PRA il trasferimento di proprietà dell’auto, fermo restando che l’atto di vendita successivamente trascritto non sarà opponibile dal nuovo acquirente al concessionario che potrà procedere alla vendita forzata del veicolo qualora non venga effettuato il pagamento dovuto.
Gli atti di disposizione del veicolo sottoposto a fermo amministrativo sono, dunque, inefficaci solo nei confronti del concessionario .
Se il debitore effettua il pagamento integrale delle somme dovute (tributo, sanzioni, interessi e relative spese di notifica), il concessionario emette il provvedimento di revoca del fermo e lo invia al contribuente.
Il contribuente con il provvedimento di revoca può chiedere al PRA la formalità di cancellazione del fermo.
La formalità di cancellazione è completamente esente da emolumenti in quanto in base alla nuova tariffa PRA non sono più dovuti neanche gli emolumenti per l’iscrizione che, come noto, venivano versati dalla parte in sede di cancellazione del fermo.
Catapano Giuseppe scrive: Progetto con gravi difetti: appaltatore, progettista e direttore lavori responsabili
Quando un’opera commissionata (per esempio, una casa) presenta “gravi difetti” conseguenti a una errata progettazione, il progettista e l’appaltatore (la ditta di costruzioni) sono entrambi responsabili nei confronti del committente (il titolare dell’immobile). Il progettista risponde dell’errata progettazione; l’appaltatore risponde sia nel caso in cui si sia accorto degli errori e non li abbia tempestivamente denunciati, sia nel caso in cui avrebbe dovuto accorgersene, ma non lo ha fatto. Secondo una recente sentenza della Cassazione, per “gravi difetti” bisogna intendere quelli che riducono il godimento dell’immobile e ne pregiudicano il normale utilizzo (per esempio: gravi infiltrazioni di acqua, umidità, pavimenti sconnessi, tetto che perde, ecc.). Il codice civile [1] stabilisce che l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente quando l’opera commissionata, nel corso di dieci anni dal suo compimento, presenta pericolo di rovina o anche solamente gravi difetti di costruzione (sempre che si tratti di immobili destinati a lunga durata e purché la denuncia sia fatta entro un anno dalla scoperta). Questa sentenza specifica che, oltre che dell’appaltatore, la responsabilità si estende anche al progettista e al direttore lavori, se presenti. – See more at: http://www.laleggepertutti.it/55464_progetto-con-gravi-difetti-appaltatore-progettista-e-direttore-lavori-responsabili#sthash.sG35udLG.dpuf
Catapano Giuseppe osserva: Licenziamento ingiurioso: le ultime sentenze
Il licenziamento può essere anche ingiurioso. Ciò capita, ad esempio, quando l’azienda lo pubblicizzi pur non essendo necessario, accompagnandolo a considerazioni sulle qualità personali e/o professionali del lavoratore senza che ve ne sia bisogno o attribuendogli condotte dolose e/o infamanti secondo il comune sentire. Se, invece, l’azienda si limita a contestare un generico comportamento colposo (per quanto non vero) non vi è ingiuria. Insomma, il carattere ingiurioso del licenziamento (la cui prova spetta al lavoratore) non consiste, pertanto, nella semplice contestazione, da parte del datore di lavoro, di un fatto lesivo del decoro del lavoratore, ma dipende unicamente dalla forma con cui esso viene espresso o dalla pubblicità o da altre modalità con cui sia stato adottato, quando ciò sia idoneo a ledere l’integrità psico-fisica del lavoratore. In tali casi, fermo restando il risarcimento del danno per il licenziamento illegittimo o pretestuoso, al dipendente spetta un’ulteriore voce di danno per l’onta subìta. Infatti, una cosa è il licenziamento ingiustificato (perché privo di giustificato motivo o di giusta causa o discriminatorio o verbale) e un’altra è invece il licenziamento ingiurioso che, in quanto lesivo della dignità e dell’onore del lavoratore, dà luogo ad un ulteriore risarcimento del danno. Danno che, ovviamente, il dipendente dovrà dimostrare . La legge prevede già delle forme di risarcimento per il caso di licenziamento illegittimo, commisurate al periodo di lavoro e, ora, con il cosiddetto contratto a tutele crescenti, prefissate dalla legge. Dunque, il lavoratore non può chiedere un ulteriore risarcimento del danno morale a seguito dell’illegittima perdita dello stipendio. E ciò perché il danno costituito dalla lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore e causato esclusivamente dal licenziamento illegittimo (per assenza della relativa giustificazione: giusta causa o giustificato motivo o violazione di norme legali o contrattuali) non è risarcibile. Tutto ciò che può chiedere il lavoratore è il danno per l’eventuale licenziamento ingiurioso: quest’ultimo, infatti, trova la sua causa non nella perdita in sé del posto di lavoro, bensì nel comportamento illegittimo del datore di lavoro . Il licenziamento ingiustificato o non motivato è certamente illegittimo e produce un danno che segue i risarcimenti previsti dalla legge, ma non per questo è anche ingiurioso. Per cui il lavoratore non può pretendere, a tale titolo, un ulteriore risarcimento ove non provi di aver subito anche un danno diverso da quello derivante dall’essere stato illegittimamente licenziato.
Giuseppe Catapano comunica: Bolletta sproporzionata: è il gestore a dover giustificare i consumi
Se l’utente contesta la bolletta, perché riportante consumi sproporzionati o comunque non corrispondenti all’effettivo utilizzo del servizio pubblico, spetta al gestore e non all’utente l’onere di dimostrare il corretto funzionamento del contatore. A chiarirlo è stato il Tribunale Caltanissetta in una sentenza dello scorso 14 gennaio. Nel caso di specie, era stata contestata una fattura per l’erogazione dell’acqua, eccessiva – secondo il consumatore – rispetto all’uso che era stato fatto del servizio, probabilmente per via di un malfunzionamento del contatore. Il giudice, che ha accolto il ricorso del cittadino, ha anche chiarito un importantissimo principio in tema di servizi pubblici: nelle controversie in materia di contratti di somministrazione, ai fini del riparto dell’onere della prova trova applicazione il principio della “vicinanza della prova”. Il che significa, in termini pratici, che, difronte alle contestazioni del consumatore, è il fornitore che deve dimostrare la regolarità del funzionamento dei rilevatori di consumo; se tale prova viene data, allora spetterà all’utente provare di avere adottato ogni possibile cautela o di avere diligentemente vigilato affinché intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del contatore. Il che corrisponde, peraltro, a quanto in passato espresso dalla stessa Cassazione [1]. Così, sarà il gestore a dover chiedere la nomina di un consulente tecnico per verificare, innanzitutto, che non vi siano anomalie nella rilevazione dei consumi effettuata dal contatore installato nell’abitazione dell’utente. Ricordiamo, a tal fine, che il limite di tolleranza delle anomalie del contatore, ammesso dalla legge [2], è di massimo il 2%. In questo modo, oltre ad ottenere dal tribunale la riduzione dell’importo dovuto per ogni mensilità, l’utente può anche richiedere l’ordine al gestore del servizio di ripristinare il funzionamento dell’utenza.
Catapano Giuseppe informa: LA CHECK-LIST PER IL VISTO DI CONFORMITÀ DEL MOD. IVA 2015
IN SINTESI
Facendo seguito all’Informativa dedicata all’esame dell’attività di verifica finalizzata al rilascio del visto di conformità al mod. IVA 2015, si propone un fac-simile della check-list (in formato word) utilizzabile per attestare l’esecuzione dei controlli da parte del “certificatore”.
Si rammenta che l’apposizione del visto di conformità al mod. IVA 2015 è necessaria non solo per l’utilizzo in compensazione ma anche per la richiesta di rimborso del credito IVA 2014 senza garanzia.
| CHECK-LIST VISTO DI CONFORMITÀ
CREDITO IVA 2014 – MOD. IVA 2015 |
Premesso che:
- in base all’art. 10, DL n. 78/2009, convertito dalla Legge n. 102/2009, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti IVA per importi superiori a € 15.000 annui devono richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 241/97, alla dichiarazione dalla quale emerge il credito, tenendo presente le istruzioni operative fornite dall’Agenzia delle Entrate, nelle Circolari 23.12.2009, n. 57/E e 12.3.2010, n. 12/E, per attestare la correttezza dell’esecuzione dei controlli previsti dall’art. 2, comma 2, DM n. 164/99;
- in base all’art. 38-bis, così come modificato dalla Legge n. 190/2014 (Finanziaria 2015), l’apposizione del visto di conformità è necessario anche per richiedere il rimborso del credito IVA di importo superiore a € 15.000 senza prestazione della garanzia, tenendo presente i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 30.12.2014, n. 32/E;
si dà atto di seguito dell’attività di controllo svolta.
| Dati del contribuente | |||||||||||||
| Ragione sociale / Cognome – Nome |
Numero partita IVA |
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| Verifica codice attività | ||||||||||||||
| Codice attività risultante dal mod. IVA 2015 | ||||||||||||||
| Descrizione ___________________________________________________________________ | ||||||||||||||
| Il codice attività indicato a rigo VA2 del mod. IVA 2015 corrisponde a quello risultante dalla documentazione contabile | ||||||||||||||
| SI | NO | |||||||||||||
| Il codice attività indicato a rigo VA2 del mod. IVA 2015 corrisponde a quello riferito all’attività prevalente in base al volume d’affari | ||||||||||||||
| SI | NO | |||||||||||||
| Tenuta scritture contabili obbligatorie ai fini IVA | |||
| Direttamente dal professionista | |||
| Da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, sotto il controllo e la responsabilità del professionista | |||
| Direttamente dal contribuente, sotto il controllo e la responsabilità del professionista | |||
| Direttamente dal CAF imprese | |||
| Da una società di servizi il cui capitale sociale è posseduto a maggioranza assoluta dalle associazioni che lo hanno costituito ovvero interamente dagli associati delle predette associazioni, sotto il controllo e la responsabilità del CAF | |||
| Da un soggetto che non può apporre il visto di conformità (il contribuente ha esibito la documentazione necessaria per consentire la verifica della conformità dei dati esposti o da esporre nella dichiarazione annuale) | |||
| Verifica della regolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA | |||||||
| Registro fatture emesse | |||||||
| SI | NO | ||||||
| Registro corrispettivi | |||||||
| SI | NO | ||||||
| Registro acquisti | |||||||
| SI | NO | ||||||
| I dati esposti nel mod. IVA 2015 corrispondono alle risultanze delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA ed in particolare:
· gli imponibili del quadro VE corrispondono ai totali risultanti dal registro delle fatture emesse distinti per aliquota · gli imponibili del quadro VF corrispondono ai totali risultanti dal registro degli acquisti distinti per aliquota |
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| SI | NO | ||||||
| SI | NO | ||||||
| Controllo liquidazioni periodiche | |||||||||
| Contribuente mensile | |||||||||
| Liquidazioni IVA 2014 |
Saldo |
Data di versamento | |||||||
| a credito | a debito | ||||||||
| Gennaio | |||||||||
| Febbraio | |||||||||
| Marzo | |||||||||
| Aprile | |||||||||
| Maggio | |||||||||
| Giugno | |||||||||
| Luglio | |||||||||
| Agosto | |||||||||
| Settembre | |||||||||
| Ottobre | |||||||||
| Novembre | |||||||||
| Dicembre | |||||||||
| I suddetti importi corrispondono con quanto esposto nel mod. IVA 2015 | |||||||||
| SI | NO | ||||||||
| Contribuente trimestrale | |||||||||
| Liquidazioni IVA 2014 |
Saldo |
Data di versamento | |||||||
a credito |
a debito |
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| Primo trimestre | |||||||||
| Secondo trimestre | |||||||||
| Terzo trimestre | |||||||||
| Quarto trimestre/saldo IVA | |||||||||
| I suddetti importi corrispondono con quanto esposto nel mod. IVA 2015 | |||||||||
| SI | NO | ||||||||
| Al mod. IVA 2014 è stato apposto il visto di conformità | ||||||
| SI | NO | |||||
| Ammontare del credito IVA 2013 risultante dal mod. IVA 2014 regolarmente presentato in via telematica, di cui | ||||||
| Euro ___________________ | ||||||
| richiesto a rimborso | Euro ___________________ | |||||
| riportato nel 2014 | Euro ___________________ | |||||
| L’ammontare indicato a rigo VL8 del mod. IVA 2015 corrisponde al credito IVA 2013 riportato nel 2014 | ||||||
| SI | NO | |||||
| Ammontare del credito IVA 2013 utilizzato in compensazione “orizzontale” nel mod. F24 | ||||||
| Euro ___________________ | ||||||
| Tale importo corrisponde a quanto indicato a rigo VL9 del mod. IVA 2015 | ||||||
| SI | NO | |||||
| Per il credito IVA, relativo all’anno , computato in detrazione e indicato a rigo VL27 del mod. IVA 2015, è stata acquisita la copia del diniego al rimborso dell’Ufficio | ||||||
| SI | NO | |||||
| Fattispecie che ha generato il credito IVA | |||||
| 1 = | Prevalenza operazioni attive soggette ad aliquota più bassa rispetto a quella gravante sugli acquisti e importazioni | ||||
| 2 = | Operazioni non imponibili (artt. 8, 8-bis, 9, ecc. DPR n. 633/72) | ||||
| 3 = | Acquisto o importazione di beni ammortizzabili | ||||
| 4 = | Operazioni non soggette all’imposta (artt. 7-ter / 7-septies, DPR n. 633/72) | ||||
| 5 = | Operazioni non imponibili effettuate da produttori agricoli | ||||
| Ammontare del credito IVA 2014 risultante dal mod. IVA 2015, di cui |
Euro ___________________ |
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| richiesto a rimborso | Euro ___________________ | ||||||
| riportato nel 2015 | Euro ___________________ | ||||||
Il credito IVA 2014 è superiore al volume d’affari |
|||||||
| SI | NO | ||||||
| Se si, è stata effettuata l’integrale verifica della corrispondenza tra la documentazione e i dati esposti nei registri IVA | |||||||
| SI | NO | ||||||
Ammontare IVA detratta nel 2014 |
Euro ___________________ | ||||||
| Fatture acquisti / emesse da controllare con IVA superiore a (10% dell’IVA detratta nel 2014) | Euro ___________________ | ||||||
Fatture acquisti verificate con IVA superiore a Euro ___________________ |
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| Prot. reg.
acquisti |
Fattura n. | Data | Fornitore | Imponibile | IVA |
Fatture emesse verificate con IVA superiore a Euro ___________________ |
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| Prot. reg.
fatt. em. |
Fattura n. | Data | Cliente | Imponibile | IVA |
| Per la richiesta di rimborso di importo superiore a € 15.000 è stata acquisita l’attestazione sostitutiva di atto notorio riguardante la sussistenza dei requisiti patrimoniali e i versamenti contributivi ex art. 38-bis, comma 3, lett. a), b) e c), DPR n. 633/72, rilasciata dal contribuente e la copia del documento d’identità del sottoscrittore | ||||||
| SI | NO | |||||
| È stata acquisita l’attestazione sostitutiva di atto notorio riguardante la non sussistenza dei requisiti che qualificano le società di comodo, ex art. 30, comma 4, Legge n. 724/94, rilasciata dal contribuente e la copia del documento d’identità del sottoscrittore | ||||||
| SI | NO | |||||
Tutti i controlli e le verifiche sopra rendicontate hanno dato esito positivo.
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Data ___________________________ |
Firma professionista abilitato / responsabile fiscale CAF imprese
___________________________ |