Catapano Giuseppe informa: “Spazio aziende”

SPAZIO AZIENDEfebbraio 2015

 

 

 

 

ULTIME NOVITÀ FISCALI

 

 

 

Nuova modulistica

Sabatini – bis

 

 

 

Circolare MISE

24.12.2014, n. 71299

A seguito dell’entrata in vigore a decorrere dall’1.1.2015 dei nuovi Regolamenti in materia di aiuti di Stato è stata aggiornata la modulistica utilizzabile per accedere all’agevolazione c.d. “Sabatini – bis”.

Le indicazioni relative all’attuazione dei citati Regolamenti sono state recentemente esplicitate dal MISE con uno specifico documento di prassi.

Diritto CCIAA 2015

 

 

Nota Ministero Sviluppo econ. 29.12.2014, n. 0227775

Sono stati fissati gli importi del diritto CCIAA 2015 dovuto sia dai soggetti che si iscrivono al Registro delle Imprese a decorrere dall’1.1.2015, che da coloro che risultano già iscritti a tale data. Le misure del diritto, come previsto dal DL n. 90/2014, sono state ridotte del 35% rispetto a quanto dovuto per il 2014.
Spilt payment

 

 

 

 

Comunicato stampa MEF

9.1.2015, n. 7

Il MEF, anticipando che è in fase di predisposizione il Decreto attuativo delle nuove disposizioni in materia di “split payment”, ha precisato che lo stesso è applicabile “alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi successivamente alla stessa data”.

Di conseguenza le fatture emesse fino al 31.12.2014 non sono interessate dal nuovo metodo di versamento dell’IVA.

Nuove marche da bollo

 

 

 

 

 

 

Provvedimento Agenzia Entrate 12.1.2015

È stato pubblicato sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate il Provvedimento di approvazione della nuova grafica dei contrassegni emessi dai tabaccai per la riscossione dell’imposta di bollo, del contributo unificato e del contributo amministrativo per il rilascio del passaporto.

La nuova etichetta, “a prova di truffa”, avente la stessa forma e dimensione di quella attuale, è di colore celeste (in luogo dell’attuale verde). Le vecchie etichette possono essere utilizzate “fino all’esaurimento”.

Interessi di mora automatici

primo semestre 2015

 

 

 

 

Comunicato MEF 16.1.2015

È stato pubblicato sulla G.U. 16.1.2015, n. 12 il Comunicato del MEF con il quale sono individuati i tassi di interesse applicabili ai ritardati pagamenti nel periodo 1.1 – 30.6.2015:

–  8,05% (0,05% + maggiorazione 8%) per la vendita dei prodotti in genere;

–  10,05% (0,05% + maggiorazione 10%) per la vendita di alimenti deteriorabili.

 

 

 

 

 

 

COMMENTI

LE NUOVE REGOLE PER IL RIMBORSO DEL CREDITO IVA

In presenza di un credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale al contribuente è concesso di scegliere tra:

  • il riporto all’anno successivo con utilizzo dello stesso in compensazione;
  • il rimborso.

L’utilizzo dell’una o dell’altra soluzione necessita il rispetto delle regole fissate dal Legislatore. In particolare va evidenziato che, al fine di ridurre i costi delle imprese, è stato previsto che il rimborso del credito IVA è possibile ottenerlo senza alcuna garanzia.

L’UTILIZZO IN COMPENSAZIONE DEL CREDITO IVA

La compensazione orizzontale del credito IVA annuale (o trimestrale) incontra una serie di limitazioni collegate all’ammontare da utilizzare per il versamento di imposte / contributi / premi dovuti dal contribuente stesso. Il limite massimo della compensazione orizzontale è comunque pari a € 700.000.

Costituisce compensazione orizzontale l’utilizzo del credito che necessariamente deve essere esposto nel mod. F24, ossia la compensazione del credito IVA con imposte, contributi, premi o altri versamenti diversi dall’IVA dovuta a saldo, acconto o versamento periodico.

 

utilizzo in compensazione (orizzontale) del credito iva 2014
fino a

€ 5.000

Non è prevista alcuna limitazione alla compensazione, ovvero sono applicabili le ordinarie regole previste per la compensazione dei crediti tributari / previdenziali.
fino a

€ 15.000

·   la compensazione, nel mod. F24, può essere effettuata dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale;

·  è necessario utilizzare i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline). In tal caso il mod. F24 va inviato all’Agenzia almeno 10 giorni dopo la presentazione della dichiarazione.

Le limitazioni in esame sono riferite all’importo del credito IVA 2014 utilizzato in compensazione e non all’ammontare complessivo risultante dalla dichiarazione. Pertanto, in presenza di un credito IVA 2014 pari a € 30.000, lo stesso può essere utilizzato in compensazione orizzontale senza la necessità di presentare la dichiarazione annuale fino all’ammontare di € 5.000. Raggiunto il limite di € 5.000, ogni ulteriore compensazione può avvenire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione del mod. IVA 2015.

superiore

a € 15.000

La dichiarazione deve essere dotata del visto di conformità rilasciato da parte di un soggetto abilitato.
Non concorre al raggiungimento dei predetti limiti l’utilizzo in compensazione, tramite il mod. F24, del credito IVA 2014 (codice tributo 6099, anno di riferimento 2014) per il pagamento del saldo annuale relativo al 2015 (codice tributo 6099, anno di riferimento 2014). Tale forma di “detrazione” trova infatti esposizione nel quadro VL del mod. IVA 2016.

Presentazione della dichiarazione IVA annuale

I contribuenti che prevedono di utilizzare in compensazione il credito IVA possono presentare la dichiarazione in forma autonoma, a decorrere dall’1.2 di ciascun anno. Ciò è consentito anche qualora l’importo del credito risultante dalla dichiarazione IVA sia inferiore o pari a € 5.000.

A decorrere dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione del mod. IVA 2015, il contribuente può utilizzare in compensazione il credito IVA 2014 per importi superiori a € 5.000.

La presentazione del mod. IVA 2015 in forma autonoma entro il 2.3.2015 (il 28.2 cade di sabato) consente al contribuente di beneficiare dell’esonero dall’invio della Comunicazione dati IVA relativa al 2014.

Sul punto va evidenziato che, poiché la presentazione della dichiarazione annuale incide sulla data a decorrere dalla quale il contribuente può compensare il credito IVA nel mod. F24 per importi superiori a € 5.000 annui, la presentazione del mod. IVA 2015 in data 2.3.2015, ancorché consenta l’esonero dalla presentazione della Comunicazione dati IVA, comporta che la compensazione possa essere effettuata soltanto dal 16.4.2015.

È possibile in ogni caso presentare la dichiarazione IVA all’interno del mod. UNICO (c.d. dichiarazione unificata) fermo restando l’obbligo di dover attendere la presentazione prima di poter utilizzare in compensazione il credito per importi superiori a € 5.000 annui.

LA RICHIESTA DI RIMBORSO DEL CREDITO IVA 2014

In alternativa all’utilizzo del credito IVA annuale in compensazione, come sopra accennato, il contribuente può valutare la richiesta di rimborso dello stesso.

Quest’ultimo è comunque ammesso soltanto in presenza di determinati requisiti ovvero in caso di cessazione dell’attività. Infatti il rimborso del credito IVA annuale:

  • spetta in presenza di almeno 1 dei seguenti requisiti:
a) Aliquota media delle operazioni attive inferiore a quella degli acquisti
b) Operazioni non imponibili superiori al 25% del totale delle operazioni effettuate
c) Acquisti di beni ammortizzabili e spese per studi e ricerche
d) Prevalenza di operazioni non soggette ad IVA
e) Soggetti non residenti

 

  • può essere richiesto a prescindere dal sussistere dei predetti requisiti:
  • in caso di cessazione dell’attività;

ovvero

  • per il minor importo risultante dalle dichiarazioni annuali del triennio (2012-2014).
I produttori agricoli possono richiedere a rimborso il credito dell’IVA c.d. teorica”.

LE NUOVE REGOLE PER IL RIMBORSO DEL CREDITO IVA

Il Decreto c.d. “Semplificazioni” ha introdotto significative novità in materia di rimborso del credito IVA, commentate dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 30.12.2014, n. 32/E.

Rimborso fino a € 15.000

Il rimborso di importo fino a € 15.000 è erogato senza prestazione di alcuna garanzia (in precedenza tale importo era pari a € 5.164,57).

Sul punto, l’Agenzia precisa che il predetto limite va calcolato facendo riferimento alla somma delle richieste di rimborso effettuate per l’intero anno e non alla singola richiesta.

Rimborso superiore a € 15.000 erogabile senza garanzia

Il rimborso di importo superiore a € 15.000, richiesto da un soggetto non a rischio”, è erogato alternativamente:

  • previa prestazione di garanzia

ovvero

  • senza garanzia presentando la dichiarazione annuale munita del visto di conformità (o della sottoscrizione dell’organo di controllo) e “allegando” alla stessa una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la sussistenza di determinati requisiti patrimoniali e la regolarità contributiva.

Si evidenzia che il contribuente può modificare la scelta effettuata in dichiarazione relativa al credito chiesto a rimborso. A tal fine, nel corso del consueto incontro di inizio anno, l’Agenzia ha precisato che se il contribuente intende:

  • chiedere un rimborso superiore rispetto a quello originario, è necessario presentare una dichiarazione integrativa, eventualmente munita del visto di conformità, entro i 90 giorni successivi alla presentazione della dichiarazione (nella citata Circolare n. 32/E l’Agenzia specifica che i 90 giorni decorrono dalla “scadenza del termine”);
  • revocare la richiesta di rimborso, è necessario presentare una dichiarazione integrativa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo;
  • apporre il visto di conformità (assente nella dichiarazione originaria) senza modificare la scelta operata in relazione al rimborso, è possibile presentare una dichiarazione integrativa, anche oltre il termine di 90 giorni dalla presentazione della dichiarazione.
Nella nuova formulazione dell’art. 38-bis non è più presente la categoria dei c.d. “contribuenti virtuosi”, ossia di quei soggetti che, soddisfando determinate condizioni di solvibilità ed affidabilità, erano esonerati dalla prestazione della garanzia.

Visto di conformità

Il visto di conformità può essere rilasciato da un dottore commercialista / esperto contabile, consulente del lavoro, perito / esperto tributario iscritto alla data del 30.9.93 nei relativi ruoli tenuti presso la CCIAA in possesso della laurea in giurisprudenza o economia, o equipollenti, ovvero del diploma di ragioneria, abilitato alla trasmissione telematica, nonché da un responsabile dell’assistenza fiscale di un CAF imprese.

Per le società di capitali assoggettate al controllo contabile ex art. 2409-bis, C.c., il visto di conformità può essere sostituito dalla sottoscrizione della dichiarazione da parte del soggetto che esercita il controllo contabile attestante l’esecuzione degli specifici controlli, disciplinati dall’art. 2, DM n. 164/99, ossia i controlli previsti per il rilascio del visto di conformità.

Nella Circolare n. 32/E in esame, l’Agenzia delle Entrate ribadisce che il contribuente puòrivolgersi a un CAF-imprese o a un professionista abilitato all’apposizione del visto”, qualora le scritture contabili siano tenute da un soggetto che non può apporre il visto di conformità.

In merito alle nuove modalità, l’Agenzia delle Entrate nella citata Circolare n. 32/E evidenzia che “il legislatore ha reso coerente la disciplina dei rimborsi IVA con quanto già previsto in materia di crediti compensabili”. Si rammenta infatti che per la compensazione nel mod. F24 del credito IVA di importi superiori ad € 15.000 annui è richiesto il rilascio del visto di conformità da parte di un soggetto abilitato.

L’Agenzia sul punto precisa che l’apposizione del visto di conformità (o della sottoscrizione dell’organo di controllo):

  • è unica e ha effetto sia per la compensazione che per il rimborso, fermo restando che per il rimborso è richiesta anche la predetta dichiarazione sostitutiva;
  • è correlata all’utilizzo e non all’ammontare complessivo del credito stesso.

In merito alla verifica del limite di € 15.000, va considerato che:

  • lo stesso va calcolato separatamente, per la compensazione e per il rimborso. Ad esempio, in presenza di un credito IVA chiesto in compensazione per € 10.000 ed a rimborso per ulteriori € 10.000, non è necessario apporre il visto di conformità ancorché la somma superi complessivamente la citata soglia;
  • anche le richieste di rimborso infrannuale (mod. IVA TR), devono recare il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa nonché la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà al fine dell’erogazione del rimborso senza garanzia.

Il limite è riferito all’intero anno. Così, ad esempio, qualora sia stata presentata un’istanza di rimborso infrannuale per un importo di € 10.000 senza apposizione del visto e successivamente se ne presenti un’altra per il medesimo anno di ulteriori € 6.000, in relazione a quest’ultima richiesta scatta l’obbligo sia del visto di conformità / sottoscrizione dell’organo di controllo che della dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

Dichiarazione sostitutiva di atto notorio

Oltre al visto di conformità (o in alternativa della sottoscrizione dell’organo di controllo), il contribuente deve rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con cui attestare le seguenti condizioni di solidità patrimoniale, continuità aziendale e di versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, ossia:

  1. rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta:
  • il patrimonio netto non è diminuito di oltre il 40%;
  • la consistenza degli immobili non si è ridotta di oltre il 40% per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività;
  • l’attività non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami d’aziende.

Nella Circolare n. 32/E in esame l’Agenzia evidenzia che le predette informazioni vanno rilevate dalle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta chiuso anteriormente alla presentazione della dichiarazione, ancorché il bilancio non sia stato ancora approvato (nella previgente disciplina il bilancio doveva essere approvato).

Per i soggetti che non adottano la contabilità ordinaria, la dichiarazione sostitutiva non riguarda il requisito relativo alla diminuzione del patrimonio netto;
  1. nell’anno precedente la richiesta non sono state cedute azioni / quote della società stessa per un ammontare superiore al 50% del capitale sociale, qualora la richiesta di rimborso sia presentata da una società di capitali non quotata.

Nella Circolare n. 32/E in esame l’Agenzia evidenzia che ai fini del computo dell’anno precedente va fatto riferimento alla data di richiesta del rimborso. Ad esempio, per una richiesta di rimborso presentata il 15.3.2015, l’anno di riferimento è quello compreso tra il 15.3.2014 e il 14.3.2015;

  1. sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.

La dichiarazione sostitutiva di atto notorio è resa, barrando la relativa casella e apponendo la sottoscrizione, nell’apposito riquadro presente nel quadro VX del mod. IVA 2015.

La dichiarazione sostitutiva di atto notorio del contribuente e la copia del documento d’identità del sottoscrittore, vanno consegnate al soggetto che provvede all’invio della dichiarazione.

Rimborso superiore a € 15.000 erogabile senza garanzia

Come sopra accennato, per il rimborso di importo superiore a € 15.000, è previsto l’obbligo di prestare apposita garanzia da parte dei soggetti “a rischio”, ossia sussistendo le seguenti situazioni:

  1. esercizio dell’attività d’impresa da meno di 2 anni (escluse le start up di cui all’art. 25, DL n. 179/2012). Nell’ambito del citato incontro l’Agenzia precisa che tale requisito non interessa i lavoratori autonomi.

La stessa Agenzia chiarisce che per individuare il periodo di 2 anni rileva l’effettivo esercizio dell’attività e pertanto non va fatto riferimento alla data di apertura della partita IVA.

 

Inoltre, il termine va riferito ai 2 anni precedenti la data di richiesta del rimborso. Ad esempio, in presenza di una richiesta di rimborso presentata l’11.4.2015, non è necessario prestare alcuna garanzia qualora l’attività d’impresa sia iniziata prima del 12.4.2013;

  1. notifica nei 2 anni antecedenti la richiesta di rimborso, di avvisi di accertamento / rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra importi accertati e importi dovuti (o di crediti dichiarati) superiore al:
  • 10% degli importi dichiarati se questi non superano € 150.000;
  • 5% degli importi dichiarati se questi superano € 150.000 ma non superano € 1.500.000;
  • 1% degli importi dichiarati, o comunque a € 150.000, se gli importi dichiarati superano € 1.500.000.

Nella citata Circolare n. 32/E l’Agenzia delle Entrate precisa che:

  • l’intervallo dei 2 anni decorre dalla data di richiesta del rimborso. Ad esempio, in presenza di una richiesta di rimborso presentata il 15.3.2015, qualsiasi atto di accertamento / rettifica notificato prima del 15.3.2013 non va considerato ai fini della verifica della condizione di cui sopra, mentre rileveranno quelli notificati dal 15.3.2013 al 14.3.2015, qualora superino le percentuali previste;
  • nel computo degli atti vanno considerati tutti quelli notificati nei 2 anni antecedenti la richiesta di rimborso (avvisi di accertamento e di rettifica IVA, nonché quelli relativi agli altri tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate), a prescindere dall’esito degli stessi, fatta eccezione per gli atti annullati in autotutela o oggetto di sentenze favorevoli al contribuente passate in giudicato;
  • la differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta (o del maggior credito dichiarato), va calcolato con riferimento a ciascun anno, “valutando la «pericolosità» del contribuente anche con riferimento alle imposte diverse dall’IVA”. Per importi accertati si intende sia l’imposta accertata che il minor credito;
  • sono riconducibili agli atti impositivi anche gli atti relativi al recupero di crediti inesistenti;
  1. presentazione della dichiarazione a rimborso priva del visto di conformità (o della sottoscrizione dell’organo di controllo) o della dichiarazione sostitutiva di atto notorio;
  2. richiesta di rimborso a seguito di cessazione dell’attività.

Caratteristica della garanzia

La durata della garanzia è di 3 anni dall’erogazione del rimborso o, se inferiore, al periodo intercorrente tra la data di effettiva erogazione ed il termine per l’accertamento ex art. 57, DPR n. 633/72.

Ai sensi del citato art. 38-bis, comma 5, la garanzia può essere costituita da:

  • cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa;
  • fideiussione rilasciata da una banca o un’impresa commerciale ritenuta affidabile da parte dell’Amministrazione finanziaria;
  • polizza fideiussoria rilasciata da un’assicurazione.

Le garanzie possono essere cumulate e devono comprendere, oltre all’ammontare dell’imposta, anche i relativi interessi.

Per le PMI la garanzia può essere prestata anche dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi ex art. 29, Legge n. 317/91 iscritti nell’apposito Albo.

Per i gruppi di società con patrimonio risultante dal bilancio consolidato superiore a 250 milioni di euro, la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione da parte della società capogruppo o controllante ex art. 2359, C.c., dell’obbligazione di restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, anche nel caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata.

Decorrenza del termine per l’esecuzione rimborsi

L’esecuzione del rimborso va effettuata entro 3 mesi decorrenti non più dalla scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione ma dalla data di effettiva presentazione della stessa.

Il termine per il computo degli interessi (2%) sulla somma da rimborsare decorre dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. A tal fine non va computato il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, qualora superi i 15 giorni.

La stessa Agenzia precisa che se il visto di conformità è apposto sulla dichiarazione integrativa, gli interessi sono dovuti dalla data di apposizione del visto.

 

 

SCADENZARIO

Mese di FEBBRAIO

 

Lunedì 16 febbraio

 

Iva

Corrispettivi grande distribuzione

Invio telematico dei corrispettivi relativi al mese di gennaio da parte delle imprese della grande distribuzione commerciale e di servizi.
Iva

Liquidazione mensile e trimestrale “speciale”

·    Liquidazione IVA riferita a gennaio e versamento dell’imposta dovuta;

·    Liquidazione IVA riferita al quarto trimestre 2014 da parte dei contribuenti “speciali” e versamento dell’imposta dovuta considerando l’eventuale acconto già versato.

Iva

Dichiarazioni d’intento

Invio telematico della comunicazione dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento ricevute per le quali sono state emesse “per la prima volta” fatture senza IVA registrate per il quarto trimestre 2014 (soggetti trimestrali “speciali”).

Tale termine va inteso quale “termine ultimo” e pertanto la comunicazione può essere inviata anche in un momento antecedente ancorché nel trimestre non sia stata emessa alcuna fattura connessa con le dichiarazioni d’intento ricevute.

Irpef

Ritenute alla fonte su redditi di lavoro dipendente e assimilati

Versamento delle ritenute operate a gennaio relative a redditi di lavoro dipendente e assimilati (collaboratori coordinati e continuativi / a progetto – codice tributo 1004).
Irpef

Ritenute alla fonte su redditi di lavoro autonomo

Versamento delle ritenute operate a gennaio per redditi di lavoro autonomo (codice tributo 1040).
Ritenute alla fonte

operate da condomini

Versamento delle ritenute (4%) operate a gennaio da parte dei condomini per le prestazioni derivanti da contratti d’appalto/d’opera effettuate nell’esercizio di impresa o attività commerciali non abituali (codici tributo 1019 a titolo di IRPEF, 1020 a titolo di IRES).
Irpef

Altre ritenute alla fonte

Versamento delle ritenute operate a gennaio relative a:

·   rapporti di commissione, agenzia, mediazione e rappresentanza di commercio (codice tributo 1038);

·   utilizzazioni di marchi e opere dell’ingegno (codice tributo 1040);

·   contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro (codice tributo 1040) e con apporto di capitale o misto (codice tributo 1030) se l’ammontare dell’apporto è non superiore al 25% del patrimonio netto dell’associante risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto.

Inps

Contributi Ivs

Versamento della quarta rata fissa 2014 dei contributi previdenziali sul reddito minimale da parte dei soggetti iscritti alla gestione IVS commercianti – artigiani.
Inps

Dipendenti

Versamento dei contributi previdenziali relativi al personale dipendente, per le retribuzioni maturate nel periodo di paga di gennaio.
Inps

Gestione separata

Versamento del contributo del 23,5% o 30,72% da parte dei committenti, sui compensi corrisposti a gennaio a collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto, collaboratori occasionali, nonché incaricati alla vendita a domicilio e lavoratori autonomi occasionali (compenso superiore a € 5.000).

Versamento da parte dell’associante del contributo dovuto sui compensi corrisposti a gennaio agli associati in partecipazione con apporto esclusivo di lavoro, nella misura del 23,5% o 30,72% (soggetti non pensionati e non iscritti ad altra forma di previdenza).

Inail

Autoliquidazione premio

Pagamento del premio INAIL per la regolazione 2014 e per l’anticipo, anche rateizzato, 2015.
Tfr

Saldo imposta sostitutiva

Versamento del saldo dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR 2014 (codice tributo 1713), scomputando quanto già versato a titolo di acconto a dicembre 2014.

 

Venerdì 20 febbraio

 

Enasarco

Versamento Contributi

Versamento da parte della casa mandante dei contributi relativi al quarto trimestre 2014.

 

Mercoledì 25 febbraio

 

Iva comunitaria

Elenchi intrastat mensili

Presentazione in via telematica degli elenchi riepilogativi delle cessioni di beni / servizi resi e degli acquisti di beni / servizi ricevuti, registrati o soggetti a registrazione, relativi a gennaio (soggetti mensili).

 

Lunedì 2 marzo

 

Inps

Regime agevolato contributivo

Invio telematico all’INPS, da parte degli esercenti attività d’impresa che applicano dal 2015 il nuovo regime forfetario, della comunicazione di voler usufruire del regime agevolato contributivo.
Certificazione Unica 2015 ·    Consegna da parte del datore di lavoro / committente ai lavoratori dipendenti, collaboratori coordinati e continuativi / a progetto della certificazione dei redditi 2014 (ex mod. CUD);

·    consegna ai percettori di compensi di lavoro autonomo, di provvigioni e di redditi diversi della certificazione attestante i compensi / provvigioni corrisposti nel 2014 e delle relative ritenute.

Certificazione utili Consegna ai soci della certificazione delle somme corrisposte nel 2014 da parte di società di capitali (srl, spa, ecc.) a titolo di dividendo / utile. La certificazione è necessaria anche per i compensi corrisposti nel 2014 ad associati in partecipazione con apporto di capitale o misto.
Iva

Comunicazione dati

Presentazione in via telematica, diretta o tramite intermediario abilitato, della comunicazione dati IVA riferita al 2014. Si rammenta che sono esonerati dall’adempimento anche coloro che presentano nel mese di febbraio la dichiarazione IVA relativa al 2014.
Iva

Stampati fiscali

Invio telematico dei dati relativi alle forniture di documenti fiscali effettuate nel 2014 (ricevute fiscali, bolle d’accompagnamento, formulari rifiuti, ecc.) da parte di tipografie e soggetti autorizzati alla rivendita.
Inps

Dipendenti

Invio telematico del mod. UNI-EMENS contenente sia i dati contributivi che quelli retributivi relativi al mese di gennaio.

L’adempimento interessa anche i compensi corrisposti a collaboratori coordinati e continuativi / a progetto, incaricati alla vendita a domicilio, lavoratori autonomi occasionali, nonché associati in partecipazione con apporto esclusivo di lavoro.

Inail

Denuncia retribuzioni

Invio telematico all’INAIL della denuncia retributiva annuale.
Iva

Acquisti da San Marino

Invio telematico della comunicazione degli acquisti (senza IVA) da operatori economici aventi sede a San Marino, annotati a gennaio.

A tal fine va utilizzato il quadro SE del Modello di comunicazione polivalente.

 

Giuseppe Catapano comunica: Contratti con controparti estere: ciò che l’imprenditore deve sapere

Dobbiamo preliminarmente avvertire quanto possa essere pericoloso, quando si opera con l’estero, basarsi esclusivamente sulla propria capacità e fantasia imprenditoriale e non tenere in debito conto, quando poi dobbiamo procedere alla stipula del contratto, le regole di natura giuridica che dovranno disciplinare il contratto stesso.   Il presente intervento, e quelli che poi seguiranno, si propongono proprio di affrontare tale problematica, ovviamente in una ottica generale e con taglio di natura estremamente pratica, al fine di avviare i lettori ad una prima conoscenza di base sui meccanismi che regolano i contratti internazionali.   Un imprenditore sa bene che quando opera con l’estero i rischi possono essere maggiori rispetto a quando si intraprendono affari all’interno e deve quindi evitare il più possibile di incorrere in “infortuni commerciali” che, talvolta, possono mettere in seria difficoltà, la propria azienda.   Detto questo, diamo senz’altro per scontato che un contratto internazionale, sia pure tecnicamente perfetto, non costituisce di per se stesso una garanzia invulnerabile per il buon fine della transazione commerciale.   Potrà comunque esserci riconosciuto che un contratto internazionale correttamente impostato può prevenire o quanto meno ridurre l’insorgere di eventuali controversie, mentre una equivoca o non chiara formulazione delle clausole contrattuali può invece favorire, anche pretestuosamente, contestazioni o inadempienze che fanno perdere alle aziende molto tempo e spesso anche molto denaro.   Possiamo a tal proposito fare l’esempio del licenziatario che, avendo ricevuto dal licenziante la documentazione ed il know- how pattuiti in contratto, tenta poi di sottrarsi al pagamento delle royalties.   Altro può essere il caso in cui in un contratto di agenzia, pur essendosi pattuito che in caso di cessazione dello stesso non sarebbe spettata alcuna indennità di fine rapporto, l’azienda preponente si senta poi richiedere dall’agente, senza averlo previsto, il pagamento, a volte di una forte somma, proprio a tale titolo.   Un’altra eventualità abbastanza comune è quella in cui il compratore estero, pur avendo ordinato un certo prodotto, non ha più interesse a ritirarlo e accampa una serie di eccezioni o contestazioni.   In questo caso se le clausole contrattuali sono state stilate in modo tale da rendere assai ristretto lo spazio per imbastire manovre pretestuose e se è stato pattuito in modo chiaro secondo quali modalità devono essere risolte le eventuali vertenze (ad esempio con il ricorso all’arbitrato ) è assai probabile che la semplice minaccia di una azione legale possa indurre la controparte estera a non persistere nel suo tentativo di sottrarsi ai propri obblighi e possa comunque essere trovata una soluzione.   È al riguardo preliminarmente da avvertire che una qualsiasi transazione con controparte estera dovrebbe sempre trovare una regolamentazione scritta mediante la predisposizione di apposito contratto.   È pur vero che, sotto il profilo strettamente giuridico, in talune situazioni un contratto può validamente formarsi anche mediante un semplice accordo verbale.   Tuttavia bisogna tener presente che l’esistenza di un accordo scritto assume fondamentale importanza nell’eventualità che fra le parti insorga una controversia, in quanto tale documento costituisce il principale elemento in base al quale verrà emessa la decisione finale.   Difatti potrà presentare una certa difficoltà per la parte interessata provare per testi o comunque documentare eventuali accordi avvenuti per telefono o in occasione di incontri, oppure intese modificative o integrative del contratto stesso che non trovino riscontro in un patto scritto. Peraltro la prova per testi di un contratto soffre, in linea generale ,nell’ordinamento italiano, di alcune limitazioni ed è in pratica rimessa alla discrezionale valutazione del giudice.   In ogni caso, a prescindere dal contenuto negoziale del contratto, che ovviamente dovrà essere attentamente vagliato per conseguire le condizioni più favorevoli per la nostra azienda, le scelte di base che l’operatore deve effettuare sono le seguenti:   – quale legge applicare al contratto;   – a quale giudice affidare la decisione di eventuali controversie che dovessero insorgere tra le parti, anche in relazione all’eventuale necessità del riconoscimento della sentenza nel Paese della controparte.   – l’eventuale ricorso all’arbitrato internazionale nella ipotesi in cui particolari situazioni      rendano opportuno o necessario l’utilizzo di tale particolare strumento per la risoluzione delle controversie.

Giuseppe Catapano: Il medico deve sempre accertarsi che la clinica sia idonea

Prima di operare un paziente in una clinica, il medico deve sempre accertarsi dell’idoneità di quest’ultima per l’intervento richiesto: diversamente, ne è personalmente responsabile, anche se non ha alcun rapporto di subordinazione o di collaborazione con la clinica stessa.

A dirlo è la Cassazione con una recente sentenza.

Esiste, infatti un collegamento tra i due contratti:

– quello tra medico e paziente da un lato (comportante l’obbligo di espletamento dell’attività professionale in modo abile e diligente);

– e quello tra paziente e casa di cura dall’altro (comportante la prestazione di servizi accessori di natura alberghiera, di natura infermieristica ovvero aventi a oggetto la concessione in godimento di macchinari sanitari, di attrezzi e di strutture edilizie specificamente destinate allo svolgimento di attività terapeutiche e/o chirurgiche).

Nell’ambito del primo contratto, quello tra paziente e medico, è compito di quest’ultimo accertarsi preventivamente che la casa di cura dove si appresta a operare il malato sia idonea, sotto ogni profilo, a offrire ogni garanzia per il sicuro e ottimale espletamento della propria attività.

Dall’altro lato, la casa di cura deve vigilare che chi si avvale della sua organizzazione, e quindi il medico anche esterno (non legato ad essa da alcun vincolo di stabile collaborazione lavorativa) sia abilitato all’esercizio della professione medica, in generale, e, in particolare, al compimento della specifica prestazione richiesta nel caso concreto.

Catapano Giuseppe osserva: Le ditte individuali possono subappaltare?

La materia dei subappalti è ardua e scivolosa, soprattutto in Italia dove se ne fa larghissimo uso, spesso ignorando regole e limiti. Cerchiamo allora di elencare i principali obblighi per l’imprenditore.

Iniziamo con il dire che, in caso di appalto privato (cioè commissionato da un soggetto privato) il subappalto deve essere espressamente autorizzato dal committente [1].Questa regola vale qualunque sia la natura del soggetto appaltatore (sia, cioè, che l’appaltatore sia un artigiano o una ditta individuale o una società).

Nel caso, invece, di appalto pubblico (cioè commissionato da un soggetto di natura pubblica quale una pubblica amministrazione o soggetti assimilati come gli enti pubblici), il subappalto è possibile solo se, in sede di presentazione dell’offerta, l’imprenditore (qualunque sia la sua natura, e dunque anche nel caso di ditta individuale) abbia dichiarato di volersi avvalere della facoltà di subappaltare.

Sempre nel caso di appalti pubblici, per poter subappaltare è necessario (oltre, appunto alla predetta dichiarazione di volersi avvalere della facoltà di subappaltare):

– depositare il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima dell’inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni, insieme alla certificazione che attesti che il soggetto subappaltatore possiede i requisiti prescritti dal Codice appalti;

– depositare anche la dichiarazione del subappaltatore circa il possesso dei requisiti di onorabilità compresi quelli antimafia.

È in ogni caso necessario, in materia di appalti pubblici, che le opere subappaltate non superino, come valore, il 30% dell’importo contrattuale convenuto.

In generale, poi, ogni singola prestazione oggetto del contratto di appalto non può essere subappaltata a più di un soggetto subappaltatore che, poi, dovrà praticare gli stessi prezzi di cui al contratto o all’aggiudicazione con ribasso non superiore al 20%.

Infine, nell’ipotesi in cui sul cantiere si trovino soggetti subappaltatori non autorizzati in relazione ad un appalto concesso a ditte individuali, si ritiene che tale rapporto integri un contratto in frode alla legge e la stazione appaltante potrà intervenire annullando, in autotutela, l’aggiudicazione o assegnazione dell’appalto.

Giuseppe Catapano informa: Decreto ingiuntivo della banca: quale prova per recuperare il credito verso il cliente?

La Cassazione, negli ultimi anni, ha emesso diverse sentenze in cui ha precisato che se la banca intende agire, con il decreto ingiuntivo, nei confronti del cliente moroso per recuperare da questi le somme di denaro deve essere in grado – nel caso in cui il debitore proponga opposizione al decreto ingiuntivo (entro i 40 giorni dalla sua notifica) – di produrre tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto fino alla data del decreto ingiuntivo, nonché il contratto di conto corrente da cui questo rapporto è sorto. Ciò al fine di consentire al giudice di ricostruire tutto il rapporto, verificare gli importi addebitati al correntista, le commissioni e gli interessi passivi, e così verificare se le condizioni applicate sono quelle pattuite e se sono legittime. In altre parole, solo gli estratti conto contendono al tribunale di accertare se il saldo di cui si chiede il pagamento è realmente dovuto o meno.

Se la banca produce in giudizio tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto, mancando la prova del credito il giudice potrà revocare il decreto ingiuntivo.

Come spiega l’esperta, in base ai principi che regolano l’onere della prova, ribaditi da recenti pronuncie della Corte di Cassazione, la banca che chiede il pagamento del saldo debitore del conto corrente, deve dimostrare l’esistenza e la consistenza del proprio credito mediante il contratto di conto corrente da cui questo è sorto, nonché delle scritture contabili di riferimento. Vale a dire degli estratti conto relativi all’intera durata del rapporto, dall’apertura all’estinzione del conto perché solo esaminando tutti gli estratti conto si può verificare se il saldo finale è corretto.

Si precisa in una sentenza della Suprema Corte che nei rapporti bancari in conto corrente la banca ha l’onere di produrre gli estratti a partire dall’apertura del conto, né l’istituto di credito può sottrarsi dall’assolvimento di questo onere invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili per oltre 10 anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito. In altre parole, anche se è decorso un decennio, la banca che non produca gli estratti conto perde la causa e, con essa, anche il diritto a ottenere il pagamento del decreto ingiuntivo.

Ecco le stesse parole della Cassazione. L’accertata nullità delle clausole che prevedono, relativamente agli interessi dovuti dal correntista, tassi superiori a quelli legali e la capitalizzazione trimestrale impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dall’apertura del medesimo, che la banca, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l’onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio.

Ed ancora, in passato , si è detto che l’istituto di credito che rivendichi la sussistenza e legittimità del proprio credito pecuniario nella misura pretesa in sede monitoria ha l’onere, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, di fornire la prova della fondatezza di siffatta pretesa, attraverso la produzione in giudizio degli estratti conto relativi all’intero rapporto di conto corrente oggetto di contestazione, non essendo sufficienti gli estratti certificati  riportanti solo i saldi finali.

Catapano Giuseppe scrive: Omesso versamento delle ritenute: il pagamento estingue il reato?

L’esercizio di attività commerciali o d’impresa è diventato sempre più difficile in questi ultimi anni: tanti i carichi economici da sostenere, a fronte di entrate fin troppo esigue. Tant’è che, spesso, si preferisce provvedere alle necessità più urgenti (quali il pagamento dei fornitori, le retribuzioni dei dipendenti, ecc.), rinviando a un secondo momento l’adempimento di quelle meno immediate, quali gli obblighi contributivi.

Tuttavia tale omissione non sfugge all’occhio attento del legislatore che impone al datore di lavoro l’obbligo di versare all’INPS le ritenute operate sulle retribuzioni dei propri dipendenti entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello a cui si riferiscono, pena la configurazione del reato di omesso versamento delle ritenute .

Brevemente è opportuno ricordare che la figura in esame integra quello che i giuristi chiamano “un illecito omissivo istantaneo” cioè un delitto che si consuma nel momento in cui scade il termine utile previsto dalla legge per effettuare il pagamento.

Secondo la giurisprudenza costante, l’obbligo previdenziale presuppone l’effettivo pagamento della retribuzione: di conseguenza, il datore di lavoro non andrà incontro a responsabilità penale qualora, non avendo la disponibilità economica per pagare gli stipendi dei propri dipendenti, ometta di versare le relative ritenute .

L’omesso versamento entro i termini stabiliti dal legislatore, benché integri il reato sin dalla scadenza del termine prestabilito, non fa sorgere immediatamente la responsabilità penale.
La legge fornisce, infatti, una via di salvezza prevedendo che “il datore di lavoro non é punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.

In concreto, l’ente previdenziale, una volta accertato l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, trasmette al contribuente un avviso nel quale comunica l’omissione, i periodi contributivi interessati e lo informa della possibilità di regolarizzare il debito entro tre mesi dalla ricezione dell’accertamento.

La previsione ora citata integra una causa di non punibilità, cioè un’ipotesi in cui, pur essendosi perfezionato il reato in tutti i suoi elementi costitutivi, il legislatore ritiene opportuno non esercitare la potestà punitiva qualora il reo provveda tempestivamente a sanare la propria inadempienza.

Bisogna ricordare che, anche dopo la notifica del decreto penale di condanna, il contribuente può beneficiare della non punibilità qualora dimostri la mancata comunicazione dell’avviso da parte dell’INPS e purché il decreto contenga tutti gli elementi informativi già indicati (cioè le somme dovute, i periodi contributivi interessati).

Anche nel caso di citazione diretta a giudizio, l’imputato potrà ottenere un rinvio e beneficiare della causa di non punibilità qualora la citazione contenga gli elementi previsti per l’accertamento e non sia stata preceduta dalla notifica dell’avviso.

In ultimo con legge delega dell’aprile 2014, il Parlamento ha conferito al Governo il compito di trasformare in illecito amministrativo il reato tributario in esame limitatamente all’ipotesi in cui l’omesso versamento non ecceda la soglia di 10.000 euro annui e preservando il principio secondo cui il datore di lavoro non risponde dell’illecito amministrativo se provvede al pagamento delle somme dovute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Giuseppe Catapano informa: Fallimento: inadempimento non significa insolvenza

Dopo aver trattato i presupposti oggettivi per essere dichiarati falliti è necessario fare una doverosa precisazione. Come detto nell’articolo “I presupposti oggettivi del fallimento” tra le condizioni perché possa essere emessa una sentenza dichiarativa di fallimento, figura l’insolvenza dell’imprenditore. Qui sta il punto nodale. Perché spesso si confonde l’insolvenza (ossia l’incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni con mezzi normali di pagamento) con l’inadempimento (che, invece, riguarda una o singole obbligazioni limitate, ed è legato a motivi che non sono necessariamente riconducibili a una crisi di liquidità, ma che possono trovare causa nella semplice volontà dell’imprenditore o in contestazioni mosse di quest’ultimo).

Dunque, la differenza tra “insolvenza” e “inadempimento” è fondamentale, benché tali termini spesso vengono visti ed interpretati come sinonimi.

L’inadempimento consiste nella mancata esatta prestazione di ciò che era dovuto, sempre in riferimento ad una singola e determinata obbligazione: esso si configura, quindi, come una mancata prestazione.

L’insolvenza, invece, non si riferisce ad una singola obbligazione, ma fa riferimento alla globale situazione patrimoniale del soggetto debitore. Non si tratta, di conseguenza, come un’unica e isolata mancata prestazione, ma come una serie di fatti esteriori sintomatici di un dissesto patrimoniale difficilmente risolvibile.

Alla luce di ciò, si può tracciare questa conclusione: mentre dietro uno stato di insolvenza si cela quasi sempre una realtà fatta di numerosi inadempimenti, al contrario, non sempre l’inadempimento è causa, o manifestazione, di uno stato di insolvenza, perché potrebbe anche derivare da una pretesa creditoria infondata, o dal non essere a conoscenza di essere debitore nei confronti di qualcuno; nonostante questo, però, è pur vero che quanto più numerosi sono gli inadempimenti, tanto più sarà verosimile l’oggettiva impossibilità da parte del soggetto in questione di far fronte alle proprie obbligazioni, e, quindi, la presenza di uno stato di insolvenza.

In definitiva, comunque, ciò che rileva ed è necessario ai fini della dichiarazione di fallimento, non è solamente la presenza di un inadempimento o di una mancata soddisfazione di uno o più pretese creditorie, ma quel “qualcosa in più” tipico dell’insolvenza: ossia uno stato di costante impotenza da parte dell’imprenditore a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, mentre il concetto di inadempimento è più ristretto e si esaurisce nell’ambito del singolo negozio giuridico tra creditore e debitore.

Allora il giudice dovrà verificare, anche sulla scorta dei bilanci dell’azienda, se l’insolvenza si riferisce a una globale situazione patrimoniale o se, invece, è limitata solo a una singola fattispecie e, in quest’ultimo caso, dovrà rigettare l’istanza di fallimento presentata dal creditore.

Giuseppe Catapano comunica: Voluntary e obblighi anti-riciclaggio: clienti o assistiti?

Nell’articolo “Voluntary disclosure a rischio per clienti e professionisti” si era parlato dell’esonero, dall’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, in capo ai professionisti incaricati di seguire i clienti nel corso dell’esame della loro posizione giuridica nell’ambito di procedimenti giudiziari.

Ora il Ministero dell’Economia e delle Finanze replica attraverso una risposta ad una FAQ (Frequent Asked Question) in materia offrendo una interpretazione originale.

La domanda specifica rivolta al Ministero è la seguente:
il professionista che incontra un cliente preliminarmente all’inizio della procedura di voluntary disclosure e viene a conoscenza durante un primo colloquio di documenti e di notizie che costituirebbero presupposto per la segnalazione di operazione sospetta, qualora ritenga che non sia consigliabile l’esecuzione della procedura, è tenuto comunque ad effettuare la segnalazione?

La risposta del Ministero è singolare.

Dapprima viene precisato che l’esonero previsto dalla norma anti-riciclaggio non è applicabile ai professionisti che ricevono l’incarico di predisporre l’istanza di collaborazione volontaria, in quanto detto esonero è consentito solo qualora si tratti di affrontare procedimenti giudiziari, fra i quali la procedura della voluntary disclosure non viene compresa.

Quindi il Ministero precisa cosa si debba intendere per “cliente” ai fini della norma anti-riciclaggio: ossia il soggetto al quale i professionisti rendono una prestazione professionale a seguito del conferimento di un incarico.

La risposta poi introduce una specifica attività professionale ed afferma che, qualora il professionista svolga attività limitata alla valutazione circa l’opportunità, per un soggetto che viene definito come suo assistito, di accedere o meno alla procedura di voluntary disclosure, senza che a questa attività preliminare segua il conferimento di un incarico, non sussistono gli obblighi antiriciclaggio.

La risposta suscita legittime perplessità. La prima riguarda l’esclusione della procedura di collaborazione volontaria dal novero dei procedimenti giudiziari, posto che, alla consegna dei documenti e dell’istanza alla amministrazione finanziaria, quest’ultima dovrà comunque procedere alla segnalazione alla Procura della Repubblica competente, chiudendo la segnalazione solo al momento dell’avvenuto pagamento del dovuto, condizione necessaria per accedere alla esclusione da punibilità per i reati commessi.

In secondo luogo, con riferimento alla attività di consulenza precisata nella risposta, si apre uno spiraglio destinato a diventare una breccia nella posizione che il professionista deve assumere al momento della valutazione del futuro cliente, ai fini degli obblighi antiriciclaggio.

Si ricorda infatti che gli obblighi antiriciclaggio comprendono sia la adeguata verifica delle clientela che l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette.

Dalla risposta data dal Ministero si evince che, qualora il professionista si limiti a valutare l’opportunità o meno di accedere alla procedura a favore di un assistito, il quale non diventi cliente conferendo specifico incarico, sussiste l’esonero da tutti gli obblighi antiriciclaggio, cioè anche da quelli di adeguata verifica.

Ma a questo punto, in qualsiasi altra situazione nella quale il professionista si limiti a valutare l’opportunità per il proprio assistito di accedere o meno ad una procedura, purché non giudiziaria, varrebbe l’esonero dagli obblighi antiriciclaggio?

È evidente che la distinzione fra cliente ed assistito, come ricavata dalla lettura che il Ministero fa della norma, diviene fondamentale per poter affrontare l’attività professionale quotidiana, in relazione all’adempimento agli obblighi antiriciclaggio.

Insomma sembrerebbe più una soluzione all’italiana che una risposta in linea con la normativa. Tuttavia, in ogni caso, ora una risposta esiste ed i professionisti faranno bene ad attenersi a quanto precisato dal Ministero.

Catapano Giuseppe scrive: Ritornano gli sconti RC auto per chi ha la scatola nera

Dovrebbe essere approvato, entro fine mese, il nuovo disegno di legge “Concorrenza” che vedrà il riassetto della normativa relativa a diverse attività commerciali (tra cui le assicurazioni) e professionali (tra cui notai e avvocati).

Per quanto riguarda l’Rc-auto, molte norme sono riprese dal Decreto “Destinazione Italia” del 2013 che, però, era rimasto inattuato (leggi: “Sconti Rc-auto e testimoni”). In particolare, sarà ripristinata la norma che obbliga le compagnie ad attuare forti sconti in presenza di determinate condizioni, tra cui:

– l’installazione, all’interno del veicolo, della scatola nera: chi acconsentirà a montarla otterrà vantaggi in termini di “bonus malus” delle classi di merito, con incrementi di premio inferiori. La scatola nera, peraltro, sarà considerata una valida “prova” nelle cause civili per il risarcimento del danno;

– il consenso, da parte dell’assicurato, al cosiddetto “risarcimento in forma specifica” ossia la riparazione del mezzo, in caso di sinistro, ad opera di officine convenzionate con la compagnia del danneggiato.

Tuttavia, se nell’originaria versione del decreto veniva fissato un limite minimo per tali sconti (si parlava del 5%) oggi, invece, ogni riferimento fisso è stato cancellato e si parla solo di “significativi sconti”. Una definizione troppo generica per avere l’effetto dirompente sperato nel mondo delle assicurazioni, già fin troppo “auto-protetto”.

Secondo quanto anticipato dal “Sole24Ore” di questa mattina, sono poi previste una serie di norme “per la trasparenza delle variazioni del premio, sia in aumento sia in diminuzione, e obblighi informativi degli agenti sui premi offerti per il contratto base, anche mediante collegamento al preventivatore del sito internet dell’Ivass e fornendo informazioni sulle condizioni offerte da ulteriori due imprese”.

Le auto prive di assicurazione potranno essere identificate anche attraverso i dispositivi di controllo elettronico della velocità come il tutor.

Ritorna di nuovo in gioco la norma sul divieto di prova testimoniale nelle cause civili per quei soggetti il cui nominativo non sia stato previamente indicato nella denuncia di sinistro o nella richiesta di indennizzo inviata, in via stragiudiziale, all’assicurazione. La disposizione era contenuta nel Decreto “Destinazione Italia”, ma poi era caduta in fase di attuazione (leggi “Addio testimoni nelle cause da sinistri stradali”).

In materia energetica, si punta all’abrogazione della disciplina sul mercato tutelato sia del gas che dell’elettricità. L’Autorità per l’energia, d’intesa con l’Antitrust, monitorerebbe le variazioni dei prezzi offerti al cliente finale nella fase della liberalizzazione.

Giuseppe Catapano: Condominio: gli infissi non vanno autorizzati dall’assemblea

Capita che, nella normale “vita” di un appartamento condominiale si debba provvedere, almeno una volta, alla sostituzione degli infissi e che, in tale circostanza, ci si ponga il problema se detti lavori debbano richiedere l’approvazione dell’assemblea di condominio.

Fughiamo subito questi dubbi. Per la sostituzione degli infissi, come per qualsiasi altra opera nelle unità immobiliari di proprietà individuale, non è richiesta l’autorizzazione degli altri condomini o dell’assemblea, ma è sufficiente una comunicazione dell’intervento all’amministratore, il quale riferirà nella successiva assemblea.

A riguardo, infatti, il codice civile stabilisce un solo limite: nell’immobile di sua proprietà (o anche nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale) il singolo condomino-proprietario non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni oppure determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso egli è tenuto a fornire una preventiva notizia all’amministratore che, a sua volta, lo comunica all’assemblea.

Pertanto, l’unico vincolo che incontra il condomino nella sostituzione degli infissi è di non recare pregiudizio, oltre che alla stabilità e alla sicurezza, al decoro architettonico dell’edificio. Altrimenti, qualunque condomino o l’amministratore potrà pretenderne la rimozione.

Il concetto di “decoro architettonico” è certamente generico, ma di certo non si riferisce solo agli edifici di pregio, ma indica i motivi architettonici riscontrabili in qualsiasi tipo di edificio.

Ai fini del decoro architettonico di un edificio condominiale, occorre far riferimento all’estetica del fabbricato che è data dall’insieme delle linee e strutture ornamentali, senza che occorra che si tratti di un edificio di particolare pregio. Il decoro architettonico, laddove possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia, è dunque un bene comune il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare.

La Cassazione ha peraltro chiarito che non incide e non lede il decoro architettonico di un edificio un’opera compiuta da un condomino quando detto decoro sia già stato degradato, in passato, a causa di preesistenti interventi modificativi tollerati dagli altri condomini e di cui non sia stato preteso il ripristino.