Doppio ‘errore’ fatale per la contribuente: ella ha omesso di “trasferire la propria residenza, entro il termine di diciotto mesi, nel Comune ove era ubicato l’immobile” appena acquistato, e poi ha pensato bene di vendere quell’immobile “entro il quinquennio, senza, però, averne acquistato un altro entro l’anno dalla vendita”.
Nessun tentennamento, né per il Fisco né per i giudici tributari: legittima la revoca delle “agevolazioni ‘prima casa’”.
E questa linea di pensiero viene condivisa, ora, anche dai giudici della Cassazione, i quali sanciscono la sconfitta definitiva della contribuente.
Respinte tutte le obiezioni mosse dalla donna, e fondate, in sintesi, sulla presunta “illegittimità dell’avviso di liquidazione” per la mancata “firma del Direttore Generale dell’Agenzia”, sulla presunta “invalidità della notifica effettuata per posta direttamente da parte dell’Ufficio”, e, infine, sulla presunta “decadenza” del Fisco “in riferimento alla vendita dell’immobile entro il quinquennio”.
Su quest’ultimo punto, in particolare, i giudici ribadiscono che “in tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della ‘prima casa’, la decadenza è evitata se il contribuente, pur avendo trasferito l’immobile acquistato con i detti benefici prima del decorso del termine di cinque anni dall’acquisto stesso, entro un anno dall’alienazione, ne acquisti un altro, da adibire ad abitazione principale; ne deriva che il dies a quo della decorrenza del termine triennale di decadenza dal potere dell’Ufficio di recuperare l’imposta nella misura ordinaria va individuato nel giorno di scadenza dell’anno successivo all’alienazione, perché solo allo spirare di tale termine senza avere effettuato un nuovo acquisto il contribuente perde, in via definitiva, il diritto all’agevolazione, provvisoriamente goduta sul primo acquisto”.